San Severino, sagra della polpetta di baccalà "spianese" dal 19 al 21 luglio

Apertura stand a partire dalle 20:00, accanto alle pietanze tipiche l'intrattenimento musicale

Redazione Irno24 16/07/2024 0

Dal 19 al 21 luglio, edizione 2024 della Sagra della polpetta di baccalà "spianese". Si terrà, come da denominazione ufficiale, alla frazione Spiano di Mercato San Severino. Ogni sera, apertura degli stand alle ore 20:00. Accanto alle delizie gastronomiche, legate soprattutto al baccalà, ed ai suoi abbinamenti, intrattenimento dal vivo con musiche folk e karaoke.

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Annamaria Parlato 26/07/2023

Salerno, ritualità religiose e gastronomiche collegate alla chiesa di Sant'Anna

La storia del culto di Sant'Anna, la madre di Maria e la nonna di Gesù Cristo, risale a diversi secoli fa ed è stata influenzata da tradizioni religiose, leggende e devozioni popolari. Le prime tracce del culto di Sant'Anna si trovano nel cristianesimo orientale, in particolare nella Chiesa ortodossa, dove Sant'Anna è stata venerata fin dai primi secoli del cristianesimo. Tuttavia, è nel Medioevo che il culto di Sant'Anna si diffuse ampiamente in tutto il mondo cristiano.

Il culto di Sant'Anna fu alimentato da scritti apocrifi e tradizioni popolari che narravano la sua storia come madre della Vergine Maria e nonna di Gesù. Questi testi non facevano parte del canone ufficiale della Bibbia, ma furono ampiamente letti e influenzarono la devozione a Sant'Anna. La venerazione di Sant'Anna crebbe ulteriormente grazie alla promozione di ordini religiosi e movimenti spirituali, che sottolineavano l'importanza della sua figura. Nell'arte e nell'iconografia, Sant'Anna fu spesso rappresentata con Maria e Gesù, simboleggiando la genealogia e il ruolo cruciale che aveva nella storia della salvezza.

La Chiesa cattolica ha svolto un ruolo significativo nella diffusione del culto di Sant'Anna. Nel 1584, Papa Gregorio XIII inserì la festa di Sant'Anna nel calendario liturgico romano, rafforzando ulteriormente la sua importanza nel culto cattolico. Con il passare del tempo, il culto di Sant'Anna si è diffuso in tutto il mondo cristiano, con la costruzione di chiese, santuari e luoghi di pellegrinaggio dedicati a lei. Le celebrazioni della festa di Sant'Anna, il 26 luglio, si sono sviluppate in diverse tradizioni locali, riflettendo l'influenza culturale e la diversità delle comunità che onorano questa Santa.

Oggi, Sant'Anna è ancora oggetto di devozione e venerazione in molte chiese cristiane. La sua figura è associata a diversi aspetti della vita, come la protezione delle donne in gravidanza, delle madri e delle nonne, e viene invocata per intercessione in diverse situazioni di vita. Secondo la tradizione cristiana, Sant'Anna era la madre della Vergine Maria e quindi la nonna di Gesù Cristo. Era sposata con un uomo di nome Gioacchino, e la coppia visse a Gerusalemme. Tuttavia, nonostante la loro profonda devozione, Sant'Anna e suo marito erano senza figli, cosa che all'epoca era considerata una disgrazia. Un giorno, entrambi ricevettero una visione divina: un angelo annunciò a Gioacchino che il suo desiderio di diventare padre sarebbe stato esaudito e, nello stesso periodo, Sant'Anna ebbe una visione simile in cui un angelo le annunciò che sarebbe rimasta incinta.

La coppia ricevette questa notizia come una benedizione divina e Sant'Anna rimase incinta. Lei e Gioacchino diedero alla luce una figlia, che chiamarono Maria. Ella sarebbe poi diventata nota come la Vergine Maria, la madre di Gesù Cristo. Sant'Anna giocò un ruolo importante nell'educazione e nell'insegnamento religioso di Maria, preparandola a svolgere il suo futuro ruolo come madre di Gesù. Secondo alcune tradizioni, Sant'Anna morì quando Maria era ancora giovane, ma la sua influenza e il suo esempio spirituale continuarono a essere un'ispirazione per sua figlia.

