104 articoli nella categoria Enogastronomia

Annamaria Parlato 30/05/2023 0

La viticoltura salernitana e i vini Colli di Salerno IGT

La storia del vino in Campania è antica e ricca di tradizioni. La regione, situata nel sud Italia, è stata un'importante area viticola fin dai tempi dell'antica Grecia e dei Romani. Durante l'era greca, la Campania era conosciuta come "Enotria", "terra del vino". Se le origini del vino indoeuropeo vengono all’unisono individuate nella regione del Caucaso, è altrettanto accertato che gli insediamenti greci e fenici in Campania hanno rappresentato il lasciapassare per un gran numero di cultivar orientali, prima della loro diffusione in alcune zone dell’Europa continentale.

La Campania è uno dei territori più importanti al mondo per quantità e varietà di vitigni storicamente coltivati. Un patrimonio ampelografico di notevole valore, costituitosi in circa tre millenni grazie alla posizione strategica sul Mediterraneo. Le migliori bottiglie campane sono da sempre prodotte con uve autoctone e questo è uno dei principali fattori di distinguo del distretto: sono vini per molti versi dal carattere unico, non standardizzati e non facilmente replicabili, che suscitano un crescente interesse tra gli operatori e appassionati di settore.

Gli antichi Greci introdussero la coltivazione della vite nella regione e svilupparono tecniche avanzate di coltivazione e vinificazione. I vini campani, come il celebre "Falerno" e il "Greco di Tufo", erano altamente apprezzati e diffusi nell'antichità. In epoca romana, i vini campani continuarono a godere di una grande reputazione. Plinio il Vecchio lodò l'eccellenza dei vini campani nella sua "Naturalis Historia". La regione era famosa per il "Falerno", il "Falerio" e il "Greco".

Nel corso dei secoli, la viticoltura in Campania ha subito alti e bassi a causa di eventi storici, come le invasioni barbariche, le guerre e le epidemie. Tuttavia, la tradizione vinicola è sopravvissuta grazie alla passione e alla dedizione dei produttori locali. Nel XX secolo, la regione ha affrontato sfide come la fillossera e la perdita di interesse per i vini locali, a favore di vini provenienti da altre regioni italiane. Tuttavia, negli ultimi decenni, c'è stato un rinascimento della viticoltura campana, con un rinnovato interesse per i vini di qualità prodotti nella regione.

Oggi, la Campania è nota per la produzione di bianchi e rossi di alta qualità. I produttori campani stanno lavorando per valorizzare le caratteristiche del territorio, utilizzando metodi di coltivazione sostenibili e adottando tecniche di vinificazione moderne. La storia del vino in Campania continua ad evolversi, con un impegno costante per la qualità e l'identità territoriale, offrendo ai consumatori una vasta gamma di vini unici e apprezzati in tutto il mondo.

La città di Salerno ha una tradizione vinicola che affonda nella storia della regione. Nonostante non sia una delle principali zone di produzione vinicola della provincia, ci sono alcune aziende vinicole che producono vini di qualità nella zona. Nella città di Salerno, e nelle sue immediate vicinanze, è possibile trovare vigneti e cantine che offrono una varietà di vini bianchi e rossi. Tra le varietà di uve utilizzate nella produzione di questi vini, vi sono sia varietà autoctone che internazionali.

Alcuni dei vini tipici prodotti a Salerno e nelle zone limitrofe includono: Costa d'Amalfi DOC - questa denominazione si estende lungo la costa amalfitana e comprende anche parti della provincia di Salerno. I vini prodotti sotto questa denominazione possono essere sia bianchi che rossi, con uve come Falanghina, Biancolella, Fiano, Aglianico e Piedirosso; Paestum IGT - questa indicazione geografica tipica (IGT) comprende parte della provincia di Salerno e si estende fino all'area di Paestum. I vini prodotti in questa zona possono includere varietà autoctone come Aglianico e Fiano, ma anche internazionali come Merlot, Cabernet Sauvignon e Chardonnay;

Colli di Salerno IGP - l'Indicazione Geografica Protetta (IGP) "Colli di Salerno" è una denominazione che copre l'intera provincia di Salerno. Questa IGP comprende una vasta gamma di vini prodotti con varietà autoctone e internazionali, offrendo una diversità di stili e caratteristiche. Il disciplinare dell'IGP (Indicazione Geografica Protetta) "Colli di Salerno" stabilisce le regole e i requisiti che i produttori devono seguire per ottenere il marchio di qualità "Colli di Salerno" per i loro prodotti agricoli e alimentari.

