Baby-gang e violenza tra i giovanissimi, uno sguardo attraverso la "devianza"
La fase adolescenziale oggi si è dilatata e l’ingresso nell’età adulta è molto posticipato
Chiara Di Capua 16/02/2022 0
Non è di molto tempo fa la notizia dell’accusa per tentato omicidio per 10 minori che durante un sabato qualunque della movida salernitana hanno messo in pericolo se stessi e gli altri passanti sul lungomare di Salerno in seguito ad uno scontro tra baby-gang. Il fenomeno delle baby-gang è sempre più diffuso, un fenomeno sociale di cui sentiamo sempre più spesso parlare e rientra nella più ampia categoria delle devianze giovanili.
Con il termine “devianza” si intende un comportamento che si discosta dalle norme etiche, sociali e culturali di una società o di un gruppo di appartenenza: gruppi di ragazzini che taccheggiano, usano violenza fisica e verbale sui compagni, talvolta sugli insegnanti, commettono abusi sessuali, danno avvio a violenti risse. Ormai i notiziari pullulano di queste notizie.
Ma come mai negli ultimi anni c’è un exploit di devianza tra i giovanissimi? Partiamo dall’inizio. L’adolescenza, nel ciclo vitale di un individuo, è un momento di riorganizzazione e di svolta, è il periodo in cui si inizia a strutturare la personalità, si va alla ricerca di modelli da cui prendere spunto ed è in genere il periodo dello svincolo dalle figure genitoriali per esplorare il mondo fuori. La fase adolescenziale oggi si è dilatata e l’ingresso nell’età adulta è molto posticipato a causa delle condizioni esterne (economiche, sociali, culturali).
Ci sono certamente più libertà individuali rispetto alla passata generazione, molti stimoli che arrivano dai social, scale valoriali anche molto differenti tra loro da cui prendere spunto. Il giovane oggi che si affaccia nel mondo si trova una Babele di informazioni in cui è molto semplice perdersi. Di default, quindi, l’adolescenza non è caratterizzata da comportamenti devianti, ma lo può diventare in certe condizioni. Ad esempio, i bimbi cresciuti in contesti familiari problematici sono certamente più esposti alla possibilità di mettere in atto comportamenti devianti.
Le famiglie in cui ci sono conflitti, separazioni brusche, poco controllo genitoriale, abusi di vario tipo, sono quelle che espongono più facilmente il futuro adolescente a non aderire alle norme. Un fenomeno piuttosto preoccupante che è sintomo della “legalizzazione forzata dell’illegalità” è quello che spinge anche i giovani di famiglie equilibrate alla devianza: è un fenomeno degli ultimi tempi molto preoccupante, in cui giovani annoiati usano la violenza gratuitamente per evadere dalla noia.
Dove intervenire? La struttura familiare dovrebbe essere compatta, con ruoli genitoriali definiti e credibili; e regole, che magari vengono anche infrante ma in modo sano. Per mettere in pratica ciò, è importante che i genitori in primis sappiano cosa vuol dire una famiglia in cui c’è dialogo, comprensione e libera espressione di idee. Se da un lato c’è la famiglia, che nei tempi moderni sta sempre di più rinunciando al mandato educativo dei ragazzi, deresponsabilizzandosi, sull’altro versante compare l’altro luogo di vita del bambino/adolescente, che è la scuola. A scuola il ragazzo sperimenta sé stesso, si misura con l’altro, sviluppa una parte della sua identità.
La scuola dovrebbe rappresentare un altro luogo che in sinergia con la famiglia dovrebbe donare linee guida per una vita sociale adatta alla società. Spesso però non è possibile che ciò avvenga, ad aggravare la situazione ci sono sicuramente i 2 anni di didattica a distanza. Ciò che si può fare oggi nell’ambito scolastico è tanto: potenziare la rete assistenziale delle scuole, aumentare gli sportelli psicologici, incentivare progetti pomeridiani che diano al ragazzo la possibilità di impiegare costruttivamente il proprio tempo e dare sostegno e linee guida anche agli insegnanti.
Infine, allargando lo sguardo, il quotidiano dei nostri ragazzi è pieno di messaggi crudi, violenti, devianti che spesso confondono e annebbiano la capacità di interpretare adeguatamente la legalità. È risaputo che gli adolescenti di oggi tendono a percepire il comportamento che devia dalle norme giuridiche e sociali, meno grave rispetto al passato e la criminalità è diventata una trasgressione ludica. Questo fa riflettere sul vuoto etico che noi adulti stiamo creando. Un ragazzo con delle solide figure di riferimento alle spalle e una buona rete di sostegno riuscirà a distinguere facilmente la strada giusta per lui nonostante i messaggi violenti.
