"Filtro", una ventata di Nord Europa nel cuore del centro storico di Salerno

Specialty coffe, flat white, chai latte, tè serviti secondo il metodo orientale: si beve alternativo ma di qualità

Annamaria Parlato 18/01/2025 0

Nel cuore pulsante del centro storico di Salerno, a via Porta Di Mare, nell’agosto 2024 ha sollevato la saracinesca "Filtro", una caffetteria che promette di diventare un punto di riferimento per gli amanti del caffè di qualità e dell’arte del relax nordico. Questo nuovo locale, il cui nome evoca le atmosfere minimaliste e accoglienti della Scandinavia, unisce lo stile essenziale e raffinato del Nord Europa con l’ospitalità calorosa tipica del Sud Italia.

Un team familiare, composto in primis da Paola Roma e suo marito Vincenzo Capacchione, con le sue sorelle Emanuela cake designer e Mariella al reparto caffetteria. Un modo per la giovane coppia di reinventarsi soprattutto nel periodo Covid e di mettere in pratica passioni e scoperte accumulatesi durante in viaggi in giro per l’Europa centrale e nordica, esplorando mondi nuovi ma ricchi di emozioni.

L’ambiente, 45 metri quadri circa e una decina di sedute, è caratterizzato da linee pulite, materiali naturali come legno chiaro e pietra; una palette di colori tenui, che spazia tra il bianco, il grigio e il beige, crea un’atmosfera intima e rilassante. Grandi finestre lasciano entrare abbondante luce naturale, mentre una selezione curata di piante e dettagli d’arredo aggiunge un tocco di calore. Il design è stato pensato per offrire uno spazio dove fermarsi, leggere un libro o semplicemente godersi una pausa.

Punto di forza di questa caffetteria è senza dubbio l’offerta gastronomica. Ogni giorno vengono sfornate viennoiserie fragranti, preparate seguendo ricette tradizionali francesi: croissant al burro, pain au chocolat, cinnamon roll, danesi con crema fresca, biscotti fragranti, cookies, crostate, torte al taglio (come la setosa chiffon cake) e altre specialità che variano in base alla fantasia di Paola ed Emanuela. Per chi cerca qualcosa di salato, Filtro propone piatti semplici ma selezionati come avocado toast, formaggi d’alpeggio e uova con pane tostato e burro, focacce a lunga lievitazione rigorosamente di farine biologiche. Non mancano bruschette con verdure locali di stagione, condite con olio extravergine, proveniente da piccoli produttori del territorio, e talvolta un pizzico di colatura di alici di Cetara.

A completare l’esperienza, un’accurata selezione di specialty coffee. Si tratta di caffè di alta qualità, ottenuti da varietà selezionate di Arabica e coltivati a un’altitudine elevata, in condizioni climatiche ideali. I chicchi vengono raccolti a mano, processati con metodi che ne preservano le caratteristiche uniche e sottoposti a rigidi controlli di qualità. La preparazione degli specialty coffee è altrettanto rigorosa: vengono utilizzati metodi come il V60, l’Aeropress, il Chemex o il Syphon, che consentono di esaltare i sapori distintivi di ogni origine. Tra le proposte più apprezzate ci sono il flat white, il cortado e l’espresso, preparato con cura maniacale per offrire un’esperienza sensoriale unica. Non manca l’espresso in miscela per i tradizionalisti.

Per chi ama le alternative al caffè, Filtro propone anche il chai latte, una bevanda speziata e avvolgente; il latte matcha, ottenuto dalla polvere di tè verde giapponese; e una cioccolata calda cremosa, ideale per le giornate più fredde. Oltre al caffè, grande attenzione è riservata al tè, che viene servito sia secondo il metodo orientale, con infusione multipla e servizio tradizionale, sia con l’approccio occidentale, più rapido e adatto a chi è di fretta. Una selezione di tè Eastern Leaves, che sostiene anche importanti progetti di salvaguardia delle foreste, è disponibile per soddisfare ogni preferenza, accompagnata da biscotti artigianali che ne esaltano i sapori.

