Fa tappa a Salerno l'ottava edizione dell'International Street Food

Appuntamento da venerdì 26 a domenica 28 aprile nel Parcheggio Grand Hotel Salerno

Redazione Irno24 24/04/2024 0

Dopo il grande successo di pubblico dell’edizione 2023, con oltre 12 milioni di visitatori, è ripartita l’VIII Edizione dell’International Street Food, la più importante manifestazione di street food esistente in Italia, organizzata da Alfredo Orofino, Presidente di A.I.R.S. (Associazione Italiana Ristoratori di Strada), in collaborazione con la Confartigianato di Salerno(SA).

Sarà Salerno, nel quarto weekend di aprile, da venerdì 26 a domenica 28 aprile, ad accogliere la 35a tappa, che si svolgerà nel Parcheggio Grand Hotel Salerno (il venerdì dalle ore 18 alle 24, il sabato e la domenica dalle ore 12 alle 24). L’iniziativa, dedicata al cibo di strada di qualità, ha ormai conquistato il grande pubblico e conterà ben 150 tappe, distribuite lungo tutto lo stivale, fino alla fine di novembre 2024.

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Annamaria Parlato 28/07/2022

Un valido sostituto dell'origano in cucina: la maggiorana

La maggiorana è una pianta originaria dell’Europa centrale, non ama il freddo troppo intenso. Il suo nome botanico deriva dal greco antico oros, montagna, e ganos, gioia, bellezza; nei tempi antichi, in Grecia era tradizione intrecciare della maggiorana nelle corone che portavano gli sposi il giorno delle nozze, come augurio di felicità. Nel Medioevo, la maggiorana trovava un vasto impiego in medicina, tanto da mettere in ombra la fama del timo.

Anche se appartiene alla famiglia dell’origano comune (Origanum vulgare), il gusto e il profumo della maggiorana sono molto diversi. Ne esistono due specie; quella detta da “vaso”, o Origanum onites, dal gusto meno gradevole, e quella cretese, o Origanum dictamnus, pianta molto diversa d’aspetto dall’altra, con le sue foglioline bianche lanuginose e i suoi fiori rosa.

La maggiorana preferisce un suolo umido e fertile, in un luogo soleggiato e riparato. Non sopporta i freddi troppo rigidi. Si semina in primavera all’aperto o in vaso; il trapianto verrà effettuato quando le piantine saranno grandi più o meno 10-12 cm, distanziandole e tenendole libere da erbacce. In cucina si impiegano le foglie fresche o essiccate, aggiungendole a carni, salumi, verdure cotte e uova; si mettono nei ripieni o nell’aceto per insaporirlo.

In medicina, l’intera pianta ha qualità digestive e antisettiche esterne; in passato si usava come ingrediente del tabacco da fiuto. In cosmesi è valida per preparare saponi profumati, in casa è utile per allontanare gli insetti. Nel dettaglio, la pianta può essere un aiuto per i soggetti che soffrono di ipertensione e di problemi cardiaci. Studi scientifici dimostrano che la sola inalazione del suo olio essenziale provoca la vasodilatazione, che riduce così lo sforzo cardiaco e la pressione sanguigna. Il risultato è una diminuzione della pressione sull’intero sistema cardiovascolare.

La raccolta va effettuata dall’inizio dell’estate al termine della stagione di crescita; l’essiccazione va fatta quando le gemme stanno per produrre i fiori. Il buio per l’essiccazione è molto importante, ma anche le temperature piuttosto alte, disponendo le foglie in singoli strati. In campo alimentare, la maggiorana è una delle erbe aromatiche più utilizzate in tutta Europa. È adatta per tutte quelle pietanze in cui occorre ottenere un aroma deciso e allo stesso tempo piuttosto dolce. Tuttavia, il suo profumo risente del calore, va quindi aggiunta a crudo o a cottura ultimata. È il condimento ideale per pizze, insalate miste, salse crude, aceti e oli aromatici.

Il suo aroma si abbina perfettamente ai formaggi morbidi, come la ricotta sia di bufala che vaccina. Altri abbinamenti riusciti sono con pietanze che hanno fra gli ingredienti noci, asparagi e funghi, oppure a base di carne e pesce. Ottima se usata per marinare, è perfetta anche per aromatizzare arrosti e stufati. Le insalate e zuppe di legumi avranno un tocco in più grazie alla maggiorana, indicata anche per verdure, patate al forno o per insaporire pasta e primi piatti. Uno degli usi più comuni e azzeccati è quello che la vede fra gli ingredienti di gustose frittate. Tra gli usi popolari, infine, si ricorda che viene ampiamente utilizzata come condimento nella cucina rivierasca e mediterranea; in alcune regioni le foglie si mettono in sacchetti per profumare la biancheria.

