Baronissi, "Il Corallo" ospita serata speciale con la Guida di Annamaria Parlato

Lunedì 28 agosto un viaggio letterario e gastronomico fra i tesori di Salerno e provincia

Redazione Irno24 16/08/2023 0

Non si ferma il ciclo di presentazioni della “Guida a Centoventi Locali di Salerno e provincia” (Edizioni dell’Ippogrifo), dedicata agli amanti del buon cibo, degli angoli più nascosti e delle esperienze indimenticabili nel vasto territorio salernitano.

Lunedì 28 agosto, alle ore 20:00, la guida gastronomica, frutto della passione e dell’impegno della giornalista Annamaria Parlato, direttrice di Irno24, farà tappa a Baronissi alla Pizzeria "Il Corallo". Attraverso questa avvincente guida, l’autrice condurrà i presenti in un viaggio letterario e gastronomico senza eguali, svelando i tesori nascosti dei locali più autentici e deliziosi che Salerno e la sua provincia hanno da offrire.

Il Sindaco, Gianfranco Valiante, porterà i saluti ed il benvenuto dell’amministrazione comunale, e subito dopo ci sarà modo di dialogare con l'autrice attraverso gli interventi della giornalista Barbara Landi (Il Mattino), del professore e scrittore Gerardo Magliacano, dell’imprenditore vitivinicolo Orazio Genovese, del patron della pizzeria e maestro pizzaiolo Mirko Patrizio, del burger chef Gianni Trani e del gelatiere Angelo Napoli. Modererà la conversazione la giornalista Ersilia Gillio (Radio Alfa).

Ogni pagina di questo libro sarà una finestra aperta su una vasta gamma di ristoranti, trattorie, pizzerie e luoghi incantevoli, dove l’amore per la cucina locale e la convivialità sono di casa. Dalle tradizionali ricette della cucina campana alle più audaci sperimentazioni culinarie, in questo libro si troveranno consigli preziosi su dove gustare i piatti migliori che questo vasto territorio propone.

La giornalista Annamaria Parlato, con la sua profonda conoscenza della cultura gastronomica locale, guiderà i presenti con competenza e passione, presentando le storie dei locali, i dettagli delle prelibatezze culinarie e le curiosità che rendono ciascun posto unico nel suo genere.

Dopo la presentazione, ci sarà modo di degustare una particolare cena, dedicata proprio a Salerno e alla sua provincia, grazie ad un menù ideato dall'autrice assieme ai tre protagonisti di Baronissi: si partirà dal Burger “Sogno di una notte di fine Estate”, a cura della paninoteca Giannetto Burger; si proseguirà con l’assaggio di due pizze, una “Carminuccio” e una “Stagionale”, omaggio alla terra salernitana della Pizzeria Il Corallo; infine ci si delizierà con il “Sorbetto 120” del gelatiere Angelo Napoli, a base di frutta, erbe aromatiche e fiori.

Queste creazioni saranno poi disponibili nei rispettivi locali di Baronissi per una settimana, dal 29 al 4 settembre, per coloro i quali saranno impossibilitati a partecipare all’evento. La cena vedrà anche la partecipazione della Cantina Amina di Salerno (fraz. Sordina) e del Liquorificio De Falco di Montoro, che porteranno in degustazione, rispettivamente, il pregiato Salernum rosso e rosato e il rinomato “Amaro Montoro”.

La serata si avvarrà della formula libro+cena ad un costo promozionale. Per informazioni e prenotazioni: 089 9565250, info@pizzeriacorallo.com.

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Annamaria Parlato 01/04/2021

Pasqua in Valle dell'Irno, le 7 colombe artigianali da non perdere

La Pasqua a dispetto del Natale non fa eccezioni a tavola, nonostante le privazioni del periodo quaresimale. In Campania le tradizioni gastronomiche collegate a questa festività sono innumerevoli, sia salate che dolci. Assieme agli antipasti a base di casatiello, salumi e formaggi, ai primi sostanziosi, ai secondi di carne, i dolci ricchi di uova e zucchero hanno sicuramente un posto di rilievo.

Basti pensare alla pastiera di grano, al casatiello dolce, alle pastiere di capellini o riso, alle uova in finissimo cioccolato artistico e alla colomba artigianale, che come il panettone e il pandoro sta catturando da diversi anni l’attenzione di pasticcieri, chef, panificatori, gelatieri e persino pizzaioli che sperimentando su lievitazioni e impasti hanno contribuito a dare man forte alla vendita di questo prodotto.

