Il Sindaco di Salerno incontra la "Pastry Queen" Ilaria Castellaneta
Ha vinto a Rimini il campionato mondiale di pasticceria nel gennaio scorso
Redazione Irno24 29/03/2023 0
Giovedì 30 Marzo, alle ore 10, a Palazzo di Città, il sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, incontrerà Ilaria Castellaneta, vincitrice del "Pastry Queen 2023", campionato mondiale (a cadenza biennale) svoltosi nella Dolce Arena Sigep di Rimini il 24 e il 25 gennaio.
La giovane pastry chef ha battuto in finale i rappresentanti di Corea del Sud, India, Giappone e Perù, convincendo la giuria presieduta dal Maestro Iginio Massari e dalla Pastry Queen in carica, Anabelle Lucantonio.
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Annamaria Parlato 21/11/2021
Le "paste della domenica" interpretate dal maestro salernitano Carotenuto
La tradizione della guantiera delle paste domenicali è immancabile nei pranzi o banchetti che si rispettino, soprattutto nel Sud Italia. Diventa un vero e proprio rituale quello della “guantiera” che affonda le sue origini nel periodo rinascimentale e perfino Manzoni nei Promessi Sposi ne cita il termine. La guantiera nasce nella cultura rinascimentale come vassoio raffinatissimo, spesso in argento decorato, che veniva servito ai commensali con i guanti.
Poi con l’evoluzione della società e la diffusione della piccola pasticceria, fra il XIX e il XX secolo, il rapporto con le guantiere cambia radicalmente: prima diventa un’abitudine di cortesia nei confronti degli ospiti, dopo un rituale borghese della domenica. Da portata nobiliare, la guantiera si trasforma nel vassoio delle pastarelle da prenotare in pasticceria. Il fascino di questa usanza non è passato inosservato nemmeno all’occhio attento e clinico degli artisti, che spesso e volentieri nelle loro opere d’arte hanno immortalato vassoi pieni di dolciumi e oggetti iconici di uso domestico.
Il cannolo sfogliato con la crema, il divino amore, il sospiro al limone, la pastiera napoletana, la scazzetta, i mostaccioli al cioccolato, la sfogliatella riccia, le meringhe, la pasta di mandorle, la cassatina alla ricotta, i confetti diavolilli e chi più ne ha più ne metta. La classica guantiera dei dolci domenicali con la carta bianca merlettata, sospesa nell’azzurro cupo di un cielo notturno punteggiato di stelle, in balia del tempo, è stata interpretata dall’abilità pittorica del maestro salernitano Mario Carotenuto in un acrilico su tela del 1974 oggi in collezione privata e custodito dal maestro pasticciere Tommaso Ingenito nella suo laboratorio-pasticceria di Maiori.
Tutte queste bontà messe assieme istintivamente saziano gli occhi e anche l’intelletto. L’artista, scomparso nell’ottobre del 2017 a 95 anni, ha avuto da sempre la capacità di arrivare al cuore della gente, con il suo tratto intenso ed originale, con la magia evocativa del colore. E' stato tra gli esponenti della cultura locale più importanti del suo tempo. E poi quelle farfalle, una miriade di farfalle in tutte le dimensioni e colori che svolazzando sono diventate la firma distintiva della sua pittura. I paesaggi salernitani, gli interni mediterranei, gli oggetti devozionali, i paramenti sacri, le brocche, le antiche lanterne sono stati soggetti a lui cari, che hanno affollano le sue tele.
Dall’analisi conoscitiva della realtà, dell’oggetto, dallo studio dal vero e dalla percezione dei piani strutturali e architettonici, le opere di Carotenuto hanno preso coscienza e forma, hanno suggerito nuove prospettive, hanno rovesciato lo spazio evidenziandone l’esistenza. La lectio di Courbet, Cezanne, Van Gogh, Matisse e Morandi è rinata attraverso l’uso delle linee e dei colori, soprattutto nelle opere degli anni Cinquanta. La sua pennellata ha rotto gli schemi e ha segnato un rinnovamento nello scenario culturale salernitano del secondo dopoguerra, unificando le spinte innovative provenienti dall’Europa con i fermenti artistici di Napoli e dell’Italia meridionale.