A Salerno è molto sentito dai fedeli il culto di questa Santa, tant’è che viene festeggiata e venerata nella Chiesa di Sant’Anna al Porto. La processione di Sant’Anna al Porto, che si svolge per le vie dei rioni Porto e Pioppi il 26 luglio, una volta arrivava fino alla stazione ferroviaria. Molti erano i fedeli che offrivano ceri e non mancavano le cènte a forma di barca che le donne portavano sulla testa, una tradizione ormai in disuso. La paranza, la squadra dei portatori della statua di Sant’Anna, era composta di pescatori ed operai del porto, comunque gente di mare.

Spesso, durante la processione, la strada veniva sbarrata da un tavolo coperto da un drappo o da un fine ricamo, sul quale si posava la statua per la benedizione e l’offerta di denaro. Al rientro in chiesa, nello spazio antistante, la paranza, tra lo scoppio di mortaretti e il suono della banda, faceva tre giri su se stessa e poi di corsa imboccava la porta della chiesa. La chiesa sorgeva dove un tempo vi fu il convento dei Carmelitani di Santa Teresa, che fu fondato sotto il titolo di Santa Maria di Porto Salvo, ad opera di Fra Nicolò Maria di San Giuseppe e dell'arcivescovo Alvarez, con “istrumento del 14 gennaio 1682 per notar Giuseppe Pinto di Salerno”. I successivi atti erano iniziati già nel 1678. Il suolo fu ceduto dal parroco di Santa Trofimena a Carmine De Angelis.

Il monastero sorgeva "extra moenia" nella parte occidentale, verso la marina in prossimità del porto. La chiesa deve ritenersi del XIII secolo. In essa era devotamente custodita un'icona della Vergine SS.ma di Porto Salvo, detta posteriormente Sant’Anna al Porto. La chiesa è a pianta ottagonale (ve ne sono altre simili a Salerno), con sette cappelle laterali, caratterizzata da un portale circondato da lesene con capitello dorico, che sorreggono un frontone che dà l'ingresso al vestibolo prospiciente l'interno dell'edificio.

Delle sette cappelle, quattro sono semicircolari e tre quadrate. Cinque sono dotate di altare con statue di Santa Caterina, del Redentore e della Vergine, un quadro della Madonna del Rosario e, sull'altare maggiore, un busto ligneo di Sant'Anna. Al di sopra delle cappelle sono posizionate le tele raffiguranti la storia di Sant'Anna, a firma del maestro Gaetano D'Agostino, autore anche degli affreschi degli Evangelisti posti negli spicchi della cupola. Sull'architrave di ingresso della sagrestia è posta la Madonna di Porto Salvo, opera di Luigi Montesano, risalente al 1841.

In questa particolare ricorrenza, collegata alla festa religiosa, vi è anche un altro singolare aneddoto che tutti ricordano come la “benedizione dell’uva di Sant’Anna”. La statua di Sant’Anna, infatti, reca tra le mani proprio alcuni grappoli di uva rossa e bianca. "L'uva di Sant'Anna" è un'espressione popolare italiana che si riferisce al periodo dell'anno in cui avviene la maturazione dell'uva. La festa di Sant'Anna è associata alla benedizione dell'uva e dei frutti della terra, con celebrazioni religiose e festeggiamenti che coinvolgono anche prodotti derivati dall'uva, come il vino. Questo momento dell'anno è importante per molti viticoltori e appassionati di vino, poiché l'uva è pronta per essere raccolta e utilizzata per la produzione di vino e altri prodotti correlati.

Le feste e le celebrazioni in onore di Sant'Anna spesso includono la partecipazione delle comunità locali e offrono l'opportunità di assaggiare e apprezzare l'uva fresca e i prodotti dell'enologia. A Sant’Anna si beve proprio il primo vino dell’estate e si degustano particolari piatti venduti per strada, come le pizze fritte, le lumache o "maruzzielli", i panini con le melanzane sott’olio, i dolci a base di uva, l’uva fragola e fresche fette di anguria.

Durante la benedizione dell'uva di Sant'Anna, le persone portano grappoli d'uva fresca e altri frutti della terra in chiesa, per essere benedetti dal sacerdote. Durante la cerimonia, vengono recitate preghiere specifiche e invocazioni per ringraziare Dio per il raccolto abbondante e chiedere la sua protezione sulla terra e sulle colture future. Questa tradizione è particolarmente diffusa nelle regioni vitivinicole dell'Italia, dove l'uva è una componente essenziale dell'economia e della cultura locale. La benedizione dell'uva di Sant'Anna è un modo per rendere omaggio alla generosità della terra e per chiedere la continuità della prosperità agricola.

