I benefici dello yoga su mente e corpo, il 21 Giugno evento a Salerno
Nel Dicembre 2014 l'Onu accolse la richiesta di istituire una giornata internazionale
Francesca Guglielmetti 04/06/2022 0
Krishnamacharya, uno dei più influenti insegnanti di yoga del XX secolo, affermò che lo “yoga è il più grande dono dell'India al mondo”. Si tratta però di un dono che ha fatto fatica ad essere riconosciuto ed apprezzato, dal momento che solo nel 2014 l'Onu ha stabilito che il 21 giugno, proprio in concomitanza con il solstizio d'estate, venisse celebrata la Giornata Internazionale dello yoga.
"Yoga significa unità di mente e corpo; pensiero e azione; dominio di sé e autorealizzazione; armonia tra uomo e natura; un approccio olistico tra salute e benessere". Con queste parole, il Primo Ministro indiano, Shri Narendra Modi, ha sintetizzato le caratteristiche dello yoga nel suo discorso alla 69esima edizione dell’Assemblea delle Nazioni Unite, con il quale chiedeva, nel settembre del 2014, il riconoscimento ufficiale della Giornata Internazionale dello Yoga. Tre mesi più tardi, l’11 dicembre 2014, la sua richiesta fu accolta e fu istituito lo Yoga Day. Da quel momento, oltre 170 paesi del mondo, tra cui anche l'Italia, hanno promosso la risoluzione.
L'essenza dello yoga è racchiusa nella stessa parola che deriva dal sanscrito “yuj” (“giogo” o “unione”) ed infatti la pratica di tale disciplina mira a raggiungere proprio l'unione tra mente e corpo. Mentre i benefici sul corpo sono ormai da anni evidenti, e per così dire "certificati", è solo recentemente che la scienza si è soffermata ad analizzare gli effetti benefici dello yoga sulla mente. In particolare, è stato ormai acclarato che la pratica costante sia correlata all'aumento di volume dell'ippocampo, che è un'area del cervello coinvolta nell'elaborazione della memoria e che, fisiologicamente, è destinata a ridursi nel tempo, oltre ad essere colpita per prima dai processi degenerativi propri della demenza e dell'Alzheimer.
Sebbene la maggior parte degli studi sugli effetti dello yoga siano esplorativi e non conclusivi, la ricerca indica altri importanti cambiamenti cerebrali associati alla pratica regolare. In particolare, l'amigdala, una struttura cerebrale che contribuisce alla regolazione emotiva, così come altre zone del cervello, tende ad essere più grande o più efficiente in coloro che praticano regolarmente yoga. Gli studi che si sono concentrati sulle ricadute funzionali dello yoga hanno permesso poi di osservare che la pratica è associata a migliori prestazioni nei test cognitivi o in quelle che sono definite "misure di regolazione emotiva".
In estrema sintesi, lo yoga aiuta le persone a gestire lo stress, a migliorare le prestazioni in compiti che richiedono di effettuare delle scelte, a prendere delle decisioni o effettuare dei cambiamenti di attività ed attenzione. Anche quest'anno, grazie all'impegno ed alla determinazione della dott.ssa Rita Cariello, dell'Associazione Devayoga, sarà possibile avvicinarsi a questa pratica millenaria e celebrare lo Yoga Day a partire dalle ore 19 (del 21 giugno ovviamente) presso il Parco dell'Irno di Salerno.
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Chiara Di Capua 20/01/2022
La gestione dello shock dopo aver subito una truffa o un furto
Dai carabinieri di Salerno e provincia arriva l’ennesimo avviso che mette in guardia non solo gli anziani, ma tutti i possessori di conti bancari: attenzione alle truffe telefoniche e via sms. In questi mesi si sta assistendo ad un aumento vertiginoso di denunce per truffe telefoniche, studiate alla perfezione per rendere credibile la richiesta d’accesso al conto bancario.
Ormai questa nuova frontiera del furto può essere inserita nella lista di eventi shockanti e traumatici che potrebbero interferire con il benessere psicologico, se non affrontati adeguatamente. A seguito di una truffa o un furto, la reazione più normale è quella di provare un mix di emozioni contrastanti verso se stessi, verso gli altri, verso le autorità preposte per la giustizia, ma provando a mettere ordine vedremo che è tutto normale ciò che si prova.
