16 articoli nella categoria Psicologia
Redazione Irno24 17/02/2023 0
A Salerno un progetto per contrastare il disagio giovanile
Mercoledì 22 febbraio, alle ore 10:30, presso la sala Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino, a Salerno, presentazione del Progetto "PRE.DI.GIO - Prevenzione disagio giovanile", finanziato dall’Unione Province d’Italia. La Provincia di Salerno è l’Ente capofila di un importante partenariato, composto dalla Cooperativa Sociale "Un tetto per tutti", dalla Fondazione Casamica, dalla Fondazione Comunità Salernitana Onlus, da Moby Dick Ets, da Asd Guiscards, dalla Cosvitec e - quale sponsor co-finanziatore - dalla Fondazione Banco di Napoli.
"Il progetto - dichiara il Presidente della Provincia, Franco Alfieri - è volto a contrastare il disagio giovanile e favorire il benessere sociale. Questo finanziamento ci consentirà di rendere i giovani protagonisti delle proprie scelte e della propria crescita, dando spazio alle loro voci, fronteggiando così la mancanza di strumenti, quali il dialogo, lo sviluppo di pratiche sportive e la diretta competizione relazionale fra pari, che, soprattutto nel periodo della pandemia, aveva evidenziato una mancanza di prospettive future.
L’obiettivo è produrre un impatto a macchia d’olio che riguarderà tutti gli attori del tessuto sociale, nell'immediato principalmente gli studenti, gli istituti scolastici e i giovani NEET. Nel lungo termine, anche il rimanente contesto territoriale ne trarrà beneficio".
Redazione Irno24 15/02/2023 0
San Severino, incontro coi giovani su bullismo e cyberbullismo
Venerdì 17 Febbraio, alle 16:30, presso l'aula consiliare "Manzi" del Comune di Mercato San Severino, è in programma un incontro coi giovani su bullismo e cyberbullismo. Fra gli organizzatori, l'Asd Salerno Rugby. Insieme al sindaco Antonio Somma, saranno presenti Morris Saba, Sostituto Procuratore della Repubblica, ed alcuni esponenti della Polizia Postale.
Francesca Guglielmetti 20/01/2023 0
Fede calcistica e bias cognitivo in chiave Salernitana-Napoli
Immaginate un sabato di gennaio. Immaginate di essere davanti allo schermo, comodamente spaparanzati in salotto o, meglio ancora, seduti allo stadio. Immaginate l'attesa febbrile che precede la visione della vostra squadra, che si prepara a scendere in campo, e poi la concitazione, la partecipazione con cui la seguite per tutto il match. Immaginate poi tutti i 90 minuti che, certamente, nonostante i pronostici, potete, appunto, solo immaginare, perché al di là dei desideri, delle aspettative, delle ipotesi, il risultato di Salernitana-Napoli, ad oggi, proprio non lo conosciamo.
Ora però lanciatevi in avanti perché, ve lo assicuro con scientifica certezza, quello che accadrà dopo é tutto molto codificato: a partire dal terzo fischio dell'arbitro (ma in realtà anche durante la partita stessa), "noi" ci racconteremo delle cose e "loro" se ne racconteranno delle altre. La giusta decisione arbitrale per gli uni sarà vissuta come uno scandalo dagli altri, un fallo conclamato per una parte diventerà un insignificante contatto per l'altra. Fino ad arrivare alla frase che, quando tifosi di squadre diverse commentano la partita, arriva puntuale e, spesso, rabbiosa: "ma tu che partita hai guardato???". Una partita diversa da quella dell'altro, sempre, nonostante le sincere dichiarazioni di estrema oggettivitá di giudizio.
È nota la battuta che individua lo psicologo come colui che allo stadio, mentre il pubblico guarda la partita, si incanta a guardare i tifosi. Non molti anni fa, questa tendenza tutta psicologica ha dato i suoi primi frutti. Ed infatti un manipolo di talentuosi e curiosi studiosi dell’Università di York, poco soddisfatti dell'osservazione, per così dire, informale dei tifosi, mappando e comparando attraverso la risonanza magnetica l’attività cerebrale dei sostenitori del Manchester United e del Chelsea, mentre guardavano la propria squadra sfidare l’altra, hanno scoperto che le regioni del cervello coinvolte con il meccanismo della visione mostravano un’attività simile, mentre le aree dedicate alle funzioni cognitive presentavano grandi differenze tra i due gruppi.