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Annamaria Parlato 13/10/2023

Piace l'evento "Castagne al Borgo", Aterrana unisce gastronomia e natura

Enorme successo, domenica 8 ottobre, per “Castagne al Borgo” ad Aterrana di Montoro. Grande affluenza di pubblico e significativa presenza di numerosi bambini, che, con le proprie famiglie, hanno potuto godere della soleggiata gita tra i boschi montoresi, ideata per promuovere e valorizzare la castagna in tutta la sua essenza. La manifestazione è stata voluta ed organizzata dalla Pro Loco Città di Montoro, ma si è potuta realizzare grazie alla sinergia con l’Azienda Agricola Giaquinto, che ha aperto i propri castagneti ai visitatori, mettendo a disposizione anche i prodotti aziendali, e il CTG Gruppo Picentia di Salerno, che ha promosso l’iniziativa ai propri soci, invitandoli a partecipare.

Al mattino, dopo aver radunato i partecipanti, è stata servita una ricca colazione dinnanzi alla suggestiva chiesa di San Martino, a base di pane, olio e origano di montagna dell’Azienda Giaquinto, miele, nocciole, nocciomiele, (una crema spalmabile a base di nocciole e miele di acacia), e i famosi calzoncelli di castagne, preparati sul posto dagli aterranesi e decorati con i tipici confettini colorati e miele. Dopo la colazione c’è stata una visita veloce alla chiesa di Montevergine, la più importante di Aterrana, e di alcuni palazzi antichicon le loro cantine, aperti dai privati appositamente per l’iniziativa.

Zaini in spalla, tutti si sono diretti verso i castagneti, per conoscere le particolari caratteristiche dei marroni di Serino IGP e apprezzarne il sapore a tavola. Il Presidente della Pro Loco, Nicola Montone, ha dichiarato: “L’iniziativa rientra nell’ampio progetto Montoro&Sapori, finanziato dalla Regione Campania con risorse del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. A chi si trova da queste parti, Montoro trasmette quiete e tranquillità. Il ritmo della vita è lento e ogni stagione, ogni tempo, ha il suo fascino, la sua bellezza, il suo richiamo.

“Montoro Felix” si caratterizza sia per i luoghi sia per i frutti meravigliosi della terra, che si coniugano con le peculiarità enogastronomiche di eccellenza. Perciò è comprensibile il desiderio, oltre al naturale dovere della Pro Loco, di promuovere la conoscenza, la tutela, la valorizzazione, la conservazione delle realtà turistiche e naturalistiche del territorio di Montoro, affinché esso non scompaia nel nulla della globalizzazione imperante. La Pro Loco, con le sue iniziative, oltre ai percorsi turistici locali, propone una vetrina online volta a promuovere e valorizzare le tipicità montoresi, da quelle agricole alle bellezze storiche, artistiche, architettoniche, paesaggistiche e gastronomiche del territorio”.

Prima di procedere al pranzo, preparato dai cuochi locali, adulti e bambini hanno potuto approfondire con l’agonomo, Dott. Luigi De Vito, alcune peculiarità relative alle castagne e alla vegetazione spontanea, che cresce nei castagneti, apprezzando l’utilità di questi ultimi e l’influenza determinante nella vita dell’uomo dall’antichità sino ai giorni odierni. La Prof.ssa Antonia Alfano ha arricchito il momento con aneddoti sulle tradizioni popolari montoresi e sulla storia locale.

La Dott.ssa Annamaria Parlato, giornalista enogastronomica e vicepresidente del Gruppo Picentia, nonchè direttrice di Irno24, ha aggiunto: “La castagna, nota come cibo dei poveri, oggi è un alimento pregiato e prezioso, che deve essere tutelato e preservato. Collaborare e fare rete con la Pro Loco è stato stimolante per l'Associazione che rappresento. Come giornalista enogastronomica, inoltre, ho avuto l’opportunità di fornire il mio supporto per la realizzazione del menù, che ha visto la castagna protagonista, dall’antipasto al dolce, di questo splendido pranzo nella frescura dei castagneti e nella bellezza incontaminata della natura montorese. Occasione unica e indimenticabile”.