Ecco alcuni punti chiave del disciplinare dell'IGP "Colli di Salerno"

1. Area geografica: L'IGP "Colli di Salerno" si applica ai prodotti provenienti da un'area geografica specifica nella provincia di Salerno; 2. Viticoltura: Vengono utilizzate varietà di uve autorizzate per la zona, che possono includere sia varietà autoctone che internazionali; 3. Regole di produzione: Il disciplinare stabilisce le norme riguardanti la coltivazione delle uve, le pratiche di vinificazione, l'invecchiamento dei vini e le caratteristiche organolettiche desiderate.

4. Etichettatura: I prodotti che ottengono l'IGP "Colli di Salerno" devono rispettare le specifiche regole di etichettatura, che includono informazioni come l'origine geografica, il nome del prodotto e l'indicazione dell'IGP; 5. Controllo e certificazione: Un ente di controllo designato è responsabile del monitoraggio e della certificazione dei prodotti che desiderano ottenere l'IGP "Colli di Salerno". Questo garantisce che i produttori rispettino le regole e i requisiti del disciplinare.

Il terroir di Salerno è l'insieme di fattori naturali e umani che contribuiscono alle caratteristiche uniche dei vini prodotti nella provincia di Salerno. Questi fattori includono il clima, il suolo, l'altitudine, la topografia e le pratiche agricole tradizionali. Clima: La provincia di Salerno è influenzata dal clima mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti e umidi. L'ampia variazione termica giornaliera contribuisce alla maturazione e all'equilibrio delle uve;

Suolo: Il terreno varia notevolmente nell'area di Salerno, con una combinazione di suoli vulcanici, calcarei e argillosi. Questa diversità di suoli conferisce ai vini una vasta gamma di caratteristiche, influenzando il profilo aromatico, la struttura e l'espressione delle varietà di uve coltivate; Altitudine e topografia: La provincia di Salerno presenta una notevole varietà di altitudini e topografie. Ci sono zone di pianura, colline e montagne, che influenzano la distribuzione delle vigne e le condizioni di coltivazione. L'altitudine può contribuire a una maggiore escursione termica, favorendo la complessità e l'equilibrio dei vini;

Pratiche agricole tradizionali: Tramandate di generazione in generazione, sono parte integrante del terroir di Salerno. Queste includono metodi di potatura, gestione delle vigne, selezione delle uve e tempi di vendemmia ottimali, che riflettono la conoscenza e l'esperienza dei viticoltori locali. Tutti questi elementi combinati contribuiscono a definire il terroir di Salerno e conferiscono ai vini una specificità e un carattere distintivo.

I vini di Salerno spesso presentano una buona struttura, una vivace acidità, aromi intensi e complessi, e riflettono l'influenza del territorio in cui sono coltivate le uve. Le principali varietà di uve coltivate nella viticoltura salernitana includono: Aglianico, una delle varietà più importanti della zona, usata per la produzione di vini rossi di qualità, come il Taurasi DOCG; Fiano, varietà bianca autoctona che produce vini bianchi freschi e aromatici, come il Fiano di Avellino DOCG; Greco, un'altra varietà bianca autoctona che viene utilizzata per produrre vini bianchi secchi e aromatici, come il Greco di Tufo DOCG; Falanghina, varietà bianca diffusa in tutta la Campania, inclusa la provincia di Salerno, ed è utilizzata per produrre vini bianchi aromatici. Sono coltivate anche varietà internazionali come Chardonnay, Merlot e Cabernet Sauvignon.

La viticoltura salernitana si concentra sulla produzione di vini di qualità, valorizzando le caratteristiche del territorio e rispettando le tradizioni locali. Le tecniche di coltivazione, la vinificazione e l'invecchiamento dei vini sono attentamente monitorati per ottenere vini che riflettano l'identità del territorio di Salerno.

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Redazione Irno24 29/05/2023 0

A metà luglio la "Festa della Pizza" torna a Salerno

In occasione del 25° "compleanno", la Festa della Pizza, per tanti anni itinerante, torna a Salerno. L'evento, organizzato dall'associazione Alimenta, presieduta da Maurizio Falcone ed Alfonso Aufiero, si terrà dal 12 al 16 luglio 2023 in piazzale Salerno Capitale, a pochi metri dal Grand Hotel.

Sapori e tradizioni della Campania, accompagnati da musica e spettacolo. La presentazione sarà affidata a Pippo Pelo e Adriana Petro, direttamente da Radio Kiss Kiss. Sul sito ufficiale tutti gli aggiornamenti.

