Latte, Coldiretti Campania: "No a taglio prezzi alla stalla"
Loffreda: "Nessuna giustificazione con calo dei costi energetici"
Redazione Irno24 10/05/2023 0
“Non firmate accordi che prevedano tagli sul prezzo del latte alla stalla, neanche di un centesimo”. La Coldiretti Campania richiama così l’attenzione degli allevatori di bovini da latte, chiudendo la porta alle voci che circolano su eventuali tagli legati a trattative in corso in altre regioni italiane.
“Non c’è ad oggi alcuna giustificazione – sottolinea Salvatore Loffreda, direttore di Coldiretti Campania – che possa indurre a modifiche unilaterali del prezzo del latte alla stalla da parte degli acquirenti. I rapporti contrattuali vanno costruiti sul nostro territorio e non a mille chilometri di distanza. Non ci sono elementi oggettivi per alcun taglio, visto anche il progressivo calo dei costi dell’energia e dei carburanti, che pesano sul trasporto. Pertanto invitiamo gli allevatori a non accettare prezzi inferiori a quelli concordati e soprattutto a pretendere la sottoscrizione di contratti di filiera con tutti i crismi”.
Alla luce del vademecum pubblicato da Ismea – precisa Coldiretti Campania – sulla metodologia per il monitoraggio dei costi di produzione del latte bovino, la vendita del latte alla stalla, come previsto dal decreto legislativo 198/2021 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera, deve essere disposta attraverso contratti informati a principi di trasparenza, correttezza e proporzionalità. Tra i requisiti essenziali c’è pertanto la forma scritta, oltre alla previsione di condizioni contrattuali con il divieto di scendere sotto ai costi di produzione.
Il costo totale di produzione di un litro di latte è la somma di due componenti: costi diretti e costi indiretti. I costi diretti sono calcolati mensilmente e comprendono: la manodopera, l’alimentazione degli animali, l’energia, le spese veterinarie, la manutenzione di macchine e attrezzature della stalla. I costi indiretti comprendono gli ammortamenti dei fabbricati, il fitto dei terreni, gli interessi sul capitale agrario (bestiame e scorte), le assicurazioni e altre spese amministrative.
Coldiretti Campania è al fianco degli allevatori nella contrattualistica, anche per garantire il giusto prezzo al di sopra dei costi di produzione, tutelando il reddito delle imprese. Per la Campania, in base ai dati di Ismea, il prezzo minimo del latte nel 2023 è sopra i 64/65 centesimi al litro.
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Redazione Irno24 03/07/2024
Confesercenti, avanti con "area vasta" per valorizzare Salerno e provincia
Confesercenti Salerno lavora a luci spente con decisione e convinzione, ma soprattutto in partenariato con altre grandi realtà provinciali, come CNA Turismo Salerno e la rete delle destinazioni, alla strategia di promozione di una "area vasta" che è rappresentata da Salerno e dalla sua meravigliosa provincia.
L'obiettivo è valorizzare maggiormente un territorio che non deve più essere "confuso" con la meravigliosa Napoli: dalla Costiera Amalfitana al Golfo di Policastro, passando per la Piana del Sele, gli Alburni, il Vallo di Diano e l'Agro Nocerino-Sarnese, luoghi troppo spesso e volutamente dimenticati da "molti", che però Confesercenti e CNA Turismo Salerno vogliono ricomprendere, qualificando le identità locali all'interno di una strategia di "area vasta" che è fondamentale per migliorare i flussi dall'estero.
"Stiamo lavorando in maniera inclusiva e professionale - afferma il presidente di Confesercenti Salerno, Raffaele Esposito - in attesa delle linee guida ufficiali regionali, sulle quali potersi muovere nel rispetto della legge e con il conforto delle istituzioni".
Redazione Irno24 20/05/2020
Giornata mondiale delle api, in Campania il 10% del miele italiano
Con la pandemia vola il consumo di miele con gli acquisti degli italiani che aumentano del 44% spinti dalla voglia di garantirsi cibi importanti per la salute ma anche dal maggior tempo trascorso in casa nella preparazione di dolci e tisane. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione della giornata mondiale delle api istituita dall’Onu, che si festeggia il 20 maggio a livello planetario, sulla base dei dati Nielsen sulle vendite nella Grande Distribuzione Organizzata nel periodo compreso tra lunedì 17 febbraio e domenica 3 maggio.