Ossia, a parità di informazioni sensoriali, l'interpretazione che ne deriva sará diversa a seconda della "fede calcistica" del soggetto. Tim Andrews, professore del Dipartimento di Psicologia dell’Università di York, spiega ancora meglio il fenomeno, evidenziando che, quando si compara l’attività cerebrale dei tifosi della stessa squadra e di quelli di squadre rivali, nelle regioni sensoriali del cervello l'attività è coerente per tutti i partecipanti; o, in altre parole, tutti vedono ed ascoltano la stessa partita.
Tuttavia, nelle regioni frontali e sottocorticali del cervello c’è una correlazione tra i tifosi della stessa squadra, ma differenze significative tra i due gruppi. Questo è ciò che permette a fan di squadre rivali di sviluppare una diversa interpretazione della stessa partita. Una delle regioni del cervello che mostrava le differenze più grandi tra i due gruppi era il nucleus accumbens, un’area fondamentale per il sistema di ricompensa.
I ricercatori hanno ipotizzato che tale ultimo aspetto sia alla base della formazione di un bias cognitivo, ossia di un costrutto, di una convinzione che si fonda su percezioni errate o deformate o, anche, su pregiudizi e ideologie. L'essere tifosi di una squadra stimola la formazione di un bias di gruppo che favorisce la tendenza a sopravvalutare le capacità della cerchia a cui si appartiene, considerandone il valore o i successi come il risultato delle qualità di chi ne fa parte, ed a sottovalutare chi è in un gruppo estraneo, attribuendo i successi a fattori esterni, slegati dalle possibili capacità di chi vi appartiene (la squadra x "ruba" oppure "ottiene favori arbitrali").
In definitiva, semplificando e, ahimè, banalizzando, si crea un "noi" solido, granitico e ben rappresentato, che per restare tale deve poter individuare un "altro da noi" a cui contrapporsi e nel quale identificare un nemico, una minaccia. Questo meccanismo, in realtà molto arcaico, era funzionale nelle prime fasi dello sviluppo dell'umanità a far sí che si formassero delle comunità in grado di offrire senso di appartenenza e protezione (sensazioni che ancora oggi i tifosi dichiarano di percepire).
Certo, lo studio lascia quesiti irrisolti (in quanto molto più moderni) e, soprattutto, non offre una soluzione a quanti, e pare siano un po', trattandosi di un derby tutto sommato di recentissima nascita, si trovano a dover decidere con quale "noi" doversi identificare. Ma questa è tutta un'altra storia. Nel frattempo, godiamoci lo spettacolo accettando che, come ognuno ha la "sua" squadra, ognuno vedrá la "sua" partita.
Francesca Guglielmetti 18/12/2022 0
Dalle luce non solo suggestione ma anche la cura di alcuni disturbi
Fiat lux! E luce sia. Anche quest’anno, dal 2 dicembre al 29 gennaio, Salerno, ogni giorno a partire dalle 17, vedrà illuminarsi strade, piazze e giardini con le installazioni artistiche che, anno dopo anno, stanno contribuendo a rendere la nostra città meta turistica. Certo, passeggiare per la città illuminata rappresenta un indiscutibile occasione di svago, ma anche un’occasione per potersi rilassare. La luce, nelle molteplici forme e negli sfavillanti colori che la città, angolo dopo angolo, presenta, offre suggestioni per i più grandi, meraviglia in chi è ancora bambino.
Lasciando ovviamente ad altri che meglio di me sapranno illustrare itinerari ed occasioni di svago, non posso fare a meno però, raccogliendo lo spunto offerto, di illustrarvi brevemente i meravigliosi effetti benefici della luce. Eh sì, la luce cura: attraverso la fototerapia è infatti possibile, utilizzando la luce solare o radiazioni luminose a diversa lunghezza d’onda (luce ad alta intensità, raggi UVA, raggi UVB a banda larga, raggi UVB a banda stretta), curare molteplici disturbi.
Gli effetti benefici della luce solare su diverse malattie dermatologiche sono infatti ormai noti ai più, mentre ancora, credo, resta non pienamente conosciuto ed apprezzato l’intervento della fototerapia su diversi disturbi psichici e, soprattutto, sulla Sindrome Affettiva Stagionale (SAD). La SAD si caratterizza per episodi depressivi gravi in corrispondenza dei cambiamenti stagionali, in particolare autunno-inverno, con diminuzione nel periodo estivo.
