Feijoa alla ribalta, frutto settembrino conosciuto anche nel salernitano

Coltivato nell’Italia meridionale, spicca per il suo particolare aroma

Annamaria Parlato 29/08/2023 0

La feijoa, detta scientificamente Acca Sellowiana, è un albero da frutto originario della zona subtropicale dell'America del Sud. È stata scoperta dal botanico brasiliano João da Silva Feijó, da cui deriva il nome del frutto. Nel 1815, Feijó inviò campioni di questa pianta al botanico tedesco Friedrich Sellow, che lavorava in Brasile. Sellow inviò questi campioni in Europa, dove furono studiati e descritti scientificamente.

Diffusa anche in California, Florida e nell'Italia Meridionale, in Toscana e Liguria, produce dei fiori meravigliosi e coreografici ma anche dei frutti gustosi, un toccasana per la salute. Questa pianta arbustiva può raggiungere diversi metri di altezza e regalare abbondanti fioriture, tra le più belle e scenografiche che si possano vedere negli alberi da frutto.

Nella nostra penisola, per coltivare questo albero e vederlo crescere rigoglioso bisogna assicurarsi che ci siano temperature miti. Si tratta comunque di un arbusto resistente, che concepisce profumatissimi frutti dalla buccia verde brillante, dal sapore esotico e sofisticato a metà tra quello dell’ananas, della banana o della pera e quello della fragola. È importante notare che la percezione del sapore è soggettiva e può variare da persona a persona. Alcune persone potrebbero percepire un'accentuazione maggiore di un certo elemento, mentre altre potrebbero notare qualcosa di diverso.

La feijoa è apprezzata proprio per la sua complessità e la sua diversità di sapori, che la rendono un frutto intrigante per gli amanti della cucina e dei gusti insoliti. Anche se sono meno diffusi rispetto ad altri frutti tropicali, oggi capita di vederli anche nei supermercati più forniti. Hanno delle dimensioni piuttosto piccole, di forma rotonda o leggermente ovale. Questi frutti sono saporiti ma anche ricchi di grandi quantità di vitamina C e sono un vero e proprio concentrato di benessere. Al loro interno, la polpa è simile a quella del kiwi, un po' viscida, ma sono del tutto privi di semi. Solitamente, si mangiano tagliandoli a metà e prelevando la polpa con un cucchiaino da caffè.

La feijoa è un frutto molto versatile e può essere utilizzato in cucina in diverse modi. Il suo sapore unico e aromatico lo rende adatto a molte preparazioni, dalle pietanze dolci a quelle salate. Può essere semplicemente sbucciata e mangiata fresca, tagliandola a metà o a fette e gustarla così com'è, godendo dei suoi sapori distinti; aggiunta a cubetti nelle insalate miste per un tocco di dolcezza e freschezza; è perfetta per donare un sapore unico ai frullati e agli smoothie, mescolata a frutta e latte o yogurt per ottenere una bevanda nutriente e gustosa; è spesso utilizzata per preparare marmellate e confetture, il suo sapore si sposa bene con lo zucchero, creando una deliziosa conserva da spalmare su pane, biscotti o crostate; arricchisce muffin, crostate o dessert, rende particolari le marinature per carni o pesci, insaporisce le salse per dessert; spremuta è una bevanda fresca, profumata e dissetante.

Il motivo di come si sia diffusa in Italia questa cultivar, che ultimamente sta prendendo sempre più piede, è ancora sconosciuto. Testimonianze della sua presenza, sin dalla fine del XIX secolo, nei nostri territori sono ravvisabili nei monasteri, nei giardini e adesso anche in aziende agricole specializzate in frutti esotici. Negli anni, sono state sviluppate diverse varietà di feijoa, ciascuna con leggere variazioni di sapore, dimensione e colore. Inoltre, sono state effettuate sperimentazioni per sviluppare ibridi con altre piante, al fine di migliorarne le caratteristiche colturali e organolettiche.

La storia della feijoa riflette la capacità dell'essere umano di scoprire, coltivare e diffondere nuove specie di piante, portando a una maggiore diversità nella produzione alimentare e nei piaceri culinari in tutto il mondo. Bisognerebbe in ogni caso approfondire le origini e la storia della sua diffusione, ma intanto chi vorrà assaggiare la feijoa ne resterà, senza ombra di dubbio, positivamente colpito, sia per il suo inconfondibile aroma e sia per le sue infinite proprietà benefiche.

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Annamaria Parlato 27/03/2022

Il carciofo sotto la tazza è quello di Preturo di Montoro

Il termine scientifico del carciofo è Cynara Scolymus. Secondo la mitologia latina, Cynara è il nome di una ninfa dai capelli color cenere e dagli occhi viola, di cui Giove si innamorò. Non corrisposto e indispettito, la trasformò in carciofo; Scolymus deriva dal greco e significa appuntito. Un’altra etimologia fa derivare il nome dal latino cinis, cenere, con la quale si concimava la pianta. Il nome volgare carciofo deriva dall’arabo kerschouff.