La colomba, simbolo di pace e speranza nell’immaginario collettivo, non può mancare sulla tavola degli italiani a Pasqua, nonostante le sue origini milanesi risalenti al secolo scorso. E’ un dolce lievitato che richiede quanto il panettone ingredienti di elevata qualità, come le uova classe A, il burro da panna di centrifuga, mandorle selezionate, vaniglia in baccello, scorzette d’arancia candite a mano. Importantissima è anche la lievitazione che avviene utilizzando lievito madre e deve oscillare tra le 24 e le 48 ore. Inoltre, quando la si scarta, la colomba deve risultare omogenea e senza crepe nella glassatura mandorlata, poco unta ma scioglievole in bocca, soffice, umida al cuore e soprattutto profumata. Ecco le colombe da assaggiare in zona Valle dell’Irno.

Pasticceria Baunilha

A Baronissi Stefania Fasano impiega lo stesso amore e la stessa cura che mette nella realizzazione della sua millefoglie anche per la colomba. E se in portoghese Baunilha sta per vaniglia, il lievitato di Stefania contiene una buona percentuale di questa spezia nell’impasto, tale da renderlo profumatissimo all’apertura della confezione, accentuato maggiormente se riscaldato leggermente in forno.

Insieme alla classica che, come dice Stefania, ti fa ritornare bambino, consigliata ai più golosi è quella al cioccolato bianco e lamponi o la new entry al limone e fragoline di bosco generosamente presenti all’interno, dall’aroma intenso e persistente e copertura omogenea e di buona stesura. Un vero piacere per il palato. Boa degustação!

Angelo Napoli Gelateria

Gelatiere per professione e passione, Angelo, nella sua gelateria a Baronissi, non finisce mai di stupire i buongustai con le sue creazioni che fanno dell’ottima materia prima il cavallo di battaglia. Dopo la nuovissima pastiera soffiata, già esaurita, ecco che nel suo locale si può assaggiare la colomba farcita di gelato.

Qui ci si può sbizzarrire chiedendo di personalizzare la colomba a lunga lievitazione dall’intenso sentore di burro di malga di alta montagna con i gusti che piacciono di più, come le creme o quelli alla frutta, e completare la farcitura con granelle, scaglie di cioccolato e ciuffi di squisita panna fresca.

Gelateria Matteo

Matteo Napoli nel lontano 1962 fondò la storica gelateria a Lancusi di Fisciano che divenne per molti avventori "il "quartier generale" del gelato artigianale, una tappa obbligata di cui non poter fare a meno. Fu un genio, un rivoluzionario che seppe tramutare con il solo tocco delle mani, come Re Mida, qualsiasi cibo in gustoso gelato. Si contano dagli ottanta ai centoventi gusti di cui Matteo fu l’inventore, anticipando mode e tendenze.

Il gelato salato o gourmet l’ha inventato lui quando era inimmaginabile poter degustare un gelato ai fichi e prosciutto, al pomodoro e baccalà o alla pasta e fagioli. Ma altra sua invenzione furono i famosi fruttini, ossia frutta svuotata e imbottita della sua polpa trasformata in gelato.

Per restare in tema di colombe con gelato, anche qui non poteva mancare la proposta ai gusti crema e fragola e nocciola e fiordilatte. Lievitazione perfetta, il corretto dosaggio degli ingredienti e la genuinità della materia prima di base rendono piacevole la colomba di Matteo che assieme al gelato è una “combo” imperdibile. Lo slogan di una famosa pubblicità potrebbe essere riadattato in “Questa colomba ti mette le ali”.

Pasticceria Imperio 1860

A Mercato San Severino la Pasticceria Imperio è una vera e propria istituzione, tant’è che il Comune il 17 Marzo 2011, durante le celebrazioni del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia, le ha attribuito una targa di riconoscimento pubblico. Attualmente gestita dalla signora Anna Pierri, la pasticceria fu fondata da Donato Imperio nel 1860, uno “speziale manuale”, figura intermedia tra il farmacista e lo speziale, specializzato nella preparazione di infusi e farmaci semplici.

Qui è possibile trovare tutti i dolci della tradizione campana e locale, come gli anginetti, i quaresimali, i cantucci, gli amaretti, i dolci partenopei ma anche quelli più moderni e innovativi. La colomba al pistacchio e amarene è qui consigliata, dall’impasto denso e burroso con copertura di delicato pistacchio e amarene candite tali da rendere armonici composizione e sapore. Gonfia, abbondante e molto profumata, questa colomba ha fatto un volo a ritroso nella storia, ha il potere di evocare ricordi ed emozioni.

