Ilaria Castellaneta di Salerno conquista il titolo di "Pastry Queen 2023"
Il trionfo ai campionati mondiali che si sono tenuti al SIGEP di Rimini
Redazione Irno24 27/01/2023 0
Grande affermazione a Rimini per la pasticciera salernitana Ilaria Castellaneta, che ha conquistato il campionato mondiale 2023, fregiandosi del titolo di "Pastry Queen 2023". L'evento, a cadenza biennale, si è tenuto il 24 e 25 gennaio nella Dolce Arena del SIGEP, la grande kermesse della riviera romagnola. Castellaneta ha preceduto le rappresentanti del Giappone e dell'India.
Queste le prove della finale: dessert al bicchiere con gelato al caffè espresso, dessert al piatto caldo e freddo al cioccolato e marron glacè, bon bon mignon a forma di anello gioiello al cioccolato, piccola scultura vassoio in cioccolato, torta realizzata con stampo, elaborato artistico in zucchero e pastigliaggio. Presidente di giuria il Maestro Pasticciere Iginio Massari.
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Annamaria Parlato 18/04/2020
Le mele annurche di "Tenuta Nannina" a Penta di Fisciano
Lo chef Rocco Iannone, sorry il cuoco (altrimenti si arrabbia e di brutto), dopo tanti anni trascorsi nelle cucine più famose e blasonate del mondo, ha follemente deciso di investire i suoi risparmi, senza attingere a finanziamenti di alcun tipo, in un progetto in perfetta simbiosi con la natura che gli è costato tanta fatica ma che è stato per lui il sogno di una vita intera, inaugurato lo scorso dicembre: Tenuta Nannina, ritorno alle origini.
Emozionato, la descrive: “Questa è Tenuta Nannina - terra e cucina naturale - in fase embrionale già dieci anni fa. La squadra è capitanata da mio padre Giuseppe e mia Mamma Giovanna, che hanno insegnato ai figli l’attaccamento ai veri valori della vita e a conservare le tradizioni del territorio campano. A casa mia, ma sopratutto a casa della mia grande nonna Nannina, si è mangiato sempre genuino. Spero che la vita riprenda a scorrere con tranquillità e normalità per dare a tutti ospitalità nella nostra casa-ristorante qui a Penta, dove non ci sono regole gastronomiche da rispettare, se non quelle di cucinare e servire i nostri ospiti con etica e professionalità.
Abito a Penta di Fisciano, un territorio che in tanti conoscono per l’Università di Salerno, ma non tutti sanno che questo territorio ha delle giacenze gastronomiche artigianali di notevole valore a livello nazionale ed internazionale: la mela annurca, la cipolla ramata di Montoro, la castagna dei Monti Picentini, la nocciola tonda di Giffoni. Sarà mia cura, a breve quando riaprirò, dalla mia riserva agricola presente a Tenuta Nannina dare valore ad ognuna di queste prelibatezze naturali, trasformandole con rispetto e arricchendo le mie ricette che avranno sempre più un valore artigianale”.
E’ proprio la mela annurca tra l’altro ad essere la protagonista dei terreni presenti nella Tenuta assieme all’uliveto, al castagneto, al noccioleto, al frutteto, all’orto, all’aia e all’apicoltura. La mela annurca IGP è una cultivar campana. Raffigurata già a Pompei ed Ercolano negli affreschi, conosciuta da Plinio il Vecchio come “mala orcula”, nel XVI prese la denominazione in volgare - dal “Pomarium” di Gian Battista della Porta - di mela orcola, ovvero di mela tipica di Pozzuoli che cresceva intorno al lago di Averno (l’ingresso agli Inferi). Poi nel XIX secolo da “annorcola” e “anorcola” si denominò “annurca” nel Manuale di Arboricoltura di G.A. Pasquale.
E’ una mela tipicamente originaria del napoletano (area flegrea) ma poi la sua coltivazione si è estesa anche nel casertano (Maddaloni, Aversa, Teano), nel beneventano (Valli Caudina, Telesina, Taburno) e nel salernitano (Monti Picentini, Valle dell’Irno). Possiede numerose proprietà organolettiche e nutritive, cui si associano ottime qualità terapeutiche ed antiossidanti. Le annurche dell’Irno (Baronissi, Fisciano) sono a polpa croccante, compatta, bianca, gradevolmente acidula e succosa, con aroma caratteristico e profumo finissimo, una vera delizia per gli intenditori. Il frutto è medio-piccolo, di forma appiattita-rotondeggiante, leggermente asimmetrica, con picciolo corto e debole.