In provincia di Salerno il carciofo è molto apprezzato in cucina e viene coltivato da nord a sud del capoluogo, in particolar modo nell’Agro Nocerino-Sarnese, nel basso Cilento, nella Piana del Sele, Picentini e Valle dell’Irno. Il carciofo montorese, coltivato a Preturo di Montoro, in provincia di Avellino, è un prodotto dotato di eccezionali caratteristiche qualitative. Le tecniche di coltivazione di questa specie, tra la fine di marzo e la prima decade di maggio, prevedono la messa a dimora della pianta e un bassissimo uso di prodotti chimici di sintesi; quello di cui questa coltura necessita in modo particolare sono le irrigazioni, che devono essere abbastanza frequenti.

Nel mese di Aprile si svolge anche una sagra (al 2022 ben XXV edizioni), organizzata dall’A.S.D. "Circolo Socio Culturale Preturo", una tre giorni in cui tutto il paese interviene per promuovere il rinomato ortaggio, attraverso le ricette tipiche e gli itinerari volti alla conoscenza del territorio. Tra le preparazioni caratteristiche vi sono le deliziose pizzelle, le polpette, la lasagna, i paccheri e la parmigiana, ovviamente tutte a base di carciofo.

E’ un tipo di coltura che ha bisogno di abbondante acqua per svilupparsi e quindi in passato si coltivava vicino alle sorgenti acquifere che alimentavano anche la Piana circostante. In particolare, le sorgenti Laura e Labso, che si uniscono in un solo torrente, hanno il potere di rendere alcalini con i loro sali minerali i terreni in cui si coltiva il carciofo, tanto da renderlo un prodotto di pregio insignito della denominazione PAT dalla Regione. Una particolarità nella coltivazione di tale ortaggio è la consuetudine di coprire i capolini appena formati con tazze di terracotta braciglianesi, per difenderli dall'azione lesiva del gelo e della luce solare, così come avviene anche nell’Agro Nocerino-Sarnese.

Il carciofo di Montoro viene venduto fresco, prevalentemente sul posto dopo essere stato raccolto in mazzi. Per la sua consistenza carnosa, ma tenera, l'assenza di spine e il particolare profumo, in cucina viene preferito cotto alla brace, condito con olio, sale, aglio e prezzemolo o in umido, anche se l’intingolo gustoso da esso ottenuto si abbina alla perfezione con la pasta fatta in casa.

Lo chef Salvatore Donatantonio, nel suo Ristorante-Pizzeria "Belvedere", a Lancusi di Fisciano, propone menù stagionali utilizzando solo ed esclusivamente prodotti della Valle dell’Irno. Ha voluto regalare ai lettori di Irno24 una sua ricetta, cavatelli cono crema di carciofi montoresi e guanciale, ottima da realizzare in questo periodo e molto richiesta dai suoi clienti. Per ottenere il risultato perfetto, lo chef suggerisce di impastare i cavatelli a mano, con acqua, semola di grano duro rimacinata e sale.

Ingredienti per 4 persone: 800 gr di cavatelli freschi, 4 carciofi di Preturo, 1 cipolla ramata, olio evo qb, 200 gr di guanciale artigianale di maiale. Procedimento: preparare una crema con un soffritto di cipolla montorese e cuori di carciofo. Lasciar cuocere per circa un’ora e successivamente passare al mixer. A parte, far soffriggere il guanciale con dell'olio e aggiungere la crema. Amalgamare il tutto. Cuocere i cavatelli in abbondante acqua salata. Scolare i cavatelli e saltare in padella con il composto ottenuto e guarnire con un carciofo fritto e prezzemolo trito. Aggiungere parmigiano o pecorino e un pizzico di pepe a piacere.

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Annamaria Parlato 26/03/2023

Rossa e attraente: la fragola salernitana e le sue varietà

La fragola è una pianta erbacea (Fragaria vesca) della famiglia delle Rosacee (Dicotiledoni). La si trova tanto spontanea nei boschi che coltivata; la sua pianticina, appressata al terreno, produce lunghi stoloni, per mezzo dei quali si moltiplica. Le foglie ternate, seghettate nella parte superiore, sono portate da un lungo picciolo: i fiori, bianchi, sono riuniti a tre o più su peduncoli eretti.

I frutti, le cosiddette fragole, carnosi e scarlatti, non sono veri frutti, ma solamente il ricettacolo fiorale ingrossato e succoso, su cui sono inseriti piccoli acheni, i veri frutti che volgarmente sono detti semi. Attualmente, sono moltissime le varietà coltivate; alcune a frutto piccolo, altre a frutto grosso. Le diverse varietà si distinguono fra di loro per il profumo, la succosità, la vigoria della pianta e la sua eventuale resistenza ai vari tipi di terreno.

