Zeppola di San Giuseppe, dove gustare le cinque migliori a Salerno

Dai Liberalia romani ai conventi napoletani, viaggio tra ricette tradizionali e trattati gastronomici

Annamaria Parlato 18/03/2025 0

La zeppola di San Giuseppe affonda le sue radici nella trattatistica gastronomica dei secoli passati, unendo storia, tradizione e devozione. Le sue origini possono essere fatte risalire ai Liberalia, le antiche festività romane celebrate il 17 marzo in onore di Bacco e del suo precettore Sileno. Durante questi festeggiamenti, i sacerdoti del dio, chiamati Liberi Pater, offrivano focacce di farro e frittelle di frumento cotte nello strutto, anticipando l'usanza di consumare dolci fritti in occasione delle celebrazioni di primavera.

Questo rito pagano si è successivamente fuso con la tradizione cristiana legata a San Giuseppe. Il legame tra il santo e le frittelle ha origini antiche: secondo la tradizione popolare, dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe per mantenere la famiglia si sarebbe dedicato alla vendita di frittelle per strada. Questa narrazione, sebbene di carattere agiografico, ha alimentato l'usanza di consumare dolci fritti nel giorno della sua festa, il 19 marzo.

Il nesso tra San Giuseppe e la frittura si rafforza nel Medioevo, quando le confraternite e le corporazioni di mestiere diffondono l'usanza di preparare dolci fritti per le celebrazioni religiose. I primi riferimenti alla zeppola si trovano nei trattati gastronomici del XVII e XVIII secolo. Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di Pio V, nel suo "Opera dell’arte del cucinare" (1570) descrive la zeppola come una frittella, sostanzialmente a forma di palla e realizzata con una farina ricavata da ceci rossi, prima lessati e poi pestati nel mortaio, insieme a noci, zucchero e cannella, con l’aggiunta di diversi aromi, lievito e vino bianco, probabilmente per renderle più leggere.

Vincenzo Corrado nel suo "Cuoco Galante" (1773) propone una variante con un impasto di farina cotto nel brodo, aromatizzato con cannella e limone. Una volta cotto, l’impasto doveva essere amalgamato con un ‘giallo di uovo e qualche chiara’, creando una consistenza ricca e profumata. Fu poi Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, a codificare nella sua "Cucina teorico-pratica" del 1837 la ricetta della zeppola napoletana, specificando la doppia cottura: dapprima in acqua e farina, poi fritta nello strutto e infine guarnita con giulebbe strettissimo (acqua di rose) e zucchero in cima, senza l’aggiunta di crema pasticcera e amarene, come invece si usa oggi.

Esiste anche una tesi che collega l'origine delle zeppole ai conventi napoletani. Secondo alcuni, la zeppola avrebbe avuto origine nel convento di San Gregorio Armeno, oppure in quello di Santa Patrizia, mentre secondo altre fonti le prime a preparare le zeppole, così come le conosciamo oggi, sarebbero state le monache della Croce di Lucca o quelle dello Splendore. La tradizione dolciaria conventuale è stata infatti fondamentale per la diffusione di numerose specialità tipiche della pasticceria napoletana. La zeppola tradizionale fritta resta ancora oggi l'emblema della festività di San Giuseppe. La ricetta prevede ingredienti semplici, ma richiede una tecnica precisa. Si parte da 250 ml di acqua, 50 g di burro, un pizzico di sale e 150 g di farina: si porta l'acqua a ebollizione con il burro, si aggiunge la farina mescolando vigorosamente fino a ottenere un composto omogeneo. Una volta raffreddato, si incorporano quattro uova, una alla volta, fino a ottenere un impasto liscio. Con l’ausilio di una sac à poche, si formano delle ciambelle su quadrati di carta forno e si friggono in abbondante olio caldo, finché risultano gonfie e dorate. Dopo il raffreddamento si decorano con crema pasticcera e un’amarena sciroppata.

Per chi non ama la frittura, esiste anche una variante al forno: le zeppole vengono cotte a 200°C per circa 25 minuti, risultando più leggere ma altrettanto gustose. Il risultato è un dolce che racchiude secoli di storia e il sapore autentico della tradizione partenopea, unendo in un morso il gusto della devozione e della festa. Per un perfetto abbinamento, si può accompagnare la zeppola con un vino dolce campano come il Moscato di Baselice o il Lacryma Christi del Vesuvio Passito, che con le loro note aromatiche e fruttate esaltano la dolcezza della crema. Chi preferisce un distillato può optare per un bicchiere di limoncello artigianale, che con il suo gusto agrumato bilancia la ricchezza del dolce. In alternativa, per gli amanti della birra, una Belgian Tripel dalle note fruttate e speziate rappresenta un accostamento intrigante e armonioso.

