San Severino, "Casa nel Nonno 13" intreccia il Vulture e la cucina campana

Attianese e Martinelli firmano un percorso di gusto raffinato, accompagnato dai vini di Elena Fucci

Annamaria Parlato 27/10/2025 0

A "Casa del Nonno 13" di Mercato San Severino, tra aristocratiche mura in pietra, luci calde ed essenze autunnali, giovedì 23 ottobre si è svolta una cena a 4 mani che ha unito due anime della cucina campana: quella autentica, radicata e sensibile di Gioacchino Attianese, resident chef del ristorante, e quella contemporanea, creativa e sorprendente di Gabriele Martinelli, giovane talento del Poniente Restaurant di Salerno.

A intrecciare i loro linguaggi, i vini della Cantina Elena Fucci a Barile (PZ), azienda agricola che rappresenta una delle voci più pure e potenti dell’aglianico del Vulture, in una degustazione che ha attraversato le sue molteplici identità: dal rosato al vermouth, passando per le versioni classiche, in anfora e superiore. Il pairing, curato con sensibilità da Alessandro Pecoraro, restaurant manager e sommelier di sala, ha unito il rigore tecnico dei due chef alla potenza espressiva dei vini lucani, creando un racconto coerente e avvolgente.

Attianese, cuoco del territorio e della memoria, guida dal 2022 la brigata di Casa del Nonno 13. La sua è una cucina di equilibrio e ascolto, capace di rinnovare la tradizione senza mai tradirla. Martinelli, al contrario, rappresenta la spinta giovane e cosmopolita della nuova generazione di chef campani: sperimentatore curioso, ama costruire piatti che parlano di tecnica, contaminazione e umami.

La serata è iniziata con quattro finger di benvenuto, abbinati al Titolo Pink Edition Rosato, un vino cerasuolo, teso e luminoso, dal bouquet di melograno, agrumi e petali di rosa. La sua freschezza minerale e la fine sapidità hanno accompagnato con equilibrio lo gnocco fritto con provola, miso e pomodoro, il maialino in cialda alla paprika con cremoso alla porchetta, la cipolla di Montoro in olio cottura (direttamente dai terreni del papà di Alessandro Pecoraro) con lenticchie beneventane soffiate, soia e fonduta di caciocavallo podolico, e la tartelletta di pasta fillo con caprino di Corbara, zucca grigliata e caviale di aceto balsamico. Quattro piccoli mondi, quattro bocconi che hanno acceso subito la scena con un gioco calibrato di grassezze, acidità e profumi.

L’antipasto, firmato da Martinelli, è stato un piatto di straordinaria eleganza vegetale: funghi cardoncelli con aglio nero, maionese al miso e porcini, jus di pollo e olio al dragoncello. Un incontro tra umami e profondità terrose, tra dolcezza e affumicatura. Il cardoncello, carnoso e succoso, è stato valorizzato da una maionese densa e setosa, dal profumo orientale del miso e dalla tensione balsamica del dragoncello, mentre lo jus di pollo, lucido e concentrato, ha aggiunto struttura e rotondità. In abbinamento, il Titolo Classico 2022: un aglianico elegante, dai profumi di amarena, rosmarino, liquirizia, tabacco e cenere vulcanica, capace di sostenere il piatto con la sua trama tannica fine e una lunga persistenza minerale.

Il Titolo Superiore 2020, ricco, complesso e dalla beva avvolgente, ha accompagnato il primo di Attianese: eliche Afeltra con crema di broccoli cotto e crudo, aringhe affumicate e aria di pecorino bagnolese. Un piatto che unisce terra e mare in un equilibrio impeccabile di sapidità, dolcezza e note fumè. La consistenza al dente della pasta, la crema di broccoli dalle note verdi e fresche, la potenza aromatica del pesce affumicato e la leggera spuma di pecorino hanno trovato nel vino un contrappunto perfetto: il suo frutto maturo e la scia minerale hanno amplificato il carattere identitario del boccone.

