132 articoli dell'autore Annamaria Parlato
Annamaria Parlato 02/02/2025 0
Cucina giapponese o coreana? Da Kikko Ramen a Salerno le assaggi insieme
La cucina asiatica ha conquistato il cuore e il palato di molti italiani negli ultimi anni, Salerno non fa eccezione. Tra i locali più apprezzati della città spicca Kikko Ramen, un ristorante panasiatico inaugurato a maggio 2024 che fonde sapientemente le tradizioni cinesi, giapponesi, thai e coreane in un mix di sapori autentici e innovativi. La cucina giapponese si distingue per l'attenzione alla qualità degli ingredienti, rappresentando un equilibrio perfetto tra gusto e estetica. D'altra parte, la cucina coreana è conosciuta per i suoi sapori decisi, spesso piccanti, e per l'ampio uso di fermentazioni come il kimchi, una preparazione a base di cavolo fermentato e spezie.
Il ramen è uno dei piatti più rappresentativi della cucina giapponese, ma le sue origini sono strettamente legate alla Cina e a coloro che realizzavano tagliatelle tirate a mano. Introdotto in Giappone all'inizio del XX secolo, dopo la Seconda Guerra Mondiale ebbe larga diffusione in quanto il governo giapponese, investito da una forte crisi alimentare, incoraggiò il consumo di grano fornito dagli Stati Uniti, diventando un piatto a basso costo e accessibile a tutti. Il ramen ha subito numerose evoluzioni, diventando un'icona della cultura nipponica. Si tratta di una zuppa a base di brodo, noodles e vari condimenti, con infinite varianti regionali. Gli ingredienti principali del ramen includono: brodo, che può essere a base di carne (maiale o pollo), pesce o vegetale, spesso insaporito con salsa di soia, miso o sale; noodles preparati con farina di frumento dalla consistenza elastica e sapore delicato; condimenti come il chashu (maiale arrosto), le uova ajitama, il nori (alga), i germogli di bambù, i narutomaki e i cipollotti.
La preparazione del ramen è un'arte che richiede tempo e dedizione. Il brodo viene cotto a lungo per estrarre il massimo sapore dagli ingredienti, mentre i noodles vengono immersi al momento per garantire la giusta consistenza. Ogni elemento viene poi assemblato con cura, creando un piatto che è al tempo stesso comfort food e opera d'arte culinaria. Al palato, il ramen regala una sensazione di calore avvolgente e appagante, con la profondità del brodo che si unisce alla delicatezza dei noodles e alla varietà dei condimenti, per un'esperienza ricca di contrasti armoniosi.
Il kimchi è uno dei pilastri della cucina coreana e rappresenta non solo un alimento, ma anche una parte importante della cultura e della storia del paese. Le sue origini risalgono a oltre duemila anni fa, quando la fermentazione veniva utilizzata come metodo per conservare gli alimenti durante i rigidi inverni, tanto da diventare un'arte culinaria riconosciuta dall'UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell'umanità. È composto da verdure, di cui cavolo napa e ravanelli, spezie come polvere di peperoncino coreano (gochugaru), zenzero, aglio e cipollotti, infine altri elementi che possono includere salsa di pesce o gamberetti fermentati per arricchire il sapore.
Le verdure vengono salate e lasciate riposare per eliminare l'acqua in eccesso. Successivamente, vengono mescolate con una pasta speziata preparata con gochugaru, aglio e vari aromi. Il tutto fermenta per alcuni giorni o settimane, sviluppando il caratteristico sapore pungente e complesso che lo contraddistingue. Al palato, il kimchi esplode con un mix di acidità, piccantezza e un tocco umami, regalando una sensazione di freschezza e intensità che stimola i sensi e lascia un retrogusto persistente.
La fermentazione è una tecnica antica utilizzata per conservare gli alimenti e arricchirne il sapore. Questo processo naturale si basa sull'azione di microrganismi come batteri e lieviti, che trasformano gli zuccheri presenti negli alimenti in acidi, alcol e gas. Nella cucina asiatica, la fermentazione è alla base di molte preparazioni tradizionali, come il miso, il natto e le salse di soia. Questo processo non solo prolunga la conservabilità degli alimenti, ma ne amplifica anche il profilo nutrizionale e organolettico. Gli alimenti fermentati sono spesso ricchi di probiotici, che favoriscono la salute intestinale, e di sapori complessi che arricchiscono i piatti.
Kikko Ramen, situato nel cuore della città, in Via Ten. Col. Calò, e gestito dalla storica famiglia Liu (la prima a portare il sushi a Salerno), si presenta con un design moderno e accogliente, ispirato all'estetica minimalista giapponese, ma con dettagli che richiamano la vivacità coreana. Le pareti, decorate con immagini di pagode e rami di ciliegio, creano un'atmosfera unica, rendendo il locale altamente instagrammabile. Inoltre, un armadio pieno di kimoni è a disposizione dei clienti, che possono indossarli durante il pasto per vivere un'esperienza ancora più autentica e immersiva.
Il menù di Kikko Ramen è un perfetto equilibrio tra le due tradizioni culinarie. Per chi ama i sapori coreani, il menù offre anche i tteokbokki (gnocchi di riso in salsa piccante), il pajeon (frittelle di cipollotti) e il pollo fritto condito con il gochujang (una salsa fermentata salata, dolce e piccante preparata con peperoncino rosso, riso glutinoso, meju ossia fagioli di soia fermentati, malto d'orzo, il tutto in polvere, e sale). Non mancano influenze da altre tradizioni asiatiche come la thailandese e cinese. Ogni piatto del menù di Kikko Ramen sprigiona sensazioni uniche al palato. Al primo assaggio del ramen, che ogni mese viene proposto anche con ingredienti stagionali ma temporanei, il brodo avvolge il palato con la sua complessità, rivelando strati di sapori che si susseguono: dalle note umami del dashi alle sfumature salate della salsa di soia, fino ai toni dolci delle verdure. La temperatura del brodo, mantenuta costante grazie alle ciotole preriscaldate, contribuisce a esaltare ogni sfumatura di gusto. I tteokbokki offrono una combinazione irresistibile di morbidezza e piccantezza avvolgente, mentre il pajeon conquista con la sua croccantezza e i sapori delicati delle verdure.
Ogni piatto è curato nei minimi dettagli, dalla presentazione alla scelta degli ingredienti, spesso importati direttamente dall'Asia. Da provare anche i dessert, come la famosa cheesecake giapponese, il bao dolce, il matchamisù, i mochi gelato e i dorayaki da abbinare allo soju. Il personale è sempre disponibile a guidare i clienti nella scelta dei piatti, spiegando le origini e le caratteristiche di ogni preparazione. Sia che siate appassionati di cucina giapponese o cultura asiatica, Kikko Ramen è il luogo ideale per un viaggio gastronomico senza bisogno di lasciare Salerno. Grazie alla sua attenzione alla qualità e alla sua capacità di coniugare tradizioni culinarie diverse, il ristorante si conferma una tappa obbligata per chi vuole scoprire il meglio della cucina panasiatica. Itadakimasu!
Annamaria Parlato 25/01/2025 0
Finalmente "Gioia" a Salerno: non più mare, ma cucina italiana di terra
Nella vibrante città di Salerno, tra le viuzze che conducono al lungomare, si trova un gioiello della gastronomia italiana: "Gioia Cucina di Terra". Il ristorante è in piazza Flavio Gioia, nota ai salernitani come "la Rotonda", una zona iconica della città che, durante il periodo invernale, ospita le celebri Luci d’Artista. Attualmente, la piazza è decorata con un grande UFO, circondato da una miriade di dischi volanti simili a meduse fluttuanti, regalando un'atmosfera suggestiva e quasi onirica.
Questo ristorante, guidato con maestria dalla chef Annapia Daniele, già nella scuderia Iapigio/Scognamiglio, e sostenuto dalla visione dei patron Enzo e Fabio Esposito e Marco e Guido Guariglia, è un inno alla cucina classica italiana, reinterpretata con sensibilità e rispetto per le tradizioni. Appena varcata la soglia del locale, si viene accolti da un'atmosfera raffinata; gli arredi, caratterizzati da materiali naturali e tonalità terrose, riflettono l'anima del ristorante: una celebrazione della terra e dei suoi frutti. La tavolozza di colori del design interno spazia sulle tonalità del verde, evocando un senso di armonia. Grandi tavoli in marmo, volutamente privi di tovagliette, contribuiscono a un’estetica moderna, che esalta la bellezza dei piatti serviti. La cura dei dettagli è evidente in ogni angolo, dalla mise en place alle luci soffuse molto intime.