Già nel 1984, lo psichiatra e ricercatore Norman E. Rosenthal ipotizzò che la Sindrome fosse collegata soprattutto alla riduzione invernale della quantità di luce e ne identificò la terapia di prima scelta nella fototerapia. Da quel momento in poi, gli studi scientifici al riguardo sono stati costanti, tanto che nel 2005 l’American Journal of Psychiatry ha confermato che il trattamento con luce brillante (luce ad alta intensità) è efficace nei disturbi dell’umore a carattere stagionale e non.
Per comprendere come funziona la fototerapia, è necessario sapere che l’occhio rappresenta la parte più superficiale del nostro sistema nervoso centrale. La luce, colpendo la retina, stimola il nervo ottico, che trasmette gli stimoli a regioni del cervello come l’ipotalamo, che regola la produzione di serotonina (l’ormone del buonumore) e di cortisolo (l’ormone dello stress), e l’epifisi, che regola la produzione di melatonina, migliorando l’umore, l’alimentazione e il sonno.
Cortisolo, serotonina e melatonina risultano, infatti, alterati nelle persone che soffrono di episodi depressivi. Sebbene, dunque, passeggiare per le strade illuminate non può certo essere considerato alla stregua di una fototerapia (che essendo un intervento clinico ha delle sue caratteristiche ben precise e dei professionisti deputati ad utilizzarla), credo sia bene però sapere che in carenza di luce si rischia innanzitutto la depressione e che, dunque, anche una passeggiata per le strade illuminate, pur non essendo una vera e propria cura, può rappresentare, senza dubbio, una forma di attenzione verso noi stessi.
Francesca Guglielmetti 29/10/2022 0
Nella resa, tutto cambia: "La Casa di Lara" a Salerno è carezze ed emozioni
"Ogni anno il 2 novembre" è l'incipit della famosa poesia ma anche l'avvio alle riflessioni sulla commemorazione dei defunti, con tutto quello che ne segue: dal piano traffico, alle funzioni religiose, passando per l'ormai (sterile a mio avviso) discussione rispetto al dover considerare opportuna o sacrilega l'abitudine di travestirsi da scheletri e fantasmi nella notte di Halloween, cioè giusto un attimo prima del giorno dedicato alla festa di Ognissanti ed a quello in cui si ricordano i morti.
Ma oggi, in questo caldo ottobre che ormai volge al termine, lo sguardo si indirizza verso quella forma di dolore che, a differenza della morte, non potendo rifarsi a dei riti o a delle tradizioni, difficilmente può essere raccontata e condivisa. A questo spazio si è cercato di dare almeno un nome: fine vita e, nel contempo, si è cercato anche di individuare dei luoghi e delle professioni in grado di far sì che il fine vita potesse essere accolto non come un anticipo della morte ma, appunto, come una parte della vita stessa.
L'argomento è talmente privato e spinoso per le implicazioni psicologiche, etiche, morali ed anche giuridiche, da rappresentare un tabù, qualcosa di cui è quasi impossibile parlare. Ed infatti, se tutti, ma proprio tutti, in città alla parola Brignano associamo immediatamente l'immagine del cimitero, sono certa che solo gli addetti ai lavori, o chi questo dolore lo ha toccato con mano, sanno cosa sia "La Casa di Lara".
La Casa di Lara è apparentemente difficile da trovare. Pur rientrando infatti nei servizi offerti dall'Asl, e pur essendo collocata presso l'ospedale Giovanni da Procida che, credo, sia il più antico nosocomio della città di Salerno, risulta essere un luogo separato e silenzioso ma non per cattiva volontà o trascuratezza ma perché, di questo sono certa, Casa di Lara, che è l'unico hospice presente al momento in città, così deve essere.