È molto importante ricordare che ogni persona reagisce agli eventi stressanti in modo diverso, quindi non c’è un modo giusto o sbagliato di reagire. La reazione ad un evento inaspettato e negativo dipende dalla personalità dell’individuo, dalla rete sociale su cui si appoggia e dalla resilienza. Vediamole una per una.
Personalità individuale: la personalità è un’organizzazione di modi di essere e di reagire nelle varie situazioni di vita ed è costituita dal temperamento (di base biologica) e dal carattere (di base ambientale). Per esempio, una persona dal carattere amichevole reagirà in modo sicuramente diverso da una persona dal carattere ostile.
Rete sociale: è l’insieme delle persone che interagiscono con l’individuo. Chi ha una scarsa rete sociale si sente meno stabile e meno supportato dall’ambiente circostante, più solo, soprattutto in momenti di difficoltà.
Resilienza: è la capacità di reagire e superare un evento traumatico o un momento difficile con le sole proprie risorse interne e di riorganizzare positivamente gli eventi.
Le fasi emotive dopo aver subito un evento negativo sono cinque, ma non è necessario che si verifichino tutte o in un ordine preciso, infatti la rielaborazione di un evento negativo richiede spesso il passaggio ripetuto su più fasi.
Shock emotivo: questa fase è caratterizzata da una forte confusione e disorganizzazione mentale e può durare fino a 72 ore dopo l’evento. Compare una sensazione di incredulità e irrealtà. Si cerca di ripercorrere l’evento mentalmente con il tentativo di dargli un senso. Le emozioni che si provano sono tristezza, rabbia, paura alternate in modo confuso.
Rifiuto: è una sorta di negazione delle proprie emozioni e le proprie preoccupazioni. Si evita di parlare dell’argomento e ci si dimostra forti all’esterno o come se non fosse successo nulla. Qui prevale una forte emozione di vergogna. Questo comportamento, se protratto, prolunga gli effetti negativi del trauma.
Tristezza: dopo aver accettato l’evento negativo, è probabile provare un forte senso di tristezza. È sconvolgente sentirsi truffati, la tristezza fa emergere il senso di perdita.
Rabbia: in questa fase è normale voler incolpare qualcuno per il danno subito, quindi ci si attiva con denunce e prevale il senso di giustizia. Qui potrebbe avvenire un passaggio delicato che non permette una sana elaborazione, cioè se la rabbia diventa negativa e connotata solo di sfumature di vendette. Ricordiamo che la rabbia non cambia il passato, non elimina ciò che ci è stato fatto, ma la si deve sfruttare positivamente per il futuro.
Paura: è l’ultima fase, quella in cui l’attivazione emotiva per il torto subito cala e in cui si prova a tornare alla vita di tutti i giorni. La fase della paura è normalmente la più difficile. Non è continua, compare spesso in situazioni che rimandano all’evento negativo o quando si è da soli. In questa fase restano i residui di vissuti di incapacità e vulnerabilità. Se sei stato vittima di una truffa o un furto, la prima cosa da fare è quella di chiedere sostegno: abbiamo già sottolineato l’importanza della rete sociale.
Il sostegno può essere trovato in modi diversi, chiedendo consigli alle forze dell’ordine, chiamando amici, familiari, vicini da casa o, nel caso in cui i sintomi siano troppo forti, uno psicologo. Non avere paura di chiedere aiuto ad altri per ricevere supporto emotivo e rassicurazioni. È altrettanto importante dare spazio alle emozioni: l’errore che commettono più spesso i familiari o gli amici è quello di minimizzare l’evento con frasi come “l'unica cosa che conta è che stai bene” o “sei stato fortunato, non ti hanno prosciugato il conto” o “dai, non è successo niente”.
Se si è vittima di un’esperienza scioccante si ha diritto di provare ed esprimere sentimenti negativi. Bisogna inoltre trovare i modi più pratici per reagire alla paura: attenzione a non subire passivamente l’evento, piuttosto attivati per sentirti più al sicuro in futuro, anche attraverso azioni pratiche. Infine è fondamentale mantenere la propria routine: cerca di tornare alla tua routine non appena possibile. Non perdere le tue abitudini e affronta le situazioni che ti creano paura, ricorda che più eviti le situazioni che temi, più la paura aumenta.
