La salsa è qualcosa che si unisce a un cibo per migliorarne il sapore
Un complemento importante per molti piatti della cucina nostrana e straniera
Annamaria Parlato 30/08/2023 0
Disse una volta uno scrittore inglese che la salsa è “qualcosa che si unisce a un cibo per migliorarne il sapore”. Questa affermazione, che risale al 1700, oggi, per la nostra cucina, può essere valida solo in parte. Molte salse, infatti, servono per accompagnare carni o pesci o altri cibi, di per sè già saporiti. Il nome salsa deriva dal latino, femminile di salsus, ovvero salato.
Un complemento importante per molti piatti della cucina nostrana e straniera, le salse possono essere calde e fredde e, volendo classificarle a grandi linee, potrebbero essere suddivise in: salse calde, derivate dalla béchamel; salse legate con uova e farina; salse a base di maionese o di tuorli d’uova sode; salse di pomodoro. La béchamel, che può essere considerata la “madre di tutte le salse bianche”, pare sia stata creata dal Marchese di Béchamel, Maître d’Hotel del re Luigi XIV di Francia.
Parecchi però non sanno che la salsa ha origini antichissime: già nell'Antico Egitto e nella Mesopotamia, le persone utilizzavano salse soprattutto per preservare i cibi. Il bisogno di arricchirli con il saporito “complemento”, tuttavia, risale al tempo dei Romani. A quell’epoca, e anche successivamente, le salse avevano lo scopo di mascherare il sapore non del tutto gradevole di certe pietanze che, tenute in dispensa per lungo tempo, arrivavano quasi al punto di putrefazione.
I Romani allora scoprirono una salsa chiamata “garum”, a base di erbe profumate, sale, pesci e carne, quasi in decomposizione, che venivano spremuti e filtrati. Il liquido ricavato, poi conservato in appositi recipienti, aveva un sapore molto violento, che serviva appunto a coprire quello, assai più sgradevole, dei cibi non più freschi. Successivamente, nel periodo della Repubblica veneta e dei suoi commerci con l’Oriente, si diffusero in tutta Europa le spezie: fu allora che cominciarono ad apparire sulle mense dei ricchi il pepe, la cannella, la senape e i chiodi di garofano, che servirono a profumare certe salse, usate per cancellare dalle vivande le tracce di stantìo.
Le salse più famose, ancora oggi sovrane della moderna gastronomia, nacquero ai tempi dei Medici, dei Gonzaga, degli Este, quando i cuochi delle casate principesche facevano a gara per inventare piatti prelibati per i loro signori. Dall’Italia le salse emigrarono all’estero, ma senza troppo successo. L’unico paese che fece loro buona accoglienza fu la Francia. Anzi, furono i cuochi francesi a elaborarle e perfezionarle, per ottenere quelle che oggi costituiscono i veri pilastri della gastronomia internazionale.
Si narrano molte leggende sulla nascita di alcune salse. Per esempio, pare che la maionese prenda il nome da Mahon, porto delle Baleari, dove, nel 1756, durante l’occupazione francese, un soldato fu scoperto a mangiare con grande appetito il rancio che tutti gli altri criticavano. Interrogato dal suo superiore, il soldato rispose che insaporiva il cibo con un uovo sbattuto con un po’ d’olio e aceto. Quando la notizia si seppe in giro, qualcuno provò la specialità del soldato e la trovò effettivamente così gustosa che la ricetta ottenne subito un grande successo e fu battezzata “mahonnaise”. In seguito trasformata in “mayonnaise”, fu italianizzata, dal francese, chiamandola maionese.
In generale, l'origine delle salse è strettamente legata all'evoluzione della cucina, alla disponibilità di ingredienti e alle tradizioni culinarie di diverse culture. Le salse continuano a evolversi e ad impreziosire l’esperienza gastronomica. Specificatamente, sono utilizzate in cucina per diversi motivi, ognuno dei quali contribuisce a migliorare il gusto, la presentazione e la varietà delle pietanze e sono una delle principali fonti di sapore aggiunto ai piatti. Possono fornire profondità, complessità e contrasto al gusto dei cibi, rendendo le portate più gustose e interessanti, possono essere utilizzate per unire gli ingredienti di una ricetta, creando un legame armonioso tra i diversi componenti.
Ad esempio, una salsa può legare gli ingredienti di un'insalata o di un piatto di pasta. Alcune salse, come quelle cremose, possono contribuire a migliorare la consistenza delle pietanze, possono rendere più morbide le carni grigliate, far diventare più scioglievole una pasta o aggiungere una sensazione vellutata a un piatto. Inoltre, possono donare colore e vitalità. Una salsa colorata può fare la differenza visiva, rendendo il cibo più attraente e invitante.
Sicuramente rivestono un ruolo importante anche nella cucina italiana e sono spesso utilizzate per valorizzare i sapori, impinguare i cibi e aggiungere complessità alle preparazioni. La salsa al pomodoro è la base fondamentale per molte salse italiane e mediterranee. È preparata con pomodori, aglio, olio d'oliva e aromi come basilico o origano. Può essere utilizzata come sostegno per sughi più complessi o per condire la pasta in modo semplice.
