"Estasi Pasticceria" è storia di dolcezza e passione a Salerno

Le novità natalizie di Ivano De Chiara e Irene Cavalieri, giovani talenti dell’arte dolciaria

Annamaria Parlato 17/12/2024 0

In Via Raffaele Mauri, a Salerno, il profumo invitante di lievitati appena sfornati e dolci irresistibili inebria i passanti, attirandoli verso un accogliente locale che è già diventato un punto di riferimento per gli amanti della pasticceria. Dietro il successo di "Estasi Pasticceria" si cela la storia di una giovane coppia, unita non solo nella vita ma anche nella passione per l'arte dolciaria.

Ivano De Chiara e Irene Cavalieri hanno iniziato il loro viaggio nel mondo della pasticceria con lo stesso sogno: trasformare la loro passione in una professione. Dopo essersi conosciuti durante un corso di pasticceria, in Piemonte, decidono di investire nel loro futuro frequentando corsi avanzati e arricchendo il loro percorso formativo tramite stage presso laboratori rinomati, dove hanno avuto l'opportunità di lavorare al fianco di maestri pasticcieri di fama internazionale.

Dopo aver completato la loro formazione, entrambi pensano di tornare a Salerno e scegliere la città natale di Ivano come luogo in cui aprire la loro prima pasticceria. L’entusiasmo della tenera coppia è contagioso, la loro dedizione è evidente in ogni dettaglio, dal packaging curato alla scelta di ingredienti di altissima qualità. Nonostante siano agli inizi, Ivano e Irene guardano già al futuro con ambizione: "Vorremmo ampliare il laboratorio - spiega Irene - e magari organizzare corsi per trasmettere la nostra passione ad altri giovani".

Per conoscere meglio le novità natalizie, e scoprire alcuni retroscena di questa avventura, abbiamo posto qualche domanda ad Ivano, che con fervore ci ha svelato alcuni dettagli.

Quale è stato il tuo percorso dagli inizi sino ad oggi?

Sono stato sin da bambino appassionato e abituato dalla mia famiglia ad assaggiare a tavola prodotti particolari. Sono cresciuto proprio con la smania di andare sempre alla ricerca del "buono" anche al ristorante. Da adolescente mi cimentavo nella preparazione di alcuni piatti, come la parmigiana. Non ho frequentato l’Alberghiero ma il Liceo Scientifico. Per iniziare a guadagnare i primi soldi, tra il 2013 e il 2014 ho lavorato assiduamente in diverse pizzerie di Salerno ma il richiamo forte l’ho avuto sempre per i dolci. In ogni caso, farine, impasti e lievitazioni in pizzeria mi hanno aiutato anche dopo, quindi è stato molto formativo questo periodo.

Nel 2015 mi trasferisco a Monaco di Baviera per iniziare il mio percorso di pasticciere e nel 2018 rientro in Italia carico di esperienze. Poi, a partire dal 2019, decido di iscrivermi all’Accademia Icook di Luca Montersino e Francesca Maggio, a Chieri vicino Torino. Là conseguo il diploma e conosco anche la mia dolce metà, Irene, nativa di Prato, attualmente anche la mia socia, e il 12 dicembre 2021, subito dopo il Covid, inauguriamo Estasi a Salerno accedendo al bando “Resto al Sud” e ai finanziamenti, tant’è che anche il Gambero Rosso in una delle sue pubblicazioni dedica uno spazio alla nostra storia.

Hai ottenuto da poco un riconoscimento importante: sei un Maestro APEI, ossia Ambasciatore Pasticcere dell'Eccellenza Italiana, l’associazione che raccoglie le migliori professionalità e le eccellenze più esclusive della pasticceria e del mondo del dolce, fondata e presieduta dal grandissimo Iginio Massari. Come mai la scelta è ricaduta sull’APEI e non sull’AMPI, l’Accademia Maestri Pasticcieri Italiani?