Filtro non è solo un posto dove prendere un caffè al volo, ma un vero e proprio punto di ritrovo in cui riabituare i palati al vero e originale gusto del caffè. Che si tratti di una colazione o di un brunch, cui abbinare una selezione di vini naturali e olii dei piccoli produttori locali, di un pomeriggio di studio o lavoro, il locale si adatta a ogni esigenza. Con questa apertura, Salerno aggiunge un tassello prezioso alla sua offerta gastronomica, confermando il suo spirito cosmopolita e la capacità di accogliere idee innovative. Filtro è una destinazione imperdibile per chi cerca qualità, atmosfera e un pizzico di cultura nordica nel cuore del Mediterraneo. Anche gli orari sono volutamente nordici, l’apertura è sino alle 16:00 e per cinque giorni settimanali dal mercoledì alla domenica, in cui si chiude alle 13:30.

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Redazione Irno24 29/03/2023

Il Sindaco di Salerno incontra la "Pastry Queen" Ilaria Castellaneta

Giovedì 30 Marzo, alle ore 10, a Palazzo di Città, il sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, incontrerà Ilaria Castellaneta, vincitrice del "Pastry Queen 2023", campionato mondiale (a cadenza biennale) svoltosi nella Dolce Arena Sigep di Rimini il 24 e il 25 gennaio.

La giovane pastry chef ha battuto in finale i rappresentanti di Corea del Sud, India, Giappone e Perù, convincendo la giuria presieduta dal Maestro Iginio Massari e dalla Pastry Queen in carica, Anabelle Lucantonio.

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Annamaria Parlato 02/01/2024

San Severino, intrecci di storia e gastronomia a "Casa del Nonno 13"

Casa del Nonno 13 è un'autentica gemma culinaria in un palazzo d'epoca. Offre non solo una prelibata esperienza gastronomica, ma anche un tuffo nell'arte e nella cultura del Settecento, trasformando ogni visita in un'occasione indimenticabile. Un luogo dove la storia si sposa con la cucina, creando un connubio di eleganza, gusto e fascino.

Nel cuore di un imponente palazzo settecentesco dall’architettura maestosa, nella frazione S. Eustachio di Mercato San Severino, appartenuto alla Famiglia Angrisani che lo abitò per diverse generazioni, le decorazioni d'epoca e l'atmosfera sontuosa fanno di questo ristorante una destinazione culinaria senza paragoni. L’Avv. Antonio Angrisani ha ereditato da suo nonno la proprietà, valorizzata grazie all’abilità dello chef e architetto Raffaele Vitale, che riuscì a portare la stella Michelin proprio a Mercato San Severino, lasciando poi il ristorante nel 2015.

Dopo varie vicissitudini e chef che si sono alternati, oggi la gestione è dell’imprenditore Francesco Palumbo, proprietario anche del Crub a Cava dei Tirreni, che ha portato a Casa del Nonno 13 lo chef Attianese, allievo di maestri dai nomi altisonanti come Glowing, Lavarra, Di Costanzo, Aprea, executive un po' di tempo fa del rinomato Casa Rispoli, sempre nella città metelliana. Gli ambienti per il fine dining con cucina e cantina hanno subìto un recente restyling sotto la direzione dello Studio Di Sessa Architetti, tant’è che l’Arch. Francesco di Sessa, responsabile dei lavori ha spiegato:

“Il progetto di rinnovamento del ristorante casa del Nonno 13 muove dalla consapevolezza dell’eredità, materiale e immateriale, di un luogo unico, fortemente caratterizzato nei suoi spazi e nei suoi materiali, in una indissolubile relazione con il territorio. L’intervento ambisce alla conservazione delle atmosfere intime e familiari che hanno accompagnato la ‘stellata’ storia del ristorante, ma proietta, attraverso calibrati innesti e modificazioni, gli ambienti verso una dimensione più contemporanea della ristorazione”.