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La versatilità del sambuco, il territorio salernitano ne è ricco in primavera
Il sambuco è una pianta largamente diffusa e molto versatile. Cresce praticamente ovunque: nelle siepi come nei terreni aridi, nei boschi come tra le macerie di un rudere abbandonato. La sua ampia utilizzazione ha fatto nascere varie credenze; un tempo nessuno avrebbe mai tagliato una pianta di sambuco, ritenendo che portasse male, mentre in ogni giardini ne veniva coltivata una, essendo una sicura protezione contro le streghe. Era per tradizione immune dai fulmini e si dice che con il suo legno sia stata preparata la croce di Gesù.
È una pianta comune in tutto il mediterraneo, già nota nell’antichità per gli usi medicinali, tra i quali la preparazione dell’Akté, descritto dal filosofo e naturalista greco Teofrasto. I Romani usarono le sue bacche come alimento e Apicio ne trasmise le ricette. Il sambuco è una pianta che preferisce terreni umidi e soleggiati. Cresce molto velocemente e si riproduce spontaneamente dal seme, fiorendo dopo tre anni; un altro sistema di propagazione è quello di servirsi di talee legnose, piantandole in autunno.
Il sambuco non è una pianta particolarmente decorativa; ne esiste tuttavia una varietà ornamentale dai fiori gialli e profumatissimi, chiamata “Aurea”. Se sfregate, le foglie del sambuco emanano un intenso aroma. Il periodo di raccolta dei fiori è in primavera e in estate, da aprile sino ad agosto; dovrebbero essere raccolti la vigilia del giorno di San Giovanni e lasciati all’aperto tutta la notte, perché il santo possa passare a benedirli. I frutti da metà estate a inizio autunno, il resto in qualunque periodo tranne le foglie, che si raccolgono da inizio a metà estate.
In cucina con i fiori si preparano thè e tisane; li si può anche aggiungere a budini, marmellate, gelatine, frittelle e torte di frutta. In cosmesi, invece, l’acqua di fiori di sambuco serve per ammorbidire la pelle, la schiarisce, elimina le lentiggini e la decongestiona. In medicina, radice, fusto, foglie, fiori, corteccia e bacche hanno proprietà emetiche; con il sambuco si curano la sciatica, i reumatismi e la cistite; con il thè, preparato aggiungendo fiori e menta piperita, si combattono raffreddori, tosse e catarro. Contro le nevralgie e le emicranie è efficacissima la conserva fatte con le bacche.
Ottime da fare in casa sono le frittelle di fiori di sambuco che possono essere consumate sia salate che dolci, in apertura o chiusura di un pranzo. Per prepararle occorrono 100 gr di farina di tipo 0, lievito di birra in cubetto, acqua, olio di arachidi, latte intero 70 ml, 15-20 fiori.
In una ciotola, inserire la farina setacciata. In un bicchiere, versare l’acqua tiepida, poi sciogliervi dentro il lievito di birra e infine aggiungere il latte, mescolando bene. Unire il composto liquido alla farina e girare delicatamente con una frusta, sino a quando non si saranno sciolti eventuali grumi. Poi, coprire la ciotola con un panno e lasciar riposare per 30 minuti a temperatura ambiente.
Immergere i fiori di sambuco nel composto ed eliminare la pastella in eccesso con le mani. Friggere per qualche minuto in abbondante olio di arachidi bollente. Cuocere su ambedue i lati. Una volta dorate, scolare le frittelle su un piatto rivestito di carta assorbente. Salare o zuccherare a piacere, e servire come antipasto o come dessert, in base alle preferenze.
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"Pizzium" scende al Sud ed apre sul Corso di Salerno
Pizzium, concept di pizzerie napoletane che conta attualmente 28 store, prosegue la sua espansione con l’apertura del primo punto vendita a Salerno, il primo assoluto nel Sud Italia. Dal 23 aprile, in Corso Vittorio Emanuele 211, la nuova pizzeria accoglie, con i suoi 87 coperti e un dehor di circa 40 posti, gli amanti della pizza all’interno del locale dallo stile partenopeo.
Le pizze e gli abbinamenti sono creati da Nanni Arbellini, maestro pizzaiolo napoletano di grande esperienza e socio fondatore, che propone un menù unico caratterizzato da sapori autentici, proponendo la pizza napoletana classica in abbinamento alle eccellenze gastronomiche italiane. La selezione si amplia con bruschette sfiziose, Panuozzum e dolci regionali che spaziano dal babà napoletano al cannolo siciliano. Inoltre, anche a Salerno sarà disponibile l’offerta di O’Shop, la selezione al dettaglio di prodotti regionali IGP e DOP: i clienti potranno fare una spesa veloce e di qualità in pizzeria.
Per i clienti che vorranno gustare la propria pizza comodamente a casa, sarà attivo il servizio delivery tramite l’app di Glovo o d’asporto anche online su ordina.pizzium.com. Infine, i clienti più appassionati potranno unirsi alla famiglia dei Pizzium Lovers e scaricare sul proprio smartphone la Pizzium Lovers Card, una carta fedeltà totalmente digitale con cui accumulare punti pizza e ricevere tante sorprese dedicate.