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Annamaria Parlato 26/05/2023 0

"Mascuotto" di Bracigliano: una croccante storia di acqua, lievito e farina

Il pane duro, o pane raffermo, veniva tradizionalmente riutilizzato in molte ricette e preparazioni per evitare di sprecarlo; fu così che in molte regioni d’Italia nacquero piatti storici come la ribollita o la pappa al pomodoro. L'utilizzo del pane raffermo in queste preparazioni permetteva di evitare lo spreco alimentare e di creare piatti gustosi e nutrienti. Nel Sud Italia e in Campania, il pane avanzato veniva biscottato e diventava ingrediente di molte preparazioni contadine, come il famoso “mallone braciglianese” di rape e patate o la classica panzanella con pomodori, origano, basilico e olio evo a crudo.

Il pane biscottato o “mascuotto” è infatti altra tipicità del Comune di Bracigliano, che basa la sua economia essenzialmente su prodotti agricoli. Il mascuotto era un alimento utilizzato principalmente dalla popolazione contadina e dalle persone che lavoravano nei campi. Questo alimento aveva diverse caratteristiche che lo rendevano adatto ad essere consumato in determinate situazioni. La sua durezza e la capacità di conservarsi a lungo faceva sì che diventasse ideale per i contadini che lavoravano per molte ore sotto il sole.

Il mascuotto poteva essere facilmente trasportato come cibo da campo e, quando era il momento di mangiarlo, veniva ammollato in acqua per renderlo più morbido e gustoso. Inoltre, era un alimento economico e nutriente, che poteva essere preparato utilizzando ingredienti semplici e facilmente reperibili come farina, acqua e sale. Per questi motivi era accessibile alla maggior parte della popolazione, compresi i contadini e le persone con risorse limitate.

Nel corso degli anni, il mascuotto è diventato un alimento apprezzato e consumato anche al di fuori delle comunità contadine, quasi gourmet o per veri intenditori, tant’è che rinomati chef si cimentano nella preparazione di piatti innovativi, aggiungendolo come ingrediente di base o per dare croccantezza al piatto. Questo pane biscottato dalla classica forma a tozzetto è così apprezzato dai braciglianesi e dalle popolazioni limitrofe che ogni anno, a luglio, in occasione della festa patronale dei Santi Nazario e Celso, diventa il protagonista di una famosa sagra e di molte pietanze, in primis il mallone, indirettamente anche della promozione turistica comunale.

L'origine del pane biscottato può essere fatta risalire all'antica Roma, dove il pane veniva cotto due volte per renderlo più durevole e conservabile a lungo. Questo pane tostato era spesso consumato dai soldati romani durante le lunghe campagne militari. Con il passare del tempo, questa pratica si diffuse in altre parti d'Europa. Nel Medioevo, il pane biscottato divenne una parte importante della dieta dei marinai e dei viaggiatori, poiché il pane tostato era facile da conservare durante i lunghi viaggi in mare.

Con il germano, introdotto dai longobardi nel territorio salernitano, o col frumento si confezionavano i “biscocti”, così detti perché cotti due volte, alimento essenziale per gli uomini delle galee, che li inzuppavano nell’acqua di mare. Inoltre, il pane biscottato era considerato un alimento ideale per le persone che soffrivano di disturbi digestivi, poiché la cottura due volte lo rendeva più facilmente digeribile. Durante il Rinascimento, il pane biscottato divenne una prelibatezza apprezzata anche dalle classi nobili. Veniva spesso servito con vino o bevande calde come il caffè o il cioccolato.

Nel corso dei secoli, la produzione del pane biscottato si è evoluta. All'inizio, il pane veniva tagliato a fette e tostato nel forno, ma con l'avvento delle moderne tecniche il pane biscottato viene realizzato utilizzando macchinari specializzati. Oggi, il processo di produzione del pane biscottato coinvolge spesso la fermentazione dell'impasto e l'uso di farine selezionate, per ottenere una consistenza e un sapore specifici.

La composizione esatta del pane biscottato può variare leggermente a seconda della ricetta e del produttore, ma di solito contiene i seguenti ingredienti: farina di grano tenero o grano duro, segale, mais o integrale, a seconda delle preferenze, acqua per impastare, sale marino e lievito madre. Le fasi della sua elaborazione sono: lavorazione dell’impasto, modellatura in pezzi a forma di parallelepipedo, lievitazione e prima fase di riposo, infornata e cottura, sfornatura, seconda cottura (i pezzi poi vengono spezzati rigorosamente a mano), confezionamento ed etichettatura. Il prodotto fresco deve avere un caratteristico odore delicato di tostato, che può ricordare il profumo del legno di ulivo o di vite.