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Francesca Guglielmetti 18/12/2022
Dalle luce non solo suggestione ma anche la cura di alcuni disturbi
Fiat lux! E luce sia. Anche quest’anno, dal 2 dicembre al 29 gennaio, Salerno, ogni giorno a partire dalle 17, vedrà illuminarsi strade, piazze e giardini con le installazioni artistiche che, anno dopo anno, stanno contribuendo a rendere la nostra città meta turistica. Certo, passeggiare per la città illuminata rappresenta un indiscutibile occasione di svago, ma anche un’occasione per potersi rilassare. La luce, nelle molteplici forme e negli sfavillanti colori che la città, angolo dopo angolo, presenta, offre suggestioni per i più grandi, meraviglia in chi è ancora bambino.
Lasciando ovviamente ad altri che meglio di me sapranno illustrare itinerari ed occasioni di svago, non posso fare a meno però, raccogliendo lo spunto offerto, di illustrarvi brevemente i meravigliosi effetti benefici della luce. Eh sì, la luce cura: attraverso la fototerapia è infatti possibile, utilizzando la luce solare o radiazioni luminose a diversa lunghezza d’onda (luce ad alta intensità, raggi UVA, raggi UVB a banda larga, raggi UVB a banda stretta), curare molteplici disturbi.
Gli effetti benefici della luce solare su diverse malattie dermatologiche sono infatti ormai noti ai più, mentre ancora, credo, resta non pienamente conosciuto ed apprezzato l’intervento della fototerapia su diversi disturbi psichici e, soprattutto, sulla Sindrome Affettiva Stagionale (SAD). La SAD si caratterizza per episodi depressivi gravi in corrispondenza dei cambiamenti stagionali, in particolare autunno-inverno, con diminuzione nel periodo estivo.
Già nel 1984, lo psichiatra e ricercatore Norman E. Rosenthal ipotizzò che la Sindrome fosse collegata soprattutto alla riduzione invernale della quantità di luce e ne identificò la terapia di prima scelta nella fototerapia. Da quel momento in poi, gli studi scientifici al riguardo sono stati costanti, tanto che nel 2005 l’American Journal of Psychiatry ha confermato che il trattamento con luce brillante (luce ad alta intensità) è efficace nei disturbi dell’umore a carattere stagionale e non.
Per comprendere come funziona la fototerapia, è necessario sapere che l’occhio rappresenta la parte più superficiale del nostro sistema nervoso centrale. La luce, colpendo la retina, stimola il nervo ottico, che trasmette gli stimoli a regioni del cervello come l’ipotalamo, che regola la produzione di serotonina (l’ormone del buonumore) e di cortisolo (l’ormone dello stress), e l’epifisi, che regola la produzione di melatonina, migliorando l’umore, l’alimentazione e il sonno.
Cortisolo, serotonina e melatonina risultano, infatti, alterati nelle persone che soffrono di episodi depressivi. Sebbene, dunque, passeggiare per le strade illuminate non può certo essere considerato alla stregua di una fototerapia (che essendo un intervento clinico ha delle sue caratteristiche ben precise e dei professionisti deputati ad utilizzarla), credo sia bene però sapere che in carenza di luce si rischia innanzitutto la depressione e che, dunque, anche una passeggiata per le strade illuminate, pur non essendo una vera e propria cura, può rappresentare, senza dubbio, una forma di attenzione verso noi stessi.
Francesca Guglielmetti 06/08/2022
La "serendipità" che Salerno è in grado di offrire, da Pastena a Santa Teresa
Serendipity non è "serenità". E non è nemmeno il banale "colpo di fortuna". Serendipity è uno stato d'animo, una predisposizione dello spirito che ci può aiutare a vivere con maggiore pienezza. Il termine fu coniato da Horace Walpole, uno scrittore del XVIII secolo, per sintetizzare in una sola parola la predisposizione d’animo che riconobbe in sé mentre, analizzando un dipinto del Vasari, scoprì qualcosa di inaspettato.
In realtà, per stessa ammissione di Walpole, la parola deriva da una fiaba persiana intitolata "Tre prìncipi di Serendippo": da Serendib, il nome antico dello Sri Lanka. Serendipity si può tradurre più o meno così: "Non ti cercavo, non ti aspettavo, ma sono stato fortunato a incontrarti" o, meglio, seguendo il sito della Garzanti, è "lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che vedere con quanto ci si proponeva o si pensava di trovare".
Fu dunque la serendipity a permettere a Cristoforo Colombo di scoprire l’America mentre cercava di andare nelle Indie Orientali, e sempre di serendipity si trattava quando Fleming scoprì la penicillina o quando Nobel inventò la dinamite e via seguendo, fino ai nostri giorni; dal microonde al viagra bisogna sempre dire grazie a quanti sono riusciti a cogliere le opportunità offerte dalla serendipity. Ci si predispone alla serendipità quando, pur essendo attenti e vigili, procediamo senza uno scopo preciso (può sembrare un controsenso ma non lo è, c’è solo bisogno di allenamento).