La proposta di "Gioia Cucina di Terra" si fonda su un concetto chiaro: valorizzare i sapori autentici della cucina italiana, privilegiando ingredienti provenienti da aziende certificate e stagionali. La semplicità in cucina, qui, non è sinonimo di banalità, ma anzi di maestria e perizia. Proporre piatti iconici come la carbonara, la bolognese o la cotoletta con l'osso alla milanese, fritta nel burro chiarificato, a Salerno potrebbe apparire una scelta controcorrente, ma è proprio questa la chiave del successo del ristorante. Questa proposta sembra richiamare un ritorno agli anni '70-'80, quando le famiglie del Sud Italia si spostavano per assaporare i piatti classici e regionali, rivivendo il fascino di una tradizione culinaria ricca di storia.
La chef Annapia Daniele, con il suo talento e la sua visione, dimostra che riproporre i grandi classici italiani, in un contesto inaspettato come quello salernitano, è un atto di rispetto per la tradizione e, al tempo stesso, una sfida creativa capace di sorprendere e conquistare i clienti. Il piatto simbolo del ristorante è il filetto di manzo in umido con aglio, olio e prezzemolo, "Filetto Gioia", servito in una suggestiva padella di rame, porzionato per due. Questa ricetta, all'apparenza semplice, è un capolavoro di equilibrio e intensità, che riprende i grandi classici napoletani come la "carne 'a zuppetella" o "a carn' 'a libbretto" cotta in padella con la sugna.
La carne, tenera e succosa, si sposa perfettamente con la delicatezza dell’olio extravergine d'oliva e l'aroma fresco del prezzemolo. L’aglio imbiondito, dosato con maestria, aggiunge un tocco pungente che esalta i sapori senza sovrastarli. La scelta della padella di rame non è solo estetica: questo materiale permette una cottura uniforme, contribuendo a preservare la morbidezza e i succhi del filetto, in cui è d’obbligo inzuppare un pezzetto di pane per la "scarpetta". Si consiglia di accompagnare il piatto con una gradevole porzione di zucca arrostita: il peperoncino presente nella verdura donerà ancora più spinta al boccone.
Tra gli antipasti spicca una creazione che è una vera euritmìa di sapori: l’uovo pochè, servito con una spuma di sedano rapa, cardoncelli ripassati e pancetta croccante. Le uova provengono dall'azienda biologica "L'Uovo d'Oro" di Campagna (SA), nota per la qualità straordinaria del suo prodotto. Cremose e altamente digeribili, queste uova non lasciano cattivi odori su bocca, piatti o posate, offrendo un’esperienza di gusto pura. La consistenza setosa dell’uovo si combina armoniosamente con la cremosità della spuma e il contrasto croccante della pancetta, mentre i funghi cardoncelli aggiungono una nota avvolgente.
Tra i primi, la chitarra al burro zangolato a mano, parmigiano e tartufo nero, è un capolavoro di semplicità, un comfort food che coccola. La pasta fresca utilizzata appartiene alla linea "Le Matassine all'uovo" del Pastificio Cav. Giuseppe Cocco di Fara San Martino (CH), garanzia di qualità abruzzese. Perfettamente al dente, la chitarra è avvolta da una crema vellutata di burro e formaggio, mentre il tartufo nero dona al piatto un’aromaticità intensa e inebriante.
Il dessert "tre cioccolati" rappresenta il gran finale perfetto di una cena indimenticabile. Si tratta di una composizione articolata e deliziosa: ganache di cioccolato al latte, cioccolato fondente croccante, namelaka al cioccolato bianco e vaniglia, il tutto adagiato su un biscotto di pasta sablé con nocciole dalla tostatura strong. Ogni elemento contribuisce a un equilibrio sublime tra dolcezza, croccantezza e cremosità, regalando un’esperienza dolce senza pari. A rendere l’esperienza culinaria ancora più completa c’è la carta dei vini, bollicine e distillati, curata dal sommelier Isidoro Menduto.
"Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare. Quando non hai nulla per essere triste o felice, bevi per far accadere qualcosa", ama sottolineare Menduto, sintetizzando con poesia l’arte del brindare. La selezione spazia dai grandi classici italiani alle novità internazionali, con un’attenzione particolare ai grandi formati. Ogni etichetta è scelta per accompagnare e valorizzare al meglio i piatti della chef, trasformando ogni sorso in un viaggio di scoperta.
"Gioia Cucina di Terra" è più di un ristorante, un concetto che va oltre, è un tour sensoriale attraverso l’Italia. La passione e la competenza della chef Daniele si percepiscono in ogni piatto, rendendo ogni pasto un’esperienza appagante. Se siete a Salerno e desiderate assaporare la vera essenza della cucina italiana, questo locale merita senza dubbio una visita. Uscirete con il cuore pieno di “gioia” e il desiderio di tornare al più presto.
Annamaria Parlato 18/01/2025 0
"Filtro", una ventata di Nord Europa nel cuore del centro storico di Salerno
Nel cuore pulsante del centro storico di Salerno, a via Porta Di Mare, nell’agosto 2024 ha sollevato la saracinesca "Filtro", una caffetteria che promette di diventare un punto di riferimento per gli amanti del caffè di qualità e dell’arte del relax nordico. Questo nuovo locale, il cui nome evoca le atmosfere minimaliste e accoglienti della Scandinavia, unisce lo stile essenziale e raffinato del Nord Europa con l’ospitalità calorosa tipica del Sud Italia.
Un team familiare, composto in primis da Paola Roma e suo marito Vincenzo Capacchione, con le sue sorelle Emanuela cake designer e Mariella al reparto caffetteria. Un modo per la giovane coppia di reinventarsi soprattutto nel periodo Covid e di mettere in pratica passioni e scoperte accumulatesi durante in viaggi in giro per l’Europa centrale e nordica, esplorando mondi nuovi ma ricchi di emozioni.
L’ambiente, 45 metri quadri circa e una decina di sedute, è caratterizzato da linee pulite, materiali naturali come legno chiaro e pietra; una palette di colori tenui, che spazia tra il bianco, il grigio e il beige, crea un’atmosfera intima e rilassante. Grandi finestre lasciano entrare abbondante luce naturale, mentre una selezione curata di piante e dettagli d’arredo aggiunge un tocco di calore. Il design è stato pensato per offrire uno spazio dove fermarsi, leggere un libro o semplicemente godersi una pausa.
Punto di forza di questa caffetteria è senza dubbio l’offerta gastronomica. Ogni giorno vengono sfornate viennoiserie fragranti, preparate seguendo ricette tradizionali francesi: croissant al burro, pain au chocolat, cinnamon roll, danesi con crema fresca, biscotti fragranti, cookies, crostate, torte al taglio (come la setosa chiffon cake) e altre specialità che variano in base alla fantasia di Paola ed Emanuela. Per chi cerca qualcosa di salato, Filtro propone piatti semplici ma selezionati come avocado toast, formaggi d’alpeggio e uova con pane tostato e burro, focacce a lunga lievitazione rigorosamente di farine biologiche. Non mancano bruschette con verdure locali di stagione, condite con olio extravergine, proveniente da piccoli produttori del territorio, e talvolta un pizzico di colatura di alici di Cetara.
A completare l’esperienza, un’accurata selezione di specialty coffee. Si tratta di caffè di alta qualità, ottenuti da varietà selezionate di Arabica e coltivati a un’altitudine elevata, in condizioni climatiche ideali. I chicchi vengono raccolti a mano, processati con metodi che ne preservano le caratteristiche uniche e sottoposti a rigidi controlli di qualità. La preparazione degli specialty coffee è altrettanto rigorosa: vengono utilizzati metodi come il V60, l’Aeropress, il Chemex o il Syphon, che consentono di esaltare i sapori distintivi di ogni origine. Tra le proposte più apprezzate ci sono il flat white, il cortado e l’espresso, preparato con cura maniacale per offrire un’esperienza sensoriale unica. Non manca l’espresso in miscela per i tradizionalisti.
