46 articoli nella categoria Interviste
Anna De Rosa 11/03/2024 0
Tecnica e tenacia, il cantante salernitano Michele Ricciardi punta in alto
Michele Ricciardi ha 20 anni, ma le idee sono molto chiare. Quando l’ho conosciuto, dopo averlo ascoltato, ho pensato sia un esempio da seguire per tanti ragazzi scoraggiati, affinché non smettano mai di credere nei loro sogni. Michele ha deciso di dedicarsi fin da bambino alla musica, che ha "vinto" la concorrenza del calcio. Il 14 marzo sarà a Roma per la registrazione del programma Viva Rai2, con "E viva il Video Box", e inizierà il suo debutto nazionale, dopo tantissimi successi territoriali.
Quale dote per un buon cantante?
Oltre ad una buona tecnica, deve avere anche una bella voce; io mi ispiro a Sinatra a Dorelli e altri del mondo del bel canto, che adesso manca nelle radio e nella Tv.
Quando hai capito che la musica e il canto sarebbero stati la tua passione?
A casa di mia nonna c’era un vecchio giradischi, da lì l’amore per la musica con vari vinili di Sinatra, Pavarotti, Dean Martin. Fu colpo di fulmine, sentii dentro di me la voglia di cantare, di vivere la musica.
Sei anche cantautore?
Io sono soprattutto interprete, ma ho scritto vari brani e spesso mi cimento coi ruoli di presentatore, direttore artistico e attore.
Tuoi studi?
Scienze Politiche all’Università, poi studio canto e inglese per avere una migliore pronuncia.
Prossimi progetti?
Il 14 marzo sarò ospite a Rai2 da Fiorello; inoltre, stiamo organizzando varie date con Fabio Natella, il mio showservice, un professionista nel suo lavoro di manager, per portare la mia voce nei teatri e nelle piazze di tutta Italia. Ho tanti sogni da realizzare, con l’impegno e la tenacia posso riuscire nel mio intento.
Cosa pensi della musica contemporanea?
Non mi piace molto, gli unici che si avvicinano al mio mondo sono i ragazzi de "Il Volo", ma anche loro purtroppo stanno diventando un po’ commerciali, come del resto tanti altri.
Redazione Irno24 08/01/2024 0
Irno24 nell'intervista per TDS al nostro direttore Annamaria Parlato
Nella rubrica "Vetrina Online", presente nel palinsesto dell'emittente televisiva TeleDiocesi, l'intervista al nostro direttore Annamaria Parlato, a cura della giornalista Patrizia De Mascellis, sempre alla ricerca di nuovi spunti e storie da raccontare sul territorio salernitano.
La puntata "Arte, Cibo e Bellezza" mette in luce i progetti professionali della giornalista Parlato, partendo dalla storia dell'arte, passando per l'enogastronomia, sino ad arrivare alla direzione di Irno24.it. La puntata sarà trasmessa sul canale 87 del Digitale Terrestre stasera alle ore 21:00, in replica domani alle ore 15:00.
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Anna De Rosa 23/12/2023 0
Nuove forme di espressione nella ceramica per Sandra Massaro
Sandra Massaro, nata e cresciuta a Salerno, all'età di 23 anni si è trasferita, per motivi professionali e di studio, a Torino, dove ha vissuto per 15 fruttuosi anni, laureandosi ed approfondendo con passione gli studi di scultura lignea, progettazione, lavorazione e restauro di manufatti lignei presso antiche scuole artigiane torinesi, curando, inoltre, il restauro di alcuni arredi della Reggia di Venaria Reale (TO).
Amante delle Belle Arti e di ogni espressione creativa, ha studiato l'antica arte orientale dello shiatsu, da cui ha mediato le conoscenze per la struttura del corpo umano, ed ha appreso dal tango argentino l'armonia e la leggerezza per il movimento. Ritornata nella propria città d’origine nel 2013, ha ricercato nella ceramica nuove forme di espressione, attraverso varie tecniche cromatiche e foggia di forme plastiche, fortemente influenzate dall'energia ineguagliabile dei colori e dei profumi della Costiera Amalfitana, terra dei suoi avi.
Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?
Cresciuta in una famiglia in cui erano presenti un insegnante di discipline umanistiche, una zia pittrice e poetessa, fortemente legata alle sue origini amalfitane, ed un padre professore di tecnologia, con una profonda passione per l'alta ebanisteria, mi è stato impossibile non apprezzare e farmi affascinare dal concetto di bellezza e di armonia, imparando ad amare l’Arte in generale.
Volendo seguire le orme di mio padre, ho iniziato sin da piccola a costruire manufatti in legno, mentre con l’argilla ho cominciato a sperimentare e creare. A Torino ho iniziato lo studio della scultura e del restauro di manufatti lignei; una volta tornata al Sud, ho iniziato l’incessante ricerca e studio delle forme plastiche e delle tecniche cromatiche, nonché la sperimentazione degli smalti e dei lustri raku.
Cosa ti caratterizza, quali sono i tuoi valori e le tue motivazioni?
Nel quotidiano sono una persona solare, empatica e socievole, ma sono molto a mio agio anche quando entro nel mio mondo di riflessione e di introspezione, circondata dall'argilla e dalle pitture. La solitudine mi dà la possibilità di spaziare con la fantasia e le emozioni, dando forma alla mia creatività. So di avere una predisposizione per le attività manuali e creative e sono semplicemente in cammino sul sentiero della scoperta progressiva delle leggi della materia.