Pasticceria Aliberti

Marco Aliberti, giovane promessa della pasticceria d’autore contemporanea, è capace di mescolare la tradizione e i trucchi del mestiere rubati al papà con l’innovazione. La sua colomba classica è su un altro pianeta, è davvero tanta roba così come tutte le sue dolci creazioni. Impasto delicatissimo, allo strappo la pasta si allunga e questo rende perfetta anche l’alveolatura.

Il lusso di un sapore ricco, l'eccellenza degli ingredienti e la passione per la tradizione, che impartisce processi lenti e curati, fanno di questa colomba un’esperienza gastronomica da condividere. La vaniglia è delle Isole Bourbon, i canditi sono firmati Barbieri e la lievitazione è impeccabile a lievito madre vivo. Un piccolo gioiello che si può prenotare a Montoro, ma bisogna fare in fretta perché va a ruba.

Pasticceria Vignola

La colomba della Pasticceria Vignola di Solofra è risultata tra le migliori d’Italia nella classifica 2021 del Gambero Rosso ed si è piazzata al primo posto. Raffaele, titolare e pastry chef della rinomata pasticceria, per le sue colombe ama sperimentare infinite combinazioni di gusti che spaziano dal dolce al salato. La colomba classica è da non perdere con la sua consistenza omogenea, il bel colore dorato dell’impasto, la croccantezza della cupola esterna che la rende quasi rustica e i sentori d’arancia che esplodono in bocca sia attraverso gli eccellenti canditi che le zeste.

Tra i gusti da provare ci sono quello alle mele annurche IGP e cannella, fragoline di bosco semicandite, cioccolato fondente e glassa alla fragole, senza canditi con glassa di mandorle e nocciole irpine da poter farcire con le creme artigianali al pistacchio di Bronte DOP, nocciola irpina o crema di Nonna Linda a base di nocciole e cacao. Superlativa è quella al basilico genovese e limoni, un omaggio a Genova.

Gran Caffè Romano

Medaglia d'oro per la Migliore Colomba Classica e Medaglia d'argento per la Migliore Colomba Creativa 2021, i fratelli Raffaele e Gianfranco Romano di Solofra si riconfermano campioni nella categoria lievitati così come con i panettoni, premiati da numerosi riconoscimenti di settore. La colomba classica è stata inserita anche nella classifica del Gambero Rosso sulle migliori colombe d’Italia 2021. Il packaging risulta molto raffinato e il dolce è bello esteticamente a vedersi quanto il nome che porta: Venus. Venere, dea della bellezza aveva a cuore la colomba, animale puro nato dalla tramutazione che il dio Eros impartì alla ninfa Peristerà per aver aiutato la stessa a vincere una gara.

L’alveolatura fittissima, il giallo intenso della pasta, le mandorle nude, le note agrumate e la trama setosa conferiscono unicità a questo prodotto. Disponibile anche nelle varianti al cioccolato bianco con mandorle e albicocche del Vesuvio, o impaccata con fichi del Cilento e burro di bufala, tanto per menzionare quelle più richieste, la colomba dei Romano ormai è sinonimo di genuinità e garanzia in tutta Italia.

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Annamaria Parlato 30/10/2022

La zucca a Salerno e dintorni: lumino ad Ognissanti e "confine" dell'estate

Specie e varietà del genere Cucurbita (famiglia delle Cucurbitacee), la zucca è un ottimo ortaggio, benefico per la salute, a maturazione autunnale, usato per pietanze, minestre e come sofisticante per confetture; le varietà scadenti sono usate invece come foraggi. Introdotta, forse, in Europa dall’America tropicale nel secolo XVI, di cui sarebbe originaria, ha da sempre indicato nel lessico comune, in maniera simbolica, stupidità ma perfino intelligenza.

Lucio Anneo Seneca, nella sua satira Menippea, criticò l’imperatore Claudio definendolo "Zuccone". Il grande scultore Donatello diede vita intorno al 1420 alla statua del profeta Abacuc, conservata nel Museo dell’opera del Duomo di Firenze, soprannominata proprio "Lo Zuccone", in riferimento alla sua evidente calvizie. Quindi, in senso già dispregiativo, la zucca classificava le persone calve con testa sproporzionata e particolarmente rotonda. Per non parlare dell’abuso del termine per indicare persone sciocche e un tantino stupide (spesso si usa l’espressione "Hai poco sale in zucca").