La buccia, liscia, cerosa, mediamente rugginosa nella cavità peduncolare, è di colore giallo-verde, con striature di rosso su circa il 60-70% della superficie a completa maturazione, percentuale di sovraccolore che raggiunge l'80-90% dopo il periodo di arrossamento a terra. Adesso c’è la fioritura poi la raccolta avviene a metà Settembre e la maturazione termina nei cosiddetti “melai”, dove le mele disposte in fila sul terreno ricoperto da canapa, aghi di pino o materiale vegetale, in modo da evitare ristagni idrici, rigirate di continuo, assumono la caratteristica colorazione e raggiungono quella tipicità che non possiede nessun altra mela sul mercato.
L’artista di fama universale Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, nella sua Canestra di frutta del 1599, conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, dipinse proprio una stupenda mela annurca, persino bacata. Anticipatore del genere “natura morta”, Caravaggio riuscì a dare dignità ad una canestra fatta di vimini intrecciati tra loro e a della banalissima frutta, apparentemente fresca, ma che ad un’analisi più attenta nasconde molteplici imperfezioni tipiche dell’appassimento e del rinsecchimento.
Ora, siccome il dipinto fu commissionato a Caravaggio dal Cardinal Francesco Maria del Monte, suo protettore nel periodo romano, per poi regalarlo al Cardinale Federico Borromeo, la mela annurca di sicuro era conosciuta a Roma e anche in ambito ecclesiastico. Infatti, Caravaggio con molta probabilità dipinse il quadro in periodo autunnale, usando la frutta che aveva a disposizione in quel momento.
Ritornando a Rocco Iannone e alla sua filosofia di cucina, gli chiediamo qualcosa sulle sue mele annurche: “A Tenuta Nannina facciamo molta attenzione a tutte le fasi di coltivazione delle mele sino alla maturazione su paglia. Io il prodotto lo vedo nascere, lo trasformo e lo porto in tavola. In primavera gli alberi sono tutti fioriti ed è uno spettacolo senza pari ammirare i fiori bianchi e rosa che in questo momento sono sbocciati. La Campania è tra le poche regioni che si può permettere ancora un artigianato attento alle tradizioni. A me spetta il compito di esaltarle nelle mie ricette dolci e salate.
Una ricetta che consiglio caldamente è l’insalata fredda di mele con granella di nocciole di Giffoni oppure un’insalata calda di mele, patate lesse, code di gamberi bianchi, zeste di sfusato amalfitano, prezzemolo tritato e olio a crudo delle colline salernitane. La mia cucina nel futuro dovrà parlare un linguaggio visivo e di sapori sempre più comprensibile a tutti perché la sfida in avvenire sarà riallineare le papille gustative ai sapori autentici e non globalizzati.
C’è un grande lavoro artigianale dietro la mela annurca e le contadine dell’Irno sono donne straordinarie che con il loro lavoro manuale compiono dei piccoli miracoli. Io credo moltissimo in questo prodotto e sopratutto nelle sue grandi caratteristiche nutrizionali”.
Tenuta Nannina sarà luogo di formazione per giovani cuochi e stagisti provenienti da ogni parte del mondo, che potranno approfondire attraverso l’artigianalità e il lavoro della terra tutto ciò che sui banchi di scuola non viene loro insegnato. E allora chiediamo a Rocco come sta affrontando questo terribile momento epocale dettato dal Coronavirus: “La cosa che più mi interessa in questa fase è restare saldamente vicino alla mia splendida famiglia e alla mia natura a Tenuta Nannina, dove guardo da giorni attentamente le api che si affollano sui frutti in fiore.
Un processo silenzioso che ti rimette in pace con te stesso e lascia indietro tutti quelli che hanno bisogno di mostrarsi continuando a farsi vedere in ricette tramite video, perché la paura è che se il sistema ti abbandona poi non sei più nessuno. Se costruisci la carriera in una bolla di sapone, quando scoppia, scoppi insieme a lei. Vita da Cuoco è il mio motto, una categoria artigianale che non soffre né tendenze né crisi perché si ha la consapevolezza di un potenziale unico e inimitabile.
Ho smesso di essere Chef da tempo e mi sono concentrato a rafforzare la mia indole da Cuoco. Dalla mia parte ho un grande pubblico di amici e ospiti nazionali ed internazionali che mi seguono e che amano la mia cucina. I miei ragazzi quando sono ai fornelli si occupano personalmente di scegliere alcune verdure del nostro orto. Un’esperienza unica in gastronomia anche perché tanti si allontanano dalla terra per prendere strade diverse. Noi abbiamo scelto di tornare indietro e concentrarci sull’essenza del sapore dell’etica campana, offrendo una cucina quanto più naturale è possibile”. La cucina è una cosa seria.