Per chi ama le alternative al caffè, Filtro propone anche il chai latte, una bevanda speziata e avvolgente; il latte matcha, ottenuto dalla polvere di tè verde giapponese; e una cioccolata calda cremosa, ideale per le giornate più fredde. Oltre al caffè, grande attenzione è riservata al tè, che viene servito sia secondo il metodo orientale, con infusione multipla e servizio tradizionale, sia con l’approccio occidentale, più rapido e adatto a chi è di fretta. Una selezione di tè Eastern Leaves, che sostiene anche importanti progetti di salvaguardia delle foreste, è disponibile per soddisfare ogni preferenza, accompagnata da biscotti artigianali che ne esaltano i sapori.
Filtro non è solo un posto dove prendere un caffè al volo, ma un vero e proprio punto di ritrovo in cui riabituare i palati al vero e originale gusto del caffè. Che si tratti di una colazione o di un brunch, cui abbinare una selezione di vini naturali e olii dei piccoli produttori locali, di un pomeriggio di studio o lavoro, il locale si adatta a ogni esigenza. Con questa apertura, Salerno aggiunge un tassello prezioso alla sua offerta gastronomica, confermando il suo spirito cosmopolita e la capacità di accogliere idee innovative. Filtro è una destinazione imperdibile per chi cerca qualità, atmosfera e un pizzico di cultura nordica nel cuore del Mediterraneo. Anche gli orari sono volutamente nordici, l’apertura è sino alle 16:00 e per cinque giorni settimanali dal mercoledì alla domenica, in cui si chiude alle 13:30.
Annamaria Parlato 17/12/2024 0
"Estasi Pasticceria" è storia di dolcezza e passione a Salerno
In Via Raffaele Mauri, a Salerno, il profumo invitante di lievitati appena sfornati e dolci irresistibili inebria i passanti, attirandoli verso un accogliente locale che è già diventato un punto di riferimento per gli amanti della pasticceria. Dietro il successo di "Estasi Pasticceria" si cela la storia di una giovane coppia, unita non solo nella vita ma anche nella passione per l'arte dolciaria.
Ivano De Chiara e Irene Cavalieri hanno iniziato il loro viaggio nel mondo della pasticceria con lo stesso sogno: trasformare la loro passione in una professione. Dopo essersi conosciuti durante un corso di pasticceria, in Piemonte, decidono di investire nel loro futuro frequentando corsi avanzati e arricchendo il loro percorso formativo tramite stage presso laboratori rinomati, dove hanno avuto l'opportunità di lavorare al fianco di maestri pasticcieri di fama internazionale.
Dopo aver completato la loro formazione, entrambi pensano di tornare a Salerno e scegliere la città natale di Ivano come luogo in cui aprire la loro prima pasticceria. L’entusiasmo della tenera coppia è contagioso, la loro dedizione è evidente in ogni dettaglio, dal packaging curato alla scelta di ingredienti di altissima qualità. Nonostante siano agli inizi, Ivano e Irene guardano già al futuro con ambizione: "Vorremmo ampliare il laboratorio - spiega Irene - e magari organizzare corsi per trasmettere la nostra passione ad altri giovani".
Per conoscere meglio le novità natalizie, e scoprire alcuni retroscena di questa avventura, abbiamo posto qualche domanda ad Ivano, che con fervore ci ha svelato alcuni dettagli.
Quale è stato il tuo percorso dagli inizi sino ad oggi?
Sono stato sin da bambino appassionato e abituato dalla mia famiglia ad assaggiare a tavola prodotti particolari. Sono cresciuto proprio con la smania di andare sempre alla ricerca del "buono" anche al ristorante. Da adolescente mi cimentavo nella preparazione di alcuni piatti, come la parmigiana. Non ho frequentato l’Alberghiero ma il Liceo Scientifico. Per iniziare a guadagnare i primi soldi, tra il 2013 e il 2014 ho lavorato assiduamente in diverse pizzerie di Salerno ma il richiamo forte l’ho avuto sempre per i dolci. In ogni caso, farine, impasti e lievitazioni in pizzeria mi hanno aiutato anche dopo, quindi è stato molto formativo questo periodo.
Nel 2015 mi trasferisco a Monaco di Baviera per iniziare il mio percorso di pasticciere e nel 2018 rientro in Italia carico di esperienze. Poi, a partire dal 2019, decido di iscrivermi all’Accademia Icook di Luca Montersino e Francesca Maggio, a Chieri vicino Torino. Là conseguo il diploma e conosco anche la mia dolce metà, Irene, nativa di Prato, attualmente anche la mia socia, e il 12 dicembre 2021, subito dopo il Covid, inauguriamo Estasi a Salerno accedendo al bando “Resto al Sud” e ai finanziamenti, tant’è che anche il Gambero Rosso in una delle sue pubblicazioni dedica uno spazio alla nostra storia.
Hai ottenuto da poco un riconoscimento importante: sei un Maestro APEI, ossia Ambasciatore Pasticcere dell'Eccellenza Italiana, l’associazione che raccoglie le migliori professionalità e le eccellenze più esclusive della pasticceria e del mondo del dolce, fondata e presieduta dal grandissimo Iginio Massari. Come mai la scelta è ricaduta sull’APEI e non sull’AMPI, l’Accademia Maestri Pasticcieri Italiani?
A livello di conoscenze, imprenditoria ed esperienze di vario genere, credo che al di sopra di Igino Massari non ci sia nessuno attualmente. Per questo la scelta è ricaduta sull’APEI, Iginio è un maestro ed un mentore, si è battuto anche a livello burocratico per far sì che in Italia venisse al più presto approvata la legge di tutela della figura professionale del pasticciere, che finalmente grazie a lui adesso ha il giusto riconoscimento nel mondo del lavoro. Iginio ha una cultura mostruosa, parla di marketing come un professore di Harvard, le conoscenze che ha sono infinite. In APEI poi ci sono svariati colleghi campioni del mondo, come Gino Fabbri.
In quale direzione sta andando la pasticceria contemporanea?
La direzione è molto chiara ed evidente, per crescere bisogna studiare, aggiornarsi, avere un locale che rispecchi il dolce che proponi e professionalità a 360 gradi. Per diventare un grande nome bisogna sempre approfondire e non fermarsi mai, investire in attrezzature e abolire il prodotto super dolce, l’uso di semilavorati, margarine e surrogati vari. Questi dolci finti, industriali e stucchevoli, spezzano il gusto, mentre bisogna arrivare ad un prodotto riconoscibile ad occhi chiusi, dove prevalga la materia prima d’eccellenza, togliendo zuccheri e conservanti.
Può quindi esistere un "dolce meno dolce"?
Inizialmente è stata una sfida, ma poi la clientela ha percepito la differenza e ha inteso la nostra filosofia. Infatti dicevano "i vostri dolci non hanno sapore", ma alla fine si sono ricreduti. Il messaggio che vogliamo inviare a tutti è anche quello di una pasticceria più salutare, non le "americanate" o quei reel un po' eccessivi dove si attenta alla salute di ognuno di noi, quella non è la vera pasticceria d’autore. A volte su questi video rendono protagonisti croissant che solo a vederli mi fanno venire i brividi, quella è spazzatura. Quel prodotto non avrà continuità.
La vetrina natalizia della Pasticceria Estasi 24-25
Dall’Immacolata all’Epifania abbiamo i grandi lievitati, sia dolci che salati, ma abbiamo anche tanta tradizione con gli struffoli, i torroni alle mandorle o pistacchio, i roccocò, i susamielli, i mostaccioli ripieni all’amarena, i calzoncelli fritti con olio extravergine di oliva con castagne e vera pera pericina (che recupero da una signora che vive nei Picentini), autentico candito di arancia e cioccolato fondente al 61% ed infine gli scauratielli dolci con il miele e quelli salati, che stiamo pensando di proporre per coloro che passeranno il 24 dicembre e il 31 da noi per un aperitivo, con una fonduta di parmigiano e forse qualche salume in abbinamento o una verdura saltata in padella.