Nella tela intitolata "Banchetto Nuziale" di Pieter Bruegel il Vecchio, del 1568, la zucca viene rappresentata sotto forma di pietanza, quasi di vellutata, e si intravede un popolano che la mangia, seduto, con gusto, accompagnandola a del pane, forse di segale. Ancora, nei ritratti dell’Arcimboldo o nella Fruttivendola di Vincenzo Campi del 1580, la zucca è un elemento di spicco ornamentale, che arricchisce con le sue forme la composizione. Nel XIX secolo, nei quadri di Giovanni Segantini, diventa un ortaggio importante nell’alimentazione popolare e quotidiana, assumendo un ruolo di primo piano.

E da lì nell’immaginario collettivo la zucca inizia ad essere associata a significati più positivi e a diventare proverbiale: “Mangia le zucche in abbondanza e non avrai mal di pancia”. La zucca è in ogni caso un frutto magico, leggendario: in passato, quelle giganti e vuote, venivano usate dai marinai come boe o come salvagente per inesperti nuotatori; nel Medioevo infatti, alcuni racconti descrivono come uomini e donne siano stati salvati dalla corrente di acque impetuose grazie a formidabili zucche.

Per i Celti, antica popolazione del nord Europa, Capodanno non cominciava come per noi il 1° gennaio, bensì il 1° novembre, e veniva celebrato con una grande festa chiamata Samhain, che in gaelico significa "fine dell’estate". I villaggi festeggiavano per giorni, accendendo falò, cantando e danzando sfrenatamente e travestendosi con maschere e costumi spaventosi per tenere lontani gli spiriti maligni. Si diffuse l’abitudine di intagliare volti mostruosi negli ortaggi e nei tuberi più reperibili e di illuminarli dall’interno con un lumino, per renderli più agghiaccianti: in quel caso si trattava in genere di grosse rape, patate o barbabietole.

Per capire come dalle rape si sia arrivati alla zucca di Halloween, bisogna risalire alla metà dell’800, quando una terribile carestia si abbattè sull’Irlanda, spingendo un numero incredibile di irlandesi a emigrare negli Stati Uniti, in cerca di un futuro migliore. Nel Nuovo Mondo, questi emigrati fondarono le loro comunità e mantennero le loro tradizioni, compresa quella dell’All Hallows’ Eve, cioè la vigilia di Tutti i Santi (“hallow” è un’antica parola inglese che significa appunto “santo”).

La tradizione di accendere, in occasione delle festività dei defunti, lumini e candele fuori dalle abitazioni, che venivano collocati in zucche cave, in un’impressionante analogia con la antica festa celtica di Samhain, è attestata soprattutto in Irpinia, nell’avellinese, ma anche nell’area di Salerno. In zone più interne della Campania, i bambini chiedevano direttamente un dono specifico: “Cicci muorti”, ossia i chicchi di grano fatti bollire e poi ripassati nel miele, un dolce povero dalle chiare valenze simboliche (i chicchi di grano rappresentano la vita che rinasce, fertilità e abbondanza).

La zucca, in definitiva, non ha colpito solo l’immaginario collettivo, ma è diventata una vera e propria prelibatezza,tanto da ricoprire ruolo primario in cucina. Durante il periodo freddo dell’anno, la si usa per preparare moltissimi piatti caldi; la si trova, infatti, nella ricetta della minestra con zucca e farro, della pasta e zucca o della zucca e fagioli, piatto tipicamente salernitano, o addirittura sulla pizza. Ottima anche nelle preparazioni dolci come crostate, biscotti e pani speziati.

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Annamaria Parlato 24/10/2021

Le noci di Sorrento caratterizzano l'economia e i piatti della Valle dell'Irno

Il noce o Juglans regia, della famiglia delle Juglandacee, è un albero maestoso originario dell’Asia, introdotto e coltivato in molte regioni per i suoi semi commestibili ed anche per il legname, compatto ed elastico, particolarmente adatto in falegnameria. Altrettanto maestosa è la chioma, estesa e tondeggiante, le cui foglie composte di 5-9 foglioline sono ovali, verde cupo e di odore particolare. I fiori sono poco appariscenti; quelli maschili consistono in amenti grossi, verdastri, che poi anneriscono e cadono, quelli femminili sono riuniti a 2-4 all’estremità di ramiccioli.

