Umanità celata da un velo di malinconia, Vivian Cammarota espone a Baronissi

Ancora pochi giorni per poter visitare al FRaC la mostra della fotografra originaria di Giffoni

Annamaria Parlato 30/10/2023 0

Due settimane dall’inaugurazione, trenta opere esposte e ancora dodici giorni per poter visitare la mostra fotografica “Presenze” di Vivian Cammarota, fotografa, performer e coreografa nativa di Giffoni Valle Piana, la città nota per il Festival del Cinema dei Ragazzi.

Gli scatti allestiti alle pareti del Museo FRaC di Baronissi sono incredibili, rappresentano dieci anni di ricerca e maturità artistica di Vivian, sono “emozioni in cui è il cuore a dominare lo sguardo”, secondo il testo del depliant che accompagna la mostra (scritto da Carlo Pecoraro), sono “immagini/testimonianze di un’esperienza vissuta nella sua percezione emotiva che resta, come lo è per ogni esperienza creativa, inesprimibile”, come scrive Massimo Bignardi, curatore della mostra.

La mancanza di colore semplifica l'immagine, concentrandosi sull'essenza del soggetto, creando un senso di purezza e chiarezza. Le fotografie in bianco e nero spesso evocano un senso di atemporalità, poiché non sono legate a periodi specifici, sono un collegamento tra passato e presente, enfatizzano il contrasto tra le diverse parti dell'immagine, creando un impatto visivo più forte, evidenziando forme, linee e dettagli.

La scelta del bianco e nero da parte di Vivian ha reso le immagini più astratte, consentendo al pubblico di concentrarsi sui motivi, sulle forme, sulla composizione e sugli aspetti emotivi. È stata una scelta artistica versatile, che continua a essere ampiamente utilizzata nel mondo della fotografia per la sua capacità di trasmettere messaggi e sensazioni in modo unico, ma anche mistero e atmosfera, aprendosi all’interpretazione dell’osservatore.

Un aspetto notevole di questa mostra è la diversità delle immagini esposte. Si possono trovare paesaggi mozzafiato, ritratti coinvolgenti e scatti che catturano momenti fugaci della vita urbana o quotidiana. Questa varietà permette al pubblico di immergersi in una vasta gamma di esperienze visive, offrendo un'occasione per riflettere su quanto sia variegato il mondo che ci circonda. La composizione e l'estetica delle fotografie sono eccezionali. Ogni immagine è stata attentamente composta, con un occhio per i dettagli e una profonda comprensione della luce e della prospettiva. Questo ha portato a una serie di immagini che sono visivamente coinvolgenti e trasmettono emozioni e storie in modo potente.

Un altro elemento che spicca in questa esposizione è la capacità dell’artista di catturare momenti effimeri e trasformarli in opere d'arte durature. Le immagini possono raffigurare momenti di felicità, tristezza, sorpresa o contemplazione, e in tal modo permettono di riflettere sulla complessità delle emozioni umane e dell’esistenza. Ogni immagine cattura un frammento unico del nostro mondo e ci invita a riflettere su quanto sia meraviglioso e complesso. Ci sono immagini che rivelano la fragilità della vita, altre che esplorano la gioia e la connessione umana, mentre alcune sfidano i confini tra realtà e fantasia.

Questa capacità di raccontare storie attraverso le immagini è un'indicazione della profondità e della complessità dell'arte fotografica esposta. “Presenze” è un'esperienza visiva emozionante e ispiratrice, che merita di essere visitata da chiunque ami l'arte della fotografia. Al di là dell’osservazione e dell’analisi critica di ogni scatto, è stato significativo intervistare Cammarota per capire con maggiore dovizia di dettagli cosa abbia cercato di esprimere attraverso questa mostra e cosa abbia rappresentato per lei un evento così importante nella sua carriera di fotografa.

Mi puoi spiegare brevemente il percorso formativo che ti ha portato a sposare la fotografia?

Non ho studi prettamente fotografici, sono autodidatta, ma ho avuto modo di osservare e confrontarmi con diversi professionisti della fotografia. Tuttavia, credo che i percorsi formativi conseguiti si siano lietamente contaminati, canalizzandosi in un’unica forma espressiva che è appunto la fotografia. La Danza Classica è stato il mio primo grande amore e, dopo aver conseguito il diploma accademico con il passo di addio, mi sono dedicata alla formazione (anche con maestri internazionali) del Teatro fisico-performativo e del Teatro Danza.