Un hospice è un luogo profondamente diverso da un ospedale, perché qui non si combatte più per cercare la guarigione, qui ci si arrende. Quando la malattia ha vinto, l'hospice offre al malato ed ai suoi familiari la possibilità di ritirarsi dalla battaglia, di non combattere più, di accettare le conseguenze estreme della malattia, ma senza perdere la dignità. Nella resa tutto cambia. Le stanze di degenza, ad esempio, nella Casa di Lara non sono individuate da numeri ma da nomi di fiori, il familiare non è un visitatore o qualcuno a cui dar conto ma è egli stesso una persona da accogliere, ascoltare, guidare, per far sí che possa affrontare al meglio il duro lavoro del lasciare andare. Persino gli arredi (dalle poltrone ai divani, dalle stanze di ritrovo, fino alla cucina presente in stanza) invitano il congiunto a fermarsi e non semplicemente a transitare.
Il malato, una volta arresosi, riprende ad essere una persona tutta intera, non è più identificato con la malattia, viene chiamato per nome, viene accudito e non solo curato. Il dolore non è più lo scotto da pagare, a fronte di una promessa di guarigione, ma qualcosa da arginare per lasciare spazio a parole, carezze, emozioni. Ed è proprio grazie a questa cura globale, a questo approccio integrato, che vede il malato (e non più la malattia) e la famiglia come un unico organismo, che spesso negli hospice avvengono dei "miracoli laici" che permettono ai malati di andar via più serenamente ed alle famiglie di accettare più serenamente la perdita.
Francesca Guglielmetti 21/09/2022 0
A San Matteo i salernitani rinnovano il voto di appartenenza alla comunità
Ci risiamo: 21 settembre, data in cui per tutti finisce l'estate ed inizia l’autunno, per tutti tranne che per chi abita a Salerno. Se sei salernitano, infatti, il 21 settembre significa solo una cosa: San Matteo, con tutto quell’insieme di sacro e profano che i festeggiamenti per il Santo Patrono comportano. Chi è addentro alla faccenda sa bene che la questione non si consuma assolutamente nelle poche ore del pomeriggio del 21 settembre.
Il cerimoniale religioso inizia in piena estate, il 21 agosto, con “l’alzata del panno” nell’atrio del Duomo, per poi proseguire con la reliquia del braccio di San Matteo che viene portata in visita in diversi e significativi luoghi della città. Ugualmente, anche la parte laica richiede una sua attenta e lunga preparazione, e quindi, anche se la musica in piazza, che pure tanto infervorava gli animi, già da qualche anno è solo un ricordo, sicuramente la lunga e laboriosa preparazione della milza resta una tradizione privata. ma ancora ampiamente seguita.
Non provate a cercare spiegazioni logiche e lineari in questo attaccamento della città al culto del Santo, semplicemente perché attaccamento non è la parola giusta. Credo che per poter definire in pienezza questa giornata si debba parlare di appartenenza. Il senso di appartenenza è qualcosa di molto potente, perché ci aiuta a definirci come individui e a sentirci al sicuro.
Inoltre, secondo Manuel Castells, noto sociologo, sperimentare il senso di appartenenza aiuta le persone anche a creare dei "codici” attraverso i quali comprendere la realtà, a fornire dei modelli di comportamento, di pensiero e di vita, creando dei sistemi di valore da seguire nel corso dell’esistenza. Il legame tra identità individuale e senso di appartenenza è stabile e fortissimo.
L'immagine che una persona ha di sé, dei rapporti con gli altri e con il proprio "Io" resta indecifrabile se non viene collegata al luogo in cui si vive (e a cui si appartiene), all’identità culturale e al patrimonio sociale. Attenzione però, anche se spesso viene considerata come scontata, l’appartenenza non è imposta, ma fa riferimento soprattutto a sentimenti come la volontà o l’affetto. Quindi ogni 21 settembre i salernitani, ognuno a suo modo (sia esso religioso o laico poco importa), trovano il modo di rinnovare, attraverso il Santo, il voto di appartenenza alla città ed alla comunità.
Redazione Irno24 26/08/2022 0
E' allarme "sextortion", i consigli della Polizia Postale di Salerno
Negli ultimi mesi stanno vertiginosamente aumentando i casi di “sextortion” in danno di adolescenti attraverso i social network. Sono già oltre un centinaio le segnalazioni ricevute dalla Polizia Postale. Sono minori per lo più tra i 15 e i 17 anni e anche più piccoli. Si tratta di un fenomeno, di solito rivolto al mondo adulto, con un enorme potenziale di pericolosità, perché oggi colpisce vittime minorenni, tanto fragili quanto inesperte.