A Salerno, la zeppola di San Giuseppe è protagonista nelle migliori pasticcerie della città. La zeppola fritta tradizionale della Pasticceria Bassano, nota per la sua millefoglie crema e amarena, è un'esperienza da non perdere: fragrante, asciutta e perfettamente dorata, al morso sprigiona una croccantezza delicata che lascia spazio alla morbidezza della crema e alla dolcezza dell’amarena, senza traccia di unto o pesantezza. L’Antica Dolceria Pantaleone, l'inventrice della "scazzetta" nel cuore del centro storico, è il luogo perfetto per gustare la versione al forno, un must per gli amanti della tradizione: al morso si percepisce un guscio leggermente croccante, che cede subito alla sofficità dell’impasto, mentre la crema pasticcera profumata alla vaniglia e l’amarena sciroppata regalano un’armonia di sapori irresistibile.

Per chi cerca un tocco innovativo, la Pasticceria Romolo propone una zeppola alla nocciola di Giffoni, arricchita da nocciole pralinate, caramello e una crema leggera alle nocciole, un equilibrio perfetto tra dolcezza e croccantezza. La Whippy Pasticceria reinterpreta la tradizione con lo zeppolone lievitato, realizzato con un impasto profumato al limone, ricco di amarene e crema alla vaniglia, lasciato maturare per 48 ore per una consistenza incredibilmente soffice e fragrante. Infine, per un’esperienza fuori dal comune, la Due Pasticceria propone la zeppola al gusto Red Velvet, ispirata all’omonima torta americana: al primo assaggio si avverte la sua tipica nota di cacao leggermente acidula, bilanciata da una crema delicata, arricchita da frutti rossi freschi e fragole, per un contrasto goloso e raffinato.

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Annamaria Parlato 30/10/2022

La zucca a Salerno e dintorni: lumino ad Ognissanti e "confine" dell'estate

Specie e varietà del genere Cucurbita (famiglia delle Cucurbitacee), la zucca è un ottimo ortaggio, benefico per la salute, a maturazione autunnale, usato per pietanze, minestre e come sofisticante per confetture; le varietà scadenti sono usate invece come foraggi. Introdotta, forse, in Europa dall’America tropicale nel secolo XVI, di cui sarebbe originaria, ha da sempre indicato nel lessico comune, in maniera simbolica, stupidità ma perfino intelligenza.

Lucio Anneo Seneca, nella sua satira Menippea, criticò l’imperatore Claudio definendolo "Zuccone". Il grande scultore Donatello diede vita intorno al 1420 alla statua del profeta Abacuc, conservata nel Museo dell’opera del Duomo di Firenze, soprannominata proprio "Lo Zuccone", in riferimento alla sua evidente calvizie. Quindi, in senso già dispregiativo, la zucca classificava le persone calve con testa sproporzionata e particolarmente rotonda. Per non parlare dell’abuso del termine per indicare persone sciocche e un tantino stupide (spesso si usa l’espressione "Hai poco sale in zucca").

Nella tela intitolata "Banchetto Nuziale" di Pieter Bruegel il Vecchio, del 1568, la zucca viene rappresentata sotto forma di pietanza, quasi di vellutata, e si intravede un popolano che la mangia, seduto, con gusto, accompagnandola a del pane, forse di segale. Ancora, nei ritratti dell’Arcimboldo o nella Fruttivendola di Vincenzo Campi del 1580, la zucca è un elemento di spicco ornamentale, che arricchisce con le sue forme la composizione. Nel XIX secolo, nei quadri di Giovanni Segantini, diventa un ortaggio importante nell’alimentazione popolare e quotidiana, assumendo un ruolo di primo piano.

E da lì nell’immaginario collettivo la zucca inizia ad essere associata a significati più positivi e a diventare proverbiale: “Mangia le zucche in abbondanza e non avrai mal di pancia”. La zucca è in ogni caso un frutto magico, leggendario: in passato, quelle giganti e vuote, venivano usate dai marinai come boe o come salvagente per inesperti nuotatori; nel Medioevo infatti, alcuni racconti descrivono come uomini e donne siano stati salvati dalla corrente di acque impetuose grazie a formidabili zucche.