Per molti anni il teatro è stata la mia professione ed ho realizzato anche diverse regie-coreografie. La danza e il teatro sicuramente hanno contribuito a sviluppare in me la cosiddetta “visione periferica”, cioè l’amplificazione dello sguardo: l’osservazione totale in scena è fondamentale per sincronizzarsi con i colleghi di scena, i tecnici audio-luci e il pubblico. Entrambe le discipline, inoltre, mi hanno insegnato ad avere una maggiore consapevolezza e padronanza dello spazio.

Per quanto concerne il percorso di studi, la scelta scolastica delle superiori (di cui mi sono poi pentita) si è rivolta ad un tecnico per geometri, però traendo le somme probabilmente gli studi tecnici hanno influito positivamente nella composizione tecnica della fotografia. Successivamente mi sono laureata al Davimus (Discipline delle arti visive della musica e dello spettacolo) con tesi in drammaturgia (sull’ultimo spettacolo di Julian Beck del Living Theatre, avendo collaborato per alcuni anni con attori storici della compagnia). Gli esami di Storia dell’Arte, con annesse ricerche personali con visite nei Musei, hanno sicuramente arricchito la mia visione e la mia sensibilità.

La tua personale si intitola "Presenze". Cosa sono e chi rappresentano?

Il Titolo “Presenze” è stato scelto dal Professore Massimo Bignardi, curatore della mostra, il quale con la sua prestigiosa esperienza e la sua sensibilità ha colto in pieno il mio sentire. Le “Presenze” per me rappresentano ciò ho sempre “ricercato” nella fotografia, in quanto non amo molto fotografare senza la presenza di figure umane, a meno che non siano luoghi dismessi in cui si percepisce che c’è stato un vissuto.

Credo, dunque, che le “presenze” per me rappresentino una continua ricerca di umanità celata da un velo di malinconia; infatti, ritraggo spesso figure raccolte in momenti di riflessione e di solitudine, forse la fotografia del fisarmonicista parigino che suona accanto alla scritta “alone” svela la narrazione dell’esposizione, come ha osservato Carlo Pecoraro. Le “presenze” però possono rappresentare tutto, nel senso che per ogni osservatore può cambiare il modo di percepire quelle “presenze”.

La scelta del bianco/nero?

Probabilmente esistono determinate foto che nascono, anche inconsciamente, già in bianco e nero senza che io decida, probabilmente perché per anni mi sono nutrita, quasi ossessivamente, di immagini fotografiche dei grandi maestri francesi della metà del novecento, come Bresson, Brassai, Erwitt, Doisneau, Man Ray. Il bianco e nero, inoltre, credo che evidenzi l’autenticità e la drammaticità della fotografia, oltre ad esaltarne il soggetto, in quanto non vi è la dispersione visiva dei colori e, dunque, l’emozione che si intende suscitare è sicuramente più immediata.

Quanto è stato importante per te esporre al FRaC?

Rappresenta una tappa molto importante nella mia vita, giunta in un momento in cui ne avevo veramente bisogno, per motivarmi e avere nuovi stimoli creativi. Essere presentata dal Professor Bignardi per me è stato praticamente un sogno che si è realizzato. E anche la presentazione del giornalista Pecoraro mi ha davvero commosso.

È dunque un’emozione indescrivibile presentare la mia prima mostra personale in un Museo prestigioso come il FRaC, anche se allo stesso tempo mi sento messa a nudo, come se mi fossi spogliata per mostrare al pubblico la mia vera essenza, compresa le fragilità, come se fossero tanti pezzi dell’anima e del cuore, senza filtri, cioè senza alcuna finzione o maschera che invece utilizzavo in teatro.

In che maniera l'ambiente esterno influenza il tuo lavoro?

La creatività ha continuamente bisogno di stimoli esterni, ma a volte gli stimoli non sono necessariamente viaggi si possono trovare anche interiormente, dipende da quel che si sta vivendo in quel momento, di solito le foto migliori le ho scattate in stati emotivi abbastanza positivi in cui vi era speranza e vitalità in me. Mentre nei periodi difficili ho vissuto un vero “blocco” con il mezzo fotografico.

Hai trovato ispirazione in città come Napoli, Parigi, Marsala; c'è anche la Costiera Amalfitana, quali sensazioni hai percepito?

