Fede calcistica e bias cognitivo in chiave Salernitana-Napoli

Nelle regioni frontali e sottocorticali del cervello c'è una correlazione tra i tifosi della stessa squadra

Francesca Guglielmetti 20/01/2023 0

Immaginate un sabato di gennaio. Immaginate di essere davanti allo schermo, comodamente spaparanzati in salotto o, meglio ancora, seduti allo stadio. Immaginate l'attesa febbrile che precede la visione della vostra squadra, che si prepara a scendere in campo, e poi la concitazione, la partecipazione con cui la seguite per tutto il match. Immaginate poi tutti i 90 minuti che, certamente, nonostante i pronostici, potete, appunto, solo immaginare, perché al di là dei desideri, delle aspettative, delle ipotesi, il risultato di Salernitana-Napoli, ad oggi, proprio non lo conosciamo.

Ora però lanciatevi in avanti perché, ve lo assicuro con scientifica certezza, quello che accadrà dopo é tutto molto codificato: a partire dal terzo fischio dell'arbitro (ma in realtà anche durante la partita stessa), "noi" ci racconteremo delle cose e "loro" se ne racconteranno delle altre. La giusta decisione arbitrale per gli uni sarà vissuta come uno scandalo dagli altri, un fallo conclamato per una parte diventerà un insignificante contatto per l'altra. Fino ad arrivare alla frase che, quando tifosi di squadre diverse commentano la partita, arriva puntuale e, spesso, rabbiosa: "ma tu che partita hai guardato???". Una partita diversa da quella dell'altro, sempre, nonostante le sincere dichiarazioni di estrema oggettivitá di giudizio.

È nota la battuta che individua lo psicologo come colui che allo stadio, mentre il pubblico guarda la partita, si incanta a guardare i tifosi. Non molti anni fa, questa tendenza tutta psicologica ha dato i suoi primi frutti. Ed infatti un manipolo di talentuosi e curiosi studiosi dell’Università di York, poco soddisfatti dell'osservazione, per così dire, informale dei tifosi, mappando e comparando attraverso la risonanza magnetica l’attività cerebrale dei sostenitori del Manchester United e del Chelsea, mentre guardavano la propria squadra sfidare l’altra, hanno scoperto che le regioni del cervello coinvolte con il meccanismo della visione mostravano un’attività simile, mentre le aree dedicate alle funzioni cognitive presentavano grandi differenze tra i due gruppi.

Ossia, a parità di informazioni sensoriali, l'interpretazione che ne deriva sará diversa a seconda della "fede calcistica" del soggetto. Tim Andrews, professore del Dipartimento di Psicologia dell’Università di York, spiega ancora meglio il fenomeno, evidenziando che, quando si compara l’attività cerebrale dei tifosi della stessa squadra e di quelli di squadre rivali, nelle regioni sensoriali del cervello l'attività è coerente per tutti i partecipanti; o, in altre parole, tutti vedono ed ascoltano la stessa partita.

Tuttavia, nelle regioni frontali e sottocorticali del cervello c’è una correlazione tra i tifosi della stessa squadra, ma differenze significative tra i due gruppi. Questo è ciò che permette a fan di squadre rivali di sviluppare una diversa interpretazione della stessa partita. Una delle regioni del cervello che mostrava le differenze più grandi tra i due gruppi era il nucleus accumbens, un’area fondamentale per il sistema di ricompensa.

I ricercatori hanno ipotizzato che tale ultimo aspetto sia alla base della formazione di un bias cognitivo, ossia di un costrutto, di una convinzione che si fonda su percezioni errate o deformate o, anche, su pregiudizi e ideologie. L'essere tifosi di una squadra stimola la formazione di un bias di gruppo che favorisce la tendenza a sopravvalutare le capacità della cerchia a cui si appartiene, considerandone il valore o i successi come il risultato delle qualità di chi ne fa parte, ed a sottovalutare chi è in un gruppo estraneo, attribuendo i successi a fattori esterni, slegati dalle possibili capacità di chi vi appartiene (la squadra x "ruba" oppure "ottiene favori arbitrali").