Descrivi ai nostri lettori la vostra linea di panettoni
Quest’anno abbiamo i gusti fissi come il panettone milanese classico, o il Tre Cioccolati, un nostro must, con impasto al cioccolato e in sospensione gocce di cioccolato bianco e al latte e poi ricoperto di cioccolato fondente temperato. Tra le novità il PanAmarena, con amarene di eccellenza e gocce di cioccolato bianco, il Panettone al Pistacchio con impasto piuma (diamo la possibilità di averlo già farcito oppure di farcirlo a casa tramite una sac a poche ripiena di spalmabile), infine glassato al cioccolato bianco e copertura di granella di pistacchio.
Poi ho un altro gioiellino che è ovviamente il Pandoro, estremamente soffice, fioccoso, pieno zeppo di vaniglia e burro di altissima qualità. Ho impiegato otto anni per metterlo a punto. Infine, abbiamo creato due panettoni salati, l’Affumicato con zucca, speck e provola affumicata di Agerola e il Puttanesca con impasto al pomodoro, olive, capperi, un profumo di acciughe, prezzemolo, peperoncino. I clienti impazziscono per i salati, ideali per l’antipasto della tavola natalizia.
Possiamo suggerire una veloce ricetta con gli avanzi di panettoni e pandori da ripetere a casa?
Più che una ricetta è un ricordo d’infanzia, di casa mia, quando ci riunivamo tutti assieme ed i profumi si sentivano ovunque. Consiglio di riscaldare la fettina in padella con una noce di burro, facendola tostare da ambo i lati e poi sopra o un po' di marsala o Grand Marnier, liquori molto profumati, o una semplice crema inglese tiepida alla vaniglia o aromatizzata al rhum.
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Estasi non è solo un luogo dove acquistare dolci, ma un’esperienza che celebra il gusto, la tradizione e l’innovazione. Con il loro talento e il loro impegno, Ivano e Irene stanno riscrivendo la storia della pasticceria a Salerno. A Natale, magia nelle loro mani, biscotti dorati e panettoni regnano sovrani, cannella e cioccolato danzano insieme, in ogni morso, un mondo incantato.
Annamaria Parlato 13/12/2024 0
UMI riapre a Salerno tra novità e un interessante percorso omasake
Nel cuore di una città illuminata da luci natalizie e riflessi di carta di riso, si apre il sipario di un piccolo e rinomato ristorante giapponese. UMI è in Via Roma 17, si distingue per l'autenticità della cucina nipponica. Il nome stesso, che in giapponese significa "mare", riflette la filosofia del locale, basata su amicizia, accoglienza e tradizione. Ha riaperto i battenti qualche settimana fa, con menù e servizio ancora più intriganti.
Varcata la soglia, ogni dettaglio, dalla luce soffusa dell'insegna alla disposizione degli arredi, crea un’atmosfera di raffinata serenità. La luce esterna gioca con le ombre, riflettendo delicate sfumature di rossi, dorati e toni naturali che invogliano a entrare in un mondo di calma e contemplazione. Lì, dietro un banco di legno liscio come la seta, lo shokunin (maestro di cucina kaiseki) prende posto, incarnando un’arte che va oltre la semplice preparazione del cibo. È il maestro del tempo, dello spazio e del sapore.
L’aria è intrisa di profumi delicati: un leggero aroma di mare si fonde con note di riso appena cotto e una sfumatura umami di soia. Attorno al banco, i clienti osservano in silenzio, quasi ipnotizzati. Ogni gesto dello chef è calmo, misurato, eppure carico di intensità. Le mani si muovono con grazia, come in una danza, raccontando una storia che passa di generazione in generazione. Davanti a lui, file ordinate di pesci freschissimi: tonno dal rosso brillante, salmone dalle striature luminose, sgombro argentato, anguilla e polpo dalla consistenza setosa. Lo chef, con coltelli affilati come la poesia di un haiku, esegue tagli perfetti. Ogni fetta è un equilibrio tra spessore, consistenza e dimensione, pensata per fondersi armoniosamente con il riso.
Il riso, l’anima del sushi, è trattato con rispetto e cura. Viene cotto e condito con una miscela precisa di aceto, zucchero e sale, seguendo un rituale antico. Lo chef lo modella con mani umide, mai troppo strette, per mantenerne la leggerezza e la forma ideale. Jun Inazawa ha lasciato il testimone a Tutuami Hayashi, originario di Osaka, la città tempio della gastronomia giapponese nella regione del Kansai, che include anche le località famose di Kyoto e Kobe. Ogni piatto del nuovo menù è pensato per stimolare i sensi, in modo da celebrare la tradizione giapponese, ma con una delicatezza che si abbina perfettamente all'atmosfera festiva e al freddo della notte. La combinazione di piatti leggeri, ma ricchi di sapore, accompagnati da sakè, invita a riflettere e a godere il momento, come un dono prezioso durante le festività di dicembre. Nelle fredde notti invernali, UMI diventa un rifugio perfetto, dove l’eleganza della cucina e l’atmosfera nipponica si intrecciano in un’esperienza indimenticabile.
La concettualità della cucina giapponese affonda le sue radici in valori profondi legati alla cultura e alla filosofia del paese. La cucina non è solo un atto di nutrirsi, ma un’esperienza che riflette l'armonia tra uomo, natura e stagioni. Ogni singola portata è un viaggio sensoriale che celebra la bellezza effimera e la semplicità, princìpi centrali della filosofia giapponese, come il wabi-sabi (la bellezza dell'imperfezione) e il mono no aware (la consapevolezza della transitorietà delle cose). Un percorso da 7 portate, a mano libera “omasake”, è ideale per percepire tutte le sfumature di sapori della cucina kaiseki altamente elaborata, composta da una sequenza di piccoli piatti che mettono in risalto ingredienti stagionali, presentati artisticamente.
Il benvenuto è composto da daikon marinato e acciuga semi-essiccata e in abbinamento un sakè junmai “Hatsumago Yukikoibana Sparkling”, dove prevalgono sentori di crema lattiginosi, che si trasformano poi in una notevole freschezza con una punta acida sul finale, supportata dalle bollicine. Lo stesso pairing accompagna bene anche la zuppa di brodo dashi con orata, cime di rapa e frutti di mare. La base di questa zuppa è caratterizzata da un umami complesso, derivato da alghe kombu e fiocchi di tonnetto essiccato (katsuobushi). Ha una leggerezza fumosa e salina, l’orata aggiunge una dolcezza delicata, che si fonde con il brodo senza sovrastarlo mentre i liquidi filtrati dai frutti di mare arricchiscono la zuppa con note salmastre e minerali, donando profondità al piatto.
La degustazione prosegue con un sashimi su verdure croccanti di tonno e ricciola dalle carni sode e setose, che donano una piacevole masticazione e un retrogusto pulito che richiama il mare. In abbinamento “Stella Muroka”, un sakè junmai daiginjo molto morbido al palato, ottenuto da pressatura manuale del riso che permette di conservarne gli aromi più fruttati. A seguire, un hassan con alga wakame e salmone aburi, melanzana e miso rosso, involtino di pollo e sesamo nero, castagna fermentata e pomodoro marinato e infine temago con miao giallo. Questo piatto è una celebrazione dell’armonia tra dolce, salato, acidulo e umami, offrendo un viaggio sensoriale che combina ingredienti tradizionali giapponesi con tecniche di preparazione sofisticate.
Il percorso poi continua con ricciola alla brace con miao fermentato e temaki di tonno. Ad entrambe le preparazioni viene abbinato un cocktail a base di “Shirayuki Edo Genshu” e acqua tonica, una combinazione affascinante che gioca sui contrasti tra la potenza del sakè con note di legno, caramello e tabacco, paragonabile a un vino da meditazione, e la freschezza frizzante della tonica. Sull’assaggio di nigiri con capasanta, pesce bianco e salmone e sulla zuppa di miso, perfette le note secche e acide ma sicuramente bilanciate del “Sogen Genshin”, dal gusto sofisticato e ricco, profumo gentile, un junmai daiginjo elegante e morbido.
Il percorso termina con daifukumochi e un nuovo cocktail a base di Shochu, miele e pompelmo rosa. Il daifukumochi, spesso abbreviato in daifuku, è un dolce tradizionale giapponese che consiste in una pasta di riso glutinoso (mochi) ripiena di confettura, generalmente anko (pasta di fagioli rossi azuki) e frutta, in questo caso un mandarancio. Il termine “daifuku” significa letteralmente “grande fortuna”, rendendo questo dessert non solo una delizia culinaria ma anche un simbolo augurale nella cultura giapponese.