I frutti, le noci, sono drupe ovoidi dal pericarpo verde (mallo), in cui c'è un endocarpo legnoso (guscio) formato da due valve uguali: vi sono racchiusi due gherigli (i due cotiledoni del seme), contorti, oleosi e commestibili. Le noci vengono consumate sia allo stato fresco che come frutta secca o candita. Torchiandole se ne estrae un olio di uso industriale e alimentare, altamente salutare. Sia la pianta che il frutto hanno da sempre destato molta curiosità, arrivando perfino ad incutere paura: se da un lato il consumo di gherigli era manna nei periodi di carestia per l’apporto nutritivo, dall’altra le credenze popolari attribuivano loro poteri quasi magici e non sempre positivi.

Non esiste infatti un frutto più ambiguo della noce e dell’albero che lo genera. La Bibbia lo cita come albero escluso dal paradiso terrestre e secondo il Vangelo era di noce la croce su cui morì il Cristo. Il noce era perfino il simbolo della stregoneria femminile. Secondo una credenza diffusa i sabba, sotto il famoso noce di Benevento, si celebravano soprattutto nel solstizio d’estate. Si chiamano proprio noci di San Giovanni quelle che le donne il 24 giugno raccolgono ancora verdi e cariche di succhi vitali per preparare il nocino, un liquore ottenuto dall’infusione in alcool dei malli delle noci ancora acerbe.

Le origini di questo liquore, che era utilizzato per scopi divinatori e medicinali, rimangono incerte. I Britanni, secondo la storiografia romana, la notte del solstizio d’estate, erano soliti celebrare riti e bere uno scuro liquore di noce da una coppa comune. Testimonianze dell’uso delle noci nell’alimentazione dei romani sono state rinvenute nelle pitture parietali di Pompei e durante gli scavi di Ercolano, grazie al ritrovamento di alcuni frutti carbonizzati. Proprio nell’area vesuviana e sulla costiera sorrentina vengono ancora prodotte le noci di Sorrento, una delle specie italiane più pregiate.

Storie e leggende a parte, la nocicoltura in Italia è stata fonte di sostentamento per numerose famiglie. Alla fine degli anni '80 l'Italia era il principale produttore europeo, con una produzione di oltre 70mila tonnellate di noci. L’elevato costo della manodopera, il suo difficile reperimento e la scarsa redditività, hanno, di fatto, ridotto drasticamente le coltivazioni. Il successo ed il rinnovato interesse verso questa coltura, anche con il lockdown, è stato determinato dai recenti studi che confermano come la noce contribuisca in maniera determinante a ridurre il rischio di malattie cardiache, abbia effetti benefici sulla riduzione del colesterolo e sia ricca di grassi insaturi ricchi di omega3.

La coltivazione della noce di Sorrento è concentrata principalmente in Campania, con il 70% della produzione nazionale: soprattutto nella Penisola Sorrentina ma anche nell’agro acerrano-nolano, nell’area flegrea, nei comuni vesuviani, nel Vallo di Lauro e Baianese, nell’area del Taburno e della Valle Caudina, nella Piana Casertana e nell’area dei Monti Picentini-Valle dell’Irno. Le noci di Sorrento non mature vengono utilizzate in macerazione con l’alcol per produrre il favoloso digestivo (nocino) che insieme al limoncello e liquore al finocchietto rappresentano la proposta dopo pranzo come digestivi nelle trattorie ed osterie in Campania.

Questa noce viene raccolta a fine agosto e inizio settembre, quando esprime il massimo del sapore specie se accompagnata da un buon pane casareccio e formaggio. Superato questo periodo, inizia una lenta e naturale essiccazione che porterà il prodotto a disidratarsi e quindi ad essere disponibile tutto l’anno. Come tutti i prodotti di largo consumo, la noce di Sorrento deve combattere contro competitor esteri. Le invidiabili qualità di queste noci ne fanno un ottimo ingrediente per tante ricette di cucina e di pasticceria. Nella Valle dell’Irno le noci sono presenti in molti piatti tipici a partire dai primi in genere a pasta lunga con sugo di noci o con legumi e noci, si abbina alla perfezione con i formaggi pastorali e le confetture, con i robusti secondi di carni come il cinghiale con funghi e noci e infine con i dolci tipici ripieni di castagne, noci, nocciole e cioccolato.

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