Come nasce una tua opera?
Da un'emozione che attraversa il cuore, la mente o i sensi. È l’opera che chiede di renderla materia, di darle forma e vita e non viceversa. Nasce dal silenzio e dal nulla, facendosi spazio nel fragoroso frastuono della quotidianità.
Cos’è per te l’ispirazione?
È un richiamo, un lampo che nasce dal nulla o forse il meraviglioso frutto della mente che, da un apparente stato di ozio platonico, partorisce un’idea. Essa nasce silenziosamente ma definisce minuziosamente, tassello per tassello, ogni cosa che poi diventa una creatura “vivente”. Spesso traggo ispirazione dalla bellezza e dalla magia degli elementi di madre natura o dalle piante, le mie creature verdi, a cui dedico i mie esperimenti botanici.
Cosa cerchi di comunicare attraverso le tue Opere?
La positività, l'amore e la bellezza, nelle loro varie sfaccettature. Sono convinta che favorire il diffondersi della bellezza, della gentilezza delle forme e dei pensieri, nonché dell'armonia anche cromatica, faccia bene al cuore, alla mente ed allo spirito di ogni individuo.
Come scegli il soggetto di un tuo lavoro?
Un lavoro artistico può nascere da un sentire interiore, strettamente personale ed intimo, o dal desiderio di descrivere uno spaccato di vita, Ogni opera sa già cosa vuole dall'artista e chiede essa stessa di essere “tirata fuori” dalla materia informe (argilla, metalli, legno) o trasposta con i colori su tela o altri supporti.
I riferimenti artistici e culturali e gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato
La pittura astratta è stato il mio primo approccio all’arte. Ho conosciuto le opere del Piffetti ed ho ammirato sin da bambina Michelangelo Buonarroti, di cui porto il secondo nome di battesimo. Nella pittura apprezzo lo stile gli impressionisti ed i preraffaelliti.
Artisti, galleristi, Istituzioni. Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?
Non conosco a fondo i meccanismi delle gallerie d’arte. Credo però che l’arte dovrebbe essere un elemento fondante della cultura scolastica e dovrebbe essere assolutamente sostenuta dalle Istituzioni e dagli Enti periferici, svincolati da interessi temporanei di settore o personali. Salerno e la Valle dell’Irno, per quanto archeologicamente ed artisticamente ricche, non ricevono l’eco che meriterebbero.
Anna De Rosa 13/11/2023 0
Forme paesaggistiche oniriche nella ricerca artistica di Lina De Santis
Lina De Santis considera ogni forma d’arte come fonte di vita ed emozioni. Caratterista teatrale, si dedica a fotografia e pittura, le sue opere manifestano una ricerca empirica cromatica di forme paesaggistiche oniriche. Partecipa a numerose esposizioni collettive di pittura.
Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?
Ho sempre amato l’arte in tutte le sue sfaccettature. Un giorno, per puro caso, mi sono fermata davanti alla bottega del maestro Sabetta, dal quale ho appreso i primi rudimenti della pittura ad olio. Ho iniziato a fare teatro con i Pappici e, successivamente, con la compagnia del compianto regista Gino Esposito, ricoprendo sempre piccoli ruoli da caratterista. Successivamente, l’incontro con l’artista Anna De Rosa è stato per me magico; ha saputo coinvolgermi in tutte le sue iniziative e la seguo nei suoi eventi.
Come nasce una tua opera?
La pittura è per me una cura dell’anima, quando mi sento giù prendo i pennelli e m’immergo in un’altra dimensione, dimenticando tutto ciò che mi circonda, e il tempo passa veloce.
Cos’è per te l’ispirazione?
Può essere un viaggio, un’emozione provata, ma una mia opera non è mai l’idea iniziale; si trasforma, a volte rimango sorpresa da ciò che creo.
Cosa cerchi di comunicare attraverso le tue opere?
Gioia, allegria, vita. Dipingere è come scrivere sulla tela con un proprio linguaggio, un proprio accostamento di colori (amo quelli forti), praticamente la nostra unicità.
Gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo.
Vasilij Kandinskij e Frida Kahlo; mi sto appassionando, in particolare, ai dipinti astratti di cui proprio Kandinskij è stato il precursore, nel 1910 dipinse il primo acquerello astratto.
Artisti, galleristi, Istituzioni. Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?
Oggi i curatori hanno una grande importanza, ma anche l’influenza della rete, dei social e delle piattaforme sono molto importanti. Penso che l’Italia abbia tante opere d’arte che andrebbero preservate. Salerno è una città attrattiva per il turismo, bisognerebbe creare una maggiore rete di eventi.
Annamaria Parlato 30/10/2023 0
Umanità celata da un velo di malinconia, Vivian Cammarota espone a Baronissi
Due settimane dall’inaugurazione, trenta opere esposte e ancora dodici giorni per poter visitare la mostra fotografica “Presenze” di Vivian Cammarota, fotografa, performer e coreografa nativa di Giffoni Valle Piana, la città nota per il Festival del Cinema dei Ragazzi.