Nulla è stato trascurato, ogni dettaglio portato ai massimi livelli vuole offrire un’esperienza appagante e coinvolgente. Antico e moderno si fondono e dialogano, esprimendosi in un linguaggio apparentemente semplice ma intrinsecamente complesso. Dunque, varcata la soglia, i commensali saranno viziati dal fuoco scoppiettante dei camini, dai profumi dell’Agrumeto che d’estate diventa giardino incantato, da dipinti e antiche stampe, dagli intricati cunicoli che lasciano intravedere ora il vetusto pozzo ora la cantina ad arsenale, custode di circa novecento etichette.

In sala, Alessandro Pecoraro è un attento food&beverage manager, è un tutt’uno con Attianese, c’è sintonia tra i due e ogni cosa procede secondo la giusta direzione. Il suo mood cordiale e appassionato trasmette la stessa dedizione e affetto che si ritrovano nei piatti, l’entusiasmo che mette nel raccontare storie dietro le ricette e nel consigliare un vino è un valore aggiunto che arricchisce ulteriormente il pasto. Il menù è una lettera d'amore ai prodotti locali e alle ricette tramandate di generazione in generazione, mantenendo la medesima filosofia di Raffaele Vitale. Le portate sono un inno alla freschezza e alla semplicità, con ingredienti provenienti direttamente dai produttori della zona.

Nella terrina di maiale arrosto, cremoso di papaccelle e giardiniera del Nonno, così come nei tortelli ripieni di maiale, in brodo di pollo e verdure della minestra maritata o nella faraona dal petto arrosto e coscia glassata, pop-corn di miglio, radicchio tardivo e castagne, vi è l’esaltazione della ricchezza agricola della Valle dell’Irno e dell’Agro-Nocerino-Sarnese. Ogni singola preparazione è una dichiarazione di benevolenza per la tradizione, assemblata con maestria e rispetto per la materia prima.

Lo chef è prodigo di attenzioni per i commensali, a partire dal ricco benvenuto che comprende vari divertissement salati, sino a terminare con lo coccole dolci che arricchiscono il dessert come gli struffoli, il panettone con impasto al cacao e confettura di albicocca pellecchiella del Vesuvio o le caldarroste nel padellino di rame. Tra i dolci, consigliato è l’Agrumeto a base di semifreddo al mandarino, coulis alle arance, kumquat e agrumi autunnali della tenuta Casa del Nonno 13.

La carta dei vini mette in risalto le gemme vinicole nazionali e internazionali, offrendo una selezione che sposa perfettamente i piatti del menù. In carta anche due proposte, o meglio due percorsi creati da Attianese, “Inverno” e “Mano Libera”, con sette portate a cui abbinare sei vini e un fine pasto, optando per la formula “Oltre”. Continuando con questa lena, la stella perduta potrà essere presto riconquistata.

Casa del Nonno 13 regala una fuga autentica e appagante, invitando i commensali a immergersi nei sapori, nell’essenza e nelle tradizioni che caratterizzano questo particolare territorio della vasta provincia di Salerno. Un luogo in cui l'affezione per la terra si traduce in un banchetto che nutre non solo il corpo ma anche la mente.

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Annamaria Parlato 20/09/2020

La tavola di San Matteo e le specialità gastronomiche salernitane

Il 21 settembre, giorno attesissimo dai salernitani, si svolge la festa patronale in onore di San Matteo, con una processione immensa che attraversa il centro storico, percorre Corso Vittorio Emanuele, scende per Via Velia, sfila lungo Via Roma e rientra, infine, su Via Mercanti fino al Duomo. I tre busti d’argento dei Santi Martiri Salernitani, Anthes, Gaio e Fortunato, simpaticamente definiti dal popolo come le “tre sorelle” di San Matteo per i loro lineamenti delicati, aprono la processione.