Il neonato caseificio "Nonno Virgilio" ha preparato in diretta primosale di latte vaccino e ovino e fior di ricotta caldo, da degustare nell’antipasto, spiegando le tecniche di lavorazione dei latticini della tradizione. Terminato il pranzo, i partecipanti si sono diretti presso l’Azienda Giaquinto, accolti dalle parole del giovanissimo Antonio Luce, titolare ed esperto apicoltore: “Il cuore dell’azienda è costituito dai nostri castagneti biologici, con castagni centenari immersi nel Parco Regionale Monti Picentini, da cui otteniamo i pregiati marroni di Serino IGP. Questi vengono gestiti con le più moderne tecniche, mettendo insieme tradizione e innovazione tecnologica.

Negli ultimi anni sono stati eseguiti importanti interventi che ci hanno consentito di recuperare e valorizzare numerosi castagneti in stato di abbandono. Con la formula ALL YOU CAN PICK, tutti hanno potuto raccogliere le castagne desiderate fino a riempire un sacchetto da 3,5 kg e questa esperienza la ripeteremo sino a fine ottobre. Questa iniziativa rende omaggio a tutta la passione che mettiamo ogni giorno nella cura della nostra azienda agricola e ci auguriamo che numerosi turisti possano ritornare nella nostra Montoro per assaggiare le nostre specialità enogastronomiche”.

Al termine della visita aziendale, presso il piccolo museo contadino "Papaciccio", nato dall’intuizione di Eugenio Gaetano Parrella, sono state distribuite ai presenti le caldarroste e la crostata di cioccolato e castagne. I ricordi del passato, il calore della gente, il buon cibo, la natura rigogliosa e fiorente hanno ricordato a tutti che la valorizzazione dei borghi passa soprattutto da iniziative come questa, emblema di comunità e territori che vogliono farcela, di turismo sostenibile, lento e di qualità, da contrapporre alla frenesia di quello globale senza senso.

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Annamaria Parlato 06/02/2024

Equilibrio costante tra intuito e riflessione, questo è "Suscettibile" a Salerno

Nella vita un pizzico di suscettibilità non guasta, così come a tavola o in un ristorante, a patto che la persona non si offenda ma recepisca il giudizio o commento in maniera positiva, reputandolo uno sprone a far meglio per arrivare a rasentare la perfezione. I fratelli Antonio ed Enrico Morinelli, con lo chef Mario Quarta, ne sono consapevoli, tant’è che dal 2020, subito dopo il lockdown imposto dalla nota pandemia, hanno formato una squadra perfetta nella gestione del loro ristorante "diversamente cilentano" a Salerno, Suscettibile.

I tre, coadiuvati in sala da Mario Sessa, forse un po' permalosi lo sono perché se gli si dice una cosa se la prendono, e se non gli viene detta se la prendendo ancora di più. Quindi, partendo da questa considerazione, andiamo ad elencare i punti di forza e debolezza dell’elegante locale in via dei Principati, a pochi metri da piazza Malta, il terzo dopo Pioppi ed Acciaroli segnalato dalla guida Michelin 2024.

La sala principale del ristorante è contornata da vetrate ed affaccia su di un ampio dehors con cortile, che d’estate si trasforma in un ombreggiato giardino mediterraneo, piacevole soprattutto quando l’asfalto cittadino diventa bollente. Inoltre, i commensali possono consumare i pasti con lo sguardo rivolto verso la cucina e lo staff, osservando proprio cosa accade tra i fornelli. La seconda sala, più piccola, è interna e presenta uno stile confortevole, abbellito da ceramiche colorate, sedute in velluto verde e tavoli in legno di rovere nodato, così come nell’altra. La cantina, che vanta circa 700 etichette nazionali e internazionali (prevalenza champagne), è a vista anche dall’esterno, collegata alla zona guardaroba e all’ampio banco reception.

La serata è iniziata con un'accoglienza calorosa, dove il personale, impeccabilmente formato, ha anticipato il desiderio di un'esperienza straordinaria. I vini sono stati consigliati in maniera egregia, ma sarebbe stato opportuno trovare la carta ad essi dedicata assieme al menù disposta sul tavolo, per avere una panoramica più ampia nella scelta. Il contatto umano con il personale è sempre gradito e quindi chi scrive ha accettato di buon grado il suggerimento, che è ricaduto sulla Cantina Bianco di Gioi Cilento e sul vino naturale Caos, un rosso che nasce dall’intreccio di dodici uvaggi differenti con buon corpo, tannini vigorosi ma morbidi sul finale e aromi di frutti rossi e prugne mature.