Per i Celti, antica popolazione del nord Europa, Capodanno non cominciava come per noi il 1° gennaio, bensì il 1° novembre, e veniva celebrato con una grande festa chiamata Samhain, che in gaelico significa "fine dell’estate". I villaggi festeggiavano per giorni, accendendo falò, cantando e danzando sfrenatamente e travestendosi con maschere e costumi spaventosi per tenere lontani gli spiriti maligni. Si diffuse l’abitudine di intagliare volti mostruosi negli ortaggi e nei tuberi più reperibili e di illuminarli dall’interno con un lumino, per renderli più agghiaccianti: in quel caso si trattava in genere di grosse rape, patate o barbabietole.

Per capire come dalle rape si sia arrivati alla zucca di Halloween, bisogna risalire alla metà dell’800, quando una terribile carestia si abbattè sull’Irlanda, spingendo un numero incredibile di irlandesi a emigrare negli Stati Uniti, in cerca di un futuro migliore. Nel Nuovo Mondo, questi emigrati fondarono le loro comunità e mantennero le loro tradizioni, compresa quella dell’All Hallows’ Eve, cioè la vigilia di Tutti i Santi (“hallow” è un’antica parola inglese che significa appunto “santo”).

La tradizione di accendere, in occasione delle festività dei defunti, lumini e candele fuori dalle abitazioni, che venivano collocati in zucche cave, in un’impressionante analogia con la antica festa celtica di Samhain, è attestata soprattutto in Irpinia, nell’avellinese, ma anche nell’area di Salerno. In zone più interne della Campania, i bambini chiedevano direttamente un dono specifico: “Cicci muorti”, ossia i chicchi di grano fatti bollire e poi ripassati nel miele, un dolce povero dalle chiare valenze simboliche (i chicchi di grano rappresentano la vita che rinasce, fertilità e abbondanza).

La zucca, in definitiva, non ha colpito solo l’immaginario collettivo, ma è diventata una vera e propria prelibatezza,tanto da ricoprire ruolo primario in cucina. Durante il periodo freddo dell’anno, la si usa per preparare moltissimi piatti caldi; la si trova, infatti, nella ricetta della minestra con zucca e farro, della pasta e zucca o della zucca e fagioli, piatto tipicamente salernitano, o addirittura sulla pizza. Ottima anche nelle preparazioni dolci come crostate, biscotti e pani speziati.

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Annamaria Parlato 11/10/2020

Nicola Barbato, l’uomo che sussurrava alle cipolle

L’autunno con le sue calde sfumature brunite e ramate è quella stagione dell’anno che invoglia a ritrovare il piacere della tavola e dei prodotti tipici, come la cipolla che regna sovrana in quel di Montoro. Montoro è un comune irpino a metà strada tra Salerno e Avellino, gode di un clima favorevole dato anche dal mare che dista pochi chilometri, ha una natura rigogliosa, è ricco di ottimi prodotti che la terra generosa in maniera spontanea offre ai suoi abitanti ed agricoltori che con passione la coltivano, rendendola ancora più fruttuosa.

Anche Nicola Barbato come i suoi avi è un esperto conoscitore delle colture impiantate nell’azienda di famiglia, a cui si dedica con passione assieme ai suoi due figli, a sua moglie e ai dipendenti. L’azienda che prende il nome di GB Agricola (la sigla GB è la dedica di Nicola a suo padre) è una SRL costituita come società nel 1994, ma la sua attività ha origini molto tempo prima. Sino alla fine degli anni ‘90 i Barbato erano coltivatori di tabacco, poi c’è stata la conversione dagli anni 2000 a ortofrutta scommettendo dal 2010 proprio sulla cipolla ramata, un prodotto tipico della zona la cui dolcezza è diventata proverbiale, tanto da essere utilizzata sia per i salati che i dolci.

GB Agricola è qualità, trasparenza e produzione biologica, coniugando tradizione e innovazione. La struttura è interamente ecosostenibile, si fonde armoniosamente con la natura circostante; qui gli ospiti possono cimentarsi personalmente o assistere alla raccolta dei prodotti e possono accedere perfino alla cucina per mettere alla prova le doti culinarie, preparando piatti tipici e antichi. In azienda la cipolla si coltiva con metodo tradizionale rimasto invariato sull'intero territorio: semenzali in autunno, trapianto in campo a gennaio-febbraio, raccolta a mano dalla seconda metà di giugno.

