96 articoli nella categoria Enogastronomia
Redazione Irno24 25/11/2022 0
Riapre con tante novità la storica pasticceria Aliberti di Montoro
La storica pasticceria Aliberti di Montoro, che aveva chiuso i battenti lo scorso agosto per ridisegnare i propri spazi, riapre con una location più moderna e vicina alla sua offerta. Per presentare i nuovi ambienti esclusivi, ha organizzato, per sabato 26 novembre, alle 19:30, un aperitivo all'insegna del buon gusto: tanti finger food di pasticceria dolce e stuzzicheria salata, un primo preparato con prodotti a km 0 dallo chef stellato Raffaele Vitale, una degustazione dei vini di Villa Raiano, cocktail bar e dj set.
Il restyling del laboratorio, della caffetteria, dell’area espositiva e degli spazi esterni della pasticceria Aliberti s’inserisce in un percorso più ampio, che ha visto come protagonista Marco Aliberti. I tre mesi di chiusura sono stati, infatti, anche l’occasione per sperimentare nuovi dolci ed arricchire il proprio bagaglio personale con nuove esperienze e competenze.
Lo scorso ottobre, Aliberti è entrato a far parte dell'Accademia Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano, rientrando così, a pieno titolo, tra i massimi esperti della lievitazione naturale. Gli importanti cambiamenti che stanno interessando la pasticceria non sono un punto d’arrivo, ma piccole tappe di un grande viaggio verso una pasticceria sempre più moderna capace di riecheggiare un dolce passato.
Annamaria Parlato 09/11/2022 0
Nobi, il ristorante di Fisciano in cui si fa ricerca sulla materia prima
Nobi sta per “nobilitare” le ricchezze agricole del territorio fiscianese, ma anche per “Nobile” Di Leo, colui che ha sottolineato - Ho immaginato un luogo dove chiunque potesse imparare ad amare la terra come lo amo io - e ha dato vita ad una masseria con food court in cui poter dar sfogo ad ogni vezzo gastronomico. Chi ha fame di novità, infatti, vuol godere di un’ottima cucina d’autore in un clima confortevole, curato nei minimi dettagli e in cui ci sia un buon rapporto qualità-prezzo.
Nobi accomuna tutte queste caratteristiche, perché il ristorante sorge in Contrada San Lorenzo di Fisciano, a due passi dall’uscita autostradale, dall’Università, da Salerno centro e da Avellino, completamente circondato da noccioleti, orti e natura rigogliosa; inoltre, esternamente ed internamente, la location è stupenda, con le due piscine di cui una a sfioro e le sale abbellite dal design d’autore, in cui predominano attraenti e vivaci tele e sculture di arte contemporanea; infine, la cucina di Michele De Martino è una garanzia da ogni punto di vista ed i costi sono nettamente inferiori alla norma, includendo i vini, considerando che c’è tanta perizia e che la materia prima è di estrema eccellenza.
Nobi è la naturale continuità della Masseria Nobile, azienda di punta del salernitano (Castel San Giorgio) dal 1966 per la produzione di legumi e pomodori, di cui datterini gialli Dolly, San Marzano DOP e marzanini. La coltivazione dei pomodori resta a Fisciano e l’inscatolamento avviene nello stabilimento di Castel San Giorgio, a pochi chilometri dai filari. “Nobile” è un marchio di proprietà di Calispa Spa, oggi alla terza generazione, che seleziona il meglio della produzione dandole un nome “nobile”, come il lavoro che da cinquant’anni viene svolto quotidianamente, controllando tutti i processi e garantendo al consumatore un prodotto sicuro, buono, sano e genuino.
La giovanissima Ilaria Di Leo, con il compagno originario di Vietri sul Mare, Nicola Gregorio, è alla guida del ristorante e anche dell’azienda di famiglia. Affiancata da un team di sala rispettoso delle regole dell’ospitalità, ha migliorato nel tempo le solide fondamenta già edificate dai suoi genitori, ristrutturando in maniera impeccabile la proprietà, in modo da ricavarne anche confortevoli alloggi in cui pernottare. La piscina è dotata anche di angolo cocktail per trascorrere piacevoli momenti en plein air, degustando un aperitivo accompagnato da finger food direttamente preparati in cucina. La struttura si presta molto bene per ricevimenti e feste private.
Michele De Martino, chef salernitano con un ricchissimo bagaglio di esperienze alle spalle, nelle più rinomate cucine salernitane e della Costiera Amalfitana (l'ultima durata due anni da Casamare a Salerno), ha accettato una nuova scommessa, lasciando la città ma sicuro di ritrovare a Fisciano tutto quello di cui un professionista della cucina ha bisogno: prodotti a Km 0, stimoli e fiducia in ciò che progetta quotidianamente. La degustazione dei piatti, originali, innovativi, capaci di non perdere mai d’occhio la tradizione, è risultata molto convincente.
Soddisfacente e intrigante, nelle sue tonalità amaranto, il cocktail di benvenuto analcolico "Bosco del Venezuela" (frutti di bosco, basilico, lime, zucchero di canna scuro, ginger ale, fava di Tonka), con sfiziosi appetizer dal fascino asiatico e latino, fra cui spicca il calzoncino fritto, simil empanada dominicana, con ricotta, salame e ketchup di San Marzano Nobile come topping.