Annamaria Parlato 30/08/2022
Casta e pudica, la Santa Rosa è nata in un convento ma poi si è evoluta
Tra Amalfi e Positano, mmiez'e sciure
nce steva nu convent'e clausura.
Madre Clotilde, suora cuciniera
pregava d'a matina fin'a sera;
ma quanno propio lle veneva 'a voglia
priparava doie strat'e pasta sfoglia.
Uno'o metteva ncoppa, e l'ato a sotta,
e po' lle mbuttunava c'a ricotta,
cu ll'ove, c'a vaniglia e ch'e scurzette.
Eh, tutta chesta robba nce mettette!
Stu dolce era na' cosa favolosa:
o mettetteno nomme santarosa,
e'o vennettene a tutte 'e cuntadine
ca zappavan 'a terra llà vicine.
A gente ne parlava, e chiane chiane
giungett'e' recchie d'e napulitane.
Pintauro, ca faceva 'o cantiniere,
p'ammore sujo fernette pasticciere.
A Toledo nascette 'a sfogliatella:
senz’amarena era chiù bona e bella!
'E sfogliatelle frolle, o chelle ricce
da Attanasio, Pintauro o Caflisce,
addò t'e magne, fanno arrecrià.
So' sempe na delizia, na bontà!
Quando si parla di sfogliatella Santa Rosa, l’immaginazione è forte e subito balzano alla mente scene di monache dai lunghi abiti candidi, con i copricapi neri, che gioiose e rubiconde preparano dolci in segreto nell’antica cucina settecentesca del monastero sospeso sul mare, in quel di Conca dei Marini in Costiera Amalfitana, patrimonio Unesco, un luogo magico dove il tempo sembra essersi fermato.
Leggende e aneddoti vari si mescolano ai pochi documenti d’archivio esistenti e ai testi di storici locali, tanto da creare attorno alla fama di questo dolce un’aura di mistero. Il dolce comunque si sa che nacque per sbaglio, grazie alla genialità di una suora addetta alla cucina, che per evitare gli sprechi di cibo, mentre impastava del pane, decise di dar vita con gli avanzi di quest’ultimo ad una sfoglia ripiena delle cose che il monastero produceva: frutta, liquori, strutto.
Adagiò quindi sulla “pettola”, rimpastata con sugna e vino bianco, della frutta secca rigenerata in liquore agli agrumi, probabilmente limoni, della semola cotta nel latte e zucchero. Ricoprì il tutto con una seconda “pettola” e richiuse, dando la tipica forma a cappuccio, triangolare ma con l’estremità più allungata. Il dolce infatti è conosciuto anche con l’appellativo di “monachina”. Alla madre superiora piacque tanto e ordinò subito che venissero prodotte in grande quantità e vendute ai contadini attraverso una ruota, come forma di sostentamento per il convento, in cambio di alcune monete.
La Santa Rosa ebbe subito una larga diffusione fino a quando, nel XIX secolo, il napoletano Pasquale Pintauro riuscì a procurarsi la ricetta segreta grazie ad una monaca, forse sua zia, portandola nella sua osteria a Via Toledo, che trasformò in secondo momento in laboratorio-pasticceria. Cambiando leggermente la forma e gli ingredienti, fece nascere la sfogliatella sia nella variante riccia che frolla, con un ripieno di semola, ricotta, canditi, latte, uova e zucchero.
Oggi la Santa Rosa si presenta nella sua veste contemporanea, ma tradizionale, attraverso un croccante involucro di sfoglie sovrapposte a strati fittissimi e un ripieno di ricotta, semolino, canditi, uova, aromi, spezie e all’esterno una corona di crema pasticciera con amarene intere e zucchero a velo.
Il convento o conservatorio domenicano di Santa Rosa de Lima fu edificato nella seconda metà del XVII secolo (1681). Ristrutturato secondo criteri conservativi e con rispetto filologico, dal 2012 è un Boutique Hotel di lusso con Spa e ristorante annesso, alla cui guida c’è lo chef stellato Alfonso Crescenzo. Fu costruito ad opera di Sorella Rosa Pandolfi, della nobile famiglia Pontone della Scala, che si stabilì a Conca e a cui fu regalata la Chiesa di Santa Maria di Grado, che essendo quasi in rovina fu ampliata attraverso la realizzazione di un monastero, per ospitare le altre consorelle.
In questa chiesa si conserva una preziosissima reliquia detta “Capo di San Barnaba”, una delle più importanti in Costiera. Nel corso degli anni le suore sostennero la popolazione locale attraverso la realizzazione di un acquedotto per portare l’acqua corrente in Piazza Olmo. Misero a disposizione anche le loro conoscenze farmaceutiche per la preparazione di medicinali utili a combattere le malattie più comuni. Poi, con le leggi di soppressione degli ordini monastici, nel 1866 la casa religiosa fu destinata a scomparire e le ultime suore restarono lì fino alla loro morte.