In definitiva, semplificando e, ahimè, banalizzando, si crea un "noi" solido, granitico e ben rappresentato, che per restare tale deve poter individuare un "altro da noi" a cui contrapporsi e nel quale identificare un nemico, una minaccia. Questo meccanismo, in realtà molto arcaico, era funzionale nelle prime fasi dello sviluppo dell'umanità a far sí che si formassero delle comunità in grado di offrire senso di appartenenza e protezione (sensazioni che ancora oggi i tifosi dichiarano di percepire).

Certo, lo studio lascia quesiti irrisolti (in quanto molto più moderni) e, soprattutto, non offre una soluzione a quanti, e pare siano un po', trattandosi di un derby tutto sommato di recentissima nascita, si trovano a dover decidere con quale "noi" doversi identificare. Ma questa è tutta un'altra storia. Nel frattempo, godiamoci lo spettacolo accettando che, come ognuno ha la "sua" squadra, ognuno vedrá la "sua" partita.

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Redazione Irno24 26/08/2022

E' allarme "sextortion", i consigli della Polizia Postale di Salerno

Negli ultimi mesi stanno vertiginosamente aumentando i casi di “sextortion” in danno di adolescenti attraverso i social network. Sono già oltre un centinaio le segnalazioni ricevute dalla Polizia Postale. Sono minori per lo più tra i 15 e i 17 anni e anche più piccoli. Si tratta di un fenomeno, di solito rivolto al mondo adulto, con un enorme potenziale di pericolosità, perché oggi colpisce vittime minorenni, tanto fragili quanto inesperte.

Sempre più spesso la curiosità sessuale dei ragazzi li trasporta in un incubo fatto di ricatti, richieste insistenti di denaro e minacce di distruggerne la reputazione, diffondendo sui social immagini sessuali ottenute tramite live chat. Tutto inizia con qualche chattata con profili social di ragazze e ragazzi gentili e avvenenti, apprezzamenti e like per le foto pubblicate.

Si passa poi alle video chat e le richieste si fanno man mano più spinte. Nei giorni seguenti, il martellamento online include la richiesta di somme di denaro anche esigue, con la minaccia che, in caso di mancato pagamento, il materiale sessuale verrà diffuso tra tutti i contatti, gli amici e i parenti.

Le vittime, intrappolate tra la vergogna e la paura che le immagini intime possano essere viste dai loro contatti, tendono a tenersi tutto per sè, a non confidarsi con nessuno, in particolare con i genitori. Per questo motivo il fenomeno è sottostimato, perché la denuncia impone ai ragazzi un disvelamento ai genitori, che a volte appare più doloroso delle minacce dell’estorsione.

I consigli della polizia postale

Mai cedere al ricatto pagando le somme richieste. Non smetteranno di chiedere denaro se si paga, ma anzi capiranno che hai disponibilità economica e si faranno più insistenti;

Non bisogna vergognarsi per aver condiviso immagini intime con sconosciuti. A quella età si è curiosi e inesperti, e spesso le persone che fanno queste cose sono criminali organizzati che conoscono le fragilità dei ragazzi;

Non cancellare i messaggi scambiati con gli estorsori, non chiudere i profili social su cui ai viene contattati, ma fare gli screenshot delle conversazioni e delle minacce e del profilo dell’estorsore;

Fare una segnalazione sul portale commissariatodips.it per chiedere aiuto, da soli è più difficile risolvere questo tipo di problemi;

Parlarne con i genitori o con un adulto di fiducia, che sapranno come essere di aiuto per gestire la situazione;

Chi ha più di 14 anni può sporgere una denuncia, anche in modo autonomo, in qualsiasi ufficio di Polizia.