Gli scatti allestiti alle pareti del Museo FRaC di Baronissi sono incredibili, rappresentano dieci anni di ricerca e maturità artistica di Vivian, sono “emozioni in cui è il cuore a dominare lo sguardo”, secondo il testo del depliant che accompagna la mostra (scritto da Carlo Pecoraro), sono “immagini/testimonianze di un’esperienza vissuta nella sua percezione emotiva che resta, come lo è per ogni esperienza creativa, inesprimibile”, come scrive Massimo Bignardi, curatore della mostra.
La mancanza di colore semplifica l'immagine, concentrandosi sull'essenza del soggetto, creando un senso di purezza e chiarezza. Le fotografie in bianco e nero spesso evocano un senso di atemporalità, poiché non sono legate a periodi specifici, sono un collegamento tra passato e presente, enfatizzano il contrasto tra le diverse parti dell'immagine, creando un impatto visivo più forte, evidenziando forme, linee e dettagli.
La scelta del bianco e nero da parte di Vivian ha reso le immagini più astratte, consentendo al pubblico di concentrarsi sui motivi, sulle forme, sulla composizione e sugli aspetti emotivi. È stata una scelta artistica versatile, che continua a essere ampiamente utilizzata nel mondo della fotografia per la sua capacità di trasmettere messaggi e sensazioni in modo unico, ma anche mistero e atmosfera, aprendosi all’interpretazione dell’osservatore.
Un aspetto notevole di questa mostra è la diversità delle immagini esposte. Si possono trovare paesaggi mozzafiato, ritratti coinvolgenti e scatti che catturano momenti fugaci della vita urbana o quotidiana. Questa varietà permette al pubblico di immergersi in una vasta gamma di esperienze visive, offrendo un'occasione per riflettere su quanto sia variegato il mondo che ci circonda. La composizione e l'estetica delle fotografie sono eccezionali. Ogni immagine è stata attentamente composta, con un occhio per i dettagli e una profonda comprensione della luce e della prospettiva. Questo ha portato a una serie di immagini che sono visivamente coinvolgenti e trasmettono emozioni e storie in modo potente.
Un altro elemento che spicca in questa esposizione è la capacità dell’artista di catturare momenti effimeri e trasformarli in opere d'arte durature. Le immagini possono raffigurare momenti di felicità, tristezza, sorpresa o contemplazione, e in tal modo permettono di riflettere sulla complessità delle emozioni umane e dell’esistenza. Ogni immagine cattura un frammento unico del nostro mondo e ci invita a riflettere su quanto sia meraviglioso e complesso. Ci sono immagini che rivelano la fragilità della vita, altre che esplorano la gioia e la connessione umana, mentre alcune sfidano i confini tra realtà e fantasia.
Questa capacità di raccontare storie attraverso le immagini è un'indicazione della profondità e della complessità dell'arte fotografica esposta. “Presenze” è un'esperienza visiva emozionante e ispiratrice, che merita di essere visitata da chiunque ami l'arte della fotografia. Al di là dell’osservazione e dell’analisi critica di ogni scatto, è stato significativo intervistare Cammarota per capire con maggiore dovizia di dettagli cosa abbia cercato di esprimere attraverso questa mostra e cosa abbia rappresentato per lei un evento così importante nella sua carriera di fotografa.
Mi puoi spiegare brevemente il percorso formativo che ti ha portato a sposare la fotografia?
Non ho studi prettamente fotografici, sono autodidatta, ma ho avuto modo di osservare e confrontarmi con diversi professionisti della fotografia. Tuttavia, credo che i percorsi formativi conseguiti si siano lietamente contaminati, canalizzandosi in un’unica forma espressiva che è appunto la fotografia. La Danza Classica è stato il mio primo grande amore e, dopo aver conseguito il diploma accademico con il passo di addio, mi sono dedicata alla formazione (anche con maestri internazionali) del Teatro fisico-performativo e del Teatro Danza.
Per molti anni il teatro è stata la mia professione ed ho realizzato anche diverse regie-coreografie. La danza e il teatro sicuramente hanno contribuito a sviluppare in me la cosiddetta “visione periferica”, cioè l’amplificazione dello sguardo: l’osservazione totale in scena è fondamentale per sincronizzarsi con i colleghi di scena, i tecnici audio-luci e il pubblico. Entrambe le discipline, inoltre, mi hanno insegnato ad avere una maggiore consapevolezza e padronanza dello spazio.
Per quanto concerne il percorso di studi, la scelta scolastica delle superiori (di cui mi sono poi pentita) si è rivolta ad un tecnico per geometri, però traendo le somme probabilmente gli studi tecnici hanno influito positivamente nella composizione tecnica della fotografia. Successivamente mi sono laureata al Davimus (Discipline delle arti visive della musica e dello spettacolo) con tesi in drammaturgia (sull’ultimo spettacolo di Julian Beck del Living Theatre, avendo collaborato per alcuni anni con attori storici della compagnia). Gli esami di Storia dell’Arte, con annesse ricerche personali con visite nei Musei, hanno sicuramente arricchito la mia visione e la mia sensibilità.
La tua personale si intitola "Presenze". Cosa sono e chi rappresentano?
Il Titolo “Presenze” è stato scelto dal Professore Massimo Bignardi, curatore della mostra, il quale con la sua prestigiosa esperienza e la sua sensibilità ha colto in pieno il mio sentire. Le “Presenze” per me rappresentano ciò ho sempre “ricercato” nella fotografia, in quanto non amo molto fotografare senza la presenza di figure umane, a meno che non siano luoghi dismessi in cui si percepisce che c’è stato un vissuto.