Le chicche da provare sono però sicuramente la “seppia in carbonara” tra gli antipasti (una tagliatella di crudo di seppia, adagiata su crema cacio e pepe e guarnita con uovo alla Cracco, pancetta croccante e tenacoli fritti, una vera esplosione di sapori e consistenze) e il “riso è Nobile” tra i primi, un piatto apparentemente semplice ma di grande complessità, con base bianca al burro e parmigiano, guarnita poi con crema di pomodoro giallo e di pomodoro San Marzano, e in cima pomodorini arrostiti. Stessa cosa dicasi per la “triglia viene da Livorno”, un sandwich ripieno del rossiccio pesce di scoglio e salsa livornese, adagiato sulla sua bisque e arricchito da una scarolina capperi e olive che non manca mai nella cucina salernitana di De Martino.
Nel menù autunnale, il commensale potrà divertirsi nello scorgere crudi di mare, tartufi neri irpini, ortaggi di stagione, limoni profumatissimi, carni succulente come quelle di maialino, pasta artigianale di leggerissima fattezza, il pescato locale, pani e focacce autoprodotte in abbinamento ad olii cilentani e le aromatiche mediterranee.
Intento ad esporre i suoi piatti, lo chef ha aggiunto: “Adoro Gennaro Esposito, ma la mia è una cucina salernitana, oserei dire quasi antica e di recupero dei vecchi ricettari, in cui tecniche di conservazione come la scapece erano frequenti. A Salerno non esistono tantissimi piatti, ma milza o interiora, scarola, moscardini affogati, ciambotte di verdure e preparazioni in tegame non mancano mai. Qui al Nobi cercherò di riproporre quello che in pochissimi conoscono, a cui darò un tocco di contemporaneità, partendo sempre dalla materia prima che il vasto territorio campano offre. Sto anche pensando a dessert innovativi, tant’è che sto ampliando le mie conoscenze in materia”.
La cantina del Nobi spazia dai vini regionali a quelli nazionali e non mancano bollicine, champagne, grappe, whisky, cognac e passiti. Il dessert consigliato è il “cioccolati e lampone” con bisquit al cioccolato, cremoso ai lamponi, cioccolato fondente e cioccolato bianco, mini-capolavoro di bellezza per occhi e palato. Nobi affonda le sue radici in terreni annaffiati da passione, amore, talento; il suo modus operandi comincia proprio da qui, dalla nobilitazione del territorio e dei saperi agricoli, che diventano emozionali e magneticamente suggestivi.
Annamaria Parlato 30/10/2022 0
La zucca a Salerno e dintorni: lumino ad Ognissanti e "confine" dell'estate
Specie e varietà del genere Cucurbita (famiglia delle Cucurbitacee), la zucca è un ottimo ortaggio, benefico per la salute, a maturazione autunnale, usato per pietanze, minestre e come sofisticante per confetture; le varietà scadenti sono usate invece come foraggi. Introdotta, forse, in Europa dall’America tropicale nel secolo XVI, di cui sarebbe originaria, ha da sempre indicato nel lessico comune, in maniera simbolica, stupidità ma perfino intelligenza.
Lucio Anneo Seneca, nella sua satira Menippea, criticò l’imperatore Claudio definendolo "Zuccone". Il grande scultore Donatello diede vita intorno al 1420 alla statua del profeta Abacuc, conservata nel Museo dell’opera del Duomo di Firenze, soprannominata proprio "Lo Zuccone", in riferimento alla sua evidente calvizie. Quindi, in senso già dispregiativo, la zucca classificava le persone calve con testa sproporzionata e particolarmente rotonda. Per non parlare dell’abuso del termine per indicare persone sciocche e un tantino stupide (spesso si usa l’espressione "Hai poco sale in zucca").
Nella tela intitolata "Banchetto Nuziale" di Pieter Bruegel il Vecchio, del 1568, la zucca viene rappresentata sotto forma di pietanza, quasi di vellutata, e si intravede un popolano che la mangia, seduto, con gusto, accompagnandola a del pane, forse di segale. Ancora, nei ritratti dell’Arcimboldo o nella Fruttivendola di Vincenzo Campi del 1580, la zucca è un elemento di spicco ornamentale, che arricchisce con le sue forme la composizione. Nel XIX secolo, nei quadri di Giovanni Segantini, diventa un ortaggio importante nell’alimentazione popolare e quotidiana, assumendo un ruolo di primo piano.
E da lì nell’immaginario collettivo la zucca inizia ad essere associata a significati più positivi e a diventare proverbiale: “Mangia le zucche in abbondanza e non avrai mal di pancia”. La zucca è in ogni caso un frutto magico, leggendario: in passato, quelle giganti e vuote, venivano usate dai marinai come boe o come salvagente per inesperti nuotatori; nel Medioevo infatti, alcuni racconti descrivono come uomini e donne siano stati salvati dalla corrente di acque impetuose grazie a formidabili zucche.
Per i Celti, antica popolazione del nord Europa, Capodanno non cominciava come per noi il 1° gennaio, bensì il 1° novembre, e veniva celebrato con una grande festa chiamata Samhain, che in gaelico significa "fine dell’estate". I villaggi festeggiavano per giorni, accendendo falò, cantando e danzando sfrenatamente e travestendosi con maschere e costumi spaventosi per tenere lontani gli spiriti maligni. Si diffuse l’abitudine di intagliare volti mostruosi negli ortaggi e nei tuberi più reperibili e di illuminarli dall’interno con un lumino, per renderli più agghiaccianti: in quel caso si trattava in genere di grosse rape, patate o barbabietole.