Nel suo Eden ritrovato, Carotenuto ha respirato i profumi della sua terra, dove le farfalle hanno assunto fattezze tropicali, la luna ha assunto i colori dei limoni, la frutta è diventata zuccherina e le piante lussureggianti. Le cupole maiolicate delle chiese, le cattedrali paesane nelle sue tele sono diventate favole dipinte, i cui frammenti si sono avvicendati in collages, che hanno celato venature di nostalgia per l’infanzia e l’adolescenza vissute in quegli ambienti che non ritorneranno più. La sua prima scatola di pastelli Carotenuto l’ebbe a diciannove anni, affermando: “Sono perché dipingo”.
Annamaria Parlato 19/12/2021
Cocktail natalizi e abbinamenti con i dolci della tradizione campana e i salati irpini
Al Gran Caffè Romano di Solofra da diverse settimane si respira aria natalizia. Panettoni, pandori, dolci della tradizione partenopea e irpina ma anche gustose novità deliziano ogni anno il palato dei clienti più esigenti. La vetrina dei fratelli Romano, pasticcieri da tre generazioni, esplode per ricchezza e bellezza, l’elegante locale abbellito con soldatini schiaccianoci di tutte le dimensioni, elfi, orsi polari, pupazzi a forma di Babbo Natale, ghirlande scintillanti, è pronto ad accogliere chiunque sia interessato all’acquisto veloce e perfino ad una sosta più lenta, concedendosi al tavolo una pausa raffinata e di assoluta qualità.
Gianfranco Romano, alla domanda relativa alle tensioni dovute al super green pass e alle nuove varianti Covid, così ha risposto: “Tutti i santi giorni con mio fratello Raffaele e il personale di sala, da quando è iniziata questa brutta pandemia, abbiamo rispettato ogni norma e posto la massima attenzione per tutelare in primis la clientela e anche noi.
Non essendo la nostra attività rivolta alla ristorazione in senso stretto, non abbiamo riscontrato paure o preoccupazioni da parte di coloro che sostano ai tavoli della nostra caffetteria. Continueremo a tenere alta l’attenzione verso questo problema e a non abbassare la guardia sino a quando non si respirerà aria di normalità che stiamo auspicando da tempo”.
La fantasia, l’estro e la creatività dei Romano non ha davvero limiti dato che qui, udite udite, si spruzzano addirittura profumi al pisto per profumare dolci e cocktail, sofisticati e inebrianti, così golosi che potrebbero diventare anche eau de parfum. Questo profumo, ottenuto dal mix di spezie natalizie che si usano a Napoli e in Campania per insaporire roccocò e mostaccioli, viene spruzzato sul cocktail ideato da Gianfranco Romano, bartender di lunga esperienza, che si intitola “Tu vuò fa l’Americano a Natale” a base di Bitter, Vermouth, Seltz e profumo al pisto napoletano, una perfetta rivisitazione del classico Americano ideale per un dopocena e abbinabile ai classici della tradizione natalizia.
Gianfranco ha reso contemporaneo anche il Negroni, firmando il suo “Negroni Christmas Edition” i cui ingredienti sono Bitter, Vermuth rosso e Prosecco che regala il giusto equilibrio tra le note amare e le dolci. Questo cocktail, oltre ad essere in perfetto equilibrio con i panettoni al cioccolato, si sposa anche con i salati irpini come il pecorino Carmasciano e la soppressata avellinese; ma volendo andare oltre confine anche con la bruschetta con burro e alici di Cetara.
Ha aggiunto Raffaele: “Assieme a queste alchimie e mescolanze tra i sapori, ho pensato ad un nuovissimo panettone per il Natale 2021, l’Espresso Salentino, a base di Caffè, cioccolato al latte e pasta di mandorle. Uno straordinario mix di gusto e dolcezza. Nella pasta pregiata qualità arabica si sposa con una lieve percentuale di robusta, gocce di cioccolato e pezzetti di marzapane. La cupola viene poi glassata con cioccolato al latte e infine decorata con scaglie di mandorle e polvere di caffè regalando al palato sapori intensi e armoniosi.