Credo, dunque, che le “presenze” per me rappresentino una continua ricerca di umanità celata da un velo di malinconia; infatti, ritraggo spesso figure raccolte in momenti di riflessione e di solitudine, forse la fotografia del fisarmonicista parigino che suona accanto alla scritta “alone” svela la narrazione dell’esposizione, come ha osservato Carlo Pecoraro. Le “presenze” però possono rappresentare tutto, nel senso che per ogni osservatore può cambiare il modo di percepire quelle “presenze”.
La scelta del bianco/nero?
Probabilmente esistono determinate foto che nascono, anche inconsciamente, già in bianco e nero senza che io decida, probabilmente perché per anni mi sono nutrita, quasi ossessivamente, di immagini fotografiche dei grandi maestri francesi della metà del novecento, come Bresson, Brassai, Erwitt, Doisneau, Man Ray. Il bianco e nero, inoltre, credo che evidenzi l’autenticità e la drammaticità della fotografia, oltre ad esaltarne il soggetto, in quanto non vi è la dispersione visiva dei colori e, dunque, l’emozione che si intende suscitare è sicuramente più immediata.
Quanto è stato importante per te esporre al FRaC?
Rappresenta una tappa molto importante nella mia vita, giunta in un momento in cui ne avevo veramente bisogno, per motivarmi e avere nuovi stimoli creativi. Essere presentata dal Professor Bignardi per me è stato praticamente un sogno che si è realizzato. E anche la presentazione del giornalista Pecoraro mi ha davvero commosso.
È dunque un’emozione indescrivibile presentare la mia prima mostra personale in un Museo prestigioso come il FRaC, anche se allo stesso tempo mi sento messa a nudo, come se mi fossi spogliata per mostrare al pubblico la mia vera essenza, compresa le fragilità, come se fossero tanti pezzi dell’anima e del cuore, senza filtri, cioè senza alcuna finzione o maschera che invece utilizzavo in teatro.
In che maniera l'ambiente esterno influenza il tuo lavoro?
La creatività ha continuamente bisogno di stimoli esterni, ma a volte gli stimoli non sono necessariamente viaggi si possono trovare anche interiormente, dipende da quel che si sta vivendo in quel momento, di solito le foto migliori le ho scattate in stati emotivi abbastanza positivi in cui vi era speranza e vitalità in me. Mentre nei periodi difficili ho vissuto un vero “blocco” con il mezzo fotografico.
Hai trovato ispirazione in città come Napoli, Parigi, Marsala; c'è anche la Costiera Amalfitana, quali sensazioni hai percepito?
Sono tra le città che amo di più, Parigi in primis, poi c’è tanta Venezia, come ci sono tante città toscane e poi Napoli, che amo tanto e in cui ho vissuto per alcuni anni. Marsala, la costiera amalfitana, aggiungo Procida, ma anche la stessa Salerno sono luoghi di mare molto poetici.
Tu sei anche coreografa e hai frequentato il teatro. Nei tuoi scatti si percepisce questo interscambio culturale tra i due ambiti...
Sì, tutto il percorso formativo è confluito nella fotografia. Tra le altre cose ho conseguito una specializzazione in training fisico avanzato e “presenza” scenica. I maestri di questa disciplina ci insegnavano a lavorare molto sulla “presenza”, facendoci concentrare sul respiro, il vuoto e il silenzio, per acquisire una piena consapevolezza del proprio corpo ed entrare in empatia con gli altri, perché se non ci si “libera” delle proprie ansie non si può ascoltare il proprio sentire e diventa difficile entrare in sintonia con gli altri. Il Teatro, inoltre, mi ha insegnato a “togliere”, cercare di eliminare tutte le sovrastrutture per ritrovare la vera essenza. Probabilmente è ciò che mi accade con la fotografia, prediligendo, infatti, pochi elementi.
A che progetto stai lavorando al momento e cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
Sto lavorando a un progetto contro la violenza sulle donne, in modo, credo, molto originale, ma non posso aggiungere altro. Poi mi piacerebbe riprendere a viaggiare e avere altre occasioni espositive in altre città, quindi uscire di nuovo dalla provincia. Un sogno nel cassetto è quello di riuscire a fare qualche viaggio fotografico intercontinentale e vorrei farlo come un vero lavoro di reportage, magari per qualche agenzia importante, e dunque esser accompagnata da una troupe di professionisti.
Pensi che la fotografia possa aiutare a svelare certe cose o a preservarle dallo scorrere del tempo?
Sì, certo; credo che sia tra i mezzi più immediati della comunicazione che resta indelebile nel tempo, i video possono essere dimenticati, le immagini no.
I tuoi ritratti sono molto delicati, ovattati, non chiassosi, anche in contesti legati alle grandi metropoli. Hai voluto attutire le disuguaglianze o è una tua condizione interiore ed intimista?
Hai veramente colto in pieno. Per me la fotografia rappresenta un vero “rifugio per l’anima” dal caos in cui siamo catapultati, ma anche dal trambusto interiore, per questo la mia ricerca del silenzio, dell’essenziale e del sospeso nella fotografia. Credo sia senza dubbio una condizione interiore ed intimista, ma probabilmente inconsciamente la parola “disuguaglianza” per me non esiste, per cui sono ritratte sullo stesso piano un po’ tutte le condizioni umane, dalla mendicante alla borghesia, dagli scugnizzi agli artisti. E lo stesso vale per i luoghi, non c’è distinzione.