Quasi essenzialmente coltivata a scopo ornamentale è invece la fragola d’India (Fragaria indica), che è robustissima e rapidamente forma un folto tappeto verde, cosparso di frutti di colore rosso vivo; in molte zone boscose questa è spontanea. Punto di forza dell’agricoltura campana, le varietà di fragole coltivate sono divise in tipologie “frigo conservate” e “fresche”, le prime per produzioni precoci per il tardo autunno, le seconde per le produzioni invernali e primaverili.

La fragolicoltura in provincia di Salerno è fondamentale per l’economia agricola del Meridione. Elevate percentuali nella produzione attestano il primato di questa zona nell’esportazione sui mercati nazionali ed esteri della fragola. Caratteristiche peculiari sono i frutti di dimensioni grosso-medie, che possono arrivare anche a pezzature di oltre 25-35 gr/frutto, il colore rosso vivo e lo straordinario sapore, che unitamente alla buona conservabilità ne fanno un punto di forza.

Tutte le varietà coltivate sono prodotte secondo rigidi disciplinari di produzione integrata, secondo normativa GLOBAL GAP, senza l’uso di ormoni artificiali o stimolanti della crescita. La fragola nel salernitano è stata introdotta più di 40 anni fa dall’azione meritoria dell’Istituto per il Commercio Estero (ICE), della Camera di Commercio, dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura e da privati illuminati. Dagli impianti dei primi anni ’60, che videro l’impiego delle cultivar diffuse nel Nord Italia con elevato fabbisogno in freddo invernale, differenziazione fiorale limitata e conseguente riduzione dello sviluppo e della produttività, si passò alle cultivar di origine californiana, appena introdotte e subito apprezzate per i primi buoni risultati conseguiti, essendo costituite in ambienti climaticamente simili a quelli campani.

La varietà Camarosa introdotta negli anni ‘90 e che, per alcuni anni, ha primeggiato in modo quasi assoluto, è stata affiancata ultimamente da Candonga e Ventana. Attualmente, la tipologia di pianta fresca, rispetto alla pianta frigo-conservata utilizzata per anni, ha notevolmente allargato l’arco temporale di raccolta, alienando il concetto di stagionalità della fragola, che viene così prodotta e raccolta 10 mesi all’anno.

La fragola possiede moltissime virtù salutari: ha un altissimo potere antiossidante e un ricco contenuto di vitamina C. È ricchissima di calcio, ferro e magnesio ed è consigliata a chi soffre di reumatismi e malattie da raffreddamento. Inoltre, è particolarmente indicata per combattere il colesterolo: l'acido salicilico in esse contenuto, oltre a risultare efficace contro la gotta, aiuta a mantenere sotto controllo la pressione e la fluidità del sangue.

Le fragole hanno anche un alto contenuto di fosforo e sono utilizzate per le proprietà lassative, diuretiche e depurative. Sono anticancro, rinfrescanti, depurative e disintossicanti. Contengono xilitolo, una sostanza dolce che previene la formazione della placca dentale e uccide i germi responsabili di un alito cattivo. Da fine marzo a giugno è possibile consumare fragole di qualità con le loro innumerevoli varianti dolci-salate in cucina. E allora buona fragolata a tutti, che sia con panna, arancia o limone, è pur sempre una delizia, emblema del mite sole primaverile e delle scampagnate en plein air.

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Redazione Irno24 21/06/2023

Enogastronomia salernitana protagonista al Centenario dell'Aeronautica

Le eccellenze della provincia di Salerno sono state assolute protagoniste della tre giorni conclusiva delle celebrazioni del Centenario dell’Aeronautica Militare, tenutasi nell’Aeroporto Militare di Pratica di Mare (Roma) nello scorso weekend, dal 16 al 18 giugno.

Nell’area allestita, per circa mille ospiti, dalla società salernitana Campus Lab, alcune importanti eccellenze del territorio campano e salernitano, quali i prodotti di TerraOrti, di Nobile Pomodori e del caseificio Barlotti, hanno deliziato i presenti. In cucina un team tutto salernitano di chef, con Geppino Croce, Francesco Monaco, Francesco Forte e Alessio Ruocco, mentre in pizzeria sono stati protagonisti Alfonso Saviello e Gianluca Marotta, ambassador di Molino Magri.

In sala, gli show cooking dell’influencer e food creator Fabio Amato e dello chef campano Giovanni D’Apice, ambassador del pastificio gragnanese Di Martino, e la lavorazione della mozzarella a vista, a cura del mastro casaro Francesco Marandino. Inoltre, il gruppo campano è stato arricchito dalla presenza di Mirko Zenatti, “Tre Pani” Gambero Rosso, e dello chef gluten free Fabrizio Barontini di MartinoRossi.

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