Dopo la raccolta, le cipolle vengono lasciate essiccare in campo e successivamente vengono depositate in apposite strutture in legno disposte in magazzini ben ventilati e a temperatura costante, in attesa di essere poi commercializzate, generalmente confezionate da mani femminili in forma di trecce a 16 bulbi (metodo più antico), retine biodegradabili o scatole in cartone proveniente dal macero campano e certificato Fsc (le scatole sono automontanti, prive di spillature metalliche e collanti chimici, pronte per essere a loro volta riciclate), disposte infine per il consumo.

In questo periodo nel terreno si piantano i rafani che aiutano nella difesa naturale dai parassiti e con le loro radici fittonanti ossigenano il terreno preparandolo ad ospitare a breve le cipolle. Inoltre i rafani vengono anche utilizzati in cucina per preparare alcune salse piccanti che si abbinano a piatti di carne, robusti e sostanziosi. L’azienda ricava l’energia elettrica da pannelli solari fotovoltaici nel totale rispetto dell’ambiente. Le certificazioni, i premi, le iniziative di cui è promotrice, le partecipazioni a tutti gli eventi, fiere e saloni sia nazionali che internazionali di settore (SANA, Biofach) hanno reso GB Agricola fiore all’occhiello della Regione.

La cipolla viene anche utilizzata nell’industria tessile e nell'edilizia poiché tra i tanti progetti aziendali c’è stato anche quello col Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Salerno per ricavare un particolare pigmento per una pittura ecologica ottenuta dai residui di coltivazione e lavorazione. Francesca Barbato, figlia di Nicola, ha messo a punto anche un’idea innovativa risultando finalista all’Oscar Green di Coldiretti per la categoria “Creatività”, scelta dopo una lunga selezione territoriale tra migliaia di giovani imprenditori di tutta Italia. Francesca ha creato una nuova crema per gli inestetismi cutanei della cellulite, snellente, modellante e drenante. Il prodotto si chiama Cipolla Slim e sfrutta l’alta carica di flavonoidi e le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anche antitumorali della cipolla.

Guardo oltre per agire in prossimità - dichiara Nicola Barbato - l’ho fatto già tanti anni fa quando dinnanzi ad una scelta ossia quella di partire per il Brasile e continuare a occuparmi di tabacco, scelsi di restare e di investire qui su Montoro. Grazie al lavoro svolto con coscienza, sono riuscito non solo a dare lavoro a tante famiglie del posto ma a creare anche un futuro per mia moglie e i miei figli Antonio e Francesca che prenderanno un domani il mio posto in azienda. Inoltre ho dato vita ad un mercato fiorente che coinvolge l’Irpinia intera e che porta la cipolla nelle cucine e sulle tavole più rinomate d’Italia.

Qui l’economia è circolare, i cartoni e i cassoni sono diventati complementi d’arredo e di design di Casa Barbato, l’agriristorante-pizzeria in cui faccio degustare ogni specialità a base di ramata e non solo. Ho creato una vera e propria filiera agroalimentare e amo fare rete con i produttori del territorio, dalle cantine ai birrifici, dai pastifici ai liquorifici, dai salumifici ai caseifici. Cercherò in tutti i modi di far ottenere alla ramata l’IGP, sono Presidente del Comitato Promotore della Cipolla Ramata di Montoro e nel 2010 è arrivato il Marchio Collettivo Geografico ed è in via di costituzione il relativo Consorzio.

Garantiamo il monitoraggio della produzione, eseguiamo verifiche tecniche di produzione, assistiamo gli agricoltori in tutte le fasi della coltivazione: dall'approvvigionamento di sementi certificate, alle analisi del terreno; dall'acquisto di piantine all'uso di metodi mirati e sperimentati per la lotta ai parassiti mediante l'uso di fitofarmaci specifici, atti a ridurre l'impatto ambientale ed alla ottimizzazione, in generale, dei costi di produzione nonché all'osservanza e al rispetto del disciplinare di produzione.

Omogeneità del prodotto, caratteristiche merceologiche costanti, tracciabilità del prodotto sono solo alcuni degli aspetti di cui i produttori che aderiscono al Comitato tengono conto nel loro lavoro. Se non avessi pensato a tutto ciò la cipolla sarebbe finita nelle mani di pochi che avrebbero fatto solo i loro interessi personali riducendola ad una banale sagra annuale di paese dai connotati a dir poco grotteschi. Basta crederci, provarci, investire e i sogni prima o poi si realizzano”.