Per capire come dalle rape si sia arrivati alla zucca di Halloween, bisogna risalire alla metà dell’800, quando una terribile carestia si abbattè sull’Irlanda, spingendo un numero incredibile di irlandesi a emigrare negli Stati Uniti, in cerca di un futuro migliore. Nel Nuovo Mondo, questi emigrati fondarono le loro comunità e mantennero le loro tradizioni, compresa quella dell’All Hallows’ Eve, cioè la vigilia di Tutti i Santi (“hallow” è un’antica parola inglese che significa appunto “santo”).
La tradizione di accendere, in occasione delle festività dei defunti, lumini e candele fuori dalle abitazioni, che venivano collocati in zucche cave, in un’impressionante analogia con la antica festa celtica di Samhain, è attestata soprattutto in Irpinia, nell’avellinese, ma anche nell’area di Salerno. In zone più interne della Campania, i bambini chiedevano direttamente un dono specifico: “Cicci muorti”, ossia i chicchi di grano fatti bollire e poi ripassati nel miele, un dolce povero dalle chiare valenze simboliche (i chicchi di grano rappresentano la vita che rinasce, fertilità e abbondanza).
La zucca, in definitiva, non ha colpito solo l’immaginario collettivo, ma è diventata una vera e propria prelibatezza,tanto da ricoprire ruolo primario in cucina. Durante il periodo freddo dell’anno, la si usa per preparare moltissimi piatti caldi; la si trova, infatti, nella ricetta della minestra con zucca e farro, della pasta e zucca o della zucca e fagioli, piatto tipicamente salernitano, o addirittura sulla pizza. Ottima anche nelle preparazioni dolci come crostate, biscotti e pani speziati.
Annamaria Parlato 25/10/2022 0
Caffè Trucillo fiore all'occhiello dell'economia salernitana e vanto per il Sud
“Se sei una persona di qualità, farai sicuramente un prodotto di qualità. Il nostro caffè è la semplice prova di ciò in cui crediamo” (Matteo Trucillo, Ad)
Dopo due anni di fermo dovuto alla pandemia, SCA Italy, divisione nazionale della Specialty Coffee Association, la comunità più rappresentativa al mondo per i professionisti della filiera del caffè, ha riaperto quest’anno le competizioni nazionali per la selezione degli aspiranti campioni nelle discipline Barista, Latte Art, Coffee in Good Spirits, Brewers, Roasting e Cup Tasters.
La tappa sud è tornata per la seconda volta nell’Accademia Trucillo, a Salerno, dal 18 al 20 ottobre, dove ci sono state le selezioni per tutte le discipline SCA, esclusi Roasting e Cup Tasters. Sostenitori della manifestazionie sono stati Alpro, BWT Italia, Centrale del latte di Salerno, Cupiello, DM Italia, Muma Gin, Vahlrona e sponsor dei giudici Brita Italia. I vincitori: nella categoria Barista, Arianna Peli e Federico Pinna, nel Latte Art Stefano Cevenini e Michele Intravaia, per il Brewers Andre Tomassi e Maria Giovanna Coppola, nel Coffee In Good Spirits Marco Poidomani; si confronteranno poi con quelli delle altre due nelle finali nazionali, in programma dal 21 al 25 gennaio 2023 al SIGEP a Rimini.
Le competizioni nazionali sono servite anche a far conoscere agli addetti ai lavori e alla stampa l’affascinante mondo del caffè e la filosofia aziendale di Trucillo. Oggi alla terza generazione, e presente con i suoi prodotti nei locali più prestigiosi di 40 Paesi nel mondo, Trucillo è un vanto per il territorio salernitano ed è la dimostrazione che il sud lavora, produce e si distingue in avanguardia e tecnologia, offrendo posti di lavoro e garantendo stabilità economica ai propri dipendenti.
Visitando l’azienda, si è avuto modo di analizzare i processi da cui nascono le miscele di caffè Trucillo e partecipare al ricco calendario di appuntamenti di degustazione, conoscenza e indagine approfondita sulle nuove tendenze del caffè, che puntano al vegetale ma anche ai cocktail e alla cucina. Al piano inferiore si presentano in tutta la loro magnificenza l’accogliente sala meeting e riunioni, l’area riservata ai dipendenti, dove viene torrefatto il caffè, e l’isola coffee bar (aperta nelle speciali occasioni) a forma di T vista dall’alto, in cui il barista scende dalla sua pedana e come lo chef viene posto all’attenzione del consumatore, in modo da poterlo osservare mentre prepara caffè e bevande.
«Stiamo lavorando ad una serie di iniziative future, progettate per coinvolgere sia gli addetti ai lavori che il grande pubblico – ha affermato Antonia Trucillo – Il caffè è un universo molto dinamico, vogliamo essere promotori attivi di una vera e propria cultura del caffè, mostrandone anche gli aspetti meno scontati e promuovendo l’incontro creativo con altri settori, dalla pasticceria al vino e al food, dall’arte al mondo della comunicazione e dei social network. Attualmente supportiamo giovani creativi e manifestazioni culturali in città, di cui l’ultima Nouvelle Vague a Palazzo Fruscione».