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Annamaria Parlato 18/04/2020

Le mele annurche di "Tenuta Nannina" a Penta di Fisciano

Lo chef Rocco Iannone, sorry il cuoco (altrimenti si arrabbia e di brutto), dopo tanti anni trascorsi nelle cucine più famose e blasonate del mondo, ha follemente deciso di investire i suoi risparmi, senza attingere a finanziamenti di alcun tipo, in un progetto in perfetta simbiosi con la natura che gli è costato tanta fatica ma che è stato per lui il sogno di una vita intera, inaugurato lo scorso dicembre: Tenuta Nannina, ritorno alle origini.

Emozionato, la descrive: “Questa è Tenuta Nannina - terra e cucina naturale - in fase embrionale già dieci anni fa. La squadra è capitanata da mio padre Giuseppe e mia Mamma Giovanna, che hanno insegnato ai figli l’attaccamento ai veri valori della vita e a conservare le tradizioni del territorio campano. A casa mia, ma sopratutto a casa della mia grande nonna Nannina, si è mangiato sempre genuino. Spero che la vita riprenda a scorrere con tranquillità e normalità per dare a tutti ospitalità nella nostra casa-ristorante qui a Penta, dove non ci sono regole gastronomiche da rispettare, se non quelle di cucinare e servire i nostri ospiti con etica e professionalità.

Abito a Penta di Fisciano, un territorio che in tanti conoscono per l’Università di Salerno, ma non tutti sanno che questo territorio ha delle giacenze gastronomiche artigianali di notevole valore a livello nazionale ed internazionale: la mela annurca, la cipolla ramata di Montoro, la castagna dei Monti Picentini, la nocciola tonda di Giffoni. Sarà mia cura, a breve quando riaprirò, dalla mia riserva agricola presente a Tenuta Nannina dare valore ad ognuna di queste prelibatezze naturali, trasformandole con rispetto e arricchendo le mie ricette che avranno sempre più un valore artigianale”.

E’ proprio la mela annurca tra l’altro ad essere la protagonista dei terreni presenti nella Tenuta assieme all’uliveto, al castagneto, al noccioleto, al frutteto, all’orto, all’aia e all’apicoltura. La mela annurca IGP è una cultivar campana. Raffigurata già a Pompei ed Ercolano negli affreschi, conosciuta da Plinio il Vecchio come “mala orcula”, nel XVI prese la denominazione in volgare - dal “Pomarium” di Gian Battista della Porta - di mela orcola, ovvero di mela tipica di Pozzuoli che cresceva intorno al lago di Averno (l’ingresso agli Inferi). Poi nel XIX secolo da “annorcola” e “anorcola” si denominò “annurca” nel Manuale di Arboricoltura di G.A. Pasquale.

E’ una mela tipicamente originaria del napoletano (area flegrea) ma poi la sua coltivazione si è estesa anche nel casertano (Maddaloni, Aversa, Teano), nel beneventano (Valli Caudina, Telesina, Taburno) e nel salernitano (Monti Picentini, Valle dell’Irno). Possiede numerose proprietà organolettiche e nutritive, cui si associano ottime qualità terapeutiche ed antiossidanti. Le annurche dell’Irno (Baronissi, Fisciano) sono a polpa croccante, compatta, bianca, gradevolmente acidula e succosa, con aroma caratteristico e profumo finissimo, una vera delizia per gli intenditori. Il frutto è medio-piccolo, di forma appiattita-rotondeggiante, leggermente asimmetrica, con picciolo corto e debole.

La buccia, liscia, cerosa, mediamente rugginosa nella cavità peduncolare, è di colore giallo-verde, con striature di rosso su circa il 60-70% della superficie a completa maturazione, percentuale di sovraccolore che raggiunge l'80-90% dopo il periodo di arrossamento a terra. Adesso c’è la fioritura poi la raccolta avviene a metà Settembre e la maturazione termina nei cosiddetti “melai”, dove le mele disposte in fila sul terreno ricoperto da canapa, aghi di pino o materiale vegetale, in modo da evitare ristagni idrici, rigirate di continuo, assumono la caratteristica colorazione e raggiungono quella tipicità che non possiede nessun altra mela sul mercato.

L’artista di fama universale Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, nella sua Canestra di frutta del 1599, conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, dipinse proprio una stupenda mela annurca, persino bacata. Anticipatore del genere “natura morta”, Caravaggio riuscì a dare dignità ad una canestra fatta di vimini intrecciati tra loro e a della banalissima frutta, apparentemente fresca, ma che ad un’analisi più attenta nasconde molteplici imperfezioni tipiche dell’appassimento e del rinsecchimento.