Ci sono fotografi o artisti che senti particolarmente vicini a te?
Non oso fare paragoni, sicuramente una fotografa che ho amato molto è stata Francesca Woodman e adoro l’arte metafisica di Giorgio De Chirico. In realtà ciò che sento molto vicino a me è la musica, nello specifico la musica jazz, come Bill Evans, Stan Getz, Chet Baker.
Concludendo, chi scrive si rivolgerebbe a Vivian, prima di salutarla, dicendo: “Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato”.
Anna De Rosa 28/10/2023 0
L'anima delle cose negli scatti fotografici di Rosalia Loia
Rosalia Loia nasce a Salerno nel 1971, studia fotografia all’Istituto Europeo di Design di Roma, diventando successivamente insegnante della medesima disciplina presso l’I.T.I.S di Salerno. Al suo attivo ha collaborazioni con Repubblica e Focus; coopera come fotografa di scena per lo spettacolo teatrale "Don Chisciotte", con la regia di Lina Wertmuller;
è fotografa per spettacoli di danza e musical, al fianco dei coreografi Stefano Forti e Gilda Palladino; è fotografa di Sydne Rome per lo spettacolo teatrale "Che fine ha fatto Baby Jane"; è fotografa ufficiale del quotidiano "La Città" di Salerno; realizza brochure per il fast-food "Promenade" nel New Jersey (USA); espone attualmente le sue foto come opere d’arte sia in Italia che all’estero.
Come è iniziato il tuo percorso artistico?
Grazie all'amore per il cinema e la fotografia di scena.
Come nasce una tua opera?
La mia sensibilità alle immagini, alla trasformazione della luce e alla bellezza dei colori mi ha portato a vedere con un occhio fotografico la mia particolare predisposizione per l'estetica.
I riferimenti artistici che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo
Mi sono appassionata alla grande fotografia di Man Ray, Ansel Adams, Mapplethorpe, Bresson, Newton, Steve McCurry.
Cosa cerchi di comunicare attraverso le tue opere?
Mi caratterizza il riuscire a tirare fuori l’anima delle cose che fotografo; senza anima non c'è brivido, senza brivido non c'è emozione.
Cos’è per te l’ispirazione?
L’ispirazione è sacra, non sempre è facile da trovare; in genere la mia fonte potrebbe essere uno spettacolo teatrale, la danza o semplicemente ritratti.
Anna De Rosa 19/09/2023 0
La dignità umana alla base del percorso letterario di Mario Farina
Mario Farina è uno scrittore salernitano che fa un lavoro immenso nel tradurre in vernacolo napoletano opere come Il Vangelo e la poesia di Dante Alighieri. E’ membro di varie associazioni culturali e sociali, tra cui l'Auser Salerno Centro, ha pubblicato numerosi libri di vario interesse, presentandoli in location istituzionali.
Dove sei nato?
Nel centro storico di Salerno il 7 dicembre 1945, a pochi metri dalla Chiesa di Maria Santissima delle Grazie. Ricordo con nostalgia la mia fanciullezza, nonostante la povertà e l’abbandono di quel triste e doloroso periodo del dopoguerra. Famiglie numerosissime vivevano nei bassi, nei sottoscala e nei sottotetti. Soffrivano malattie, fame, miseria e mancanza d'aria. La mia casa, piccolissima, era immersa nel verde, sempre accarezzata dai raggi del sole. Affacciava sul Giardino della Minerva e sul Golfo. Eravamo in 9 con mamma e papà, vivevamo nel bisogno: ricordo che andavo scalzo o con gli zoccoli anche d’inverno, quando pioveva i piedi s’impregnavano tanto.
Dove vivi?
Vivo a Salerno, nel quartiere Torrione. Maestro elementare in pensione, sono sposato dal 1965 ed ho quattro figli e sette nipoti. Dei quattro figli, la maggiore, laureata in pedagogia, insegna Religione nella scuola elementare, gli altri sono docenti di ruolo nelle scuole statali ad indirizzo musicale. Sono stato autodidatta: da sposato, ho conseguito l’abilitazione magistrale e successivamente l’idoneità alla professione docente.
Perché la voglia di scrivere? Cosa cerchi di comunicare?
Per il desiderio di esprimere il mio pensiero sui molteplici problemi esistenziali. Mi porto nel cuore, fin da piccolo, le sofferenze della mia gente (quella dei miei vicoli) e le folle di mendicanti che nel dopoguerra si recavano all’Ospizio della Pia Casa di ricovero (annesso alla chiesa della Madonna delle Grazie) per ricevere nelle loro gavette un po’ di pasta, un secondo e un tozzo di pane.
Mi porto addosso, con orgoglio, il retaggio d’una vita vissuta intensamente e non priva di tantissimi ostacoli ed amarezze, che hanno temprato il mio carattere fin da quando, a dieci anni, andavo a vendere ghiaccioli nelle campagne e nei vicoletti della zona orientale di Salerno. Una vita da guerriero, la mia, che benedico dal profondo del cuore, perché mi ha permesso d’essere un buon educatore in famiglia e nella scuola.
Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?
Negli anni novanta, quando sentii l’esigenza di soddisfare il vivo e antico bisogno del mio spirito: riaffermare il rispetto della dignità di ogni creatura umana. Cominciai il mio percorso, letterario e umano, cercando una soluzione cristiana ai problemi sociali che affliggono quotidianamente le coscienze di folle di cittadini (lavoro, casa, previdenza, sanità, sicurezza sociale), ribadendo la necessità di porre l’uomo con i suoi bisogni al centro di ogni problema sociale.
Questa attenzione per “l’altro” è la “conditio sine qua non” per creare una pacifica e prosperosa convivenza umana e per consentire un pieno benessere fisico e spirituale della persona. Alla luce di questi principi, nel 1997 diedi alla stampa il mio primo libro “Dignità umana e sicurezza sociale”: in questo lavoro vi è l’espressione più profonda della mia anima, certamente inquieta, che freme davanti alle brutture della vita e alle innumerevoli contraddizioni della società.
Come nasce una tua opera?
Una mia lirica può nascere da una semplice idea, che piglia, alle volte, uno sviluppo creativo inaspettato: parto da un’idea e ne trovo altre. La lirica è da me particolarmente apprezzata, perché riesce in pochi versi a cogliere l’atmosfera musicale delle cose, a riprodurre il mondo favoloso e suggestivo della mia infanzia. La mia anima si perde nella bellezza dei ricordi più dolci e puri: “E ssonno, mente vaco sulo sulo / pe ‘sti viche sulagne, / ‘ddó nce passava mamma, / addó jévo vulanno / criaturo cu ‘e cumpagne / comm’auciéllo libbero ncampagna”. La lirica riesce con pochi versi a descrivere e immortalare l’insicurezza e l’angoscia esistenziale.
Come scegli il soggetto di un tuo lavoro?
Spontaneamente o dopo lunga meditazione. Vari sono i temi trattati nelle mie liriche: l’amore, gli affetti, i ricordi, la nostalgia, l’umorismo, l’allegoria. Numerosi quelli a carattere sociale e umano: la condanna della guerra, il degrado ambientale, l’ingiustizia, la fede in Dio Padre, alle volte vacillante, ma sempre presente, la violenza di un mondo, che non rispetta la vita e i bisogni della persona, la brama di possesso, vista come la causa prima di quasi tutto il male che affligge le nostre società, il desiderio struggente di un mondo migliore per dare un senso alla vita.
Cosa pensi del sistema dell’editoria contemporanea del nostro Paese?
Chi intende pubblicare un libro s’imbatte in tantissime difficoltà. I costi sono altissimi, sia che ci si rivolga a case editrici locali che a quelle di altre regioni. Le piccole case editrici, o anche solo le tipografie, si preoccupano solo di ricavare da una pubblicazione un lauto profitto. Alle grandi case editrici non interessano i piccoli e sconosciuti scrittori. Esse investono quasi sempre su personaggi già noti.
Cosa ti ha lasciato la pandemia?
Solitudine, angoscia e senso di abbandono. Ci ha annientato tantissime certezze! Ciò che più mi ha amareggiato è stata la lontananza dagli altri. E poi quella brutta museruola, che tutti chiamiamo mascherina! Da questa esperienza abbiamo imparato, e toccato con mano, che ognuno di noi non è nessuno senza gli altri. Saremo, spero, un po’ migliori nei pensieri e nel cuore.
Anna De Rosa 30/08/2023 0
Design, pittura, architettura: i molti talenti di Marilina De Carolis
La sua passione per l'arte associata alla pittura, alla ceramica e all’architettura discende dagli studi e dagli interessi che hanno ruotato intorno a queste esperienze, strettamente legate tra di loro sul piano della percezione visiva, ai suoi stimoli di ricerca sulla composizione e scomposizione dell’immagine per analizzarne e individuarne la struttura, il tipo ed il modello rappresentativo, per poi ricrearlo in una realtà “immaginaria” di un mondo cromatico.
Dove sei nata? Dove vivi?
Sono nata a Salerno. Ho vissuto per 15 anni a Cava de' Tirreni, adesso vivo a Salerno.
Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?
Ho conseguito la maturità artistica, perfezionando i miei studi di architettura e design, così come quelli della ceramica e scultura. Il mio percorso artistico è nato spontaneamente fin dalla mia giovane età ed è stata un'abilità espressa con grande naturalezza.
Quali abilità ti caratterizzano?
Tutte le mie emozioni e le mie idee le ho trasmesse su fogli e tele attraverso la pittura e il disegno, inoltre manipolando l'argilla. Sono una donna poliedrica e perfezionista, fin da giovane ho lavorato nel campo artistico e architettonico come disegnatrice e progettista; ho avuto esperienze come designer, elaborando prototipi per stilisti di moda con un mix di diversi materiali: seta, lino, iuta, pelle, ceramica.
Ho collaborato con vari artisti e aziende di ceramiche, riproducendo calchi di scultori e dipingendo pannelli antichi di artisti importanti di fine 800 e primi 900, che altrimenti sarebbero scomparsi con il tempo. Mio nonno, per dipingere, ricavava i colori dalle erbe e i fiori, tutti in famiglia abbiamo l'estro artistico. Ho imparato bene quello che so fare grazie alla caparbietà nello studio accurato di ogni tecnica ed alla voglia di sperimentare tutto ciò che si può realizzare di nuovo.