L’eccellente servizio di sala (premiato con le tre bacchette dal Gambero Rosso), così come i pairing con vini o sakè, sono curati da Silvana Carrara, che aggiorna personalmente la carta del beverage (la selezione di sakè è la più ampia del salernitano). “Quando si crea un pairing per un menù omakase - spiega Silvana - l'obiettivo non è solo accompagnare i piatti ma amplificare ogni boccone. Il sakè, con la sua varietà di stili, ci offre infinite possibilità per creare dialoghi armoniosi e sorprendenti con le creazioni dello chef. Se desiderate una sorpresa, vi consiglio di assaggiare un Nigori, il sakè non filtrato. La sua texture vellutata e il gusto lievemente dolce lo rendono un accompagnamento ideale per chi ama sperimentare. È perfetto anche con dessert delicati. Ricordate, il sakè non è solo una bevanda, ma una celebrazione della natura e della cultura giapponese. Ogni sorso è un momento di connessione con la terra da cui proviene e con l’arte di chi lo produce”.
Il bartender Dario Daluz si occupa di creare la lista dei cocktail da abbinare ai piatti, molti a base di sakè o shochu. “Quando creo cocktail – afferma Dario - con sakè e shochu, il mio obiettivo è rispettare la tradizione giapponese e, allo stesso tempo, giocare con nuovi sapori e tecniche per sorprendere il palato. Questi due distillati e fermentati sono incredibilmente versatili, con caratteristiche che li rendono unici”.
Non c’è fretta, non c’è distrazione. Il tempo sembra fermarsi mentre lo chef lavora, incarnando il concetto di omotenashi (la dedizione totale all’ospitalità). Ogni porzione è una connessione tra il creatore, il cliente e la natura stessa. Questo è UMI, un ristorante dove ogni piatto è una finestra sul Giappone, una danza di delicatezza che invita a riflettere, a gustare lentamente, a vivere l’esperienza del cibo come una forma d’arte effimera e profondamente legata all’emozione del momento. Un racconto di precisione, bellezza e rispetto.
Annamaria Parlato 07/12/2024 0
Danza d'autore al Verdi di Salerno con "Lo schiaccianoci", foto 6 dicembre
Nel quadro della rassegna natalizia "Musica d'Artista", il teatro Verdi di Salerno ospita un grande appuntamento con la danza d’autore: dal 6 all'8 dicembre, infatti, in scena il Corpo di Ballo dell’opera nazionale di Sofia (etoile ospiti Marta Petkova ed Emil Yordanov), che propone alla platea lo Schiaccianoci, uno dei balletti più famosi di tutti i tempi. Musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij, prima esecuzione datata 18 dicembre 1892, al teatro Mariinskij di San Pietroburgo.
La nostra fotogallery si riferisce allo spettacolo del 6 dicembre.
Annamaria Parlato 30/11/2024 0
La pera Nashi è poco coltivata ma si adatta bene al territorio salernitano
La diffusione del pero Nashi nell’Italia meridionale è ancora in fase di sviluppo, ma rappresenta un’opportunità interessante per diversificare l’agricoltura locale e soddisfare una domanda in crescita. Con il supporto delle istituzioni e un maggiore investimento nella ricerca, questo frutto potrebbe diventare una coltura chiave anche per le regioni del Sud Italia.
Il Nashi (Pyrus pyrifolia), conosciuto anche come "pera asiatica", "mela-pera" o "pera giapponese", è un albero da frutto originario dell'Asia orientale, diffuso soprattutto in Giappone, Cina e Corea. Questo frutto è particolarmente apprezzato per la sua croccantezza, succosità e sapore delicatamente dolce. Negli ultimi decenni, la sua coltivazione si è estesa anche in altre parti del mondo, inclusi gli Stati Uniti e alcune regioni mediterranee. Il termine "Nashi" in giapponese significa semplicemente "pera". Questo albero appartiene alla famiglia delle Rosaceae e si distingue dalle varietà di pere europee (Pyrus communis) per il suo aspetto e la sua consistenza. Il pero Nashi è coltivato da millenni in Asia, con testimonianze storiche che ne evidenziano la presenza già nell’antica Cina.
Oggi il Nashi è un elemento centrale della cultura alimentare giapponese, dove viene considerato un frutto simbolico legato alla stagione autunnale. In Giappone esistono numerose varietà regionali, che si distinguono per dimensioni, dolcezza e adattamento climatico. È un albero rustico, capace di adattarsi a diversi tipi di clima e suolo, anche se preferisce terreni ben drenati e un clima temperato. Cresce bene in zone con estati calde e inverni moderatamente freddi. La fioritura avviene in primavera, con fiori bianchi simili a quelli del pero europeo, è pronto poi per la raccolta in autunno inoltrato. Richiede un’irrigazione regolare durante i periodi secchi e una potatura annuale per favorire la fruttificazione.
Esistono due principali gruppi di varietà: a buccia liscia, con pelle liscia e sottile, sapore più delicato; a buccia ruvida, con pelle più spessa e ruvida e polpa leggermente più dolce. Tra le varietà più conosciute si trovano in commercio: la "Hosui", con frutti grandi, succosi e molto dolci; la "Shinseiki", con una buccia chiara e una polpa croccante; la "Kosui", di dimensioni più piccole ma con un sapore intenso. Questo frutto è una fonte naturale di idratazione, grazie all'alto contenuto di acqua (circa l'85-90%). Inoltre, è ricco di nutrienti essenziali e apporta numerosi benefici per la salute: contiene vitamina C, importante per il sistema immunitario, e vitamina K, utile per la coagulazione del sangue, promuove la salute digestiva e aiuta a regolare i livelli di colesterolo. La presenza di composti fenolici aiuta a combattere lo stress ossidativo, è ideale per chi segue una dieta ipocalorica.
Il clima dell’Italia meridionale, caratterizzato da estati calde e secche e inverni miti, è generalmente adatto alla coltivazione del pero Nashi. Grazie ai terreni ricchi di minerali, il territorio salernitano offre condizioni ideali per una crescita vigorosa e frutti dal sapore intenso. Il consumo di pere Nashi nel Sud Italia è in crescita, soprattutto nei mercati locali, grazie alla presenza di visitatori asiatici e la curiosità dei turisti occidentali (che favorisce il suo inserimento nei menù dei ristoranti e negli agriturismi), mentre la distribuzione del frutto avviene sia nei mercati specializzati sia nella grande distribuzione.
Chef e ristoratori stanno iniziando a utilizzare il Nashi per creare piatti innovativi, come insalate fresche o dessert a base di frutta. Con la sua polpa croccante e succosa, è estremamente versatile in cucina. Può essere consumato fresco in insalate miste o come accompagnamento per antipasti, ma si presta anche a preparazioni dolci come macedonie, frullati, torte e crostate, come la "ricotta e pera". È ottimo cotto con vino rosso o in ricette di ispirazione asiatica, come i Nashi sciroppati con zenzero e cannella o scottati in padella con spezie.
Insolite ma apprezzate combinazioni includono il Nashi ridotto in crema e mescolato al Prosecco per cocktail, oppure in insalate con pesce, specialmente pesce azzurro. Si abbina perfettamente ai formaggi locali, sia morbidi e piccanti sia stagionati, come provolone del monaco e pecorino, accompagnando uva e frutta secca (in particolare nocciole e noci) per spuntini leggeri o fine pasto alternativi al dessert. Un frutto dal sapore delicato e unico, perfetto per sperimentare.
Annamaria Parlato 22/11/2024 0
Le novità al "Nobi" di Fisciano, De Martino nella piena maturità espressiva
Dopo due anni, si ritorna da Nobi per la seconda volta, soprattutto per scoprire le novità sia del comparto hospitality sia del fine dining. Il ristorante, ubicato in Contrada San Lorenzo a Fisciano, fortemente voluto dalla famiglia Di Leo per rendere omaggio alle eccellenze agricole prodotte nell’omonima azienda di Castel San Giorgio, fondata da Nobile Di Leo, è l’estensione della storica Masseria Nobile. Legumi, ortaggi vari (essenzialmente pomodori) caratterizzano la produzione in loco che poi viene trasformata a Castel San Giorgio, come il pomodoro San Marzano DOP, i datterini gialli Dolly e i marzanini. Alla guida di Nobi ci sono Ilaria Di Leo e Nicola Gregorio, mentre la cucina è affidata allo chef salernitano Michele De Martino.