Con il secondo, Martinelli ha riportato la cucina nella sfera del sentimento e della profondità: royal di manzo con funghi e tartufo, indivia, carota fermentata e olio di foglia di fico. Un piatto trattato come si farebbe con una lepre o un’anatra, costruito su piani sensoriali sottili - la carne morbida e lucida, le note amare e vegetali dell’indivia, l’acidità viva della fermentazione, il profumo boschivo e resinoso del tartufo - ed esaltato dall’Aglianico Titolo Amphora 2022, vinificato in terracotta, dal profilo più vibrante e terroso, con sentori di erbe spontanee, grafite e scorza di arancia rossa.

Il dolce di Attianese ha chiuso la cena come un atto poetico: éclair con crosta croccante al cacao, confettura di amarene Elena Fucci, melata, cioccolato bianco e vaniglia. Qui, l’abbinamento con l’intrigante Titolo Vermouth, prodotto dall’infusione di botaniche locali nel vino Aglianico, ha aggiunto un tocco aromatico e complesso, tra spezie dolci, radice di genziana e scorze d’agrumi, prolungando la dolcezza con una nota amaricante raffinata. La zeppola fritta, fragrante e profumata di agrumi, ha concluso il percorso con un ritorno al gusto della memoria, una “coccola finale” che ha riportato tutti alle origini di Casa del Nonno 13.

"Cucinare insieme è stato come parlare due dialetti della stessa lingua - ha dichiarato Martinelli - diversi ma uniti dalla passione per la verità del gusto". "Questa serata ha mostrato che la tradizione può sempre dialogare con l’innovazione, purché resti sincera", ha aggiunto Attianese, visibilmente soddisfatto. Elena Fucci, produttrice e anima della cantina lucana, ha commentato: "Vedere i miei vini abbinati a una cucina così sensibile e contemporanea è un’emozione. Ogni calice racconta il Vulture secondo la mia visione 'moderna ma non modernista', la nostra terra di fuoco e roccia, e questa serata ne ha esaltato tutta la forza identitaria".

La cena, prima di una serie di appuntamenti gastronomici che animeranno la stagione di Casa del Nonno 13, si è rivelata sold out per i prenotati e un tripudio di bontà e bellezza per la stampa. Un incontro d’autore dove ogni dettaglio - dal calice al piatto, dalle luci d'atmosfera al servizio - ha trasformato una cena in un’esperienza da ricordare.

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Annamaria Parlato 12/09/2021

Metti una sera a cena in quel di Montoro a Casa Barbato: musica Maestro!

I profumi della campagna montorese tipici dell’estate settembrina, la falce di luna, le stelle argentate e l’ottima gastronomia di Casa Barbato. Con queste premesse, martedì 7 settembre alle ore 20 si è tenuto un evento enogastronomico singolare e ricercato proprio nella dimora della Ramata di proprietà dei Barbato, che da anni si battono per la valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli territoriali attraverso iter certificati e tracciabili nel rispetto dell'ambiente.

Ospiti d’eccezione della serata, moderata in maniera impeccabile dal giornalista Annibale Discepolo de Il Mattino di Avellino, oltre alla stampa di settore il maestro Beppe Vessicchio, volto storico del Festival di Sanremo, e il Dott. Michele Scognamiglio, specialista in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Clinica. L’incontro, fortemente voluto ed organizzato da Nicola Barbato, è stato il pretesto per poter discutere con l’esperto nutrizionista delle proprietà salutistiche della cipolla ramata di Montoro nell’ambito di una corretta alimentazione.

Il maestro Vessicchio ha intavolato un discorso da esperto gastronomo sulle antiche ricette che avevano ingrediente principale la cipolla, come la famosa “genovese”. Vessicchio, produttore del vino ReBarba, un Barbera d’Asti affinato con la tecnica dell’armonizzazione musicale, ricordava quando tempi addietro la genovese “pippiava” come il ragù sul focolare domestico per ore se non giornate intere. Il risultato che ne derivava era la cremosità rigorosa dell’intingolo che si mescolava agli ziti o alle candele spezzate a mano e ai pezzettoni di carne succulenta.

Discepolo ha dichiarato: "Due momenti di grande suggestione, divertimento, un modo nuovo di fare cultura attraverso esperienza e professionalità dei relatori Vessicchio e Scognamiglio, che si sono presentati con apparente leggerezza, usando un linguaggio familiare ed amicale, confidenziale, che inevitabilmente ha suscitato interesse ed affascinato e che martedì ne ha dato ampia contezza nel locale della famiglia Barbato in un viaggio emozionale ed emozionante".