Sono tra le città che amo di più, Parigi in primis, poi c’è tanta Venezia, come ci sono tante città toscane e poi Napoli, che amo tanto e in cui ho vissuto per alcuni anni. Marsala, la costiera amalfitana, aggiungo Procida, ma anche la stessa Salerno sono luoghi di mare molto poetici.

Tu sei anche coreografa e hai frequentato il teatro. Nei tuoi scatti si percepisce questo interscambio culturale tra i due ambiti...

Sì, tutto il percorso formativo è confluito nella fotografia. Tra le altre cose ho conseguito una specializzazione in training fisico avanzato e “presenza” scenica. I maestri di questa disciplina ci insegnavano a lavorare molto sulla “presenza”, facendoci concentrare sul respiro, il vuoto e il silenzio, per acquisire una piena consapevolezza del proprio corpo ed entrare in empatia con gli altri, perché se non ci si “libera” delle proprie ansie non si può ascoltare il proprio sentire e diventa difficile entrare in sintonia con gli altri. Il Teatro, inoltre, mi ha insegnato a “togliere”, cercare di eliminare tutte le sovrastrutture per ritrovare la vera essenza. Probabilmente è ciò che mi accade con la fotografia, prediligendo, infatti, pochi elementi.

A che progetto stai lavorando al momento e cosa dobbiamo aspettarci in futuro?

Sto lavorando a un progetto contro la violenza sulle donne, in modo, credo, molto originale, ma non posso aggiungere altro. Poi mi piacerebbe riprendere a viaggiare e avere altre occasioni espositive in altre città, quindi uscire di nuovo dalla provincia. Un sogno nel cassetto è quello di riuscire a fare qualche viaggio fotografico intercontinentale e vorrei farlo come un vero lavoro di reportage, magari per qualche agenzia importante, e dunque esser accompagnata da una troupe di professionisti.

Pensi che la fotografia possa aiutare a svelare certe cose o a preservarle dallo scorrere del tempo?

Sì, certo; credo che sia tra i mezzi più immediati della comunicazione che resta indelebile nel tempo, i video possono essere dimenticati, le immagini no.

I tuoi ritratti sono molto delicati, ovattati, non chiassosi, anche in contesti legati alle grandi metropoli. Hai voluto attutire le disuguaglianze o è una tua condizione interiore ed intimista?

Hai veramente colto in pieno. Per me la fotografia rappresenta un vero “rifugio per l’anima” dal caos in cui siamo catapultati, ma anche dal trambusto interiore, per questo la mia ricerca del silenzio, dell’essenziale e del sospeso nella fotografia. Credo sia senza dubbio una condizione interiore ed intimista, ma probabilmente inconsciamente la parola “disuguaglianza” per me non esiste, per cui sono ritratte sullo stesso piano un po’ tutte le condizioni umane, dalla mendicante alla borghesia, dagli scugnizzi agli artisti. E lo stesso vale per i luoghi, non c’è distinzione.

Ci sono fotografi o artisti che senti particolarmente vicini a te?

Non oso fare paragoni, sicuramente una fotografa che ho amato molto è stata Francesca Woodman e adoro l’arte metafisica di Giorgio De Chirico. In realtà ciò che sento molto vicino a me è la musica, nello specifico la musica jazz, come Bill Evans, Stan Getz, Chet Baker.

Concludendo, chi scrive si rivolgerebbe a Vivian, prima di salutarla, dicendo: “Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato”.

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Redazione Irno24 08/01/2024

Irno24 nell'intervista per TDS al nostro direttore Annamaria Parlato

Nella rubrica "Vetrina Online", presente nel palinsesto dell'emittente televisiva TeleDiocesi, l'intervista al nostro direttore Annamaria Parlato, a cura della giornalista Patrizia De Mascellis, sempre alla ricerca di nuovi spunti e storie da raccontare sul territorio salernitano.

La puntata "Arte, Cibo e Bellezza" mette in luce i progetti professionali della giornalista Parlato, partendo dalla storia dell'arte, passando per l'enogastronomia, sino ad arrivare alla direzione di Irno24.it. La puntata sarà trasmessa sul canale 87 del Digitale Terrestre stasera alle ore 21:00, in replica domani alle ore 15:00.

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Anna De Rosa 02/11/2022

La complessità armonica del mondo femminile nell'arte di Stefania Facenda

Quando si pensa ad un ci viene subito in mente un uomo con pennello e scalpello intento a realizzare un quadro o una scultura. Ma oggi è cambiata la prospettiva, perché nel mondo dell’arte le donne non sono state solo muse e modelle, sono state anche pittrici e scultrici.