Ora, siccome il dipinto fu commissionato a Caravaggio dal Cardinal Francesco Maria del Monte, suo protettore nel periodo romano, per poi regalarlo al Cardinale Federico Borromeo, la mela annurca di sicuro era conosciuta a Roma e anche in ambito ecclesiastico. Infatti, Caravaggio con molta probabilità dipinse il quadro in periodo autunnale, usando la frutta che aveva a disposizione in quel momento.

Ritornando a Rocco Iannone e alla sua filosofia di cucina, gli chiediamo qualcosa sulle sue mele annurche: “A Tenuta Nannina facciamo molta attenzione a tutte le fasi di coltivazione delle mele sino alla maturazione su paglia. Io il prodotto lo vedo nascere, lo trasformo e lo porto in tavola. In primavera gli alberi sono tutti fioriti ed è uno spettacolo senza pari ammirare i fiori bianchi e rosa che in questo momento sono sbocciati. La Campania è tra le poche regioni che si può permettere ancora un artigianato attento alle tradizioni. A me spetta il compito di esaltarle nelle mie ricette dolci e salate.

Una ricetta che consiglio caldamente è l’insalata fredda di mele con granella di nocciole di Giffoni oppure un’insalata calda di mele, patate lesse, code di gamberi bianchi, zeste di sfusato amalfitano, prezzemolo tritato e olio a crudo delle colline salernitane. La mia cucina nel futuro dovrà parlare un linguaggio visivo e di sapori sempre più comprensibile a tutti perché la sfida in avvenire sarà riallineare le papille gustative ai sapori autentici e non globalizzati.

C’è un grande lavoro artigianale dietro la mela annurca e le contadine dell’Irno sono donne straordinarie che con il loro lavoro manuale compiono dei piccoli miracoli. Io credo moltissimo in questo prodotto e sopratutto nelle sue grandi caratteristiche nutrizionali”.

Tenuta Nannina sarà luogo di formazione per giovani cuochi e stagisti provenienti da ogni parte del mondo, che potranno approfondire attraverso l’artigianalità e il lavoro della terra tutto ciò che sui banchi di scuola non viene loro insegnato. E allora chiediamo a Rocco come sta affrontando questo terribile momento epocale dettato dal Coronavirus: “La cosa che più mi interessa in questa fase è restare saldamente vicino alla mia splendida famiglia e alla mia natura a Tenuta Nannina, dove guardo da giorni attentamente le api che si affollano sui frutti in fiore.

Un processo silenzioso che ti rimette in pace con te stesso e lascia indietro tutti quelli che hanno bisogno di mostrarsi continuando a farsi vedere in ricette tramite video, perché la paura è che se il sistema ti abbandona poi non sei più nessuno. Se costruisci la carriera in una bolla di sapone, quando scoppia, scoppi insieme a lei. Vita da Cuoco è il mio motto, una categoria artigianale che non soffre né tendenze né crisi perché si ha la consapevolezza di un potenziale unico e inimitabile.

Ho smesso di essere Chef da tempo e mi sono concentrato a rafforzare la mia indole da Cuoco. Dalla mia parte ho un grande pubblico di amici e ospiti nazionali ed internazionali che mi seguono e che amano la mia cucina. I miei ragazzi quando sono ai fornelli si occupano personalmente di scegliere alcune verdure del nostro orto. Un’esperienza unica in gastronomia anche perché tanti si allontanano dalla terra per prendere strade diverse. Noi abbiamo scelto di tornare indietro e concentrarci sull’essenza del sapore dell’etica campana, offrendo una cucina quanto più naturale è possibile”. La cucina è una cosa seria.

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Annamaria Parlato 25/11/2023

Salerno, "Omaggio a Carminuccio" di Granammare è tradizione e innovazione

Se a San Matteo va il merito di aver salvato Salerno dall’incursione saracena del 1544, a Granammare quello di aver sfornato la pizza “Omaggio a Carminuccio”, dedicata alla città e ai salernitani. La pizzeria, inaugurata nell’agosto 2019, si difende benissimo e la triade Santoriello-Gerardi-Cortese ai forni è una squadra vincente che non si cambia.