Oltre ad essere un luogo di soggiorno, la masseria è in continua espansione, con progetti futuri che puntano a migliorare ulteriormente i servizi e gli spazi, mantenendo però sempre il legame con la tradizione e la natura che l’ha ispirata. La combinazione di ambienti eleganti, spazi all'aperto e cucina raffinata, ma accessibile, fa di questa masseria una destinazione perfetta per chi cerca un luogo dove il lusso incontra la semplicità, il comfort si fonde con l’arte, e ogni angolo racconta una storia di continua crescita e innovazione. Situata in una posizione strategica, lontano dal caos della città ma al tempo stesso facilmente accessibile, questa masseria è un vero angolo di paradiso, totalmente immersa nelle verdi colline della Valle dell’Irno, dominate da vaste distese di noccioleti.
All’esterno, la masseria è circondata da paesaggi naturali mozzafiato, con due piscine che invitano al relax. La zona della piscina è un punto di ritrovo ideale, non solo per nuotare ma anche per trascorrere momenti piacevoli con un aperitivo, un cocktail o un pranzo informale. Il punto ristoro esterno, grande novità del 2024, vicino alla piscina, è pensato per offrire una cucina più semplice e accessibile, ma non per questo meno gustosa. Qui, i piatti sono leggeri e ideali per una pausa durante una giornata di sole. Ingredienti freschi e locali si trasformano in insalate, panini ricercati, piatti veloci ma innovativi che permettono agli ospiti di gustare un’esperienza gastronomica senza la formalità di un ristorante tradizionale. Un menù che gioca sull’idea di semplicità, perfetto per accompagnare momenti di convivialità a bordo piscina.
“Spesso le persone associano Nobi agli eventi di banchettistica – spiega De Martino – e alla formula piscina+light lunch. Ma non si riduce a questo, noi siamo innanzitutto ristorante, voglio specificarlo. Poi, altra cosa importante, che voglio precisare, è che banchettistica e ristorazione sono due comparti completamente diversi. I miei colleghi abituati a lavorare per i grandi eventi hanno una forma mentis diversa da chi è abituato a fare cucina. Io invece cerco di fondere le due cose e quando allestisco un buffet porto la mia idea di piatti e ristorazione in un finger o in una portata da banchetto, metto la stessa intensità, lo stesso concetto”.
Altra novità il menù, che diventa ancora più intrigante, sfidando i confini della cucina territoriale, con un occhio di riguardo per coloro che sono affezionati ai sapori classici, quelli che evocano comfort, memoria e tradizione. Questo menù non rinuncia all'innovazione e alle tecniche contemporanee, le mescola con il rispetto per ciò che è familiare e rassicurante. Ogni piatto racconta una storia, quella di un incontro tra passato e presente, tra il conosciuto e il sorprendente, mantenendo sempre un legame profondo con la cucina tradizionale. La cucina di De Martino non è solo una rielaborazione intellettuale, ma un'esperienza ideata per emozionare e soddisfare ogni palato. Con una passione innata per la cucina, lo chef ha perfezionato l'arte di mescolare la tradizione gastronomica con un tocco di modernità, senza mai perdere di vista l'autenticità.
Michele è custode della tradizione, delle ricette del centro storico di Salerno, la sua amata città natale, che hanno segnato la cultura gastronomica della sua terra. Conosce a fondo i piatti storici, quelle preparazioni che raccontano il vissuto delle persone, dei luoghi e dei sapori che hanno attraversato generazioni. Ogni ingrediente che seleziona è scelto con cura e proviene dai fornitori locali, per garantire la freschezza e la qualità della materia prima. La sua cucina è un omaggio a ciò che è genuino e naturale, con piatti che esaltano il vero sapore degli alimenti, senza troppi fronzoli. Ma allo stesso tempo, sa che l’innovazione è essenziale per restare al passo con i tempi. Le sue preparazioni non sono mai banali: un ingrediente tradizionale viene presentato in modo sorprendente, una tecnica moderna viene usata per esaltare i sapori senza modificarli. È un maestro nel reinterpretare i classici, rendendoli freschi, dinamici e visivamente spettacolari, pur rimanendo fedele alla loro essenza.
“Il mio obiettivo finale non è solo quello di preparare cibo - prosegue De Martino - ma di creare emozioni attraverso ogni piatto. Sono in grado di percepire le esigenze della clientela, adattando le mie creazioni alle preferenze individuali, senza mai compromettere la qualità. Per me, la cucina è un atto di cura, un modo per comunicare passione e dedizione attraverso ogni ingrediente, ogni tecnica, ogni presentazione. Ho deciso di mettere da parte la frenesia del mondo dello spettacolo gastronomico per dedicarmi esclusivamente al mio menù, al perfezionamento dei piatti e alla cura dei dettagli. Non sono interessato a seguire le tendenze: per me, la vera soddisfazione è sapere che il mio menù racconti una storia autentica e che i clienti apprezzino sinceramente ciò che mangiano”.
La sua è una scelta di vita consapevole, che riflette il valore di lavorare con passione e senza le distrazioni dell'industria del food, ma concentrandosi solo su quello che importa di più: il piacere di cucinare per gli altri e la gratificazione di offrire piatti che parlano da soli. Infatti, i piatti del menù invernale 24/25 parlano e come: spettacolare è il “To... Il Foies Gras” un filetto di tonno scottato, patate alla maggiorana, fondo bruno di vitello leggermente speziato e foies gras di oca. La ricchezza del foies gras, la freschezza del tonno, la morbidezza della patata e la profondità del fondo bruno uniscono terre e mare in un'armonia di sapori complessa. La maggiorana aggiunge una nota erbacea che bilancia la complessità del piatto, rendendolo equilibrato.
Incantevole il cestino dei pani, abbinato all’olio extravergine di Marco Rizzo, dai lievi sentori di vegetale fresco che aprono ad un amaro gentile, cui segue un piccante breve e delicato, che adesso è diventato più corposo rispetto al passato con pani al lievito madre, farine rimacinate a pietra di grani antichi, focacce ai pomodorini confit, cialdine croccanti di riso e curcuma e piccolo babà rustico caldo alla maniera di un casatiello napoletano. Imperdibili gli antipasti uovo cotto a 62 gradi con amatriciana di seppia, spuma di pecorino e tartufo e il velo di calamaro con cime di rapa e chips di patate affumicate su salsa di provola.
Piatto giocoso e sorprendente la candela spezzata ripiena di genovese su fonduta di pecorino, salsa di cipolle e cipolla croccante di Montoro. Il piatto si caratterizza per l’armonia tra la dolcezza intensa della cipolla, la profondità del ragù di manzo e la sapidità cremosa della fonduta di pecorino. I sentori principali sono quelli di caramello, provenienti dalla cottura lenta delle cipolle, e umami dalla carne della genovese, che si amalgamano con il gusto leggermente piccante del pecorino. La pasta, con il suo ripieno succulento, agisce come un contenitore perfetto per trattenere questi sapori complessi, mentre la salsa di cipolla dona freschezza e leggera acidità, bilanciando il piatto. Il risultato finale è un piatto che gioca con il contrasto tra dolcezza e sapidità, dove la cremosità della fonduta e la morbidezza della genovese creano una sensazione di calore e soddisfazione, arricchita dalla profondità della cipolla e dalla persistenza del pecorino.
E il dessert? Le percezioni gustative bisogna scoprirle direttamente accomodandosi al tavolo di Nobi, non è giusto anticipare tutto, anche se un aiutino può starci: nocciola, gianduia, frolla al cacao, cioccolato bianco. Insomma, una goduria senza fine, un dessert che sa sorprendere, regalando al palato un'esperienza sensoriale che oscilla tra il comfort e la raffinatezza. Grande attesa anche per la cantina, attualmente in fase di allestimento con ulteriori novità per l’anno prossimo.