A Bracigliano, da oltre duecento anni, il Biscottificio Calabrese ancora sforna mascuotti, friselle e biscotti di vario genere, ma molto probabilmente, come si evince dalle fonti letterarie, la presenza del mascuotto sul territorio risale all’epoca angioina e nel XVII secolo era proposto nelle osterie di paese. Bagnato pochi secondi nel tipico “vacile” pieno d’acqua fresca, è il perfetto pasto che asseconda tutti i dettami della dieta mediterranea, se abbinato all’olio di oliva, verdure, pesce, latticini. Chi non ricorda la zuppa di latte che i nonni preparavano ai bambini per la colazione? La sua semplice composizione rende il pane biscottato adatto a molte diete e lo trasforma in un alimento versatile per accompagnare salse, formaggi, antipasti e altro ancora.

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Redazione Irno24 02/05/2023 0

I vini di Salerno in tour nelle cinque province campane

Cinque appuntamenti da non perdere nel mese di Maggio all'insegna del "vigneto Salerno", nel contesto del progetto CampaniaWine. Il Consorzio Tutela Vini Salerno, infatti, propone un tour nelle cinque province campane (in basso la locandina), finalizzato a sviluppare la conoscenza dell'identità delle DO/IG e del territorio, attraverso incontri divulgativi e degustazioni.

A partire dal 4 Maggio, sono in programma cinque serate-aperitivo: si comincia dal casertano e si chiude in Irpinia (il 30 Maggio), passando per Salerno (il giorno 5), Napoli (il 16) e il beneventano (il 17).

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Annamaria Parlato 28/04/2023 0

Fisciano, lo chef Donatantonio: "Sembra strano, ma la memoria ha un palato!"

Niente snobismo, nessuna sofisticazione, solo spazio ai ricordi, semplicità e tradizioni. Oggi si va al ristorante per trovare questo essenzialmente, è inutile prenderci in giro. Spesso, dietro un piatto apparentemente perfetto, c’è tanta distanza col cliente, poca empatia e accostamenti a dir poco bizzarri, immangiabili, ma che vogliono far scena; poi però per pagare il conto bisogna aprire un mutuo.

E allora, lo chef Salvatore Donatantonio, con sua moglie Annapina Landi, ha deciso di scrivere sulla lavagnetta affissa sulla parete centrale del suo ristorante, il "Belvedere" a Lancusi di Fisciano, alcune frasi significative usando gessetti bianchi, assieme ai piatti del giorno, proprio per rimarcare il concetto di essenzialità e territorialità cui non ha mai rinunciato nella sua fiorente carriera di chef.

Originario della Costiera Amalfitana, di Minori, precisamente, ha sposato una fiscianese doc e così ha deciso di trasferirsi nella Valle dell’Irno per accudire la sua famiglia e lavorare nel ristorante dei Landi aperto a Lancusi dal 1969, proponendo alla clientela pizza e cucina. Salvatore ha portato con sé le conoscenze culinarie e le ricette della Costiera, mescolandole in maniera impeccabile con quelle fiscianesi, utilizzando principalmente ingredienti dei produttori della Valle dell’Irno come nocciole, carciofi, carni, salumi, verdure.

Non scarseggiano i piatti di mare (cavallo di battaglia lo spaghetto "conventuale"), lui è figlio di pescatore, il pescato lo conosce ad occhi chiusi, ma ovviamente c’è più la predominanza dei piatti di terra. L'arredamento del Belvedere include elementi rustici, che rimandano ad un'atmosfera accogliente, con tovagliato dai toni naturali, tavoli in legno e costante presenza di oggetti sulla storia contadina dell’Irno. L'obiettivo è quello di creare un'atmosfera calda e invitante, che incoraggi la conversazione e la socializzazione.

Salvatore, sorridendo, ha raccontato: “A me piace far sentire i miei ospiti come a casa; mia moglie in sala, prima di prendere la comanda, mette tutti a proprio agio con cordialià e cortesia. Poi, quando capiscono che attraverso i miei piatti sono proiettati verso la filosofia Slow Food, allora restano soddisfatti e incuriositi. Valorizzo al massimo ogni ingrediente a mia disposizione, quasi a metro zero, qui il buongustaio può assaggiare la mia pizza secondo lo stile di Tramonti, il 'Sciusciello' tipico di Pellezzano, i calzoncelli di castagne, la pasta artigianale, il pane 'mascuotto' con i miei sottoli o quello tradizionale cotto sempre nel forno a legna, zuppe di legumi e verdure spontanee. Il vino lo produciamo noi ma ovviamente abbianiamo ai piatti anche le migliori etichette regionali.

Non manca lo Sfusato amalfitano, l’oro giallo della mia terra che rende profumato qualsiasi intingolo. Insomma, ogni pietanza è preparata con rispetto e amore per la terra e chi la coltiva con fatica. Incoraggio le persone a prendersi il tempo per godersi il loro cibo, per conoscere da dove proviene”.

