"Indivino" a Solofra si sposta all'8-9 Ottobre causa maltempo
L'evento nella suggestiva location del complesso monumentale di Santa Chiara
Redazione Irno24 29/09/2022 0
La settima edizione di “Indivino - Incontri di Vini nella Terra di Mezzo” si svolgerà Sabato 1 e Domenica 2 Ottobre nella suggestiva location del complesso monumentale di Santa Chiara a Solofra.
I visitatori potranno intrattenersi in spettacoli jazz, banchi di degustazione delle oltre 40 cantine irpine e salernitane presenti, prodotti gastronomici e caseari delle medesime province e laboratori degustativi a cura delle delegazioni ONAV di Avellino e Salerno.
Si potranno gustare i primi piatti del servizio di ristorazione a cura dell’Istituto Alberghiero Manlio Rossi-Doria di Avellino e fare scoperta delle migliori prelibatezze casearie, di norcineria e di pasticceria, sulla base di ricette antiche. L’evento sarà completamente Plastic Free: bicchieri e bottiglie di plastica saranno sostituiti da una “mise en place” completamente biodegradabile e compostabile.
LA MANIFESTAZIONE E' RINVIATA AI GIORNI 8-9 OTTOBRE PER CONDIZIONI METEO AVVERSE
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Annamaria Parlato 29/11/2023
A Salerno il mare è sinonimo di amicizia, accoglienza e vera cucina con UMI
La cucina giapponese ha guadagnato terreno in Italia grazie a una combinazione di fattori culturali, turistici e gastronomici. La sua diffusione continua a prosperare, offrendo agli italiani un'ampia varietà di piatti da gustare e apprezzare. L'aumento della globalizzazione ha portato a un interesse sempre crescente per la cucina internazionale e la cucina giapponese; quest'ultima, con la sua varietà di piatti deliziosi e presentazioni artistiche, ha catturato l'attenzione degli italiani, che sono diventati sempre più curiosi riguardo alle tradizioni culinarie di altre culture.
Il crescente flusso di turisti giapponesi ha contribuito a creare domanda per la ricerca dell'autentica cucina giapponese nel Paese. Questo ha portato all'apertura di numerosi ristoranti giapponesi gestiti da chef nipponici, contribuendo a offrire autenticità nella preparazione dei piatti. Il sushi è diventato particolarmente popolare in Italia, sia nei ristoranti che nel cibo da asporto. La praticità del sushi, la sua presentazione estetica e la varietà di sapori hanno reso questo piatto giapponese una scelta popolare ormai consolidata.
Anche Salerno, come tutte le città cosmopolite, ha negli anni visto l'espansione di ristoranti multietnici ed in particolare asiatici sul proprio territorio. Cucine cinesi e giapponesi strizzano l’occhio a numerosi appassionati, ma pochi sono quelli che davvero fanno la differenza rispetto ai tanti commerciali che di valido hanno ben poco.
Umi, ristorante di cucina giapponese su Via Roma (al suo posto prima c’era il Bar Nazionale), sorto nel 2021 in piena pandemia, si è fatto notare subito per l’eleganza e l’autenticità delle sue proposte: il fusion qui è bandito. Questa parolina di tre lettere significa mare e il menù proposto da Fiorenzo Benvenuto e Gerardo Ferrari, in collaborazione con lo chef Jun Inazawa, è come un acquarello leggero che vibra sulle onde danzanti di turchese, dove il cielo si tinge d'azzurro ed il mare diffonde il suo eterno canto, un'ode antica, un richiamo puro.
Fiorenzo Benvenuto ha esordito: "La Cucina Giapponese tradizionale è una delle più equilibrate e sane del mondo ed è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.Siamo l’unico ristorante in Campania ad aver ottenuto la Japanese Food Supporter della JETRO (Japan External Trade Organization), una certificazione a sostegno della diffusione della gastronomia e degli ingredienti giapponesi all’estero, un importante riconoscimento per chi, come noi, vuole promuovere la vera gastronomia nipponica nel mondo. Il ristorante fortunatamente funziona e qui facciamo dell'accoglienza un'arte o meglio Washoku come si dice in Giappone, parola composta da wa che significa armonia e shoku che significa cibo. È la sintesi della cultura gastronomica nipponica che cura ogni dettaglio senza disturbare l’ospite e cerca di intuire le sue esigenze prima ancora che vengano espresse".