Se riusciamo ad attivare questa particolare attitudine alla scoperta, il nostro cervello (come ha recentemente dimostrato una ricerca condotta presso l’Università di Roma) rimarrà "spiazzato" da ciò che vede e ciò consentirà all’informazione di rimanere impressa più a lungo nella corteccia visiva. Dall’amore alle scoperte scientifiche, dall’apprendimento alla gestione del lavoro, ogni campo può trovare giovamento dall’applicazione di questa particolare forma di pensiero creativo, sino ad arrivare alla "serendipity walk".
Così, temperature permettendo, se vi concedete il permesso, potreste trovarvi (che siate turisti o salernitani doc) a scoprire quanta serendipità Salerno è in grado di offrire. Se siete nel quartiere di Pastena, ad esempio, magari al tramonto, potreste trovarvi per caso (sono quasi certa che non esistono indicazioni per raggiungerlo) rapiti dalla bellezza del "Porticciolo": pescatori e reti, case direttamente sul mare e, con un solo colpo d’occhio, la costiera cilentana e quella amalfitana distese davanti a voi.
Se vi dirigete in centro città, allontanandovi giusto un pò dal bellissimo ma "scontato" Duomo, vi potreste imbattere nell’insolita e macabra bellezza del portale della chiesa dei "Morticelli" e trovare, sempre inaspettatamente, non un posto in cui pregare (la chiesa è stata sconsacrata ormai da anni) ma un ritrovo "laico" e trasversale. Serendipity è accettare che un luogo non è come ce lo aspettavamo o come siamo sempre stati abituati a vederlo.
Accade così che si faccia del calcio dove di solito si fa il bagno (Santa Teresa) o del teatro in una piazza piccola piccola, circondata da case nel bel mezzo del centro storico (largo dei Barbuti), o che i muri si trasformino in libri di poesie (quelle di Alfonso Gatto piacevolmente sparpagliate in tutto il centro storico). E allora in questo caldissimo mese d’agosto facciamo, complice Salerno, della serendipity la nostra bandiera e dell’Io Non Cerco Trovo (Picasso) il nostro motto.
Francesca Guglielmetti 21/09/2022
A San Matteo i salernitani rinnovano il voto di appartenenza alla comunità
Ci risiamo: 21 settembre, data in cui per tutti finisce l'estate ed inizia l’autunno, per tutti tranne che per chi abita a Salerno. Se sei salernitano, infatti, il 21 settembre significa solo una cosa: San Matteo, con tutto quell’insieme di sacro e profano che i festeggiamenti per il Santo Patrono comportano. Chi è addentro alla faccenda sa bene che la questione non si consuma assolutamente nelle poche ore del pomeriggio del 21 settembre.
Il cerimoniale religioso inizia in piena estate, il 21 agosto, con “l’alzata del panno” nell’atrio del Duomo, per poi proseguire con la reliquia del braccio di San Matteo che viene portata in visita in diversi e significativi luoghi della città. Ugualmente, anche la parte laica richiede una sua attenta e lunga preparazione, e quindi, anche se la musica in piazza, che pure tanto infervorava gli animi, già da qualche anno è solo un ricordo, sicuramente la lunga e laboriosa preparazione della milza resta una tradizione privata. ma ancora ampiamente seguita.
Non provate a cercare spiegazioni logiche e lineari in questo attaccamento della città al culto del Santo, semplicemente perché attaccamento non è la parola giusta. Credo che per poter definire in pienezza questa giornata si debba parlare di appartenenza. Il senso di appartenenza è qualcosa di molto potente, perché ci aiuta a definirci come individui e a sentirci al sicuro.
Inoltre, secondo Manuel Castells, noto sociologo, sperimentare il senso di appartenenza aiuta le persone anche a creare dei "codici” attraverso i quali comprendere la realtà, a fornire dei modelli di comportamento, di pensiero e di vita, creando dei sistemi di valore da seguire nel corso dell’esistenza. Il legame tra identità individuale e senso di appartenenza è stabile e fortissimo.
L'immagine che una persona ha di sé, dei rapporti con gli altri e con il proprio "Io" resta indecifrabile se non viene collegata al luogo in cui si vive (e a cui si appartiene), all’identità culturale e al patrimonio sociale. Attenzione però, anche se spesso viene considerata come scontata, l’appartenenza non è imposta, ma fa riferimento soprattutto a sentimenti come la volontà o l’affetto. Quindi ogni 21 settembre i salernitani, ognuno a suo modo (sia esso religioso o laico poco importa), trovano il modo di rinnovare, attraverso il Santo, il voto di appartenenza alla città ed alla comunità.