E quindi le pizze al Belvedere avranno i nomi di tutte le frazioni di Fisciano, impreziosite con gli ottimi salumi e formaggi dell’Irno, la pasta ripiena invece verrà imbottita di freschissima ricotta di bufala e condita con le nocciole di Gaiano e i funghi o la rucola, la scaloppina avrà nel suo condimento nocciole e pomodori secchi, i cavatelli saranno arricchiti di ottimo guanciale artigianale e prelibati carciofi di Montoro, e via discorrendo.

Al Belvedere, poi, vengono anche rispettate le festività e quindi, in occasione delle ricorrenze natalizie, pasquali o patronali, ampio spazio viene dato ai piatti collegati a queste ritualità, come le famose melanzane al cioccolato, la trippa in umido o con i fagioli, la milza con aceto e menta, i dolci di mela annurca, il fior di ricotta con nocciole e cioccolato, la pastiera di riso o grano, la zuppa di pesce, la pizza di scarole, il casatiello salato. La mission del Belvedere, dunque, è promuovere un sistema alimentare alternativo, in cui il cibo sia buono per tutti, utilizzando alimenti sostenibili, creando consapevolezza e favorendo il cambiamento. Da Fisciano finalmente si può!

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Annamaria Parlato 29/03/2023 0

Ciraudo e la pizza con borragine: a Baronissi... Diè Gustibus non est disputandum

Incredibile, che emozione trovare la borragine in una pizzeria e sulla pizza! Sì proprio lei, la pianta tanto apprezzata dalla Scuola Medica Salernitana, rimedio contro la malinconia e la tristezza. Il medico naturalista toscano Giovani Targioni (1764) la definì pianta alimurgica, termine che deriva da “alimurgia” (Alimenta urgentia = nutrimento in caso di necessità), utilizzato per la prima volta per specificare “il modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dé popoli”.

Nel “Livre des simples médecines” del XV-XVI secolo, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, si consigliava di mangiare borragine contro l'itterizia, ma cotta con della carne per poi berne il succo con altro succo di scarola. Ancora, a chi soffriva di malattie di cuore o umori melanconici, bisognava farla mangiare assieme a della carne o ad altro alimento cotto con grasso, o anche cruda. Insomma, dai manoscritti si evince che se abbinata alla carne aveva un maggior effetto terapeutico.

Il maestro pizzaiolo Diego Ciraudo nel XXI secolo cosa ha fatto? Ha ideato una pizza su impasto di crusca tostata con lonzardo di suino nero casertano, crostini di pane della casa, fior di latte di vacca Jersey, borragine spadellata e olio evo (la Pizza Reggia). Un genio, un nuovo dottore della “Scuola Medica della Valle dell’Irno”. Proprio in questo territorio, precisamente a Baronissi, e in piena pandemia da Covid, Diego nel 2021 inaugura il suo locale, il sogno di una vita dopo aver fatto sacrifici e rincorso un mestiere che si può dire è nato un po' per gioco, dato che le sue aspirazioni sarebbero state tutt’altre.

Così, dopo aver frequentato corsi specifici per diventare pizzaiolo, e aver partecipato a competizioni di settore (Trofeo Caputo), fiere (Sigep) e importanti eventi (Sanremo Village), sente trasporto e passione per l’arte bianca e non si lascia sfuggire le varie occasioni che si presentano sul suo cammino. Dopo Varsavia, Parigi, New York e Vienna, il battipagliese Diego, forte delle varie esperienze all’estero, rientra in Italia senza più ripartire. Getta l'ancora a Baronissi e, assieme a Domenica Pagnozzi, rende vivo e originale il suo progetto, sfornando pizze contemporanee dal cornicione abbastanza pronunciato, che affondano le radici nella tradizione partenopea ma che si arricchiscono dei migliori prodotti salernitani, fondendo qualità, estro e semplicità.

La colorata pizzeria è piccola ma accogliente, il menù contiene circa una quindicina di pizze selezionate, insalate, taglieri di salumi e formaggi territoriali di elevatissimo pregio, fritti classici e innovativi, calzoni, saltimbocca e pizza fritta con ripieno completo (cicoli, ricotta, pepe, salame, pomodoro e fiordilatte). Qui la gente viene per assaggiare le famose patatine fritte, irregolarmente tranciate a mano e servite in un sacchetto di carta con varie salsine artigianali in cui intingerle; le frittatine di pasta, a dir poco irresistibili; e ovviamente le pizze, soprattutto le special, il pezzo da novanta di Diego, quelle in cui mette anima e testa.