E per restare in tema alcolico c’è il nostro panettone con cioccolato, fichi e rum. Cioccolato, rum speziato e fichi bianchi del Cilento. Nell’impasto ci sono i fichi canditi tagliati a cubetti e il cioccolato proveniente dal Centro America (72%) che dona al lievitato un colore bruno. Il dolce è ricoperto da una glassa al fondente morbida perché al cioccolato viene aggiunta la crema spalmabile al rum. A guarnire il panettone ecco, invece, le sfoglie di cioccolato bianco con fichi e pioggia di cacao chiaro”. A questo punto sarà facilmente deducibile che da Solofra partirà l’undicesimo comandamento che reciterà: “Mangia più panettoni e metti tre ciliegine in ogni Negroni”.
Annamaria Parlato 22/11/2020
Diffidare dalle imitazioni, lo zafferano di Gaiano è certificato e biologico
Raccolta e degustazioni di zafferano? A Gaiano, piccola frazione di Fisciano, si può. L’azienda di Paolo Pedrosi, sorta in una posizione privilegiata a cavallo tra i Monti Picentini e la Valle dell’Irno, si estende per oltre 4 ettari su un territorio incontaminato a 500 metri sul livello del mare.
Secondo metodi di agricoltura biologica, da oltre tre generazioni Paolo si dedica alla coltivazione dello zafferano ma anche di altri prodotti di pregio (tra cui il grano Timilia, l’ulivo, il castagno, la nocciola di Giffoni IGP) e organizza per i cultori della materia interessanti laboratori didattici. Ha partecipato e partecipa con il suo stand ai mercatini di Coldiretti, agli eventi organizzati dalle condotte Slow Food Picentini e Cilento, portando lo zafferano perfino al Parco Archeologico di Paestum.
Paolo ha sottolineato in cosa consiste il suo lavoro: “Innanzitutto ognuno può vivere in un mondo migliore e fare qualcosa perché ciò avvenga in futuro. Abbiamo tanto da imparare dalla natura e dagli animali e dobbiamo impegnarci moralmente affinché questo immenso patrimonio vada preservato. Partendo da questo presupposto, il periodo di raccolta dello zafferano inizia da metà-fine ottobre per circa 20 giorni. Poi inizia la fase della sfioritura, in cui i pistilli vengono separati dai fiori e messi ad essiccare o attraverso esposizione solare o nei forni.
Gli stimmi però devono esser colti manualmente all’alba, prima che il sole scotti. I fiori si scartano, mentre gli stimmi vengono essiccati e in questo processo perdono l’80% del loro peso, intensificando notevolmente il loro caratteristico sapore. Il suo costo è pertanto elevato, oscillando da un minimo di 25 sino ai 35 euro al grammo. Per questo motivo bisogna diffidare di bustine di zafferano a basso costo. Se si fa sciogliere un pizzico di zafferano in una tazza d’acqua calda, gli stimmi dovrebbero espandersi all’istante, colorando l’acqua. Se ciò non avviene, lo zafferano è probabilmente impuro o vecchio.
Lo zafferano si conserva in recipienti a chiusura ermetica, lontano dalla luce. Io riesco a produrre sino a 400 grammi di zafferano all'anno, ma per produrne 1 chilogrammo ci vogliono 500 ore di lavoro e 150mila fiori, un lavoro immane che fa bene alla mente e al cuore, soprattutto in un momento così critico e difficile come quello che stiamo vivendo. La migliore cura da tutti i mali è stare all’aria aperta, isolandosi per scelta e necessità, ritrovando prima se stessi e poi gli altri quando un giorno si potrà”.
L’Azienda produce anche liquore allo zafferano, morzelletti e zafferanelli (ossia biscotti alla nocciola e zafferano) e altre prelibatezze a base della famosa spezia gialla, tanto apprezzata nell’antichità. Lo zafferano infatti è soprannominato anche oro rosso, ha numerose proprietà benefiche e viene usato in cucina per dare sapore ai cibi, stratagemma utile per evitare il sale, adottando un regime di vita più salutare. E’ un grande alleato degli occhi e della vista, contrasta la degenerazione maculare che si manifesta con l’età.