A livello di conoscenze, imprenditoria ed esperienze di vario genere, credo che al di sopra di Igino Massari non ci sia nessuno attualmente. Per questo la scelta è ricaduta sull’APEI, Iginio è un maestro ed un mentore, si è battuto anche a livello burocratico per far sì che in Italia venisse al più presto approvata la legge di tutela della figura professionale del pasticciere, che finalmente grazie a lui adesso ha il giusto riconoscimento nel mondo del lavoro. Iginio ha una cultura mostruosa, parla di marketing come un professore di Harvard, le conoscenze che ha sono infinite. In APEI poi ci sono svariati colleghi campioni del mondo, come Gino Fabbri.

In quale direzione sta andando la pasticceria contemporanea?

La direzione è molto chiara ed evidente, per crescere bisogna studiare, aggiornarsi, avere un locale che rispecchi il dolce che proponi e professionalità a 360 gradi. Per diventare un grande nome bisogna sempre approfondire e non fermarsi mai, investire in attrezzature e abolire il prodotto super dolce, l’uso di semilavorati, margarine e surrogati vari. Questi dolci finti, industriali e stucchevoli, spezzano il gusto, mentre bisogna arrivare ad un prodotto riconoscibile ad occhi chiusi, dove prevalga la materia prima d’eccellenza, togliendo zuccheri e conservanti.

Può quindi esistere un "dolce meno dolce"?

Inizialmente è stata una sfida, ma poi la clientela ha percepito la differenza e ha inteso la nostra filosofia. Infatti dicevano "i vostri dolci non hanno sapore", ma alla fine si sono ricreduti. Il messaggio che vogliamo inviare a tutti è anche quello di una pasticceria più salutare, non le "americanate" o quei reel un po' eccessivi dove si attenta alla salute di ognuno di noi, quella non è la vera pasticceria d’autore. A volte su questi video rendono protagonisti croissant che solo a vederli mi fanno venire i brividi, quella è spazzatura. Quel prodotto non avrà continuità.

La vetrina natalizia della Pasticceria Estasi 24-25

Dall’Immacolata all’Epifania abbiamo i grandi lievitati, sia dolci che salati, ma abbiamo anche tanta tradizione con gli struffoli, i torroni alle mandorle o pistacchio, i roccocò, i susamielli, i mostaccioli ripieni all’amarena, i calzoncelli fritti con olio extravergine di oliva con castagne e vera pera pericina (che recupero da una signora che vive nei Picentini), autentico candito di arancia e cioccolato fondente al 61% ed infine gli scauratielli dolci con il miele e quelli salati, che stiamo pensando di proporre per coloro che passeranno il 24 dicembre e il 31 da noi per un aperitivo, con una fonduta di parmigiano e forse qualche salume in abbinamento o una verdura saltata in padella.

Descrivi ai nostri lettori la vostra linea di panettoni

Quest’anno abbiamo i gusti fissi come il panettone milanese classico, o il Tre Cioccolati, un nostro must, con impasto al cioccolato e in sospensione gocce di cioccolato bianco e al latte e poi ricoperto di cioccolato fondente temperato. Tra le novità il PanAmarena, con amarene di eccellenza e gocce di cioccolato bianco, il Panettone al Pistacchio con impasto piuma (diamo la possibilità di averlo già farcito oppure di farcirlo a casa tramite una sac a poche ripiena di spalmabile), infine glassato al cioccolato bianco e copertura di granella di pistacchio.

Poi ho un altro gioiellino che è ovviamente il Pandoro, estremamente soffice, fioccoso, pieno zeppo di vaniglia e burro di altissima qualità. Ho impiegato otto anni per metterlo a punto. Infine, abbiamo creato due panettoni salati, l’Affumicato con zucca, speck e provola affumicata di Agerola e il Puttanesca con impasto al pomodoro, olive, capperi, un profumo di acciughe, prezzemolo, peperoncino. I clienti impazziscono per i salati, ideali per l’antipasto della tavola natalizia.

Possiamo suggerire una veloce ricetta con gli avanzi di panettoni e pandori da ripetere a casa?