Le statue di Papa Gregorio VII e di San Giuseppe sfilano per seconde e a chiudere il corteo - da ultima - la statua argentea di San Matteo (la cui gemella è conservata nella cripta, posta di spalle all’altra, in modo che il volto sia visibile da ogni lato e da qui l’usanza di dire che il santo abbia due facce), ornata di fiori e trasportata a braccia dai lavoratori del porto che da generazioni si tramandano l’onore di sorreggere il santo, trascinandolo in una corsa finale lungo le scale del Duomo a metà tra misticismo e magia.

In occasione delle celebrazioni si organizzano concerti bandistici di fama nazionale e internazionale, per le vie cittadine o a Piazza Amendola. La festa ha termine dopo lo splendido spettacolo di fuochi pirotecnici di mezzanotte, sparati anche sull’acqua. Il classico colpo finale pone ufficialmente fine ai festeggiamenti in onore del Santo Patrono. Questo in sintesi il programma della manifestazione (prima del Covid), che spesso subisce alcune variazioni e che sicuramente è ben diverso da quello di tantissimi anni fa. Da Largo Campo a Porta Catena, passando per l’Annunziata sino ad arrivare alla Villa Comunale, una scia di profumi di cibi freschissimi inonda l’aria cittadina, tra cui pesci, frutta, verdure e dolci della tradizione.

Ogni massaia si adopera già a partire dal 20 settembre per avviare il pranzo luculliano che seguirà il giorno dopo, in cui amici e parenti riuniti intorno al desco si rimpinzeranno a dovere prima di affrontare il lungo percorso della processione. Cinquant’anni fa era già di moda lo “street food” con le mitiche bancarelle che sul lungomare distribuivano panini ripieni di prodotti semplici, lupini e ceci arrostiti, specialità di mare per quelli che potevano permetterselo, giunti perfino da dai paesi di provincia per onorare il Santo.

Attualmente il pranzo tipico è composto da un antipasto di maruzzelle o lumachine piccanti al peperoncino e prezzemolo, da un primo di spaghetti alle vongole, un secondo di frittura di pesce accompagnato da verdure di stagione e parmigiana di melanzane. Altro sfizio presente sulla tavola di San Matteo è la “meveza ‘mbuttunata” ossia la milza vaccina imbottita di menta e peperoncino (un piatto poverissimo che si perde nella notte dei tempi), cotta per diverse ore in vino rosso e aceto bianco sino alla caramellizzazione della parte alcolica di questo piatto.

Infine frutta secca/fresca tra cui fichi e uva sanginella, una varietà autoctona salernitana dalla buccia sottilissima, pressoché scomparsa, recuperata da alcuni appassionati viticoltori locali nelle colline intorno a Giovi; ha grappoli di media grandezza, acini fitti ed allungati, carnosi, dolci, poco sugosi, polpa croccante che matura in agosto; il colore dell'acino varia, secondo l'esposizione solare, da verde a giallo dorato. Per concludere, sfogliatelle ricce delle antiche pasticcerie del centro storico e vino in abbondanza per spegnere la sete.

Per preparare la milza di San Matteo, che sarà poi il ripieno del classico panino da mangiare in strada, occorrono la milza intera di vitello, abbondante prezzemolo, 2 spicchi d’aglio, 500 gr di aceto rosso, 500 gr di vino rosso, 2 cucchiai di mosto cotto, peperoncino, olio extravergine d’oliva e sale.

Si prende la milza e si crea un buco al centro dopo averla pulita, eliminando grasso e pellicine. Il buco serve per il ripieno di prezzemolo, peperoncino, aglio e sale. Dopodichè si aggiunge l’olio extravergine d’oliva, si chiude la sacca e in una padella si fa soffriggere da ogni lato con dell’aglio, innaffiandola con il mix di aceto e vino e il mosto. Si fa cuocere a fuco lento per un’ora e mezza circa. A cottura ultimata si lascia raffreddare, la si taglia a fette dello spessore di 2-3 cm facendo attenzione che il ripieno non fuoriesca dalla tasca (ricetta dell’Antica Macelleria Matteo Accurso di Salerno tratta dal libro “Note di cucina salernitana - Storie e Ricette” del giornalista Alfonso Sarno).

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