Per quanto riguarda i piatti, affidati alle mani esperte di Mario Quarta, che può sfoggiare un corposo curriculum costruito negli anni di esperienze all’Alma e nelle cucine internazionali, la scelta è ricaduta sulla degustazione à la carte, prevalentemente di terra e con qualche tocco marino. Ottima la soluzione di pani, tarallini al vino e grissini alle erbe, tutti autoprodotti, peccato invece per la mancanza di un assaggio di burro o extravergine in cui poter intingere la focaccia di patate e farro ed il pane semintegrale a lievito madre.

Il benvenuto dello chef ha convinto immediatamente, composto da due finger davvero interessanti: alicetta fritta in panko con ketchup homemade ai datterini gialli e mini quenelle di baccalà mantecato su polentina fritta e polvere di caffè. L’antipasto completamente vegetariano, il “Fungo non Fingo”, composto da un cardoncello, riduzione dello stesso fungo, crumble di timo, spuma di porro, prezzemolo bruciato, cerfoglio e levistico, ha sorpreso per la carnosità, tanto da assomigliare ad una bistecca, ma anche per la succulenza, il delizioso umami e i giochi di contrasti tra gli ingredienti, che lo hanno reso goloso e misterioso per i richiami a profumi e sfumature di terre lontane, intrise d’Oriente.

La portata principale, la pasta mista con patate locali, fonduta di provolone del Monaco DOP e tartufo nero della riserva naturale dei monti Eremita, con la sua crosticina croccante ha emozionato il palato e la mente, riportando nel piatto l’usanza tipicamente campana di riutilizzare la pasta avanzata il giorno prima (la ricetta di Mario Quarta ovviamente richiama il concetto ma la pasta è cotta, soffritta e condita al momento), che viene riscaldata e soffritta in olio, una modalità intelligente per non sprecare gli avanzi che diventano ancora più invitanti e appetitosi, pura poesia. Questo piatto è vivamente consigliato, vale davvero tutta la visita da Suscettibile, è una coccola, un abbraccio sincero, un inno alla resilienza e al vivere “lento” secondo i ritmi dettati dalla natura.

Il secondo, intitolato “Tonnetto incavolato”, un trancio di tenero tonnetto tombarello di Cetara, leggero fondo agli agrumi, cavolo nero e mandorle, ha stupito per gli impeccabili accostamenti tra sapori, ma ha soddisfatto meno in quanto lo chef avrebbe dovuto eliminare con maggiore attenzione la cosiddetta buzzonaglia, ossia quella parte scura del filetto che resta attaccata alla spina dorsale e alle vertebre di un pesce di grandi dimensioni, in genere utilizzata nell’industria conserviera ma non presentabile alla vista e al morso, nonché abbastanza sostenuta come sapore.

Il gusto forte di questa parte più sanguigna del filetto ha condizionato il boccone; chi ha assaggiato ha dovuto provvedere al suo scarto prima della degustazione. In ogni caso, tutto l’insieme, dato dal cavolo nero croccante, dalla riduzione di arancia e dalla crema di mandorle, ha reso la portata espressione autentica del territorio costiero: il mare d’inverno, freddo, austero, dalle tonalità metalliche che va però ad infrangersi su lidi avviluppanti e tranquilli, ricchi di vegetazione, quella tipica della macchia mediterranea.

Il dessert, composto da crumble di nocciole, pere cotte al limone, pere arrostite, spuma di ricotta di bufala, cannella e menta è stata una conclusione dolce e avvolgente, che ha chiuso il cerchio con maestria, richiamando l’usanza cilentana di inserire nello stesso piatto latticini e frutta come fine pasto, o anche come piatto unico, uniti ad altri cibi talvolta salati e a della frutta secca.

L'equilibrio tra dolcezza non stucchevole, frutta croccante, cremosità e complessità del piatto ha fatto di questo momento l'apoteosi di una cena particolare, suggestiva per poter scoprire il lato raffinato e soave della cucina territoriale in cui i tre suscettibili mettono cuore, coraggio, sacrificio e sudore. Loro ci rassicurano e dichiarano: “Siamo di questa terra e diamo tutto per lei”. Ora tocca a voi, però non siate troppo suscettibili, non mettetevi sulla difensiva ma lasciatevi andare perché dopo il dessert ci sono anche le “coccole finali”, fate di ogni boccone virtù, conoscenza e salute.

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