Un aumento esplosivo della domanda che si scontra però con un momento difficile per la produzione di miele Made in Italy per effetto dell’andamento climatico anomalo con una grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api. L’inverno bollente e la pazza primavera – sottolinea Coldiretti – hanno creato in molte regioni gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare.
Un fenomeno che interessa da vicino la Campania, che rappresenta circa il 10% della produzione nazionale con oltre 1 milione di kg all’anno e un valore stimato di 8 milioni di euro. A guidare le province produttrici di miele è Benevento con circa il 24% del totale, seguita a ruota da Avellino con il 23%, poi Napoli con il 20%, Salerno con il 17% e Caserta con il 16%. C’è un trend positivo nella crescita della produzione biologica, in particolare nelle province di Caserta e Benevento. Il miele concorre, in valore, con oltre l’80% del valore della produzione regionale, mentre la produzione di sciami concorre per circa il 10%. La restante parte del valore della produzione apistica campana è data dalle altre produzioni (regine, impollinazione, cera, pappa reale, propoli).
In Campania sono presenti poco meno di 50.000 alveari. La maggior parte del miele prodotto in Campania, circa due terzi della produzione, è di tipo millefiori. Tra i mieli millefiori della Campania prevalgono quelli composti da associazioni di polline proveniente da Castagno, Crucifere (Cavolo, Verza, Rapa, Broccolo), Rubus (Lampone, Rovo), Sulla, Trifoglio, Eucalipto, Lotus. Tra i mieli uniflorali prevalgono quelli composti da polline proveniente da Sulla, Castagno, Agrumi e Robinia (Acacia).
Nel 2019 la produzione nazionale è stata di appena 15 milioni di chili a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili di miele importato durante l’anno dall’estero, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat dalle quali si evidenzia che il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. In altre parole - precisa Coldiretti - quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri. Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica, consiglia la Coldiretti.
Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
Redazione Irno24 18/11/2021
Specialità tipiche in tempo di Covid, la Campania svetta in Italia
Sono ben 5.333 le specialità alimentari tradizionali presenti sul territorio nazionale nel 2021 in Italia salvate dalla pandemia grazie agli agricoltori per sostenere la rinascita del Paese. E’ quanto emerge dal nuovo censimento delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentato dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma.
La Campania si piazza in testa alla classifica delle regioni con più specialità tipiche, ben 569, davanti a Toscana (463) e Lazio (438). A seguire si posizionano l’Emilia-Romagna (398) e il Veneto (384), davanti al Piemonte con 342 specialità e alla Puglia che può contare su 311 prodotti.
A ruota tutte le altre Regioni: la Liguria con 300 prodotti tipici censiti, la Calabria (269), la Lombardia (262), la Sicilia (264), la Sardegna (217), il Trentino Alto Adige (207), il Friuli-Venezia Giulia (179), la Basilicata con 163, il Molise (159), le Marche (154), l’Abruzzo (149), l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 36.
Grazie all’opera di intere generazioni di agricoltori, impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari, il numero delle tipicità regionali che l’Italia può offrire è passato – sottolinea Coldiretti – dalle iniziali 2.188 del primo censimento nel 2000 alle 5333 attuali con un aumento del 167% dei prodotti salvati dal rischio di estinzione, accelerato dall’emergenza sanitaria.
“Il primato della Campania – commenta Gennarino Masiello, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Coldiretti – conferma ancora una volta che la nostra terra è un concentrato straordinario di cultura del cibo, un sapere millenario che si è sedimentato grazie alle influenze e alle eredità dei tanti popoli che l’hanno attraversata e vissuta.
Dai Greci ai Romani, dai Longobardi ai Normanni, dagli Spagnoli ai Francesi, ogni contaminazione ha lasciato il segno in uno o più specialità alimentari, costruendo quel patrimonio immenso che arricchisce la Dieta Mediterranea e che non a caso è stato riconosciuto patrimonio Unesco proprio da uno studio condotto nel Cilento. L’ultimo riconoscimento Unesco è stato quello all’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani, a conferma della grandezza della cultura del cibo in Campania”.