GB Agricola oltre alla cipolla ramata è produttrice di patate (patata Rosina) dalla forma tonda-ovale e con polpa con nuance color crema che finiscono nella cucina di Casa Barbato diretta dallo chef Rinaldo Ippolito e sulle pizze realizzate dal maestro Alessandro Montefusco. La signora Luisa Tolino, moglie di Nicola e agrichef Coldiretti, con le cipolle più piccole, meno adatte alla grande distribuzione (Esselunga, Despar), prepara le conserve (cipolla grigliata, agrodolce, patè, confettura, composta) riservate all’angolo shop di Casa Barbato e alla cucina frutto di ricette personali come la genovese (persino vegetariana e al baccalà) o la parmigiana di cipolle.

Il menù è stagionale e ultimamente lo chef resident in collaborazione con lo stellato Paolo Barrale ha ideato piatti molto innovativi che hanno catturato l’attenzione dei numerosi clienti. Tra le novità autunnali la scarola ripassata all'irpina, la zuppa di castagne di Serino, i fagioli quarantini di Volturara e porcini dei Monti Picentini, il bao con frittatina di uova biologiche e spinaci, il mantecato di baccalà, il crocchè con porcini e fonduta di pecorino e tartufo. Tra i classici intramontabili le candele alla genovese classica, il tagliere con selezione di salumi e formaggi, la pancetta di maialino alle erbe con cotica soffiata, le costine di vitello in salsa barbecue.

GB Agricola è pure casavacanza, infatti la struttura adiacente composta da due maxi appartamenti è molto richiesta dai turisti italiani e stranieri che amano soggiornare in campagna e a contatto con la natura. C’è in cantiere l’imminente progettazione di una piscina con cockteleria e una Spa che arricchirà la proposta turistico-ricettiva ma che catturerà anche l’attenzione di un pubblico giovane e modaiolo. 'A capa è 'na sfoglia 'e cipolla ma se la si fa funzionare tutto cambia.

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Redazione Irno24 08/10/2022

Salerno, sesta edizione di "In Vino Civitas" dal 15 al 17 ottobre

“La ripresa a sorsi: beviamoci Sa!” è il tema della sesta edizione di “In Vino Civitas”, il Salone del Vino di Salerno, organizzato dall’associazione Createam e sostenuto da Cna Salerno, Camera di Commercio e Fondazione Carisal, in programma dal 15 al 17 ottobre 2022 presso la Stazione Marittima.

Il programma tradizionale, che affida l’apertura ad un evento-sfilata di moda con gli artigiani salernitani, resta incentrato sulla degustazione di oltre 500 etichette di vini, provenienti da tutt’Italia, al quale si unisce il calendario di incontri promossi da Ais, l’associazione dei Sommelier, che quest’anno punta su una verticale di Fiorduva con Marisa Cuomo, una verticale di Amarone classico (azienda Zenato) ed una Masterclass di Champagne Benoit. Grande novità anche l’assegnazione del Premio “Arechi”, selezionato dalla giuria presieduta dal presidente nazionale Ais, Sandro Camilli, ad un vino proveniente dal territorio salernitano.

Alla degustazione, che sarà aperta al pubblico sabato 15 e domenica 16, dalle 16 alle 23, e lunedì 17, dalle 11 alle 18, si affianca un articolato calendario di incontri ed iniziative che, in modo particolare, per questa edizione, puntano sulla promozione dei contatti commerciali.

In primo luogo, l’ICE-Agenzia ha organizzato, insieme a CNA Salerno, un incoming di operatori esteri del settore enologico, che, oltre a visitare la manifestazione, organizzerà degli appuntamenti B2B all'interno del Salone, che coinvolgeranno i buyer della delegazione estera (selezionati dagli Uffici ICE della rete estera) e le aziende vitivinicole delle Regioni meno sviluppate che saranno espositrici alla manifestazione.

La partecipazione ai B2B sarà gratuita per le aziende partecipanti e rappresenterà un'importante occasione per avviare o concretizzare accordi commerciali con buyer, importatori e/o proprietari di attività nel settore della ristorazione che operano in paese esteri UE ed extra UE. Prima della giornata dedicata ai B2B (che si terrà lunedì 17 ottobre con inizio alle ore 10.00 presso la Stazione Marittima), la delegazione straniera visiterà due cantine, una situata nel cuore del Cilento e l’altra in Costiera Amalfitana.

Tra gli appuntamenti tradizionali, che ormai accompagnano il percorso del Salone del Vino, anche il premio EccellenSA, che viene attribuito ad una cantina che si distingue per impegno sociale. L’opera realizzata dal maestro ceramista Lucio Ronca, presidente provinciale di Cna Salerno, sarà assegnata alla cantina di San Patrignano.

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