Settantadue anni di passione, da quando nel 1950 il Cav. Cesare Trucillo inizia a tostare caffè verde nella cantina sotto casa, sulla costa, davanti al mare, proprio al centro del golfo di Salerno, in una casa che ancora oggi è di proprietà della famiglia. Lo affiancano in un secondo momento i fratelli Umberto, Matteo e Vittorio e negli anni gli affari si consolidano, tant’è che all’epoca fondano il Caffè Moka Salerno. L’azienda si afferma sul mercato, ponendo le basi per una realtà commerciale competitiva e qualificata.
Negli anni '80 entra nel team anche Matteo, figlio di Cesare, che con un buon tocco di innovazione, per valorizzare la tradizione, nel 1988 dà un nuovo imprinting all'azienda, trasformandola nell’embrione dell’attuale Caffè Trucillo. Nel 1998 apre i battenti l'Accademia Trucillo, la prima scuola del caffè del centro-sud Italia, un centro di apprendimento internazionale per formare i professionisti del bar, della ristorazione e dell'ospitalità, ma anche per accogliere gli appassionati del caffè. L’Accademia è stata fortemente voluta da Fausta Colosimo, moglie di Matteo.
«Allora, fu un salto nel buio – ha raccontato Fausta - di formazione non si parlava, e allo stesso tempo non esistevano figure professionali che condividessero le proprie conoscenze. Nonostante questo, abbiamo costruito un progetto formativo ambizioso, che è cambiato negli anni in base alle esigenze del mercato e sempre in continua evoluzione». Attualmente è responsabile dell'Accademia Antonia Trucillo, che con la sorella Andrea ed il fratello Cesare rappresenta la terza generazione. Antonia ha una lunga e approfondita conoscenza dell’universo caffè, frutto di numerosi e lunghi viaggi nei paesi produttori, dove ha lavorato sul campo con le comunità di caficultores, ma anche nei luoghi dove si analizza la qualità della materia prima e nei porti da cui parte.
Ha dedicato anni alla più alta formazione riconosciuta nel settore: è stata Trainer AST della Specialty Coffee Association e tra i più giovani Q Grader in Italia, titolo che rappresenta la massima specializzazione nel mondo della formazione del caffè. In Azienda si occupa di qualità della materia prima. La passione per questa si esprime nel suo impegno a divulgarla, sia attraverso l’Accademia che con le attività di marketing e comunicazione.
Andrea Trucillo si occupa di sviluppo dei mercati internazionali e trasformazione tecnologica; si deve a lei il processo di re-ingegnerizzazione e Smart Factory avviato dal 2019 che si sviluppa su 5 fronti: dematerializzazione del lavoro, ottimizzazione dei processi digitali, incremento della produttività, incremento della qualità del prodotto e alimentazione dell’impianto attraverso energie rinnovabili.
Cesare Trucillo, infine, si dedica ai mercati internazionali, con particolare attenzione agli Stati Uniti d’America; è inoltre a capo del progetto che vede l’azienda impegnata nel monitoraggio costante e attività di misurazione dell’impatto sociale dell’attività di famiglia. Caffè Trucillo serve più di 2000 locali in Italia ed esporta il 60% dei suoi prodotti in 40 paesi, grazie ad un'organizzazione commerciale dinamica e ben strutturata, con una squadra di agenti e concessionari in Italia e relazioni di fiducia con distributori all’estero.
Oltre all’Europa, dove l’azienda è impegnata a sviluppare una presenza sempre più radicata, tra i mercati strategici ci sono il Canada, gli Stati Uniti e il Medio Oriente. Tutto parte dalla selezione del caffè verde. La passione per la materia prima ha portato l’azienda ad essere strettamente vicina ai Paesi di produzione, dove Antonia Trucillo si reca personalmente nei suoi viaggi di ricerca, per offrire al consumatore un gusto ineguagliabile, fatto di aromi e culture di terre lontane. Approfondire la conoscenza del caffè in origine è fondamentale per essere consapevoli e perfetti conoscitori del proprio prodotto.
I caffè utilizzati nelle miscele Trucillo provengono da tre diversi continenti: Centro e Sud America, Africa e Asia. Il rigore dei controlli nell'intera filiera ed il rispetto degli standard di qualità sono passaggi fondamentali, che permettono di monitorare il ciclo produttivo con una continua attività di studio e ricerca. Il moderno stabilimento include un laboratorio analisi interno, dotato delle strumentazioni più avanzate del settore.
L’arte della tostatura segue la tradizione inaugurata dal fondatore e costantemente migliorata nei decenni, grazie ad una continua e incessante ricerca tecnologica. Questa fase rappresenta uno dei momenti più delicati nel processo di lavorazione del caffè: il chicco diventa friabile, cambia colore, aumenta di volume e cala di peso, acquistando ricchezza aromatica e differenziandosi nel gusto in base alla temperatura di cottura. Il caffè viene tostato con metodo a convezione, per una torrefazione uniforme e rispettosa delle sue caratteristiche.