Annamaria Parlato 23/10/2024 0
Il cornetto perfetto: la tradizione artigianale della pasticceria Mansi a Salerno
In Italia c'è un’usanza piuttosto particolare che riguarda il consumo del cornetto durante la notte, sia nelle città che nei paesi. Questa abitudine nasce dal fatto che le pasticcerie, panetterie o bar, specialmente quelli aperti 24 ore su 24 o che lavorano di notte per preparare i prodotti freschi del mattino, cominciano a sfornare cornetti caldi nelle ore notturne. La tradizione del cornetto di mezzanotte o "cornetto notturno" è legata alla "movida by night", soprattutto tra i giovani che escono per divertirsi e, prima di tornare a casa, cercano qualcosa di dolce e appena sfornato da mangiare.
Spesso, dopo una serata in discoteca o un giro per i locali, è abitudine fermarsi in una di queste pasticcerie o bar per gustare un cornetto caldo, accompagnato da un bicchiere di latte freddo schiumato o al cioccolato. I cornetti possono essere semplici, vuoti oppure farciti con cioccolato, crema pasticcera, marmellata. Questi luoghi diventano un punto di ritrovo dove socializzare dopo una lunga notte fuori, e la combinazione di cornetti caldi, l'atmosfera rilassata della notte e l'aroma dei dolci appena sfornati rendono l'esperienza speciale. Inoltre, non è raro che le persone che lavorano di notte, come tassisti, infermieri o altri professionisti del turno notturno, trovino nei cornetti un modo piacevole per prendersi una pausa o fare una colazione anticipata.
Questa tradizione si distingue anche dalla tipica colazione italiana, che prevede spesso un cornetto accompagnato da un caffè o un cappuccino al mattino. Invece, di notte, l'accento è sulla freschezza e sull'occasione informale di godersi un pasto semplice ma appagante dopo una serata movimentata. Il cornetto piace così tanto per diversi motivi, innanzitutto perché è soffice, fragrante e leggermente burroso, con una leggera croccantezza esterna e una morbidezza interna che lo rendono irresistibile. A differenza del croissant francese, che ha una sfogliatura più sottile e burrosa, il cornetto all’italiana è meno grasso e spesso più dolce, offrendo un'esperienza gustativa equilibrata.
Si può apprezzare semplice, farcito o persino nella versione integrale, vegana o senza glutine. Questa varietà soddisfa una vasta gamma di preferenze e diete. Il cornetto richiama alla mente il concetto di comfort food. Il suo gusto dolce e la consistenza soffice danno una sensazione di appagamento e conforto. Sia che lo si mangi a colazione o a tarda notte, è una coccola per il palato. Mangiare un cornetto appena sfornato è un'esperienza difficile da replicare con altri dolci. L'aroma della pasta dolce che esce dal forno, la croccantezza e il calore del prodotto appena preparato contribuiscono al suo fascino. In molte pasticcerie e bar italiani, la qualità degli ingredienti è altissima, il che rende il cornetto un piacere semplice ma autentico.
La pasticceria Mansi a Salerno, situata in Via Antonio Amato 20/22, è famosa per i suoi cornetti artigianali, disponibili fino a notte fonda (ore 4 la chiusura). La pasticceria offre una vasta gamma di ripieni, tra cui limone, nocciola, caffè, caramello, cioccolato fondente e bianco, pistacchio, frutti di bosco, ricotta, crema pasticcera con amarene e altre prelibatezze, inclusi cornetti senza glutine. I cornetti sono fatti a mano e sempre freschi, perfetti per colazione o come spuntino serale.
Fondata nel 1987 da Giuseppe Mansi, l'azienda è rinomata anche per la tradizionale pastiera napoletana, grazie alla ricetta tramandata dalla moglie Anna. I figli, Antonio e Domenico, hanno contribuito all'espansione dell’attività: attualmente Giuseppe è al laboratorio e Domenico gestisce catering e customer care. Oltre ai cornetti, la pasticceria offre un'ampia varietà di prodotti da forno, tra cui brioche, zeppole di vari formati (perfino triangolare come un trancio di pizza), cornetto ischitano (doppio impasto morbido, pasta sfoglia unita alla brioche e pasta brioche), morbidoni (un mix tra brioche e un maritozzo), sfogliatelle, biscotti e pasticceria tradizionale campana, fra cui la pastiera (altro vanto del locale). La chiave del successo è l'uso di materie prime di qualità e la lavorazione artigianale, con ordinazioni su prenotazione per garantire freschezza.
“Credo che la differenza - afferma Domenico - stia nella cura per i dettagli e nella ricerca di ingredienti di alta qualità. Mio padre per l’impasto utilizza burro francese o proveniente da selezionate aziende del territorio, che dona una consistenza perfetta, e gli piace utilizzare farine diverse, come quella integrale o più grezza, per chi cerca qualcosa di più leggero o nutriente. Poi, ovviamente, le farciture sono il mio punto forte: oltre ai classici, mi piace sperimentare con combinazioni inusuali, anche limited edition.
Abbiamo lanciato da poco la linea "Black Season", poiché il cioccolato è negli impasti ma anche nelle creme, tutte da provare con note aromatiche che possono variare dal fruttato al floreale, con sfumature di spezie, tabacco o persino frutta secca, a seconda della varietà di cacao che scegliamo. All’inizio, molti sono curiosi ma anche un po’ scettici. Tuttavia, una volta che provano le combinazioni, anche dolci-salate, restano piacevolmente sorpresi. La chiave è far sì che le farciture non siano troppo invadenti: devono accompagnare il gusto del cornetto, non sovrastarlo. I clienti apprezzano la qualità e l’equilibrio dei sapori, il prodotto arriva sempre caldo tra le loro mani".
Il cornetto della pasticceria Mansi non è solo un dolce, ma un vero e proprio simbolo di qualità artigianale. Ogni morso racchiude anni di esperienza, cura per la scelta degli ingredienti e innovazione continua, mantenendo sempre viva l'essenza dei sapori genuini. Che sia per una colazione lenta e ricca di gusto o per una dolce tentazione notturna, i cornetti della pasticceria Mansi riescono a conquistare ogni palato, grazie alla varietà delle farciture e alla freschezza inimitabile. In un mondo sempre più frenetico, Mansi rappresenta una certezza per chi cerca un momento di dolcezza autentica, rispettando al tempo stesso l'antica arte della pasticceria.
Annamaria Parlato 15/10/2024 0
Salerno, il "Vicolo della Neve" oggi: meno fascino ma tanto coraggio
Salerno è una città ricca di storia e tradizioni; tra le sue eccellenze, la gastronomia occupa un posto di rilievo. La posizione della città lungo le principali rotte commerciali ha portato, nel corso dei secoli, a un arricchimento della cucina locale con influenze diverse. Salerno ha una lunga tradizione di scambi culturali, sin dai tempi dell'antica Scuola Medica Salernitana, e questo si riflette anche nell’uso di spezie e sapori che richiamano cucine più lontane e quelle dei territori confinanti.
In questo contesto, c'è un luogo che è riuscito a lasciare un segno indelebile nel panorama culinario della città: il ristorante "Vicolo della Neve". Situato nel cuore del centro storico, il Vicolo della Neve è molto più di un semplice ristorante. È una vera e propria istituzione, un luogo dove si incontrano passato e presente, dove la cucina diventa uno strumento per raccontare l’identità e l’anima di Salerno. In un’epoca in cui la ristorazione tendeva a essere puramente funzionale, il Vicolo della Neve ha dimostrato che il cibo poteva essere una forma d'arte, capace di raccontare una storia e di trasmettere emozioni profonde. Questo approccio ha avuto un impatto anche sulla cultura salernitana, contribuendo a far emergere una nuova consapevolezza del valore della gastronomia come espressione culturale.
Il ristorante o meglio la trattoria deve il suo nome all’antica strada in cui si trova, Vicolo della Neve, una delle vie più pittoresche e cariche di storia del centro antico di Salerno. La sua collocazione non è casuale: Salerno, sin dal Medioevo, è stata una città fiorente e dinamica, punto di incontro per mercanti, artisti, letterati e viaggiatori, che contribuivano alla vitalità della vita urbana. È in questo contesto che nasce il ristorante, in un vicolo che, già nei secoli passati, ospitava una delle antiche nevère, piccole strutture sotterranee adibite alla conservazione della neve proveniente dai Picentini o dalla Valle dell’Irno, che veniva poi usata per la refrigerazione dei cibi.
