La leggenda di Pietro Barliario, mago salernitano

Visse nel XII secolo e sviluppò una propensione particolare per la negromanzia

Gli "archi dei diavoli" a Salerno

Federica Garofalo 03/01/2021 0

Gli eruditi del Seicento, che per primi parlano di lui, lo chiamano in diversi modi (Barliario, Baliardo, Baialardo, Baliabardo), è stato perfino confuso con il grande filosofo francese Pietro Abelardo, ma la storia è pressappoco simile. Pietro Barliario, maestro di medicina, visse nella Salerno del XII secolo e sviluppò una propensione particolare per la magia e la negromanzia; soggiogando i demoni alla sua volontà, fece costruire il porto di Salerno, lasciato incompiuto per il canto di un gallo sfuggito allo sterminio da lui ordinato; in una sola notte fece innalzare i cosiddetti “archi dei diavoli”, ovvero l’acquedotto medievale che ancora oggi si può vedere tra via Velia e via Arce.

Un giorno, però, due suoi nipoti giovinetti, in assenza dello zio, aprirono di nascosto i suoi libri di magia nera, e ciò che vi era scritto li terrorizzò talmente che caddero morti entrambi; al suo ritorno, Barliario scoprì l’accaduto, e, divorato dal rimorso, bruciò tutti i suoi libri di negromanzia e si rifugiò nel monastero di San Benedetto, dove rimase prostrato in preghiera per tre giorni e tre notti implorando perdono. Alla fine, arrivò la risposta: il crocifisso di legno chinò la testa in avanti in segno di misericordia.

Da allora, Barliario vestì l’abito benedettino e rimase nel monastero, dove morì nel 1149 all’età di 93 anni. Non sappiamo come questa leggenda sia nata: Antonio Mazza, priore del Collegio Medico di Salerno nella seconda metà del Seicento, afferma di aver visto la sua epigrafe funeraria, con scritto in Latino “Questo è il sepolcro di Maestro Pietro Barliario”; il suo contemporaneo Pompeo Sarnelli, vescovo di Bisceglie e grande erudito, riporta una cronaca scritta dall’abate Roberto di San Benedetto nel 1403 che sarebbe la prima testimonianza in assoluto della leggenda.

Purtroppo entrambe queste testimonianze sono andate perdute, e oggi non ci è così permesso verificarle. Possiamo però dedurre che si tratta di una “leggenda erudita”, cioè una leggenda che non nasce dal basso, dal popolo, ma dalle opere degli intellettuali, e solo in un secondo momento arriva al popolo. È curioso che la leggenda di Barliario sia arrivata fino in Abruzzo, dove si attribuisce ai diavoli, comandati da “Baialardo”, la costruzione della Via Lattea di Casoli (Chieti).

Nell’Ottocento, si aggiunge il particolare che il miracolo del Crocifisso di San Benedetto avrebbe dato origine alla Fiera di Salerno, detta anche “Fiera del Crocifisso”, che si teneva in concomitanza delle due feste del patrono San Matteo, a maggio e a settembre; la prima testimonianza della fiera, però, citata anche da autori del Trecento come Franco Sacchetti, si data però attorno al 1260, cioè più di un secolo dopo la presunta morte di Barliario.

Fino all’Ottocento, inoltre, era in uso anche il detto dialettale che, per dire a qualcuno che ne aveva fatte di tutti i colori, recitava “N’haje fatte cchiù ttu ca Bajalardo”, “Ne hai fatte più tu che Baialardo”. Forse l’unica cosa concreta che ci rimane di questa leggenda è il “Crocifisso del miracolo”, il crocifisso ligneo di XII secolo oggi esposto al Museo Diocesano di Salerno.

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Dal 9 ottobre "Apollo 4.0" al Museo Archeologico di Salerno

Non si può parlare di progresso senza tecnologia, ma non esiste patrimonio culturale senza tradizione: di qui la sfida di mettere assieme i due aspetti, nel progetto di digitalizzazione del bene storico artistico, con “Apollo 4.0” dal 9 ottobre al Museo Archeologico Provinciale di Salerno. La testa bronzea di Apollo e la leggenda che porta con sé è senz’altro il reperto più iconico custodito al museo, tuttavia ancora poco noto ai turisti e agli stessi cittadini.

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Non si tratta solo di digitalizzare, ma di scolpire in 3D la testa di Apollo, fino a “trasformare” il contenuto storico, artistico, culturale e territoriale in un prodotto digitale innovativo, attraverso uno scanner a luce strutturata o a triangolazione che restituisce un modello tridimensionale accurato dell’opera.

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Giornate FAI di Primavera, la Prefettura di Salerno apre ai visitatori

In occasione delle “Giornate FAI di primavera 2023”, dedicate dal Fondo Ambiente Italiano alla valorizzazione del patrimonio culturale, artistico ed architettonico del Paese, la Prefettura di Salerno aprirà le porte del Palazzo del Governo di Piazza Amendola.

Nel weekend del 25 e 26 marzo saranno, eccezionalmente, aperti al pubblico il Salone di rappresentanza dell’alloggio del Prefetto, l’Appartamento del Presidente della Repubblica - dove hanno soggiornato, tra gli altri, i Presidenti emeriti Ciampi e Napolitano in occasione della visita alla città - ed il Sacrario dedicato alla memoria dei cittadini caduti durante le campagne di guerra, decorati di medaglia d’oro al valor militare.

Il Sacrario ospita un’opera scultorea di Francesco Saverio Palozzi, autore anche della statua marmorea dell’atleta con l’asta posta all’ingresso del Foro Italico a Roma. I visitatori verranno scaglionati in gruppi e gli interessati sono tenuti a prenotarsi sul sito “fondoambiente.it”, tramite il link dedicato.

Gli orari di ingresso sono i seguenti: Sabato 25 marzo, 10:00-13:00 (ultimo ingresso 12:30) e 15:30-19:00 (ultimo ingresso 18:30). Domenica 26 marzo, 10:00-13:00 (ultimo ingresso 12:30) e 15:30-19:00 (ultimo ingresso 18:30).

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