Ed io incontro in maggioranza artiste, donne creative, attive e appassionate come Stefania Facenda. I suoi dipinti sono stati esposti in diverse mostre, sia personali che collettive; la maggior parte delle sue tele raffigurano donne. Il suo desiderio di creare opere continua con inalterato entusiasmo.

Dove sei nata? Dove vivi?

Sono nata a Eboli, vivo tra Battipaglia e Salerno. Sono docente di lettere alla scuola media.

Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?

Amo da sempre l'arte, in special modo la pittura e il disegno. Fin da piccola, ho espresso le mie emozioni e le mie idee con matite e pennelli.

Come nasce una tua opera?

In modo naturale e istintivo. L'ispirazione è qualcosa di intimo, interiore più che esteriore. Ciò che ci circonda può semplicemente aiutare ad estrapolare il nostro io profondo.

Cosa cerchi di comunicare attraverso le tue opere?

Le mie opere... sono io! I soggetti sono quasi sempre le donne, che ritengo essere un universo variegato e affascinante, dalle mille sfaccettature. Comunico il mondo femminile, i sogni, la grandezza, la complessità armonica che contraddistingue noi, creature uniche e spesso incomprese.

I riferimenti artistici che ti hanno maggiormente influenzato?

Amo tutti i periodi storici e l'arte ad essi correlata; ogni movimento artistico è oggetto della mia attenzione. Amo studiare e approfondire le opere di donne che si sono distinte nell'arte della pittura, alle quali è stato dato sempre poco spazio: da Artemisia Gentileschi a Tamara de Lempicka.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?

Conosco poco il mondo culturale del nostro paese. Ritengo che l'arte dovrebbe essere fruita spesso, dunque è necessario che i finanziamenti per iniziative e mostre debbano essere maggiori.

Usi i social per promuovere la tua arte?

Sì, ma da poco.

Progetti futuri? Come hai vissuto la pandemia?

Vorrei far sì che le mie opere vengano conosciute e, per tale motivo, farò in modo di partecipare ad eventi e iniziative volte a promuovere l'arte e la cultura in generale. La pandemia ha cambiato il mio modo di pensare e dirottato i miei interessi solo verso ciò che merita davvero la mia attenzione.

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Anna De Rosa 24/06/2023

I quadri di Enza Bonavita per celebrare la bellezza della natura

Enza Bonavita, artista lucana che vive a Salerno, partecipa con le sue opere a numerose collettive, frequenta l’associazione "La Tavolozza" insieme a vari artisti e artiste.

Dove sei nata? Dove vivi?

Sono nata a Latronico (PZ) ma vivo a Salerno.

Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?

Da bambina ho sempre disegnato, il primo lavoro mi è stato commissionato alle elementari, il compenso era una scatola di colori.

Parlaci un po' di te...

Mi ritengo una persona riservata, ho un carattere mite, quando posso mi piace aiutare gli altri, darmi da fare.

Come nasce una tua opera?

Può nascere da stimoli di un viaggio fatto, anche da un oggetto che mi piace, dall’osservare la natura.

Cos’è per te l’ispirazione?

Non saprei descriverla, forse la scintilla scatta nel momento in cui sono serena, tranquilla.

Cosa cerchi di comunicare attraverso le tue opere?

La gioia, la bellezza della natura, della creazione, voglio trasmettere serenità a coloro che guardano le mie opere.

Come scegli il soggetto di un tuo lavoro?

Osservo molto, ad esempio mi piacciono molto i cavalli.

I riferimenti artistici che ti hanno maggiormente influenzato?

Amo Leonardo Da Vinci, gli artisti del periodo impressionista con la loro ricerca della luce, mi intrigano anche i macchiaioli, ammiro Giovanni Fattori.

Cosa ti ha lasciato la pandemia?

Ho avuto paura, ma poi ha prevalso il coraggio che non pensavo di avere, ho continuato a lavorare. Il periodo mi ha lasciato una sensazione di tristezza per tutte le persone che sono morte, e la comunicazione ci ha molto confusi, io ho imparato ad apprezzare le piccole cose, come quello che non potevamo fare: abbracciarsi con i nostri cari.

Progetti futuri?

Viaggiare! E dipingere, realizzare nuove opere.

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