La linea professionale si compone di una gamma di nove miscele e per il consumo domestico ci sono quattro miscele in grani, da macinare a casa, quattro miscele pronte all’uso già macinate e i monoporzionati. Trasmettere l’amore per il proprio mestiere, tramandare alle nuove generazioni ciò che la natura con spontaneità ha donato agli esseri umani con cadenze lente nel tempo è quello che si percepisce in casa Trucillo.
Viaggi colorati e profumati si trasformano in sapori, odori, aromi. L’evoluzione di un chicco di caffè che diventa bevanda è un atto poetico, in cui si fondono storia, cultura, arte, tali da rendere “il caffè espresso” un rito tutto italiano, che contraddistingue il Bel Paese nel mondo.
Redazione Irno24 08/10/2022 0
Salerno, sesta edizione di "In Vino Civitas" dal 15 al 17 ottobre
“La ripresa a sorsi: beviamoci Sa!” è il tema della sesta edizione di “In Vino Civitas”, il Salone del Vino di Salerno, organizzato dall’associazione Createam e sostenuto da Cna Salerno, Camera di Commercio e Fondazione Carisal, in programma dal 15 al 17 ottobre 2022 presso la Stazione Marittima.
Il programma tradizionale, che affida l’apertura ad un evento-sfilata di moda con gli artigiani salernitani, resta incentrato sulla degustazione di oltre 500 etichette di vini, provenienti da tutt’Italia, al quale si unisce il calendario di incontri promossi da Ais, l’associazione dei Sommelier, che quest’anno punta su una verticale di Fiorduva con Marisa Cuomo, una verticale di Amarone classico (azienda Zenato) ed una Masterclass di Champagne Benoit. Grande novità anche l’assegnazione del Premio “Arechi”, selezionato dalla giuria presieduta dal presidente nazionale Ais, Sandro Camilli, ad un vino proveniente dal territorio salernitano.
Alla degustazione, che sarà aperta al pubblico sabato 15 e domenica 16, dalle 16 alle 23, e lunedì 17, dalle 11 alle 18, si affianca un articolato calendario di incontri ed iniziative che, in modo particolare, per questa edizione, puntano sulla promozione dei contatti commerciali.
In primo luogo, l’ICE-Agenzia ha organizzato, insieme a CNA Salerno, un incoming di operatori esteri del settore enologico, che, oltre a visitare la manifestazione, organizzerà degli appuntamenti B2B all'interno del Salone, che coinvolgeranno i buyer della delegazione estera (selezionati dagli Uffici ICE della rete estera) e le aziende vitivinicole delle Regioni meno sviluppate che saranno espositrici alla manifestazione.
La partecipazione ai B2B sarà gratuita per le aziende partecipanti e rappresenterà un'importante occasione per avviare o concretizzare accordi commerciali con buyer, importatori e/o proprietari di attività nel settore della ristorazione che operano in paese esteri UE ed extra UE. Prima della giornata dedicata ai B2B (che si terrà lunedì 17 ottobre con inizio alle ore 10.00 presso la Stazione Marittima), la delegazione straniera visiterà due cantine, una situata nel cuore del Cilento e l’altra in Costiera Amalfitana.
Tra gli appuntamenti tradizionali, che ormai accompagnano il percorso del Salone del Vino, anche il premio EccellenSA, che viene attribuito ad una cantina che si distingue per impegno sociale. L’opera realizzata dal maestro ceramista Lucio Ronca, presidente provinciale di Cna Salerno, sarà assegnata alla cantina di San Patrignano.
Redazione Irno24 29/09/2022 0
"Indivino" a Solofra si sposta all'8-9 Ottobre causa maltempo
La settima edizione di “Indivino - Incontri di Vini nella Terra di Mezzo” si svolgerà Sabato 1 e Domenica 2 Ottobre nella suggestiva location del complesso monumentale di Santa Chiara a Solofra.
I visitatori potranno intrattenersi in spettacoli jazz, banchi di degustazione delle oltre 40 cantine irpine e salernitane presenti, prodotti gastronomici e caseari delle medesime province e laboratori degustativi a cura delle delegazioni ONAV di Avellino e Salerno.
Si potranno gustare i primi piatti del servizio di ristorazione a cura dell’Istituto Alberghiero Manlio Rossi-Doria di Avellino e fare scoperta delle migliori prelibatezze casearie, di norcineria e di pasticceria, sulla base di ricette antiche. L’evento sarà completamente Plastic Free: bicchieri e bottiglie di plastica saranno sostituiti da una “mise en place” completamente biodegradabile e compostabile.
LA MANIFESTAZIONE E' RINVIATA AI GIORNI 8-9 OTTOBRE PER CONDIZIONI METEO AVVERSE
Annamaria Parlato 21/09/2022 0
L'ampeloterapia a Salerno si fa con la Sanginella, l'uva di San Matteo
Simbolo emblematico dell’autunno, è sicuramente l’uva. I suoi chicchi rotondi, profumati e maturi, si alimentano e crescono proprio con il calore del sole estivo, un vero e proprio toccasana per la nostra salute. L’uva, uno dei frutti di più antica conoscenza, risulta di numerose bacche (acini) riunite lungo graspi più o meno ramificati.
Gli acini variamente colorati (bianchi, ambrati, verdicci, alabastrini, rossi o violacei) sono solitamente rivestiti da una “pruina” opaca, glaucescente, costituita da cera: sono formati da un involucro esterno (buccia o fiocine) e racchiudono una polpa, ora densa, ora acquosa, con “vinaccioli”, due o quattro semi piccoli e durissimi, talvolta mancanti.