Lo chef è originario di Kagawa, una città del Giappone del Sud, e specializzato in cucina “Kaiseki”, una forma di alta gastronomia giapponese che enfatizza l'arte del cibo, la presentazione elegante e la stagionalità degli ingredienti. Originariamente associata alla cerimonia del tè giapponese, la cucina Kaiseki si è evoluta nel corso dei secoli, sviluppandosi in un'esperienza culinaria raffinata e sofisticata. Gli chef cercano di utilizzare ingredienti freschi e di alta qualità, che siano disponibili in quel determinato periodo dell'anno. Ciò significa che i piatti possono variare stagione per stagione.
Un pasto Kaiseki è composto da una serie di piatti (spesso più di una dozzina) che vengono presentati in un ordine specifico. Ogni portata è preparata con grande attenzione alla presentazione e all'estetica, con l'obiettivo di creare un'esperienza visiva e culinaria equilibrata. Questa cucina cerca di offrire un'armonia di sapori, combinando dolce, salato, amaro, acido e umami in un'unica esperienza gustativa, cercando di bilanciare i sapori in modo che nessuno di essi prevalga sugli altri. Gli chef Kaiseki spesso utilizzano strumenti tradizionali, come coltelli giapponesi di alta qualità e stoviglie artigianali. Questi strumenti contribuiscono alla preparazione attenta e alla presentazione meticolosa dei piatti, includendo anche la cerimonia del tè “Kaiseki Ryori”.
Il menù di Umi si caratterizza per i suoi piatti caldi ma anche freddi, le tempure, la brace, le zuppe, sushi e sashimi. Interessanti restano sicuramente udon e soba di grano saraceno, spesso serviti freddi con una salsa di immersione a base di salsa di soia e mirin, il riso con anguilla, la zuppa di pesce in brodo dashi, funghi e porro, sushi di cui hosomaki maguro e selezioni nigiri. I dolci sono invitanti, particolare è la creme brûlée giapponese al sesamo e vaniglia.
La manager di sala Silvana Carrara è attenta alla clientela, con garbo consiglia e descrive i piatti, suggerendo gli abbinamenti più indicati con le birre artigianali giapponesi, i sakè e i migliori vini nazionali e internazionali. C’è anche la possibilità di seguire un menù degustazione “Omasake”, che tradotto significa lascio fare a te, un atto di fiducia verso lo chef e la sua capacità di selezione delle migliori portate della cucina regionale per i propri commensali. Non è difficile infatti assistere alla performance culinarie dello chef Inazawa, che ha una sua postazione in sala proprio per esibire la sua maestria nei tagli e nell'assemblaggio del sushi, la cui materia prima freschissima viene manipolata al momento.
Ukiyo-e, panneli noren, atmosfera zen sono le componenti principali del design di rara bellezza che caratterizza Umi, un locale con pochi tavoli, un grande banco monolitico con sgabelli e oggetti minimal che riempiono gli spazi studiati nei minimi dettagli per ricreare le atmosfere delle città e dei ristoranti giapponesi. E se un proverbio giapponese recita: “Un viaggio di mille miglia inizia con un solo passo (千里の道も一歩から)”, allora Umi in quasi tre anni di vita di passi ne ha consumati già tanti, con la sobrietà che lo distingue e che lo ha già reso famoso agli occhi delle guide e della critica nazionale.
Il mare, custode di misteri e meraviglie, è poesia scritta con schiuma e sale, una melodia senza fine, un viaggio eterno nel cuore dell'infinito, nell'anima di chi con le mani può plasmare la materia prima e intessere pennellate audaci su tela infinita, intrecciando sogni con ali di libertà, nell'abbraccio salato della brezza che tutto avvolge e incanta.
Annamaria Parlato 26/04/2022
Salerno si arricchisce di un nuovo vino rosato dell'azienda agricola Amina
Molto spesso i vini rosati non sono nemmeno considerati vini, per qualche strano e certamente ingiusto pregiudizio, non si riconosce loro la dignità di vino. Negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di quasi estinzione, almeno in Italia, si sta assistendo alla rivalutazione dei vini rosati, sia come vini fermi che come spumanti. Dal 2014 ad oggi, nelle enoteche la richiesta è aumentata dal 10 al 20%. I gusti fortunatamente cambiano, tipologie di vini che in passato erano molto meno apprezzati hanno acquistato importanza.