Francesca Guglielmetti 20/01/2023
Fede calcistica e bias cognitivo in chiave Salernitana-Napoli
Immaginate un sabato di gennaio. Immaginate di essere davanti allo schermo, comodamente spaparanzati in salotto o, meglio ancora, seduti allo stadio. Immaginate l'attesa febbrile che precede la visione della vostra squadra, che si prepara a scendere in campo, e poi la concitazione, la partecipazione con cui la seguite per tutto il match. Immaginate poi tutti i 90 minuti che, certamente, nonostante i pronostici, potete, appunto, solo immaginare, perché al di là dei desideri, delle aspettative, delle ipotesi, il risultato di Salernitana-Napoli, ad oggi, proprio non lo conosciamo.
Ora però lanciatevi in avanti perché, ve lo assicuro con scientifica certezza, quello che accadrà dopo é tutto molto codificato: a partire dal terzo fischio dell'arbitro (ma in realtà anche durante la partita stessa), "noi" ci racconteremo delle cose e "loro" se ne racconteranno delle altre. La giusta decisione arbitrale per gli uni sarà vissuta come uno scandalo dagli altri, un fallo conclamato per una parte diventerà un insignificante contatto per l'altra. Fino ad arrivare alla frase che, quando tifosi di squadre diverse commentano la partita, arriva puntuale e, spesso, rabbiosa: "ma tu che partita hai guardato???". Una partita diversa da quella dell'altro, sempre, nonostante le sincere dichiarazioni di estrema oggettivitá di giudizio.
È nota la battuta che individua lo psicologo come colui che allo stadio, mentre il pubblico guarda la partita, si incanta a guardare i tifosi. Non molti anni fa, questa tendenza tutta psicologica ha dato i suoi primi frutti. Ed infatti un manipolo di talentuosi e curiosi studiosi dell’Università di York, poco soddisfatti dell'osservazione, per così dire, informale dei tifosi, mappando e comparando attraverso la risonanza magnetica l’attività cerebrale dei sostenitori del Manchester United e del Chelsea, mentre guardavano la propria squadra sfidare l’altra, hanno scoperto che le regioni del cervello coinvolte con il meccanismo della visione mostravano un’attività simile, mentre le aree dedicate alle funzioni cognitive presentavano grandi differenze tra i due gruppi.
Ossia, a parità di informazioni sensoriali, l'interpretazione che ne deriva sará diversa a seconda della "fede calcistica" del soggetto. Tim Andrews, professore del Dipartimento di Psicologia dell’Università di York, spiega ancora meglio il fenomeno, evidenziando che, quando si compara l’attività cerebrale dei tifosi della stessa squadra e di quelli di squadre rivali, nelle regioni sensoriali del cervello l'attività è coerente per tutti i partecipanti; o, in altre parole, tutti vedono ed ascoltano la stessa partita.
Tuttavia, nelle regioni frontali e sottocorticali del cervello c’è una correlazione tra i tifosi della stessa squadra, ma differenze significative tra i due gruppi. Questo è ciò che permette a fan di squadre rivali di sviluppare una diversa interpretazione della stessa partita. Una delle regioni del cervello che mostrava le differenze più grandi tra i due gruppi era il nucleus accumbens, un’area fondamentale per il sistema di ricompensa.
I ricercatori hanno ipotizzato che tale ultimo aspetto sia alla base della formazione di un bias cognitivo, ossia di un costrutto, di una convinzione che si fonda su percezioni errate o deformate o, anche, su pregiudizi e ideologie. L'essere tifosi di una squadra stimola la formazione di un bias di gruppo che favorisce la tendenza a sopravvalutare le capacità della cerchia a cui si appartiene, considerandone il valore o i successi come il risultato delle qualità di chi ne fa parte, ed a sottovalutare chi è in un gruppo estraneo, attribuendo i successi a fattori esterni, slegati dalle possibili capacità di chi vi appartiene (la squadra x "ruba" oppure "ottiene favori arbitrali").