Più che una ricetta è un ricordo d’infanzia, di casa mia, quando ci riunivamo tutti assieme ed i profumi si sentivano ovunque. Consiglio di riscaldare la fettina in padella con una noce di burro, facendola tostare da ambo i lati e poi sopra o un po' di marsala o Grand Marnier, liquori molto profumati, o una semplice crema inglese tiepida alla vaniglia o aromatizzata al rhum.

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Estasi non è solo un luogo dove acquistare dolci, ma un’esperienza che celebra il gusto, la tradizione e l’innovazione. Con il loro talento e il loro impegno, Ivano e Irene stanno riscrivendo la storia della pasticceria a Salerno. A Natale, magia nelle loro mani, biscotti dorati e panettoni regnano sovrani, cannella e cioccolato danzano insieme, in ogni morso, un mondo incantato.

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Annamaria Parlato 26/03/2024

Verde, bianco o violetto, l'asparago è il re delle verdure primaverili

L’asparago appartiene al genere di piante della famiglia delle Gigliacee, con specie sia commestibili che ornamentali. La specie commestibile è l’Asparagus officinalis, di cui sono utilizzati i turioni, ossia i giovani getti primaverili che derivano da tozzi rizomi; questi turioni, dal gradevole sapore dolciastro, se lasciati al loro naturale sviluppo, danno luogo a fusti eretti, rigidi, verdi, che raggiungono l’altezza di circa un metro.

L’asparago è stato coltivato, sin dall’antichità, nelle regioni temperate; esso è originario della Mesopotamia e da qui si diffuse dapprima in Grecia e nella Penisola Balcanica in generale, in Ucraina e quindi in altre regioni adatte all’asparagicoltura. Mentre non sembra che gli antichi Greci coltivassero gli asparagi, i Romani già dal 200 a.C. avevano dei manuali in cui minuziosamente se ne espone la coltivazione.

L'asparago fu citato da Teofrasto, Catone, Plinio e Apicio; in particolare, gli ultimi due ne descrissero accuratamente non solo il metodo di coltivazione, ma anche quello di preparazione. Agli imperatori romani gli asparagi piacevano così tanto, che, ad esempio, sembra che abbiano fatto costruire delle navi apposite per andarli a raccogliere, navi che avevano come denominazione proprio quella dell'asparago ("asparagus").

Considerati indispensabili per aumentare la potenza sessuale, viaggeranno nelle scorte dei viveri delle Legioni Romane, che ne diffusero la coltivazione in Spagna e poi da lì in Germania, Olanda e Polonia, per arrivare da ultimi in Francia, dove il Re Sole fece erigere un obelisco in onore del giardiniere che riuscì a produrne freschi per tutto l’anno. E sarà sempre un altro grande francese, Napoleone III, ad averne bisogno prima degli incontri amorosi da sostenere con donne avvenenti, tanto da arrivare a rimandarli o a rinunciarci se non si fossero reperiti grossi.

Dal XV secolo è iniziata la coltivazione in Francia, per poi, nel XVI secolo, giungere all'apice della popolarità anche in Inghilterra; solo successivamente, l'asparago fu introdotto in Nord America. Si riproduce in coltura, per mezzo delle cosiddette “zampe di asparagio”, ossia parti di rizomi ricchi di gemme; più di rado si propaga per semi. Gli asparagi sono ricchi di vitamine dei gruppi B, C ed A e di asparagina, sostanza ad azione diuretica.

Alla voce “erbaggi e legumi”, Pellegrino Artusi dice che questo erbaggio (l’Artusi parla di “sparagi”), prezioso non solo per le sue qualità diuretiche e digestive, ma anche per l’alto prezzo a cui si vende, lessato che sia si può preparare in diverse maniere, ma la più semplice è quella comune di condirli con olio finissimo e aceto o agro di limone. Era il 1891 quando Artusi consigliava nella sua prima edizione del celeberrimo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” questo modo di cuocere e mangiare gli “sparagi”, una ricetta ancor oggi da considerarsi il modo base per gustare questi ortaggi.