Come nasce una tua opera?
E' una sorta di scintilla interiore che si propaga come energia, dandomi l'ispirazione, e si trasforma in arte con colori e forme. Mi ispirano tutti i soggetti. Amo osservare la vita reale, cogliere l'attimo del sorgere del sole con i suoi colori brillanti, le sfumature del tramonto, l'odore dell'asfalto bagnato, il cinguettio degli uccelli, il fruscio delle foglie immerse in una folata di vento, le espressioni e gli atteggiamenti delle persone. Cerco di comunicare tutte le emozioni della realtà di tutti i giorni, attraverso colori e linee ben definiti che danno alla mia opera una precisa espressività.
I riferimenti artistici che ti hanno influenzato?
Vincent Van Gogh, che esprime i suoi sentimenti attraverso colori accesi e pennellate decise; Gustav Klimt, con le sue linee precise, colori definiti e l'uso dell'oro che lo portano fuori dai canoni tradizionali; Antoni Gaudì mi ha sempre affascinato per la sua capacità di creare edifici utilizzando forme naturali, con lo stesso procedimento con cui uno scultore crea un oggetto o un pittore crea una tela; Leonardo da Vinci, genio indiscusso, pittore e inventore, un riferimento per la sua poliedricità e la sua curiosità nelle scoperte e il suo perfezionismo e la voglia di spingersi sempre avanti.
Artisti, galleristi, Istituzioni. Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?
L'arte dovrebbe essere maggiormente valorizzata, bisogna impegnarsi più seriamente coinvolgendo anche piccoli centri di provincia con iniziative che esaltino l'arte in tutte le sue forme.
Cosa ti ha lasciato la pandemia?
I due anni di pandemia per me hanno rappresentato un momento di riflessione e introspezione; ho rivalutato l'essenza delle cose importanti, il rapporto con me stessa e con gli altri. Tutto quello che con la vita frenetica avevo perso. Mi ripropongo per il futuro di continuare ad impegnarmi nella mia arte e farla conoscere.
Anna De Rosa 29/07/2023 0
Stole, gioielli, borse: la creatività di Carmen Savino non ha limiti
Come si fa a possedere una borsa o un vestito senza tempo? Preziosa proprio perché unica nel suo genere? Si ricerca l’arte che si fonde con l’artigianato. L’arte fatta a mano da un’artista che, proprio perché lavora con le mani e la sua emotività, realizza ogni volta qualcosa di unico e irripetibile. È il caso di Carmen Savino, che dipinge su tessuti e su tele: sulla base della sua creatività, diventano foulard, stole, gioielli, scarpe, borse.
Dove sei nata? Dove vivi?
Sono nata a S. Michele di Serino, un piccolo paese nella verde Irpinia, a pochi chilometri da Avellino, ma sono cresciuta e ho studiato a Salerno, la mia amata città.
Che tipo di persona sei? Come è iniziato il tuo percorso artistico?
Sono una persona molto tranquilla, riservata, dotata di una buona dose di curiosità, ed è stata grazie a questa che ho imparato a fare le cose che faccio. Non ho trovato particolare fatica nel farle, credo sia la passione che mi aiuta a realizzare tutte le mie creazioni, unitamente alla fantasia e al forte desiderio di vederle realizzate. Le motivazioni che mi hanno spinta a dipingere sono innanzitutto una passione innata (non ho frequentato l'artistico, ho imparato da me) e il forte desiderio di vivere l'esperienza pittorica. Sulla tela mi sembrava ti poter dimenticare ansie e preoccupazioni.
La prima cosa è dare libero sfogo alla mia voglia di arte, intendo lasciare libera la mia immaginazione, trasformare le mie sensazioni di quel momento attraverso i colori e vederli poi nel disegno prima e nel dipinto dopo. È una sensazione bellissima, molto personale, e non è mai la stessa. Per libertà intendo: perché devo dipingere il cielo di blu o di azzurro? Per me "il mio cielo" può avere anche sfumature di verde o corallo.
Come nasce una tua opera?
Nasce nel momento in cui inizio a tracciare dei segni su un foglio bianco; poco per volta, danno vita ad una forma, che coi colori e le sfumature raggiungono la pienezza finale. Ma, prima ancora di tutto questo, c'è sempre il voler esprimere o trasmettere qualcosa. Come soggetto scelgo sempre qualcosa che mi emoziona.
Cos’è per te l’ispirazione?
Qualcosa che proviene sempre dall'esterno, per cui potrebbe essere di tutto: dall'ascoltare una musica all'ammirare una farfalla che si adagia su un fiore; osservare il mare, il cielo, oppure un volto. Una cosa che mi attrae molto è l'espressione di un volto e riuscire a riportarla nel dipinto.
I riferimenti artistici che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo?
L'artista che mi ha maggiormente influenzata è stata senza dubbio Frida Kahlo. Inoltre, un riferimento molto importante per me è un'eccellente artista calabra, Nunzia Colucci. Ci siamo conosciute sul web e devo dire che sono rimasta letteralmente rapita dalla sua arte. Nei suoi dipinti prevale una spiccata nota di sensualità, come ho notato in pochi altri dipinti. Ha una tale maestria nel dipingere, che rende le sue opere originali e uniche. Nunzia è stata l'artista che mi ha spinta a dipingere su tela, invitandomi a farlo con i colori ad olio (avevo sempre usato solo gli acrilici, per dipingere su seta e altre fibre vegetali). Lei mi sprona moltissimo e riesce a guidare la mia mano anche a distanza.