Ma l’uva è soprattutto un alimento terapeutico e depurativo. Infatti, l’ampeloterapia è una dieta fatta di sola uva, che dona all’organismo proprietà ricostituenti e disintossicanti. Il termine deriva dal greco ampelos, che significa vite. Questa terapia, che consiste nel mangiare gli acini dell’uva o nel berne il succo, era praticata sia in Grecia, sia nella Roma Imperiale e perfino nei paesi Arabi. L’uva è indicata nelle gravidanze, nelle convalescenze, nelle dermatosi, nei disturbi dell’ipertensione. Oltre ad essere alleata della bellezza, è un efficace antidoto contro lo stress quotidiano o generato dal rientro post-vacanza, grazie al suo potere tranquillante.
Digeribile, contribuisce a ridurre il livello di colesterolo nel sangue e ad espellere l’acido urico. E’ un grande rimedio per prevenire e combattere i tumori. La cura (ampeloterapia) va fatta se possibile per una o due settimane. Il succo d’uva, definito anche latte vegetale, poiché simile per la sua composizione al latte umano, è consigliato in particolar modo a bambini, studenti, sportivi, anziani. Prima di essere mangiata, l’uva va sempre accuratamente lavata, in modo da togliere polvere ed eventuali tracce di solfato di rame.
Perché una cura a base di uva sia efficace, bisogna alimentarsi con uno o due chili di uva al giorno. Durante il periodo estivo, il corpo umano tende a produrre una dose massiccia di radicali liberi, quindi bisogna proteggere l’organismo prima dell’inizio dell’inverno. Inoltre l'uva, con il suo alto contenuto di acqua e un con discreto contenuto di fibra, permette di purificare l'intestino e il fegato. Non solo, essendo anche ricca di minerali, come il potassio, contribuisce a ridurre la pressione sanguigna e regolare il battito cardiaco.
Il periodo utile per iniziare la cura va dalla fine di agosto alla fine di ottobre. Prima d’iniziare la cura è opportuna una preparazione di alcuni giorni a base di frutta e verdura cruda. Se la cura si dovesse prolungare oltre una settimana, sarebbe opportuno reintegrare gli alimenti in maniera graduale. Spremute, frullati, centrifugati, sono ideali prima di passare a frutta e verdura cruda masticata molto, sino poi a riprendere man mano la normale alimentazione. Disintossicarsi con l'uva è possibile, attenzione però al "fai da te", consultate il medico prima di intraprendere l’ampeloterapia.
L'uva, infatti, per l'elevata presenza di zuccheri come glucosio e fruttosio, può rappresentare un problema per chi soffre di glicemia alta, secondo quanto suggerisce il sito web della Fondazione Veronesi. Nelle zone collinari di Salerno e in alcuni comuni dei Picentini, è possibile reperire, anche se con un po' di difficoltà, l’uva Sanginella, protagonista da sempre sulle tavole dei salernitani nel giorno della festa del Santo Patrono Matteo.
I fruttivendoli, sino al 1960 circa, esponevano davanti al banco della frutta i famosi “pennacchi” di sanginella, come devozione verso il Santo. Poi, questa cultivar è andata scomparendo, sia per la difficoltà nel coltivarla sia perché la fillossera ha intaccato pian piano i vigneti, e oggi se ne sta tentando il recupero, tant’è che nel 2021 ha ricevuto anche la denominazione De.Co.
Ha grappoli di media grandezza, acini fitti ed allungati, carnosi dolci, poco sugosi, polpa croccante, matura in agosto; il colore dell'acino varia, secondo l'esposizione solare, da verde a giallo dorato. Se ne ricava un ottimo passito ed è ideale se impiegata in cucina per arricchire panettoni, dolci, gelati e affinare formaggi. Già la Scuola Medica ne esaltava le proprietà benefiche, e nel Giardino della Minerva sono state rinvenute alcune tracce della presenza di questo vitigno. E allora perché non approfittare della Sanginella per depurarsi, magari dopo le abbuffate di tutte le prelibate pietanze preparate dalle cuoche salernitane nel giorno della festa di San Matteo?
Annamaria Parlato 30/08/2022 0
Casta e pudica, la Santa Rosa è nata in un convento ma poi si è evoluta
Tra Amalfi e Positano, mmiez'e sciure
nce steva nu convent'e clausura.
Madre Clotilde, suora cuciniera
pregava d'a matina fin'a sera;
ma quanno propio lle veneva 'a voglia
priparava doie strat'e pasta sfoglia.
Uno'o metteva ncoppa, e l'ato a sotta,
e po' lle mbuttunava c'a ricotta,
cu ll'ove, c'a vaniglia e ch'e scurzette.
Eh, tutta chesta robba nce mettette!
Stu dolce era na' cosa favolosa:
o mettetteno nomme santarosa,
e'o vennettene a tutte 'e cuntadine
ca zappavan 'a terra llà vicine.
A gente ne parlava, e chiane chiane
giungett'e' recchie d'e napulitane.
Pintauro, ca faceva 'o cantiniere,
p'ammore sujo fernette pasticciere.
A Toledo nascette 'a sfogliatella:
senz’amarena era chiù bona e bella!