Il rosato non è né un vino cosiddetto “femminile”, perché amato da un pubblico di donne, né un vino estivo, anche se fa gola come un bianco nella bella stagione e addirittura può anche invecchiare. La voglia di sperimentare cose nuove in primis e poi il voler variegare l’offerta, arricchendola con un vino dal colore cerasuolo e che si abbina bene con dei piatti a base di pesce, hanno indotto il Dott. Orazio Genovese a produrre una nuova etichetta: il Salernum Rosato. Dirigente in pensione, salernitano doc, studioso appassionato delle origini sua città e autore di una pubblicazione intitolata “Dalla Capua Rhegium al Corridoio Helsinki-Valletta, passando per la Salerno-Reggio Calabria”, Genovese nell’azienda vitivinicola Amina a Sòrdina di Ogliara è riuscito dopo quattro anni dall’uscita del suo primo vino, il Salernum Rosso nel 2018, a metterne in commercio un secondo.
Quando gli Etruschi arrivarono a due passi dall’attuale Salerno, esisteva una città greca “Irna”, corrispondente a Fratte, sul fiume Lirnum. La necropoli di Irna ha riportato alla luce testimonianze che facevano pensare a questo posto come ad centro ricco, industriale e commerciale, con un proprio sbocco al mare, nei pressi di un borgo marinaro chiamato Irnum, a destra della foce del fiume Irno. Si è poi capito che questo centro marittimo “Irnum” fosse a sua volta lo sbocco a mare della località Amina, che si trovava proprio là dove ora sorge Salerno. La città, quindi, risulterebbe dall’unione di “Salum” ed “Irnum”, inteso “Salum” come “rada” ed “Irnum” come porto di Irna, allo sbocco del fiume Lirnum. Si sarebbe avuto così: Salum-Irnum, Saluirnum, Salirnum e Salernum.
Gli Aminei, prima dei Poseidoni, erano gli abitanti di Amina, che oggi gli archeologi identificano in Pontecagnano o in uno specifico territorio, con molta probabilità quello picentino. Questa zona fu il limite meridionale dell’espansione etrusca e in un’iscrizione sempre nella stessa lingua, conservata al Museo Archeologico di Pontecagnano “Gli Etruschi di frontiera”, si legge la parola Amina. Gli Aminei si rifugiarono tra le colline salernitane e furono anch’essi viticoltori della cosiddetta vite aminea. Questa affascinante storia ha indotto lo studioso Genovese ad amare ancora di più il suo territorio e ad indagarne le remote origini. Chiamare i suoi vini con l’appellativo Salernum fa capire quanto sia sta forte la volontà di Genovese di ancorarli alle bellezze, ai miti e ai fasti di una terra che gli archeologi non finiranno mai di riportare del tutto alla luce, data la vastità delle vicende storiche che si sono succedute nel corso dei secoli.
“Guardi – ha dichiarato Genovese – un po' di tempo fa, durante l’esplorazione archeologica preliminare del nuovo tracciato della SP 25 Fuorni-Giffoni Valle Piana, nel tratto interessato dal progetto del termovalorizzatore di Salerno in località Cupa di Siglia, è stato rinvenuto uno scarabeo avente funzione di sigillo, risalente al terzo quarto dell’VIII secolo a.C. Sull’oggetto è incisa una scena di danza in cui i partecipanti si abbeverano, presumibilmente di vino, attraverso una cannuccia inserita direttamente in anfora. Il territorio delle zone collinari di Salerno è ancora ricco di testimonianze che possono ricondurci a ricostruire le abitudini degli abitanti che fondarono la città. La viticoltura è una di queste”.
L’ultimo nato, il rosato annata 2021, è un IGP Colli di Salerno concepito dalla combinazione di Aglianico e Cabernet Sauvignon. E’ affinato in acciaio, si abbina ai piatti a base di pesce e crostacei, carni bianche e formaggi freschi. Ha una forte personalità data dal Cabernet e robusta struttura, tant’è che raggiunge i 13,5% gradi alcolici. Ha eleganti sfumature aranciate e tonalità che vanno dal rosa salmone al corallo. Al naso è floreale e al palato fresco, armonioso, elegante, dalla forte impronta mediterranea con componenti aromatiche di frutta rossa che lo avvicinano molto anche ad appetizers e aperitivi estivi a bordo piscina. Il Salernum Rosato è un vino intriso di storia che sa di mare e da amare al primo sorso.
Annamaria Parlato 28/04/2023
Fisciano, lo chef Donatantonio: "Sembra strano, ma la memoria ha un palato!"