Il gusto dell'asparago evoca il sapore del carciofo; vi sono diverse varietà: l'asparago bianco, che germogliando interamente sotto terra (e quindi in assenza di luce) ha un sapore delicato; l’asparago violetto, dal sapore molto fruttato ma un tantino amarognolo, che è in realtà un asparago bianco che fuoriesce leggermente e che, vedendo la luce, riesce ad attuare la fotosintesi, acquistando un colore lilla abbastanza uniforme; l'asparago verde, che germoglia alla luce del sole, ha però un sapore marcato e il suo germoglio possiede un gusto dolciastro. È il solo asparago che non ha bisogno di essere pelato, in cucina si utilizzano germogli verdi o bianchi.

Per la preparazione, occorre tagliare le estremità legnose dell'asparago e togliere eventualmente la pelle bianca fino a 4 cm sotto il germoglio, o in più nel caso di asparagi vecchi o particolarmente grandi. I cuochi più esigenti prima della cottura li immergono in acqua e ghiaccio. Talvolta la pelle viene aggiunta all'acqua di cottura e rimossa solo alla fine poiché ciò, secondo alcuni, ne preserverebbe il gusto. Gli asparagi selvatici hanno un aspetto simile agli asparagi coltivati, ma tendono ad essere più sottili e meno uniformi nella forma. Le punte degli asparagi selvatici sono generalmente più piccole e appuntite rispetto a quelle degli asparagi coltivati. Possono variare di colore a seconda della varietà e della stagione, ma spesso presentano una tonalità verde scuro o verde brillante.

Alcune varietà possono avere sfumature di viola o rosso, come quelle tipiche del salernitano, e sono note per il loro sapore intenso e aromatico, spesso descritto come più robusto e terroso rispetto agli asparagi coltivati. Hanno un sapore leggermente amaro e una consistenza più croccante e fibrosa e possono essere lessati, grigliati, saltati in padella, arrostiti o consumati crudi in insalate. Il loro sapore intenso e aromatico li rende ideali per aggiungere un tocco di originalità e freschezza ai piatti o alle ricette tipiche del periodo pasquale, come torte rustiche o frittate da gustare durante il pic-nic del Lunedì in Albis.

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Redazione Irno24 09/11/2024

Concorso enogastronomico "Profumi e sapori della tradizione salernitana"

L’Associazione Cuochi Salernitani, con sede a Salerno in via Visco, ha indetto il concorso provinciale “Profumi e sapori della tradizione enogastronomica salernitana”. Sarà l’occasione per testare i livelli di formazione di 8 alunni di cucina e 8 di sala e vendita di altrettanti istituti alberghieri della provincia di Salerno. Il 12 novembre, a partire dalle ore 9:00, la manifestazione prenderà il via presso l’IIS IPSAR “Piranesi”, ex hotel Ambassador, località Santa Venere di Capaccio Paestum.

Gli 8 concorrenti di cucina avranno il compito di elaborare le ricette per 5 porzioni: una per l’esposizione e 4 per la degustazione e valutazione, a cura della giuria; essa sarà presieduta dallo chef Antonio Cristini, Pres. Ass. Cuochi Frosinone, e costituita dallo chef Giuseppe Carboni, operante in Svizzera, dalla d.ssa Annamaria Parlato, giornalista eno-gastronomica (direttore di Irno24), dal maestro sommelier A.I.S. Enzo di Donna e dal giudice di campo, il docente di cucina Massimo Di Poto. Gli 8 alunni di sala e vendita invece concorreranno per l’abbinamento del vino prescelto al piatto e per il servizio. Per entrambe le versioni è prevista la premiazione che sancirà il 3°, il 2° e il 1° classificato.

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Annamaria Parlato 26/03/2023

Rossa e attraente: la fragola salernitana e le sue varietà

La fragola è una pianta erbacea (Fragaria vesca) della famiglia delle Rosacee (Dicotiledoni). La si trova tanto spontanea nei boschi che coltivata; la sua pianticina, appressata al terreno, produce lunghi stoloni, per mezzo dei quali si moltiplica. Le foglie ternate, seghettate nella parte superiore, sono portate da un lungo picciolo: i fiori, bianchi, sono riuniti a tre o più su peduncoli eretti.