'E sfogliatelle frolle, o chelle ricce
da Attanasio, Pintauro o Caflisce,
addò t'e magne, fanno arrecrià.
So' sempe na delizia, na bontà!
Quando si parla di sfogliatella Santa Rosa, l’immaginazione è forte e subito balzano alla mente scene di monache dai lunghi abiti candidi, con i copricapi neri, che gioiose e rubiconde preparano dolci in segreto nell’antica cucina settecentesca del monastero sospeso sul mare, in quel di Conca dei Marini in Costiera Amalfitana, patrimonio Unesco, un luogo magico dove il tempo sembra essersi fermato.
Leggende e aneddoti vari si mescolano ai pochi documenti d’archivio esistenti e ai testi di storici locali, tanto da creare attorno alla fama di questo dolce un’aura di mistero. Il dolce comunque si sa che nacque per sbaglio, grazie alla genialità di una suora addetta alla cucina, che per evitare gli sprechi di cibo, mentre impastava del pane, decise di dar vita con gli avanzi di quest’ultimo ad una sfoglia ripiena delle cose che il monastero produceva: frutta, liquori, strutto.
Adagiò quindi sulla “pettola”, rimpastata con sugna e vino bianco, della frutta secca rigenerata in liquore agli agrumi, probabilmente limoni, della semola cotta nel latte e zucchero. Ricoprì il tutto con una seconda “pettola” e richiuse, dando la tipica forma a cappuccio, triangolare ma con l’estremità più allungata. Il dolce infatti è conosciuto anche con l’appellativo di “monachina”. Alla madre superiora piacque tanto e ordinò subito che venissero prodotte in grande quantità e vendute ai contadini attraverso una ruota, come forma di sostentamento per il convento, in cambio di alcune monete.
La Santa Rosa ebbe subito una larga diffusione fino a quando, nel XIX secolo, il napoletano Pasquale Pintauro riuscì a procurarsi la ricetta segreta grazie ad una monaca, forse sua zia, portandola nella sua osteria a Via Toledo, che trasformò in secondo momento in laboratorio-pasticceria. Cambiando leggermente la forma e gli ingredienti, fece nascere la sfogliatella sia nella variante riccia che frolla, con un ripieno di semola, ricotta, canditi, latte, uova e zucchero.
Oggi la Santa Rosa si presenta nella sua veste contemporanea, ma tradizionale, attraverso un croccante involucro di sfoglie sovrapposte a strati fittissimi e un ripieno di ricotta, semolino, canditi, uova, aromi, spezie e all’esterno una corona di crema pasticciera con amarene intere e zucchero a velo.
Il convento o conservatorio domenicano di Santa Rosa de Lima fu edificato nella seconda metà del XVII secolo (1681). Ristrutturato secondo criteri conservativi e con rispetto filologico, dal 2012 è un Boutique Hotel di lusso con Spa e ristorante annesso, alla cui guida c’è lo chef stellato Alfonso Crescenzo. Fu costruito ad opera di Sorella Rosa Pandolfi, della nobile famiglia Pontone della Scala, che si stabilì a Conca e a cui fu regalata la Chiesa di Santa Maria di Grado, che essendo quasi in rovina fu ampliata attraverso la realizzazione di un monastero, per ospitare le altre consorelle.
In questa chiesa si conserva una preziosissima reliquia detta “Capo di San Barnaba”, una delle più importanti in Costiera. Nel corso degli anni le suore sostennero la popolazione locale attraverso la realizzazione di un acquedotto per portare l’acqua corrente in Piazza Olmo. Misero a disposizione anche le loro conoscenze farmaceutiche per la preparazione di medicinali utili a combattere le malattie più comuni. Poi, con le leggi di soppressione degli ordini monastici, nel 1866 la casa religiosa fu destinata a scomparire e le ultime suore restarono lì fino alla loro morte.
Venne in seguito acquistato da un imprenditore romano e trasformato in albergo nel 1924. Infine, dopo la morte di PierLuigi Caterina, ultimo proprietario, l’immobile è stato rilevato dall’ereditiera statunitense Bianca Sharma, che lo ha recuperato con enorme sensibilità, conservando la sua forte identità storica.
Questa sfogliatella si presentava anticamente con un delicato e friabile involucro di pasta frolla lavorata con lo strutto, molto in voga nel XVIII secolo per racchiudere anche pietanze salate, ed ospitava al suo interno della ricotta vaccina dei Monti Lattari, semola, cannella, scorzette di arancia candita o frutta proveniente dall'orto delle monache e rosolio ottenuto dall’infusione di limone, arancia e una parte di liquore.
Un pasticcere napoletano in epoca più moderna pensò bene di utilizzare lo stesso “scheletro” della sfogliatella Santa Rosa, ma variandone la forma e il ripieno. Oggi, nelle pasticcerie salernitane e non solo, è possibile trovare anche la coda d’aragosta o apollino, il cui ripieno è costituito da panna, crema chantilly o crema al cioccolato. Il cavaliere Romolo Mazza fu pioniere a Salerno nella produzione di code d’aragosta, che sono poi diventate fiore all’occhiello della pasticceria gestita attualmente da sua moglie e dai suoi figli.