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Francesca Guglielmetti 30/12/2023

Capodanno tempo di bilanci: il piano che avevamo e i desideri futuri

Natale è ormai alle spalle e già il Capodanno incalza. Ovviamente anche a Salerno. Le luci, lo struscio, i turisti, il concerto dei Pooh, con tutti gli “annessi e connessi”. Pare, in queste circostanze, sia fondamentale avere un piano: piano traffico, piano viabilità, piano trasporti, piano per l’accesso alla piazza, piano per defluire dalla piazza. Il “piano”, in senso lato, altro non è che un concentrarsi su come far funzionare al meglio le cose.

E dunque, prima di avere un piano, dovremmo mettere a fuoco cosa desideriamo. Capodanno è, soprattutto, tempo di bilanci personali. Quali erano i nostri desideri per il 2023? Il piano che avevamo progettato per raggiungere gli obiettivi che ci stavano a cuore ha funzionato? Se non ha funzionato, dove è stato l’errore? Ognuno in questo campo, ovviamente, pensa per sé, pianifica per sé. Smettere di fumare, dimagrire, fare sport, laurearsi, lasciare il lavoro o trovare lavoro, prendere un cane, cambiare casa: vi auguro di impegnarvi al meglio su ciò che desiderate e trarre gioia anche solo dall’impegno che avete profuso nel tentativo di migliorare la vostra vita.

Perché una cosa è certa: quando il piano funziona ne trae beneficio, con una sorta di effetto domino, non solo il diretto interessato, ma anche tutti coloro che gli gravitano attorno. Ecco, vi sembrerà un’esagerazione, ma se il vostro piano funziona, allora anche io che scrivo ho più possibilità di stare meglio. Vi auguro, allora, una buona fine ed un ottimo principio e vi lascio con il messaggio universale, caratterizzato da 18 princìpi che andavano oltre le filosofie, le religioni, le convenzioni, che il XIV Dalai Lama rivolse al mondo intero poco prima che iniziasse il nuovo millennio

1) Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio.

2) Quando perdi, non perdere la lezione.

3) Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.

4) Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.

5) Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.

6) Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.

7) Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.

8) Trascorri un po’ di tempo da solo ogni giorno.

9) Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.

10) Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.

11) Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.

12) Un’atmosfera amorevole nella tua casa dev’essere il fondamento della tua vita.

13) Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.

14) Condividi la tua conoscenza. È un modo di raggiungere l’immortalità.

15) Sii gentile con la Terra.

16) Almeno una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima.

17) Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l’uno dell’altro.

18) Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.

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Chiara Di Capua 28/11/2021

"Mio figlio vuole abbandonare la scuola", cosa c’è dietro la ribellione di un adolescente

Le riprese a singhiozzo della frequenza scolastica in presenza, alternate con la DAD o, talvolta, con la sospensione delle lezioni, sono una forte forma di demotivazione allo studio per la popolazione studentesca. Il Tavolo Interistituzionale della provincia di Salerno, dopo un censimento su oltre 300 istituti, ha fatto emergere un dato allarmante ma prevedibile: c’è un forte aumento dei casi di dispersione scolastica sul territorio salernitano e gli alunni più a rischio sono quelli con svantaggio sociale ed economico.

Sono sempre di più infatti le richieste di intervento che arrivano agli psicologi sul territorio da parte di genitori disperati e impauriti per la condizione culturale e sociale dei loro figli adolescenti. Certo, il “sintomo” visibile è la volontà di abbandonare gli studi o le frequenti assenze ingiustificate e spesso nascoste. Ma dietro questo sintomo, che pare che accomuni molti adolescenti salernitani, c’è l’individuo e la sua storia e quindi è fondamentale attenzionare eventuali episodi di bullismo, di evitamento delle situazioni sociali, di crollo dell’autostima, di attacchi di ansia o di panico.

Il peso delle aspettative

La problematica che viene più spesso riportata agli psicologi da parte dei ragazzi è il peso delle aspettative. Per capire di quali aspettative parlano i nostri ragazzi è necessario contestualizzare la loro condizione nel sistema scolastico italiano, fatto di interrogazioni talvolta programmate, programmi da rispettare entro la fine dell’anno (con la conseguente “corse agli armamenti” nei mesi finali per chiudere l’anno secondo il programma).