I frutti, le cosiddette fragole, carnosi e scarlatti, non sono veri frutti, ma solamente il ricettacolo fiorale ingrossato e succoso, su cui sono inseriti piccoli acheni, i veri frutti che volgarmente sono detti semi. Attualmente, sono moltissime le varietà coltivate; alcune a frutto piccolo, altre a frutto grosso. Le diverse varietà si distinguono fra di loro per il profumo, la succosità, la vigoria della pianta e la sua eventuale resistenza ai vari tipi di terreno.

Quasi essenzialmente coltivata a scopo ornamentale è invece la fragola d’India (Fragaria indica), che è robustissima e rapidamente forma un folto tappeto verde, cosparso di frutti di colore rosso vivo; in molte zone boscose questa è spontanea. Punto di forza dell’agricoltura campana, le varietà di fragole coltivate sono divise in tipologie “frigo conservate” e “fresche”, le prime per produzioni precoci per il tardo autunno, le seconde per le produzioni invernali e primaverili.

La fragolicoltura in provincia di Salerno è fondamentale per l’economia agricola del Meridione. Elevate percentuali nella produzione attestano il primato di questa zona nell’esportazione sui mercati nazionali ed esteri della fragola. Caratteristiche peculiari sono i frutti di dimensioni grosso-medie, che possono arrivare anche a pezzature di oltre 25-35 gr/frutto, il colore rosso vivo e lo straordinario sapore, che unitamente alla buona conservabilità ne fanno un punto di forza.

Tutte le varietà coltivate sono prodotte secondo rigidi disciplinari di produzione integrata, secondo normativa GLOBAL GAP, senza l’uso di ormoni artificiali o stimolanti della crescita. La fragola nel salernitano è stata introdotta più di 40 anni fa dall’azione meritoria dell’Istituto per il Commercio Estero (ICE), della Camera di Commercio, dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura e da privati illuminati. Dagli impianti dei primi anni ’60, che videro l’impiego delle cultivar diffuse nel Nord Italia con elevato fabbisogno in freddo invernale, differenziazione fiorale limitata e conseguente riduzione dello sviluppo e della produttività, si passò alle cultivar di origine californiana, appena introdotte e subito apprezzate per i primi buoni risultati conseguiti, essendo costituite in ambienti climaticamente simili a quelli campani.

La varietà Camarosa introdotta negli anni ‘90 e che, per alcuni anni, ha primeggiato in modo quasi assoluto, è stata affiancata ultimamente da Candonga e Ventana. Attualmente, la tipologia di pianta fresca, rispetto alla pianta frigo-conservata utilizzata per anni, ha notevolmente allargato l’arco temporale di raccolta, alienando il concetto di stagionalità della fragola, che viene così prodotta e raccolta 10 mesi all’anno.

La fragola possiede moltissime virtù salutari: ha un altissimo potere antiossidante e un ricco contenuto di vitamina C. È ricchissima di calcio, ferro e magnesio ed è consigliata a chi soffre di reumatismi e malattie da raffreddamento. Inoltre, è particolarmente indicata per combattere il colesterolo: l'acido salicilico in esse contenuto, oltre a risultare efficace contro la gotta, aiuta a mantenere sotto controllo la pressione e la fluidità del sangue.

Le fragole hanno anche un alto contenuto di fosforo e sono utilizzate per le proprietà lassative, diuretiche e depurative. Sono anticancro, rinfrescanti, depurative e disintossicanti. Contengono xilitolo, una sostanza dolce che previene la formazione della placca dentale e uccide i germi responsabili di un alito cattivo. Da fine marzo a giugno è possibile consumare fragole di qualità con le loro innumerevoli varianti dolci-salate in cucina. E allora buona fragolata a tutti, che sia con panna, arancia o limone, è pur sempre una delizia, emblema del mite sole primaverile e delle scampagnate en plein air.

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