Dalla passerella ai fornelli: Paola Torrente e il suo "Nanou Lounge" a Salerno

La modella curvy lancia con il compagno Chester Babillon il primo ristorante italo-francese in città

Annamaria Parlato 28/04/2025 0

La bellezza non ha taglie, oggi non ha più confini neppure il gusto. Paola Torrente, modella curvy tra le più amate del panorama italiano, seconda classificata a Miss Italia 2016 e simbolo dell’accettazione del corpo e della diversità, ha deciso di portare la sua visione inclusiva anche nel mondo della ristorazione. Insieme al compagno Chester Babillon, chef di origini transalpine, ha inaugurato a Salerno "Nanou Lounge", il primo ristorante italo-francese della città che unisce la raffinatezza delle cucine di due Paesi e introduce anche una grande novità per il territorio: un angolo narguilè Shisha, per momenti di relax e socialità ispirati al Mediterraneo più ampio.

1) Paola, da Miss Italia alla ristorazione: come nasce l’idea di aprire Nanou Lounge?

"È stato tutto molto naturale. È una cosa che nasce da me e dal mio compagno Chester. Lui è chef, io sono appassionata di ristorazione, ci siamo resi conto che a Salerno mancava un posto che unisse due culture culinarie come quella italiana e quella francese. Inoltre, volevamo creare qualcosa di davvero inclusivo, anche nel modo di vivere il cibo e il tempo. Il nostro angolo narguilè, ad esempio, è un dettaglio che abbiamo voluto fortemente: è un momento di condivisione, di lentezza, qualcosa che stimola l’incontro tra persone diverse".

2) Com’è lavorare fianco a fianco con Chester? Quale ruolo ti sei ritagliata nel locale?

"Lavorare insieme è bellissimo, anche se ovviamente comporta una grande organizzazione. Chester è il cuore pulsante della cucina, io mi occupo di tutto il resto: dall'accoglienza alla comunicazione, alla gestione dei dettagli. Ognuno ha il suo ruolo, ma ci confrontiamo continuamente, perché condividiamo la stessa visione".

3) Cosa vi ha ispirati a fondere le due tradizioni culinarie? C’è un piatto simbolo che racconta questa unione?

"Salerno è sicuramente una città legata alla tradizione, ma l’ho sempre vista anche come una città molto aperta, con una forte cultura e predisposta al cambiamento. Abbiamo voluto fondere le due tradizioni per portare un po’ di freschezza, innovazione e gioventù in cucina. Un piatto che ci rappresenta molto è il Magret d’Anatra: tenera anatra scottata, servita con verza vivace, carote arrosto e una salsa infusa al prezzemolo. È una vera celebrazione della cucina fusion, molto ancorata al territorio".

4) Quanto conta oggi il concetto di inclusività anche nel mondo della ristorazione? Come lo esprimete da Nanou Lounge?

"Sicuramente da noi l’inclusività è all’ordine del giorno, già nel concept del locale stesso: una cucina italo-francese e non solo italiana. Anche nella scelta del personale, nei piatti e nell’accoglienza, cerchiamo di essere quanto più aperti possibile. Il menù stesso è pensato per accompagnare il cliente in ogni momento della giornata, dall’aperitivo alla cena, fino al dopo-cena con l’American Bar".

5) C’è un piatto che senti particolarmente tuo, che ti rappresenta?

"Più che un singolo piatto, sento mio il concetto di inclusività del menù: tutti i piatti sono stati scelti con cura e rappresentano il nostro modo di intendere la ristorazione come esperienza aperta, fluida, senza barriere".

6) Come ha reagito Salerno alla novità del narguilè Shisha?

"È stata accolta molto bene, soprattutto perché siamo gli unici ad averla. Ci viene a trovare chi ha già provato la Shisha altrove, ma anche tanti curiosi, soprattutto turisti e stranieri che ritrovano qui un po’ delle loro abitudini. È un’esperienza nuova per Salerno, siamo felici che stia funzionando".

7) Guardando al futuro: Nanou Lounge è solo l’inizio?

"Speriamo davvero di poter portare questo nostro concept innovativo anche altrove. L’entusiasmo c’è, le idee pure. Per ora ci concentriamo su Salerno, poi chissà..."

Con Nanou Lounge, Paola Torrente porta a Salerno un’idea nuova di ristorazione: inclusiva, aperta al mondo, pensata per tutti i sensi, un luogo in cui la bellezza si celebra a tavola, ogni giorno. Un messaggio potente accompagna il progetto: anche chi ha forme morbide, curve, corpi fuori dagli stereotipi può e deve sentirsi pienamente accolto, rispettato e libero di godere dei piaceri del cibo, avendo rispetto in ogni caso per la propria salute.

Perché la cucina non deve essere una gabbia di rinunce, ma uno spazio di libertà, gusto e affermazione. Anche un piatto con qualche caloria in più può raccontare una storia d’amore per se stessi e per la propria identità. E in questo, Paola ha trovato la ricetta perfetta.

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Tutto pronto per la Festa della Pizza a Salerno, presentazione il 7 luglio

La Festa della Pizza di Salerno compie 25 anni. L’evento, che negli anni è stato una grande kermesse itinerante, dopo 14 anni e uno spin-off a giugno scorso a Firenze, torna in città e, dal 12 al 16 luglio, invade Piazza Salerno Capitale (adiacente Grand Hotel).