La Santa Rosa può essere abbinata per quanto riguarda il beverage a un passito di Primitivo o di Falanghina per gli amanti dei vini. Invece, per una scelta più trendy potrebbe sposarsi alla perfezione l’accostamento di una birra artigianale fruttata come una lambic alla frutta, una stout, una Witbier, una Porter, una Weizen, una Ale invernale o speziata.
Redazione Irno24 30/08/2022 0
Il patrimonio enologico salernitano in vetrina a "Borgo diVino in Tour"
Manca poco al taglio del nastro ufficiale della tappa di "Borgo diVino in Tour" a Vietri sul Mare e Albori (SA). Dal 2 al 4 settembre, l'evento itinerante ideato con l’obiettivo di promuovere le eccellenze enogastronomiche d’Italia, che sempre più richiamano l’attenzione dei turisti. Il vino, una delle eccellenze del nostro Paese, è diventato negli ultimi anni un attrattore turistico importante ed efficace.
La rassegna, organizzata da Valica, è fortemente voluta e sostenuta dalla Camera di Commercio di Salerno e da Confagricoltura Campania. Appuntamento venerdì 2, sabato 3 e domenica 4 settembre, dalle ore 18 alle ore 24, presso la suggestiva Villa Comunale di Vietri sul Mare, dove sarà allestito un percorso con oltre 30 cantine provenienti da tutta Italia, con un focus particolare sui vini del territorio, grazie alla presenza del Consorzio Tutela Vini Vesuvio e del Consorzio Vita Salernum Vites.
I visitatori avranno la possibilità di scegliere e degustare tra più di 100 etichette e conoscere dalla viva voce dei produttori i vini tipici della Campania, come il Fiano d’Avellino, il Greco di Tufo, il Taurasi e l’Aglianico del Taburno, ma anche Vesuvio DOC, Costa d’Amalfi e Cilento DOC, Paestum e Colli di Salerno IGT, che rappresentano a pieno il territorio enologico salernitano. Insieme al vino, spazio anche alle tipicità gastronomiche e ai prodotti tipici, che saranno cucinati e fatti degustare in abbinamento ai vini presenti.
Redazione Irno24 28/08/2022 0
Non mancano firme salernitane all'Irpinia Mood Food Festival
Si terrà dall'1 al 4 settembre, nella storica sede dell'ex Carcere Borbonico di Avellino, la kermesse "Irpinia Mood - Food Festival". L'evento, alla sua sesta edizione, è promosso dalla startup "Visit Irpinia" in collaborazione con la Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino e il patrocinio della Provincia di Avellino. Irpinia Mood è un format consolidato che, ogni anno, richiama amanti e appassionati del mondo della cucina grazie ad un ricco calendario di appuntamenti, show cooking, degustazioni e incontri culturali.
Anche quest'anno, la manifestazione può contare sulla partecipazione di chef e professionisti del settore che hanno fatto della sostenibilità un vessillo da difendere. Non a caso, la direzione artistica dell'edizione 2022 è andata allo chef Mirko Balzano, firma rinomata della gastronomia irpina e campana, il quale ha creato una squadra di altissimo profilo. Nella cornice suggestiva del complesso monumentale avellinese, ogni sera, dalle 20.00, saranno presenti chef e pastry chef, ognuno realizzerà un piatto ispirato dagli ingredienti dei produttori locali.
Tra gli stellati saranno presenti: Cristian Torsiello, Osteria Arbustico (1 stella Michelin); Marianna Vitale, Sud (1 stella Michelin); Pasquale Palamaro, Indaco (1 stella Michelin); Paolo Barrale, Aria Restaurant, (1 stella Michelin); Luigi Salomone, Re Santi e Leone (1 stella Michelin); Francesco Franzese, Rear Restaurant (1 stella Michelin).
Tra gli irpini, invece la già stella Michelin Antonio Pisaniello, Carmen Vecchione, Giovanni Mariconda, Vincenzo Vazza, Giovanni Arvonio, Raffaele Romano, Davide Filadoro, Gerardo Urciuoli, Gianpaolo Capaldo, Alfonso Rossi, Torteria Gecko, Emilia Damaso, Mattia Barbarisi, Alessandro Alvino, Enzo Grotta, Thomas Taccone, Francesco Ciotola, Francesco Graziano, Gioi della Bruna, Domenico Landolfi, Vittorio Belmonte, Federico della Cerra, Arcangelo Gargano, Carmen Urciuoli, Francesco Fusco, Marco del Giudice.
Non mancheranno poi le firme dei salernitani Pasquale Torrente, Michele De Martino, Marco Laudato, Giovanni Mellone, il pugliese Francesco Nacci, Cosimo Russo, il casertano Mario Milo, il pasticciere napoletano Antonio Maresca, Jun Inazaw di Umi e Mario Musci. Ogni creazione sarà il racconto di una storia che troverà voce nel piatto, ma anche nei talk di approfondimento (in programma dalle 19:00) condotti dalla giornalista Rosa Iandiorio, nei quali si alterneranno relatori del mondo dell'enogastronomia, della cultura, del turismo e dell'imprenditoria.
Ad allietare la 4 giorni, infine, l'arte e la musica a cura di Felice Caputo. Tra gli artisti più attesi Joe Bastianich, showman di Masterchef che si esibirà nella veste di musicista, accompagnato dalla Terza Classe, venerdì 2 settembre.