Zafferano è il nome volgare del Crocus sativus, noto sin da tempi molto remoti per l’uso che si fa in cucina degli stimmi dei suoi fiori. Si conosceva perfino in epoca preistorica e si pensava fosse originario della Grecia e Asia Minore. Gli Arabi nel X secolo lo introdussero in Europa, sebbene una leggenda narri che furono i Fenici a portarlo in Spagna, la nazione che viene tradizionalmente associata alla produzione di questa spezia.
I Romani, con la loro tipica stravaganza, lo usavano per ricoprire strade e sentieri, creando letteralmente un tappeto dorato per imperatori e principi; si dice che, quando i soldati di Alessandro Magno entrarono nella Valle del Kashmir, trovarono una tale quantità di crochi dello zafferano che persero la testa dalla gioia e ruppero le righe. Lo si trova spontaneo in Persia, India e Asia Minore: in Italia viene coltivato specialmente in Abruzzo ma anche Umbria, Marche, Toscana, Sardegna. In Campania è diffuso nel casertano, beneventano e nel salernitano, soprattutto Cilento, Vallo di Diano, Alta Costiera Amalfitana e Picentini.
E’ una pianta bulbosa, dalle foglie strette e lunghe, verdi, che si sviluppano col fiore; i fiori, uno o al più due per pianta, sono costituiti dal solo perigonio che si diparte in un lunghissimo tubo dal bulbo e termina aprendosi in 6 lobi violacei, a fauce pelosa. Gli stami, in numero di tre, hanno filamenti bianchi ed antere gialle; lo stilo termina con 3 stimmi rosso-aranciati, che emanano odore gradevole per la presenza di un olio essenziale.
Oltre che come condimento in cucina, lo zafferano viene usato in farmacia per la preparazione del laudano ed in tintoria per tingere di giallo dorato. Il suo potere colorante è dovuto alla presenza di policrosite. Zafferano di qualità inferiore si ottiene anche dagli stimmi di Crocus medius e Crocus longiflorus. Simile allo zafferano è anche il Crocus vernus dei boschi e prati alpini, che fiorisce in primavera con fiori violacei o bianchi. Lo zafferano è usato soprattutto nella cucina del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’India del Nord. Si lega perfettamente a qualsiasi piatto a base di riso, dallo squisito risotto alla milanese ai profumati pilau mongoli e ai budini di riso indiani e mediorientali.
Per preparare un buon risotto allo zafferano di Gaiano, basta seguire la ricetta di Paolo Pedrosi. Successo assicurato!
INGREDIENTI
Riso carnaroli 300 gr, Brodo di carne di qualità 1 litro, Burro 120 gr, Cipolla 1, Grana Padano grattugiato 100 gr, Vino Bianco secco 1 bicchiere, Zafferano di Gaiano in pistilli gr 0,15
PREPARAZIONE
Prendete 2/3 del burro (80 gr) e fateli sciogliere in padella a fuoco lento, nel frattempo tritate finemente la cipolla e fatela imbiondire nel burro. Aggiungete il riso carnaroli e fatelo tostare a fiamma medio-alta con il burro, quindi bagnate con il vino bianco e fate cuocere a fiamma alta fino alla totale evaporazione del vino stesso; aggiungete quindi un paio di mestoli di brodo bollente e fate cuocere.
A metà cottura fate sciogliere lo zafferano sminuzzato in una tazza di brodo bollente, quindi continuate la cottura aggiungendo il brodo bollente con lo zafferano; qualora fosse necessario, aggiungete altro brodo per terminare la cottura. Quando il riso sarà cotto, salate, spegnete il fuoco, aggiungete il restante burro, il Grana, lo zafferano ed amalgamate il tutto mescolando di continuo; a piacere potete decorare la superficie del piatto con qualche pistillo di zafferano.