E i dolci? Ma sì, parliamone: il tiramisù è spettacolare e poi c’è "Diè Namite", un calzoncello fritto e zuccherato esternamente, ripieno di fiordilatte e crema al pistacchio o nocciola. Mio Dio, ma come si fa? Però non bisogna tralasciare un’altra circostanza importantissima: la selezione di birre artigianali, molte del territorio Valle dell’Irno, come le ultime arrivate dal birrificio "I Sanseverino" di Mercato San Severino, fra le quali Principessa Costanza e Troisio che si abbinano ottimamente con le pizze in carta.

Prima di lasciarci, ricordiamo che Diego ha dedicato due anni fa anche una pizza al famoso artista americano Jackson Pollock, uno dei massimi rappresentanti dell’action painting, farcita con insalatina mista, salmone marinato, fettine di mela annurca e dressing ai lamponi. Diego continua a stupirci, il cibo è arte e l’arte è cibo per la mente, non lo dimenticare mai.

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Redazione Irno24 29/03/2023 0

Il Sindaco di Salerno incontra la "Pastry Queen" Ilaria Castellaneta

Giovedì 30 Marzo, alle ore 10, a Palazzo di Città, il sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, incontrerà Ilaria Castellaneta, vincitrice del "Pastry Queen 2023", campionato mondiale (a cadenza biennale) svoltosi nella Dolce Arena Sigep di Rimini il 24 e il 25 gennaio.

La giovane pastry chef ha battuto in finale i rappresentanti di Corea del Sud, India, Giappone e Perù, convincendo la giuria presieduta dal Maestro Iginio Massari e dalla Pastry Queen in carica, Anabelle Lucantonio.

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Annamaria Parlato 26/03/2023 0

Rossa e attraente: la fragola salernitana e le sue varietà

La fragola è una pianta erbacea (Fragaria vesca) della famiglia delle Rosacee (Dicotiledoni). La si trova tanto spontanea nei boschi che coltivata; la sua pianticina, appressata al terreno, produce lunghi stoloni, per mezzo dei quali si moltiplica. Le foglie ternate, seghettate nella parte superiore, sono portate da un lungo picciolo: i fiori, bianchi, sono riuniti a tre o più su peduncoli eretti.

I frutti, le cosiddette fragole, carnosi e scarlatti, non sono veri frutti, ma solamente il ricettacolo fiorale ingrossato e succoso, su cui sono inseriti piccoli acheni, i veri frutti che volgarmente sono detti semi. Attualmente, sono moltissime le varietà coltivate; alcune a frutto piccolo, altre a frutto grosso. Le diverse varietà si distinguono fra di loro per il profumo, la succosità, la vigoria della pianta e la sua eventuale resistenza ai vari tipi di terreno.

Quasi essenzialmente coltivata a scopo ornamentale è invece la fragola d’India (Fragaria indica), che è robustissima e rapidamente forma un folto tappeto verde, cosparso di frutti di colore rosso vivo; in molte zone boscose questa è spontanea. Punto di forza dell’agricoltura campana, le varietà di fragole coltivate sono divise in tipologie “frigo conservate” e “fresche”, le prime per produzioni precoci per il tardo autunno, le seconde per le produzioni invernali e primaverili.

La fragolicoltura in provincia di Salerno è fondamentale per l’economia agricola del Meridione. Elevate percentuali nella produzione attestano il primato di questa zona nell’esportazione sui mercati nazionali ed esteri della fragola. Caratteristiche peculiari sono i frutti di dimensioni grosso-medie, che possono arrivare anche a pezzature di oltre 25-35 gr/frutto, il colore rosso vivo e lo straordinario sapore, che unitamente alla buona conservabilità ne fanno un punto di forza.

Tutte le varietà coltivate sono prodotte secondo rigidi disciplinari di produzione integrata, secondo normativa GLOBAL GAP, senza l’uso di ormoni artificiali o stimolanti della crescita. La fragola nel salernitano è stata introdotta più di 40 anni fa dall’azione meritoria dell’Istituto per il Commercio Estero (ICE), della Camera di Commercio, dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura e da privati illuminati. Dagli impianti dei primi anni ’60, che videro l’impiego delle cultivar diffuse nel Nord Italia con elevato fabbisogno in freddo invernale, differenziazione fiorale limitata e conseguente riduzione dello sviluppo e della produttività, si passò alle cultivar di origine californiana, appena introdotte e subito apprezzate per i primi buoni risultati conseguiti, essendo costituite in ambienti climaticamente simili a quelli campani.

La varietà Camarosa introdotta negli anni ‘90 e che, per alcuni anni, ha primeggiato in modo quasi assoluto, è stata affiancata ultimamente da Candonga e Ventana. Attualmente, la tipologia di pianta fresca, rispetto alla pianta frigo-conservata utilizzata per anni, ha notevolmente allargato l’arco temporale di raccolta, alienando il concetto di stagionalità della fragola, che viene così prodotta e raccolta 10 mesi all’anno.