Il gestore ed ideatore del format Granammare, Nicola Cardillo, quattro anni fa ha avuto la giusta intuizione, rivoluzionando completamente il concept classico di pizzeria cittadina con i cocktail abbinati alla pizza assieme a sfizi e fritti d’autore, in un ambiente sofisticato, elegante ma confortevole. La pizzeria infatti sorge dalle ceneri dell’ex mobilificio Mainardi, istituzione in città, nei pressi del Forte la Carnale, affacciandosi sul mare con la prospettiva privilegiata della Costiera Amalfitana a pochi chilometri di distanza.

L’architetto Michele Citro ha curato il progetto di restyling del locale, sposando tradizione e sperimentazione. Restando coerente con il format gastronomico, ha dato vita a quello che ho definito “design gourmet”. Per l’architetto la proposta di pizza e fritti, affiancati da cocktail, si inoltrava in un mondo pressoché inesplorato, finendo per dare vita ad una relazione tutt’altro che convenzionale; ecco allora che anche i materiali, seguendo questo schema, hanno mixato antico e moderno.

Il design di Granammare è un'ode alla contemporaneità, un mix affascinante di elementi moderni, che si fondono armoniosamente per creare un'atmosfera accattivante. Ogni dettaglio è stato curato per offrire non solo un'esperienza culinaria straordinaria, ma anche un viaggio visivo attraverso l'estetica moderna e l'innovazione. L'ingresso della pizzeria accoglie i clienti in un ambiente aperto e luminoso. Grandi finestre permettono alla luce naturale di filtrare, creando un'atmosfera ariosa e invitante. Il cuore pulsante della pizzeria è rappresentato dal  banco pizza a vista, dove i clienti possono osservare i maestri pizzaioli all'opera. La PizzaCourt lasciata aperta aggiunge un tocco di teatralità e trasparenza, permettendo ai clienti di essere parte integrante del processo di preparazione delle pizze.

Colori vivaci, tratti audaci e motivi geometrici aggiungono un tocco di energia e vitalità all'ambiente. Una gigantografia di pizza sulla parete della sala principale è accompagnata dalla scritta: “Due forni, l’impasto a lunga lievitazione, le materie prime d’eccellenza, la creatività ed è subito magia”. Non fa una piega, è proprio così, anche di sabato sera quando fuori c’è una fila interminabile di persone e tutto arriva nei piatti senza errori. Una gran bella soddisfazione per chi gestisce e per chi si accomoda ad un tavolo, scevro da preoccupazioni ma ricco di prelibatezze che faranno divertire il palato.

Giovanni Santoriello, Claudio Gerardi e Stefano Cortese hanno perfezionato sempre di più il loro impasto, anche senza glutine, mettendo a punto una pizza soffice, leggera e lievemente croccante sul bordo, proprio come vuole la scuola salernitana. La pizza “Omaggio a Carminuccio”, con pomodoro San Marzano DOP, origano, olio all’aglio e peperoncino (in uscita: scaglie di pecorino romano DOP, scaglie di Parmigiano e guanciale croccante, basilico) è intensa, golosa ma equilibrata, un connubio perfettamente riuscito tra tradizione e innovazione. Da provare anche la Granammare, la Ciacia, la Sapori del Vesuvio e Autunno Campano.

Non manca la pizza Vegana, con zucca lunga Napoletana stufata, gocce di crema di fagioli Cannellini, cipolla croccante, salsa al coriandolo, cannella. Consigliati il crocchè di patata viola, il timballo di pasta e patate e i padellini, che stanno spopolando da inizio anno, ossia spicchi da condivisione con impasto multicereale a doppia maturazione e cottura nel famoso contenitore metallico. Il risultato è strepitoso e i condimenti vengono aggiunti in uscita, perché assemblati al momento; come nella Pinzimonio d’Autunno con insalatina croccante di finocchio, carote e sedano, maionese veg al cappero di pantelleria, bacca di pepe rosa, profumo di aceto di mele, spruzzato al tavolo, e nella Cetaria con pop corn di crema al burro di bufala profumata al limone, filetti di alici di Cetara, caramello salato, umami in stile campano.

Per chi avrà ancora spazio non dovrà perdere il dessert della casa, con ampia scelta di gusti tra caprese, tiramisù, crème brûlée, cheese cake, tanto per citarne alcuni. La lista dei vini è ampia, buona la selezione di birre artigianali e distillati. Il personale è cortese e vigile alle esigenze dei clienti, mentre la signora Doriana Grimaldi, moglie di Nicola Cardillo, è un’attenta padrona di casa, disponibile e solare. Granammare offre un'esperienza culinaria che vale la pena provare; con la sua combinazione di atmosfera ospitale, servizio impeccabile e cibo straordinario, si erge come un gioiello che fonde trasparenze marine con l’oro del grano maturo nel panorama gastronomico locale.

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