Venne in seguito acquistato da un imprenditore romano e trasformato in albergo nel 1924. Infine, dopo la morte di PierLuigi Caterina, ultimo proprietario, l’immobile è stato rilevato dall’ereditiera statunitense Bianca Sharma, che lo ha recuperato con enorme sensibilità, conservando la sua forte identità storica.
Questa sfogliatella si presentava anticamente con un delicato e friabile involucro di pasta frolla lavorata con lo strutto, molto in voga nel XVIII secolo per racchiudere anche pietanze salate, ed ospitava al suo interno della ricotta vaccina dei Monti Lattari, semola, cannella, scorzette di arancia candita o frutta proveniente dall'orto delle monache e rosolio ottenuto dall’infusione di limone, arancia e una parte di liquore.
Un pasticcere napoletano in epoca più moderna pensò bene di utilizzare lo stesso “scheletro” della sfogliatella Santa Rosa, ma variandone la forma e il ripieno. Oggi, nelle pasticcerie salernitane e non solo, è possibile trovare anche la coda d’aragosta o apollino, il cui ripieno è costituito da panna, crema chantilly o crema al cioccolato. Il cavaliere Romolo Mazza fu pioniere a Salerno nella produzione di code d’aragosta, che sono poi diventate fiore all’occhiello della pasticceria gestita attualmente da sua moglie e dai suoi figli.
La Santa Rosa può essere abbinata per quanto riguarda il beverage a un passito di Primitivo o di Falanghina per gli amanti dei vini. Invece, per una scelta più trendy potrebbe sposarsi alla perfezione l’accostamento di una birra artigianale fruttata come una lambic alla frutta, una stout, una Witbier, una Porter, una Weizen, una Ale invernale o speziata.
Redazione Irno24 16/04/2024
L'arte e il gusto di Baronissi a primavera con "Di Food in Tour"
Domenica 21 aprile 2024, il progetto "Di Food in Tour", ideato e curato dal CTG, rilancia in salsa primaverile la tappa di Baronissi, che lo scorso gennaio (in versione natalizia) era stata cancellata per maltempo. Alle 9:30, dopo i saluti istituzionali del Sindaco, Gianfranco Valiante, i partecipanti inizieranno la visita di alcuni dei monumenti più rappresentativi, assieme alla Pro Loco, presieduta da Maria Picarone.
L'evento del 21 aprile, fra l'altro, rientra nel circuito di valorizzazione territoriale "Visit Baronissi", di cui la Pro Loco è fautrice. La passeggiata culturale, che riempirà parte della mattinata, prenderà il via dal Parco del Ciliegio per ammirare il fenomeno giapponese dello “Hanami” e vivere la magia della primavera, immergendosi nella bellezza effimera dei fiori di ciliegio e godendo di momenti di pace e riflessione sotto i rami fioriti.
A tal proposito, la Pro Loco, sui propri canali social, ha organizzato un contest fotografico, che terminerà il 26 aprile: la foto più votata, avente come soggetto i ciliegi, farà vincere al suo autore una Polaroid Fujifilm12.
Dopo il Parco, la passeggiata punterà verso gli scorci più caratteristici, come quelli dei Casali con i pannelli maiolicati, della Villa e del Palazzo Comunale, le Chiese di Montevergine e del Santissmo Salvatore. A seguire, gli approfondimenti enogastronomici che da sempre hanno caratterizzato i tour, come la visita alla Cantina Guerritore, apprezzata per i suoi rinomati vini, e alla Pasticceria Baunilha di Stefania Fasano, per assistere in diretta alla creazione dei rinomati dolci artigianali. Insieme si proseguirà per il pranzo presso la Pizzeria Vittoria di Sabatino Citro, dove il menù sarà a base di antipasto con prodotti selezionati, pizze territoriali e di stagione, dessert ideato in collaborazione con Baunilha.
Nel pomeriggio ci si dirigerà verso il Convento della Santissima Trinità, sede del Museo FRaC, ammirando lungo il percorso i recenti graffiti che hanno arricchito il progetto di street art Overline. Il programma sarà impreziosito dalla conoscenza, tramite un documentario, dell'artista Nicola Fumo, esponente illustre del barocco napoletano, cui è stata dedicata una statua dal maestro scultore Mastroberti. Successivamente, la Pro Loco organizzerà un laboratorio sulla conoscenza dell'antica mela limoncella, che viene coltivata proprio a Baronissi assieme alla mela annurca, cui seguirà una degustazione di prodotti ricavati utilizzando la medesima mela.