Artisti, galleristi, Istituzioni. Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Nel nostro Paese, così come nella città di Salerno, ci sono tantissimi artisti. Alcuni quotati nella giusta misura, altri meno. Le gallerie sono un'ottima vetrina, che non sempre ci si può permettere. Purtroppo dobbiamo dire che non si vive di arte, al massimo ci si nutre. L'arte non ha mai garantito guadagni e fama, eppure oggi l'illusione di avere a disposizione un network e un pubblico potenzialmente raggiungibile in tutto il mondo, grazie a Internet e alle tecnologie digitali, indurrebbe a credere che il processo di "monetizzazione" sia molto più semplice.
Progetti futuri?
Sto realizzando borse da passeggio, per serate ed occasioni, con tessuti particolari. Praticamente "borse gioiello" un po' vintage. Anche in questo con la giusta guida dell'artista Colucci, per la sua fantasia nel renderle uniche e particolari e per il disegno dei modelli.
Anna De Rosa 09/07/2023 0
Colori vivaci e volti femminili caratterizzano l'opera di Giulia Del Pizzo
Giulia Del Pizzo apprende dai maestri Sabetta la tecnica della pittura ad olio, poi continua da autodidatta utilizzando svariate tecniche, quali acrilico, acquarello, grafite, carboncino, matite colorate ed acquarellabili. Espone in diverse mostre collettive. Da due anni, insieme al Gruppo ARTISTE, ha organizzato, presso Palazzo Genovese a Salerno, una collettiva di minipersonali di pittura, ceramica e artigianato.
Dove sei nata? Dove vivi?
Sono nata e vivo a Salerno.
Quando e come è incominciato il tuo percorso artistico?
Nel 2009 ho incominciato a coltivare in modo concreto la passione del disegno e della pittura, frequentando per ben 5 anni “La Tavolozza”, il laboratorio di pittura della onlus del maestro Sabetta; passione che timidamente si era già insinuata in me quando, nel frequentare la scuola media, annessa all’Istituto d’Arte, ci facevano fare in alcune ore della settimana dei lavori di disegno e di argilla, che, cotti nel forno, davano vita a sculture bellissime.
Anche in famiglia, all’età di 11 anni, avevo continue frequentazioni con artisti tramite mio cognato, pittore professionista di scuola spagnola, Antonio Gammardella, nativo di Genova ma salernitano di adozione. Via via, nel corso degli anni, ho visitato assiduamente musei e gallerie d’arte.
Che tipo di persona sei? Cosa ti caratterizza nell'arte?
Se mi dovessi descrivere, posso dire di essere una persona molto fantasiosa e generosa. Però come do, tolgo, quando non ho più stima di qualcuno, ma senza rancore. Sono sempre in cerca di cose nuove, mai ripetitive, perchè prima o poi mi annoierebbero.
Dal punto di vista artistico, non saprei descrivermi, penso comunque di comunicare qualcosa di bello attraverso la mia pittura figurativa e anche contemporanea, che si distingue per l’uso di colori molto vivaci e gradevoli. I soggetti che mi attirano di piu sono i volti femminili, ma anche la natura e i paesaggi, la mia difficoltà è la gradazione dei colori nella ruota cromatica.
Come nasce una tua opera?
Nasce dal disegno, a cui poi do vita e forma con i colori acrilici o ad olio e anche la fusaggine.
Cos’e per te l’ispirazione?
E’ quel momento particolare, quel desiderio che viene all’improvviso, guardando un tramonto, una foto o anche notando, durante una passeggiata per strada, qualcosa di particolare, di voler imprimente sulla tela ciò che ha colpito gli occhi e il cuore.
Cosa cerchi di comunicare attraverso le tue opere?
Bellezza, gioia, sentimenti.
Come scegli il soggetto di un tuo lavoro?
Pensando a ciò che mi emoziona di più in un determinato momento della vita, per immortalarlo sulla tela.
I riferimenti artistici che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo?
Mi è piaciuto da sempre lo stile di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. E anche la pittura dei novecento napoletano, ma anche pittori salernitani viventi come Athos Faccincani. Mi piace molto anche la POP ART.
Artisti, galleristi, istituzioni. Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?
Già nella scuola si dovrebbe dedicare uno spazio maggiore all’insegnamento dell’arte, ma soprattutto all’approccio pratico dei bimbi con i colori, seguendo anche la teoria della Montessori che diceva che l’arte aiuta a sviluppare nei bambini il senso del bello e la loro creatività. A Salerno penso che le istituzioni dovrebbero dare spazio agli artisti per farsi conoscere, ma a costo zero.
Come hai vissuto e cosa ti ha lasciato il periodo della pandemia?
Premettendo di aver avuto le stesse paure di tutti, la pandemia è stata per me un periodo di maggiore aggregazione familiare. E’ servito per rafforzare i vincoli della famiglia, il valore di aiutarsi gli uni con gli altri, inoltre mi ha fatto capire che per vivere bene bastano veramente poche cose.
Progetti futuri?
Migliorare artisticamente e fare tante mostre d’arte.