Sempre più spesso la curiosità sessuale dei ragazzi li trasporta in un incubo fatto di ricatti, richieste insistenti di denaro e minacce di distruggerne la reputazione, diffondendo sui social immagini sessuali ottenute tramite live chat. Tutto inizia con qualche chattata con profili social di ragazze e ragazzi gentili e avvenenti, apprezzamenti e like per le foto pubblicate.
Si passa poi alle video chat e le richieste si fanno man mano più spinte. Nei giorni seguenti, il martellamento online include la richiesta di somme di denaro anche esigue, con la minaccia che, in caso di mancato pagamento, il materiale sessuale verrà diffuso tra tutti i contatti, gli amici e i parenti.
Le vittime, intrappolate tra la vergogna e la paura che le immagini intime possano essere viste dai loro contatti, tendono a tenersi tutto per sè, a non confidarsi con nessuno, in particolare con i genitori. Per questo motivo il fenomeno è sottostimato, perché la denuncia impone ai ragazzi un disvelamento ai genitori, che a volte appare più doloroso delle minacce dell’estorsione.
I consigli della polizia postale
Mai cedere al ricatto pagando le somme richieste. Non smetteranno di chiedere denaro se si paga, ma anzi capiranno che hai disponibilità economica e si faranno più insistenti;
Non bisogna vergognarsi per aver condiviso immagini intime con sconosciuti. A quella età si è curiosi e inesperti, e spesso le persone che fanno queste cose sono criminali organizzati che conoscono le fragilità dei ragazzi;
Non cancellare i messaggi scambiati con gli estorsori, non chiudere i profili social su cui ai viene contattati, ma fare gli screenshot delle conversazioni e delle minacce e del profilo dell’estorsore;
Fare una segnalazione sul portale commissariatodips.it per chiedere aiuto, da soli è più difficile risolvere questo tipo di problemi;
Parlarne con i genitori o con un adulto di fiducia, che sapranno come essere di aiuto per gestire la situazione;
Chi ha più di 14 anni può sporgere una denuncia, anche in modo autonomo, in qualsiasi ufficio di Polizia.
Francesca Guglielmetti 06/08/2022 0
La "serendipità" che Salerno è in grado di offrire, da Pastena a Santa Teresa
Serendipity non è "serenità". E non è nemmeno il banale "colpo di fortuna". Serendipity è uno stato d'animo, una predisposizione dello spirito che ci può aiutare a vivere con maggiore pienezza. Il termine fu coniato da Horace Walpole, uno scrittore del XVIII secolo, per sintetizzare in una sola parola la predisposizione d’animo che riconobbe in sé mentre, analizzando un dipinto del Vasari, scoprì qualcosa di inaspettato.
In realtà, per stessa ammissione di Walpole, la parola deriva da una fiaba persiana intitolata "Tre prìncipi di Serendippo": da Serendib, il nome antico dello Sri Lanka. Serendipity si può tradurre più o meno così: "Non ti cercavo, non ti aspettavo, ma sono stato fortunato a incontrarti" o, meglio, seguendo il sito della Garzanti, è "lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che vedere con quanto ci si proponeva o si pensava di trovare".
Fu dunque la serendipity a permettere a Cristoforo Colombo di scoprire l’America mentre cercava di andare nelle Indie Orientali, e sempre di serendipity si trattava quando Fleming scoprì la penicillina o quando Nobel inventò la dinamite e via seguendo, fino ai nostri giorni; dal microonde al viagra bisogna sempre dire grazie a quanti sono riusciti a cogliere le opportunità offerte dalla serendipity. Ci si predispone alla serendipità quando, pur essendo attenti e vigili, procediamo senza uno scopo preciso (può sembrare un controsenso ma non lo è, c’è solo bisogno di allenamento).
Se riusciamo ad attivare questa particolare attitudine alla scoperta, il nostro cervello (come ha recentemente dimostrato una ricerca condotta presso l’Università di Roma) rimarrà "spiazzato" da ciò che vede e ciò consentirà all’informazione di rimanere impressa più a lungo nella corteccia visiva. Dall’amore alle scoperte scientifiche, dall’apprendimento alla gestione del lavoro, ogni campo può trovare giovamento dall’applicazione di questa particolare forma di pensiero creativo, sino ad arrivare alla "serendipity walk".