La fragola possiede moltissime virtù salutari: ha un altissimo potere antiossidante e un ricco contenuto di vitamina C. È ricchissima di calcio, ferro e magnesio ed è consigliata a chi soffre di reumatismi e malattie da raffreddamento. Inoltre, è particolarmente indicata per combattere il colesterolo: l'acido salicilico in esse contenuto, oltre a risultare efficace contro la gotta, aiuta a mantenere sotto controllo la pressione e la fluidità del sangue.

Le fragole hanno anche un alto contenuto di fosforo e sono utilizzate per le proprietà lassative, diuretiche e depurative. Sono anticancro, rinfrescanti, depurative e disintossicanti. Contengono xilitolo, una sostanza dolce che previene la formazione della placca dentale e uccide i germi responsabili di un alito cattivo. Da fine marzo a giugno è possibile consumare fragole di qualità con le loro innumerevoli varianti dolci-salate in cucina. E allora buona fragolata a tutti, che sia con panna, arancia o limone, è pur sempre una delizia, emblema del mite sole primaverile e delle scampagnate en plein air.

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Annamaria Parlato 27/02/2023 0

Baronissi, la missione di Sabatino Citro è esaltare gli ingredienti di qualità

E’ pur sempre una “Vittoria” riuscire a realizzare i propri sogni professionali, è pur sempre una “Vittoria” avviare una pizzeria che rompe gli schemi in un paese di provincia. Sabatino Citro, reduce da esperienze di settore in giro per l'Italia, nel 2018 apre Vittoria Pizzeria a Baronissi, in pieno centro, a pochi passi dal moderno edifico comunale.

Passo dopo passo, superando momenti difficili, dopo circa cinque anni di intenso lavoro e ricerca, continua a soddisfare le golose voglie di tutti gli amanti della pizza. La sua è proprio una pizzeria in cui c’è lo studio della materia prima e la ricerca di prodotti eccellenti, che possano esaltare ancor di più lo strepitoso impasto a lunga lievitazione composto da un blend di farine di tipo 1 e 2 rimacinate a pietra della linea Antiqua del Molino Bongiovanni di Torino, derivanti da filiera certificata e dalla valorizzazione del lavoro di numerosi agricoltori.

La tipologia di pizza messa a punto da Citro ha un cornicione abbastanza alveolato, alto e pronunciato, che in ogni caso riesce a contenere perfettamente tutti gli ingredienti senza predominarli; il colore è leggermente più scuro ma uniforme, lo spicchio resta all’impiedi, non si piega al taglio, facendo sì che tutti gli elementi del condimento e soprattutto l’olio non rotolino nel piatto. Il morso è soddisfacente, perché le farine più grezze consentono una maggiore ruvidità e rusticità al prodotto, e la cosa strabiliante è leggerezza della pizza che risulta digeribile, quasi una nuvola scioglievole.

Se il commensale dovesse spaventarsi per l’esiguità del locale, allora dovrà ricredersi, sia perché la pizza di Sabatino è eccellente sia perché al suo fianco c’è una squadra composta da giovani apprendisti e familiari che riesce a coordinare la macchina alla perfezione, tutto funziona velocemente. Garbo e pulizia fanno il resto. Il menù propone non solo pizze rosse, bianche, speciali e del mese, ma anche taglieri, calzoni, panuozzi, montanare e fritti artigianali come crocchè, supplì, arancini e frittatine di pasta (consigliatissime).

Da provare la Capricciosa, che da qualche anno ha avuto un grande revival, e la pizza Vittoria, una riuscitissima rivisitazione della storica pizza salernitana Carminuccio, con olio all’aglio, pancetta rustica a cubetti, pomodorini datterini rossi, parmigiano reggiano 24 mesi, pomodoro 100% italiano e basilico.

Ovviamente imperdibili sono le pizze del mese, come la Contursi con la cicoria saltata in padella, pancetta di suino casertano, tarallo sugna e pepe sbriciolato e fiordilatte di Tramonti; la Contadina, rivisitata con fiordilatte di Tramonti, crema di broccoli, salsiccia fresca a punta di coltello, stracciata di bufala e pistilli di peperoncino; o tra le speciali la Cacio&Pepe rivisitata con fiordilatte di Tramonti, cacio e pepe, lardo di maialino nero casertano, pomodorino giallo del piennolo e olio. Su ogni pizza, poi, a piacere, si può aggiungere a crudo l’olio extravergine Erede dell’Azienda Agricola irpina Francesco Pepe, ottenuto da olive marinese monovarietale, una vera delizia.