A pochi metri dal locale c’è stato anche il rinvenimento di una domus di epoca romana e le tracce romane sono visibili anche negli ambienti interni, lasciati a vista per ricordare quanta storia c’è stata in questi luoghi. Questa particolarità ha dato un tocco di autenticità e storicità al luogo, rendendolo sin da subito un punto di riferimento per chiunque volesse vivere un’esperienza gastronomica legata alle radici profonde della città.
Il Vicolo della Neve nasce alla fine dell’Ottocento come cantina e poi diventa forno, trasformandosi negli anni in una pizzeria. A partire dalla sua apertura, il Vicolo della Neve ha saputo evolversi rimanendo sempre fedele alla sua vocazione originaria: proporre una cucina che rispecchiasse l’essenza della tradizione salernitana. Inizialmente, il ristorante era conosciuto per la semplicità e la genuinità delle sue pietanze. Le ricette proposte derivavano direttamente dalla tradizione contadina e marinara della zona, con piatti che facevano largo uso degli ingredienti locali, come il pesce fresco del Golfo di Salerno, le verdure provenienti dalle fertili terre circostanti, i prodotti caseari delle vicine colline.
Tuttavia, nel corso degli anni, il ristorante ha saputo aggiornare la sua offerta, introducendo nuove interpretazioni e tecniche culinarie, senza mai perdere di vista il legame con il territorio. Questa capacità di innovare rimanendo fedeli alla tradizione ha permesso al Vicolo della Neve di mantenere sempre alta l’attenzione e l’interesse della sua clientela, che comprende sia i salernitani, affezionati alla cucina del luogo, sia i turisti, attirati dalla fama del ristorante e dalla sua autenticità. Dopo la chiusura avvenuta nel 2020, sotto la gestione di Matteo Bonavita, fortunatamente lo scorso maggio Fiorenzo Benvenuto, Marco Laudato e Gerardo Ferrari ne hanno garantito la riapertura e la continuità. Una luce di speranza sicuramente e anche tanto coraggio nell’attuazione del restyling con lo studio di architettura Apt5. In cucina anche l’esperienza e la perizia della Signora Maria, nonna di Gerardo, grande custode della cucina salernitana tradizionale.
La cucina proposta dallo chef Marco Laudato al Vicolo della Neve è una celebrazione della tradizione gastronomica di Salerno e della Campania. Uno dei punti di forza del ristorante è la capacità di valorizzare i piatti poveri della cucina salernitana, portando in tavola sapori semplici ma intensi, che raccontano una storia di genuinità e passione. Tra i piatti più iconici del ristorante, la pasta e fagioli (cui manca però la golosa crosticina che si creava ripassandola nel forno a legna), la milza, la parmigiana di melanzane, il peperone imbottito e il cinquetto (che costava cinque lire), cioè il calzone con uova strapazzate, formaggio e salame semistagionato, vere e proprie pietre miliari.
Preparati seguendo le ricette tramandate di generazione in generazione, questi piatti rappresentano al meglio la cucina salernitana, che si basa su ingredienti di qualità e sapori decisi ma ben equilibrati. Un altro fiore all'occhiello del ristorante è la tagliatella allardata (introdotta di recente), una ricetta tradizionale che risale a tempi antichissimi. Si tratta di un primo piatto condito con patate, lardo, basilico e tanto formaggio, ingredienti che racchiudono tutto il sapore e i profumi della cucina del centro storico. Questo piatto è un perfetto esempio di come la cucina del Vicolo della Neve riesca a combinare semplicità e complessità, proponendo pietanze che soddisfano tanto il palato quanto lo spirito.
Il pesce, naturalmente, occupa il suo spazio nel menù. La freschezza del pescato giornaliero è garantita dalla vicinanza del porto di Salerno, che ogni mattina fornisce il ristorante con le migliori prelibatezze del mare. Piatti come le alici indorate e fritte, il polpo di nassa alla luciana o all'insalata, il baccalà con patate arrecanate e la zuppa di cozze sono tra le specialità più richieste al ristorante. Ciascuna portata è un tributo alla cucina marinara salernitana, che affonda le sue radici in una tradizione secolare di pesca e cucina di pesce.
Il Vicolo della Neve non è solo un ristorante, ma anche un luogo di incontro e di scambio culturale. La sua posizione privilegiata, nel cuore del centro storico, lo ha reso un punto di riferimento per gli artisti, gli intellettuali e i personaggi di spicco della città. Nei decenni, il ristorante è diventato un luogo dove la cucina e la cultura si sono incontrati con eventi, cene letterarie e serate a tema che hanno contribuito a fare del Vicolo della Neve uno dei centri della vita sociale salernitana. In particolare, il legame con la tradizione musicale e teatrale della città è stato uno degli aspetti che hanno caratterizzato la storia del ristorante. Sicuramente, durante le calde serate estive, il ristorante in passato ha ospitato piccoli concerti di musica popolare o esibizioni teatrali, offrendo ai clienti un’esperienza unica, che è andata oltre il semplice piacere del cibo.
Nel corso degli anni, il Vicolo della Neve ha avuto un impatto significativo sulla scena gastronomica di Salerno. Il ristorante ha saputo valorizzare i prodotti del territorio, diventando un esempio da seguire per molti altri locali della città. Grazie alla sua attenzione alla qualità e alla freschezza degli ingredienti, il Vicolo della Neve ha contribuito a diffondere una cultura del cibo che mette al centro il rispetto per le tradizioni e per la materia prima. Questo ha portato a una vera e propria rinascita della cucina salernitana, che oggi può vantare una vasta gamma di ristoranti e trattorie che propongono piatti ispirati alla tradizione locale, ma con un tocco moderno e innovativo. In questo senso, il Vicolo della Neve ha fatto da apripista, dimostrando che la cucina tradizionale può essere un punto di partenza per creare qualcosa di nuovo e unico, senza mai perdere di vista le radici.
Il ristorante Vicolo della Neve rappresenta un tassello fondamentale nella storia gastronomica di Salerno. Con la sua cucina, che affonda le radici nella tradizione, ma che è sempre aperta all’innovazione, il ristorante ha saputo mantenere viva la memoria culinaria della città, proponendo piatti che raccontano la storia e l’identità di Salerno.
Tuttavia quella bellezza sui generis che lo ha sempre caratterizzato, quel fascino atavico si è perso dopo il restauro conservativo, e lo stesso dipinto di Clemente Tafuri (raffigurante sull’arcata della sala principale quattro personaggi e tra questi anche il pappagallo che, con il suo richiamo dinnanzi alla porta del locale, era un attrattore curioso per i passanti ai quali spiegava il menù del giorno, con una cantilena ripetuta a memoria) sembra scomparire tra le pareti color crema che anticamente erano stracolme di cimeli e quadretti raccolti nel corso del tempo.
Uno dei primi a riflettere sul concetto di fascino è Platone, che ne parla in relazione alla bellezza. Nel dialogo Simposio, Platone descrive il fascino che la bellezza esercita sull'anima. La bellezza sensibile è vista come una manifestazione terrena di una bellezza più alta, quella del mondo delle Idee. Il fascino della bellezza sensibile ha la capacità di elevare l'anima verso la contemplazione della bellezza assoluta, che è eterna e immutabile. In questo senso, il fascino è un'esperienza che parte dal mondo sensibile ma conduce verso la dimensione spirituale e intellettuale.
Forse quell’atmosfera di ritrovo un po' bohémien e intellettuale della Salerno che fu ora il Vicolo della Neve non la conserva, ma il progetto di riportarlo in vita è degno di lode, è stato un gesto eroico che senza dubbio comporta anche grosse responsabilità e richiama su di sé possibili critiche e continui confronti col passato. Oggi, in ogni caso, il Vicolo della Neve è un punto di riferimento per chiunque voglia vivere un’esperienza autentica, gustando i sapori di una volta in un contesto accogliente e altamente professionale.
E’ un monumento a Salerno, ai salernitani e alla salernità e come tale deve continuare a vivere e pulsare. La sua capacità di rimanere al passo con i tempi, pur conservando intatta la sua anima tradizionale, è ciò che lo rende un luogo unico e indimenticabile, un vero e proprio pilastro della gastronomia salernitana. “L'odore di menta t'invita, la tavola bianca, la stanza confusa dall'abbondanza. In quell'odore di forno per qualche sera la vita si scalda con le sue mani e quegli accordi lontani del tempo che fu”. (Alfonso Gatto)