Così, temperature permettendo, se vi concedete il permesso, potreste trovarvi (che siate turisti o salernitani doc) a scoprire quanta serendipità Salerno è in grado di offrire. Se siete nel quartiere di Pastena, ad esempio, magari al tramonto, potreste trovarvi per caso (sono quasi certa che non esistono indicazioni per raggiungerlo) rapiti dalla bellezza del "Porticciolo": pescatori e reti, case direttamente sul mare e, con un solo colpo d’occhio, la costiera cilentana e quella amalfitana distese davanti a voi.
Se vi dirigete in centro città, allontanandovi giusto un pò dal bellissimo ma "scontato" Duomo, vi potreste imbattere nell’insolita e macabra bellezza del portale della chiesa dei "Morticelli" e trovare, sempre inaspettatamente, non un posto in cui pregare (la chiesa è stata sconsacrata ormai da anni) ma un ritrovo "laico" e trasversale. Serendipity è accettare che un luogo non è come ce lo aspettavamo o come siamo sempre stati abituati a vederlo.
Accade così che si faccia del calcio dove di solito si fa il bagno (Santa Teresa) o del teatro in una piazza piccola piccola, circondata da case nel bel mezzo del centro storico (largo dei Barbuti), o che i muri si trasformino in libri di poesie (quelle di Alfonso Gatto piacevolmente sparpagliate in tutto il centro storico). E allora in questo caldissimo mese d’agosto facciamo, complice Salerno, della serendipity la nostra bandiera e dell’Io Non Cerco Trovo (Picasso) il nostro motto.
Francesca Guglielmetti 08/07/2022 0
Salerno fra vocazione turistica e degrado, l'approccio della "finestra rotta"
Da molto, troppo tempo, Salerno si trova ad essere rappresentata attraverso due diverse narrazioni. Da una parte, quella che si crogiola nel descrivere una città “a vocazione turistica”; dall’altra, quella che si attarda indignata a documentare la sciatteria, se non il vero e proprio degrado urbano che affligge trasversalmente praticamente tutti i quartieri. Sullo sfondo un’unica colonna sonora: episodi di criminalità che si ripetono sempre più di frequente. Un caso? Decisamente no se, come ci suggerisce la teoria della “finestra rotta”, proviamo a considerare il degrado urbano e gli episodi di devianza come fenomeni interconnessi.
La teoria prende le mosse dal famoso esperimento sociale condotto negli anni ’60 dal sociologo Philip Zimbardo. Egli fece parcheggiare un’automobile senza targhe a New York, nel malfamato quartiere del Bronx, ed una uguale in una strada di Palo Alto, ricca cittadina della California. L’auto nel Bronx fu vandalizzata dopo soli dieci minuti dal suo ‘abbandono’. L’auto parcheggiata a Palo Alto rimase intatta per più di una settimana, ma non appena lo scienziato ne frantumò un finestrino con un martello, accadde che ben presto anche i cittadini della ricca città californiana presero a comportarsi come gli abitanti del Bronx, distruggendo l’auto nel giro di poche ore.
La teoria fu poi ripresa nel 1982 da Wilson e Killing, che nell’articolo “Broken Windows” ampliarono gli studi di Zimbardo, arrivando a formulare un vero e proprio approccio conoscitivo sul quale ormai si fondano numerose strategie per la prevenzione ed il contrasto della criminalità. Secondo tale visione, un ambiente che viene mantenuto ordinato e pulito veicola al cittadino il segnale che l’area è tenuta sotto controllo e che un qualsiasi comportamento criminale non verrà tollerato.
Viceversa, un ambiente urbano disordinato o, addirittura, degradato (ad esempio per la presenza di facciate degli edifici fatiscenti, muri imbrattati di scritte, presenza eccessiva di rifiuti per strada o aree verdi trascurate ed invase da erbacce) invia il segnale che il territorio non è monitorato e che un comportamento incivile, o, peggio, criminale, ha uno scarso rischio di essere rilevato. L’ambiente urbano, oltre ad essere il “biglietto da visita” della città per i turisti, ha un vero e proprio potere comunicativo rispetto alla presenza di regole e di come ci si adoperi per farle rispettare.