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Redazione Irno24 20/01/2021

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Con l’emergenza Covid e la frenata del commercio internazionale sale il rischio di falsi Made in Italy sulle tavole straniere che hanno raggiunto l’astronomica cifra di 100 miliardi di euro, sottraendo risorse e opportunità di lavoro all’Italia. E' quanto stima la Coldiretti nell'esprimere apprezzamento per lo stop alla falsa mozzarella di bufala dop catalana.

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La tavola dell'Immacolata è ricca e golosa nel salernitano

Il ponte dell’Immacolata Concezione del 7 e 8 dicembre è una ricorrenza ricca di significati sia religiosi che gastronomici in tutta Italia. La devozione per l’Immacolata è antichissima, esisteva già in riti pagani successivamente cristianizzati. La festività fu inserita nel calendario della Chiesa universale da papa Alessandro VII con la bolla “Sollicitudo omnium ecclesiarum” del 1661. Il dogma cattolico fu proclamato da papa Pio IX nel dicembre del 1854 con la bolla “Ineffabilis Deus”, che sancì come la Vergine Maria sia stata immune dal peccato originale.

Ma al di là dell’importanza religiosa, il giorno della vigilia dell’Immacolata, precisamente il 7 dicembre, è un tripudio di usanze gastronomiche in diverse regioni italiane e in particolar modo al Sud. La tradizione prevedeva il digiuno, ma oggi pur preservando l’usanza di non mangiar carne, i cibi usati sulle tavole dell’Italia meridionale sono sicuramente “fast” ma sostanziosi.

In Campania ad esempio vi è l’usanza di mangiare la pizza di scarole, il baccalà fritto, le zeppole e gli immancabili roccocò; in Calabria ci si rimpinza di frittelle calde e dorate, le pittule, sia dolci che salate; in Sicilia si usa tantissimo pesce azzurro in tutte le salse e baccalà. In Puglia e in particolar modo nel Salento tra Lecce e Gallipoli, vi è la meravigliosa tradizione di preparare pucce, uliate e pizzi leccesi. Per quanto riguarda le pietanze campane, usate nel salernitano e nel napoletano, i roccocò hanno una lunga storia alle spalle.

Sono tradizionalmente duri, ma talvolta è possibile trovarne anche di morbidi e in ogni caso vanno intinti in un vino moscato, in un vermut, in uno spumante o in un passito. La loro caratteristica è la croccantezza e a tale scopo risulta fondamentale la modalità di cottura al forno. Vengono preparati con farina, zucchero, mandorle, canditi, cannella o pisto e sagomati a forma di ciambella schiacciata.

Le origini della ricetta dei roccocò risalgono al 1320 quando le monache del Real Convento della Maddalena di Napoli furono le prime a prepararli. Sarebbe invece il termine francese “rocaille” ad aver ispirato il suo nome, in ragione della sua forma tondeggiante simile, appunto, ad una conchiglia arrotondata e all’essere duri come una roccia.

Ma sulla tavola dell’Immacolata tra lustrini rossi e dorati e lucine che scaldano il cuore, è d’obbligo offrire ai commensali un bel vassoio di zeppole dorate, calde e profumate di zucchero e cannella o bollite, in dialetto “scaurate” e irrorate di miele e confettini diavolilli. Pochi sanno che a Salerno anticamente si usavano anche le crespelle, un dolce di pasta fritta e arrotolata farcito sulla sommità con scaglie di cioccolato, nocciole tritate, miele e cedro candito o zucchero vanigliato. Oggi queste delizie si consumano a Carnevale nei Picentini ma senza canditi.

Ma la regina incontrastata del menù dell’8 dicembre è la pizza di scarole, consumata anche la Vigilia di Natale, la cui origine è ancora incerta. I napoletani, prima del ‘700, prima cioè di passare alla storia come i “mangiamaccheroni”, erano conosciuti con l’appellativo di “mangiafoglie”. Le donne dei “vasci” (i bassi napoletani) friggevano, nella sugna, “pizzelle” con erbe dal retrogusto amarognolo o bieta. Da qui pare sia nata l’usanza di consumare pizza di scarole che a Salerno è tra i piatti più amati da ristoranti e pizzerie che l’hanno portata anche sulla pizza e nel calzone. Scarole saltate in padella, aglio, capperi, olive nere di Gaeta, acciughe salate, uvetta e pinoli.

Questa pizza nel tempo ha subito alcune modifiche, addirittura il Duca Ippolito Cavalcanti da Buonvicino ha lascito nel suo Trattato di cucina “Cucina Teorico-Pratica”, una ricetta della pizza di scarole con baccalà, una sorta di pasticcio che prevedeva la pasta frolal al posto della brisè come contenitore esterno: “farraje la pasta nfrolla... comm’a na pizza, trita tre grana di scarola fina fina, la faje suffreie co no musuriello d’uoglio, passi, pignoli, aulive, chiapparielle e alice salate... quanno la scarola s’è cotta nne miette meza tutta bella spasa…miezo nge miette no ruotolo e miezo de porpa de pesce scaudato e spinato e ‘ncoppa nge miette l’auta scarola, e ‘ncoppa a essa l’auta pettola de pasta, e farraje tuorno tuorno comme na pizza, lo farraje cocere a lu furno”.

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