Presenti in carta le birre del Birrifico dell’Aspide di Roccadaspide e alcuni vini campani. I tortini al cioccolato dal cuore fondente e i dessert della gelateria Angelo Napoli, da poco introdotti in carta, esaltano l’esperienza da Vittoria, un locale di valore in una cittadina che si sta distinguendo positivamente nel panorama enogastronmico salernitano.

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Annamaria Parlato 25/02/2023 0

La cannabis che si mangia e non si fuma: un superfood che spopola

La canapa (Cannabis sativa) appartenente alla famiglia delle Cannabinacee è molto vicina a quelle delle Urticacee. E’ una pianta erbacea a fusto eretto, alto circa due metri, semplice o un po' ramificato nella parte superiore. La canapa possiede foglie opposte, picciolate, palmate, costituite da 5-9 foglioline lanceolate-acute, a margini seghettati, ruvide come il fusto. I fiori sono piccoli, incospicui, di due sessi (staminiferi e pistilliferi) su piante separate: i primi costituiscono delle rade pannocchie terminali, quelli femminili sono avvolti ognuno da una brattea.

I frutti, che in fondo si ravvisano negli stessi semi, sono piccoli acheni globosi, grigio-olivastri. Questi ultimi sono utilizzati per l’estrazione di un olio alimentare e combustibile e servono anche come mangime. Dai fusti della canapa, previa macerazione e battitura, si ricavano fibre tessili che vengono impiegate per la fabbricazione di funi, stuoie e tessuti molto resistenti.

La canapa è originaria dell’Asia centrale ed è nota la sua coltivazione in Cina sin dall’antichità. I Paesi che ne producono di più sono Russia e Cina, ma anche India, Paesi dell’Est Europa, Turchia, Spagna e Italia, con Emilia Romagna e Campania come maggiori fornitori anche nei secoli addietro, a partire da Settecento. Dal XIV secolo in poi, il suo uso in cucina è attestato da diverse memorie, a partire dai “Tortelli con fiori di canapaccia, ripieni di canapa, carne di maiale e fine spezie” e soprattutto durante il Rinascimento, quando Johannes Bockenheim, cuoco di papa Martino V, autore del manoscritto latino Registrum coquine (1430 circa), descrive la Minestra di canapuccia, buona per i malati.

L’uso alimentare della canapa in passato era molto diffuso in Italia, ma con il tempo si era perduto. Nel maggio 2009, invece, il Ministero della Salute ha riconosciuto in una circolare l’uso alimentare dei semi di canapa sativa e derivati, privi di Thc. La canapa sta conoscendo un'applicazione sempre maggiore in cucina, attraverso l'olio, che, spremuto a freddo, ha un delicato sapore di nocciole e una percentuale molto alta di acidi grassi essenziali, o la farina ottenuta dai semi di canapa. Si conosce appunto la canapa per i suoi effetti psicotropi e per le cronache in cui si trova spesso al centro.

Se trattata adeguatamente, però, questa pianta non solo è priva di pericoli, ma anche ricca di benefici. Il contenuto psicotropo (Thc) della grande maggioranza di queste piante è quasi sempre nullo, per questo si adatta bene alla gastronomia. Secondo la Legge 242/16, la norma che disciplina in Italia la canapa leggera, il livello Thc deve necessariamente risultare inferiore alla percentuale dello 0,2 o comunque non deve andare oltre lo 0,6%. In questo modo, la cannabis riesce a essere nelle migliori condizioni per essere commercializzata, senza provocare danni sulla salute.

L’altro elemento che si trova all’interno della pianta, in percentuali anche importanti, è il Cbd o cannabinolo, che non presenta effetti psicotropi. La canapa light prevede la commercializzazione e il trattamento di un’unica varietà: quella sativa. Gluten free e quindi adatta a celiaci, la canapa si può anche trovare nella pasta, nella pizza, nel casatiello, nella birra artigianale e persino nei gelati, trovando anche largo consenso nel mondo vegano.

La coltura della canapa in Campania oggi è favorita dai bandi d’investimento regionali e dalla loro premialità. Ecologicamente sostenibile e molto resistente, la coltivazione non richiede l’utilizzo di erbicidi o pesticidi. La canapa è una preziosa fonte di vitamine, ossidanti, carboidrati, fibre, minerali, proteine, calcio e potassio; ormai molti chef e pizzaioli nella provincia di Salerno la impiegano per creare specialità gastronomiche, invitanti ed interessanti, con un retrogusto piacevole che sa di farine integrali, lasciate se vogliamo ancora grezze, come natura vuole.

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