Ognuno di noi, più o meno consapevolmente, cercherà nell’ambiente circostante degli elementi in grado di rendere esplicite le più comuni norme sociali ed anche il rischio che si corre nel violarle. Banalmente, in un luogo privo di cestini, è più facile che ci si abbandoni alla tentazione di lasciare in giro dei rifiuti; se poi non si provvede non solo a dotare le aree urbane dei necessari arredi ma, addirittura, le si lascia sporche e prive di cura e manutenzione, si permette al cittadino di maturare la convinzione che quel dato luogo sia privo di controllo sociale informale.
Non è tanto la “finestra rotta” in sé ad essere importante, ma il messaggio che essa veicola, ossia l’indifferenza e la vulnerabilità della comunità e, anche, la mancanza di coesione delle persone all’interno della comunità stessa, la loro incapacità di occuparsi dell’ambiente in cui vivono. Pertanto sarebbe utile assumere una visione un po’ più ampia che ci aiuti ad andare al di là della mera constatazione dell’avvilente stato in cui versa ormai Salerno e delle lamentazioni per le inefficienze delle Istituzioni. La teoria della “finestra rotta” dovrebbe stimolare tutti noi ad occuparci del luogo che ci accoglie, di quella città che prima di essere “turistica” dovrebbe essere appunto “nostra”.
Francesca Guglielmetti 04/06/2022 0
I benefici dello yoga su mente e corpo, il 21 Giugno evento a Salerno
Krishnamacharya, uno dei più influenti insegnanti di yoga del XX secolo, affermò che lo “yoga è il più grande dono dell'India al mondo”. Si tratta però di un dono che ha fatto fatica ad essere riconosciuto ed apprezzato, dal momento che solo nel 2014 l'Onu ha stabilito che il 21 giugno, proprio in concomitanza con il solstizio d'estate, venisse celebrata la Giornata Internazionale dello yoga.
"Yoga significa unità di mente e corpo; pensiero e azione; dominio di sé e autorealizzazione; armonia tra uomo e natura; un approccio olistico tra salute e benessere". Con queste parole, il Primo Ministro indiano, Shri Narendra Modi, ha sintetizzato le caratteristiche dello yoga nel suo discorso alla 69esima edizione dell’Assemblea delle Nazioni Unite, con il quale chiedeva, nel settembre del 2014, il riconoscimento ufficiale della Giornata Internazionale dello Yoga. Tre mesi più tardi, l’11 dicembre 2014, la sua richiesta fu accolta e fu istituito lo Yoga Day. Da quel momento, oltre 170 paesi del mondo, tra cui anche l'Italia, hanno promosso la risoluzione.
L'essenza dello yoga è racchiusa nella stessa parola che deriva dal sanscrito “yuj” (“giogo” o “unione”) ed infatti la pratica di tale disciplina mira a raggiungere proprio l'unione tra mente e corpo. Mentre i benefici sul corpo sono ormai da anni evidenti, e per così dire "certificati", è solo recentemente che la scienza si è soffermata ad analizzare gli effetti benefici dello yoga sulla mente. In particolare, è stato ormai acclarato che la pratica costante sia correlata all'aumento di volume dell'ippocampo, che è un'area del cervello coinvolta nell'elaborazione della memoria e che, fisiologicamente, è destinata a ridursi nel tempo, oltre ad essere colpita per prima dai processi degenerativi propri della demenza e dell'Alzheimer.
Sebbene la maggior parte degli studi sugli effetti dello yoga siano esplorativi e non conclusivi, la ricerca indica altri importanti cambiamenti cerebrali associati alla pratica regolare. In particolare, l'amigdala, una struttura cerebrale che contribuisce alla regolazione emotiva, così come altre zone del cervello, tende ad essere più grande o più efficiente in coloro che praticano regolarmente yoga. Gli studi che si sono concentrati sulle ricadute funzionali dello yoga hanno permesso poi di osservare che la pratica è associata a migliori prestazioni nei test cognitivi o in quelle che sono definite "misure di regolazione emotiva".
In estrema sintesi, lo yoga aiuta le persone a gestire lo stress, a migliorare le prestazioni in compiti che richiedono di effettuare delle scelte, a prendere delle decisioni o effettuare dei cambiamenti di attività ed attenzione. Anche quest'anno, grazie all'impegno ed alla determinazione della dott.ssa Rita Cariello, dell'Associazione Devayoga, sarà possibile avvicinarsi a questa pratica millenaria e celebrare lo Yoga Day a partire dalle ore 19 (del 21 giugno ovviamente) presso il Parco dell'Irno di Salerno.