In definitiva, semplificando e, ahimè, banalizzando, si crea un "noi" solido, granitico e ben rappresentato, che per restare tale deve poter individuare un "altro da noi" a cui contrapporsi e nel quale identificare un nemico, una minaccia. Questo meccanismo, in realtà molto arcaico, era funzionale nelle prime fasi dello sviluppo dell'umanità a far sí che si formassero delle comunità in grado di offrire senso di appartenenza e protezione (sensazioni che ancora oggi i tifosi dichiarano di percepire).
Certo, lo studio lascia quesiti irrisolti (in quanto molto più moderni) e, soprattutto, non offre una soluzione a quanti, e pare siano un po', trattandosi di un derby tutto sommato di recentissima nascita, si trovano a dover decidere con quale "noi" doversi identificare. Ma questa è tutta un'altra storia. Nel frattempo, godiamoci lo spettacolo accettando che, come ognuno ha la "sua" squadra, ognuno vedrá la "sua" partita.
Francesca Guglielmetti 18/12/2022
Dalle luce non solo suggestione ma anche la cura di alcuni disturbi
Fiat lux! E luce sia. Anche quest’anno, dal 2 dicembre al 29 gennaio, Salerno, ogni giorno a partire dalle 17, vedrà illuminarsi strade, piazze e giardini con le installazioni artistiche che, anno dopo anno, stanno contribuendo a rendere la nostra città meta turistica. Certo, passeggiare per la città illuminata rappresenta un indiscutibile occasione di svago, ma anche un’occasione per potersi rilassare. La luce, nelle molteplici forme e negli sfavillanti colori che la città, angolo dopo angolo, presenta, offre suggestioni per i più grandi, meraviglia in chi è ancora bambino.
Lasciando ovviamente ad altri che meglio di me sapranno illustrare itinerari ed occasioni di svago, non posso fare a meno però, raccogliendo lo spunto offerto, di illustrarvi brevemente i meravigliosi effetti benefici della luce. Eh sì, la luce cura: attraverso la fototerapia è infatti possibile, utilizzando la luce solare o radiazioni luminose a diversa lunghezza d’onda (luce ad alta intensità, raggi UVA, raggi UVB a banda larga, raggi UVB a banda stretta), curare molteplici disturbi.
Gli effetti benefici della luce solare su diverse malattie dermatologiche sono infatti ormai noti ai più, mentre ancora, credo, resta non pienamente conosciuto ed apprezzato l’intervento della fototerapia su diversi disturbi psichici e, soprattutto, sulla Sindrome Affettiva Stagionale (SAD). La SAD si caratterizza per episodi depressivi gravi in corrispondenza dei cambiamenti stagionali, in particolare autunno-inverno, con diminuzione nel periodo estivo.
Già nel 1984, lo psichiatra e ricercatore Norman E. Rosenthal ipotizzò che la Sindrome fosse collegata soprattutto alla riduzione invernale della quantità di luce e ne identificò la terapia di prima scelta nella fototerapia. Da quel momento in poi, gli studi scientifici al riguardo sono stati costanti, tanto che nel 2005 l’American Journal of Psychiatry ha confermato che il trattamento con luce brillante (luce ad alta intensità) è efficace nei disturbi dell’umore a carattere stagionale e non.
Per comprendere come funziona la fototerapia, è necessario sapere che l’occhio rappresenta la parte più superficiale del nostro sistema nervoso centrale. La luce, colpendo la retina, stimola il nervo ottico, che trasmette gli stimoli a regioni del cervello come l’ipotalamo, che regola la produzione di serotonina (l’ormone del buonumore) e di cortisolo (l’ormone dello stress), e l’epifisi, che regola la produzione di melatonina, migliorando l’umore, l’alimentazione e il sonno.
Cortisolo, serotonina e melatonina risultano, infatti, alterati nelle persone che soffrono di episodi depressivi. Sebbene, dunque, passeggiare per le strade illuminate non può certo essere considerato alla stregua di una fototerapia (che essendo un intervento clinico ha delle sue caratteristiche ben precise e dei professionisti deputati ad utilizzarla), credo sia bene però sapere che in carenza di luce si rischia innanzitutto la depressione e che, dunque, anche una passeggiata per le strade illuminate, pur non essendo una vera e propria cura, può rappresentare, senza dubbio, una forma di attenzione verso noi stessi.