Ma come si fa a corrispondere alle aspettative dei professori, dei presidi, dei genitori in un periodo in cui il cambiamento è dietro l’angolo? Le aspettative generano ansia: proviamo ad immaginare di dover parlare di fronte ad un pubblico gremito, siamo ben consapevoli che il pubblico ha delle aspettative su di noi, che potrebbe giudicarci positivamente o negativamente, schernirci o applaudirci. Ecco, in molti adolescenti che dichiarano di voler lasciare la scuola i livelli di ansia e la sensibilità al giudizio altrui sono davvero molto alti. Spesso dietro quest’ansia c’è poca integrazione nel gruppo dei pari, professori molto severi o genitori troppo esigenti.

Il cambiamento destabilizza

Cambiare casa, lavoro o vita può essere fonte di forte stress per qualsiasi persona. Ora immaginiamo l’adolescente come un individuo che è in una fase di vita per definizione fatta di cambiamenti, di evoluzioni: sarà sicuramente spaventato e disorientato. Aggiungiamoci i repentini cambiamenti dovuti all’emergenza Covid-19 nelle modalità delle lezioni, delle interrogazioni, dei compiti in classe, della "performance”. Possiamo immaginare come la confusione possa aumentare.

Altro aspetto da tenere in considerazione è quello della socializzazione: i periodi di isolamento sociale hanno prodotto l’esito che i ragazzi non si rapportassero adeguatamente al gruppo dei pari. Il confronto con i pari è un passaggio fondamentale per un adolescente, gli permette di apprendere abilità sociali, di vedere riflesso negli altri cosa gli piace e cosa no, di affermarsi. Allora ci ritroviamo ragazzi che non credono in loro stessi, che pensano di non avere gli strumenti per stare con i compagni e di non poter essere al passo con il cambiamento.

Dove sono chiamati ad intervenire gli adulti?

Questa analisi ci serve per capire il fenomeno della dispersione, per comprendere perché alcuni ragazzi, quasi alla fine dei loro studi, propongono ai genitori di andare a lavorare, non a giustificare le loro scelte dettate dalla paura e dalla credenza di non essere abbastanza. Siamo risaliti all’origine delle loro insicurezze e la risoluzione potrebbe collocarsi proprio qui: nel potenziare l’autostima, la fiducia nelle proprie capacità e le abilità interpersonali.

Un'azione combinata tra sistema scolastico, genitori e figure di riferimento, con l’obiettivo di collaborare per il benessere del ragazzo lo farà certamente sentire più sicuro e fiducioso. Infatti se il giovane è circondato da persone che credono in lui, di riflesso lo farà anche lui stesso. È fondamentale mantenere regole in famiglia, non schierarsi per principio contro i docenti. È altrettanto importante per i professori declinare le aspettative ad hoc per ogni ragazzo, porre obiettivi realizzabili, stimolanti né troppo difficili da raggiungere, né estremamente semplici che potrebbero annoiarlo.

Infine, sarebbe opportuno dare al ragazzo uno spazio tutto suo dove poter essere sé stesso, esprimersi senza che venga giudicato e libero di dire la sua anche se si discosta dalla “norma”, ciò gli darebbe la possibilità di chiarirgli chi vuole essere, in una fase di vita in cui è fondamentale definire la propria identità. È certamente complicato per gli adulti riuscire a stare dietro ad un giovane adolescente nel pieno della sua definizione, non a caso Freud diceva “i mestieri più difficili in assoluto sono nell’ordine il genitore, l’insegnante e lo psicologo”, alla luce di ciò che ci siamo detti non faticheremo a capirne il perché, ma attraverso una potente sinergia delle figure di riferimento si può e si deve intervenire per assicurare ai nostri giovani un futuro degno di loro stessi.

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