Niente snobismo, nessuna sofisticazione, solo spazio ai ricordi, semplicità e tradizioni. Oggi si va al ristorante per trovare questo essenzialmente, è inutile prenderci in giro. Spesso, dietro un piatto apparentemente perfetto, c’è tanta distanza col cliente, poca empatia e accostamenti a dir poco bizzarri, immangiabili, ma che vogliono far scena; poi però per pagare il conto bisogna aprire un mutuo.
E allora, lo chef Salvatore Donatantonio, con sua moglie Annapina Landi, ha deciso di scrivere sulla lavagnetta affissa sulla parete centrale del suo ristorante, il "Belvedere" a Lancusi di Fisciano, alcune frasi significative usando gessetti bianchi, assieme ai piatti del giorno, proprio per rimarcare il concetto di essenzialità e territorialità cui non ha mai rinunciato nella sua fiorente carriera di chef.
Originario della Costiera Amalfitana, di Minori, precisamente, ha sposato una fiscianese doc e così ha deciso di trasferirsi nella Valle dell’Irno per accudire la sua famiglia e lavorare nel ristorante dei Landi aperto a Lancusi dal 1969, proponendo alla clientela pizza e cucina. Salvatore ha portato con sé le conoscenze culinarie e le ricette della Costiera, mescolandole in maniera impeccabile con quelle fiscianesi, utilizzando principalmente ingredienti dei produttori della Valle dell’Irno come nocciole, carciofi, carni, salumi, verdure.
Non scarseggiano i piatti di mare (cavallo di battaglia lo spaghetto "conventuale"), lui è figlio di pescatore, il pescato lo conosce ad occhi chiusi, ma ovviamente c’è più la predominanza dei piatti di terra. L'arredamento del Belvedere include elementi rustici, che rimandano ad un'atmosfera accogliente, con tovagliato dai toni naturali, tavoli in legno e costante presenza di oggetti sulla storia contadina dell’Irno. L'obiettivo è quello di creare un'atmosfera calda e invitante, che incoraggi la conversazione e la socializzazione.
Salvatore, sorridendo, ha raccontato: “A me piace far sentire i miei ospiti come a casa; mia moglie in sala, prima di prendere la comanda, mette tutti a proprio agio con cordialià e cortesia. Poi, quando capiscono che attraverso i miei piatti sono proiettati verso la filosofia Slow Food, allora restano soddisfatti e incuriositi. Valorizzo al massimo ogni ingrediente a mia disposizione, quasi a metro zero, qui il buongustaio può assaggiare la mia pizza secondo lo stile di Tramonti, il 'Sciusciello' tipico di Pellezzano, i calzoncelli di castagne, la pasta artigianale, il pane 'mascuotto' con i miei sottoli o quello tradizionale cotto sempre nel forno a legna, zuppe di legumi e verdure spontanee. Il vino lo produciamo noi ma ovviamente abbianiamo ai piatti anche le migliori etichette regionali.
Non manca lo Sfusato amalfitano, l’oro giallo della mia terra che rende profumato qualsiasi intingolo. Insomma, ogni pietanza è preparata con rispetto e amore per la terra e chi la coltiva con fatica. Incoraggio le persone a prendersi il tempo per godersi il loro cibo, per conoscere da dove proviene”.
E quindi le pizze al Belvedere avranno i nomi di tutte le frazioni di Fisciano, impreziosite con gli ottimi salumi e formaggi dell’Irno, la pasta ripiena invece verrà imbottita di freschissima ricotta di bufala e condita con le nocciole di Gaiano e i funghi o la rucola, la scaloppina avrà nel suo condimento nocciole e pomodori secchi, i cavatelli saranno arricchiti di ottimo guanciale artigianale e prelibati carciofi di Montoro, e via discorrendo.
Al Belvedere, poi, vengono anche rispettate le festività e quindi, in occasione delle ricorrenze natalizie, pasquali o patronali, ampio spazio viene dato ai piatti collegati a queste ritualità, come le famose melanzane al cioccolato, la trippa in umido o con i fagioli, la milza con aceto e menta, i dolci di mela annurca, il fior di ricotta con nocciole e cioccolato, la pastiera di riso o grano, la zuppa di pesce, la pizza di scarole, il casatiello salato. La mission del Belvedere, dunque, è promuovere un sistema alimentare alternativo, in cui il cibo sia buono per tutti, utilizzando alimenti sostenibili, creando consapevolezza e favorendo il cambiamento. Da Fisciano finalmente si può!