Tra un intermezzo e l’altro, gli ospiti e i giornalisti presenti hanno avuto modo di assaggiare un menù a base di cipolla e delle pietanze più rappresentative del menù estivo dell’agriristorante guidato dallo chef Rinaldo Ippolito, come gli sfiziosi antipasti a base di verdure firmate GB Agricola (le zucchine alla scapece con baccalà e limone o il bao con stracotto di manzo e melanzane grigliate) e i robusti secondi di carni tra cui il galletto alla diavola, croccante e dorato con la sua salsina piccante d’accompagnamento. Non sono mancate le famose candele alla genovese e la parmigiana di cipolle.

L’Irpinia DOC Rosato Biologico del Cortiglio è stato abbinato a agli antipasti. Prodotto esclusivamente con le uve biologiche provenienti dal  vigneto di Contrada Fosso Cavallo a Fontanarosa, è un vino ottenuto dalla vinificazione in bianco delle sole uve rosse aglianico. Caratterizzato da un fruttato ampio e tipico con note di ciliegia, è un vino dal gusto fresco e gradevole. Al galletto l'Irpinia Aglianico DOC della stessa cantina, un vino rosso giovane, affinato in acciaio, caratterizzato da un fruttato intenso di amarena e visciole, con note speziate e dal gusto morbido e gradevole.

Gli intriganti dessert, il Bignemisù e la Pesca & Mandorla a base di crostata con frangipane alle mandorle, bavarese alle mandorle e cuore di pesca, hanno stupito sul finale tutti i convenuti per la loro raffinatezza. Rinaldo Ippolito, agrichef di Casa Barbato con più di venti anni di esperienza in diverse zone d’Italia, in collaborazione con svariati chef stellati, propone solitamente una cucina che ha visto anche la consulenza di Paolo Barrale, giovane chef stella Michelin, di origine siciliane oramai naturalizzato irpino.

Francesco Savoia, casaro dell’omonimo e noto caseificio di Roccabascerana (AV), ha deliziato i presenti con un assaggio in diretta di pane abbrustolito sulla brace con il caciocavallo impiccato prodotto esclusivamente con il latte delle mucche “pezzata rossa”, un formaggio semiduro a pasta filata a latte crudo. Il caciocavallo impiccato è una tradizione antica praticata in varie zone del sud Italia soprattutto in Irpinia, Basilicata e nella provincia di Foggia.

La tecnica dell’impiccagione si dice sia stata scoperta per caso dai pastori che, per tenere lontani gli animali, appendevano i caciocavalli ai rami degli alberi. Una notte il calore del fuoco acceso troppo vicino ai caciocavalli avrebbe fatto sciogliere i formaggi. Ma il percorso degustativo è stato anche l’occasione per testare la leggerezza e la bontà delle pizze di Casa Barbato, realizzate dall’agripizzaiolo Lorenzo Grimaldi, subentrato ad Alessandro Montefusco già a partire dallo scorso maggio.

Il giovanissimo Grimaldi ha interagito con tantissimi chef di spessore, come Giovanni Mariconda, Raffaele Vitale, Tonino Pisaniello, Paolo Barrale. Il suo è un impasto fatto con un blend di farine della nota azienda Molino Vigevano delle pregiate qualità Tramonti e Oro Tipo, che garantiscono una pizza molto leggera, digeribile, saporita e realizzata con ingredienti di prima qualità, che da sempre contraddistinguono la bontà dei prodotti di Casa Barbato, come il pomodoro pelato dell'azienda Montorese Lina Brand, il fior di latte di Agerola, la mozzarella di bufala del Caseificio Principato, i formaggi di Carmasciando, i salumi Cillo, il prosciutto irpino di Giovanniello, l'olio evo Aprol, la mortadella di Bologna presidio Slow Food.

Grimaldi utilizza esclusivamente la biga come prefermento, ottenendo un impasto con un’idratazione al 70-75% che si lascia maturare per oltre 48 ore. Nella panificazione con metodo indiretto, la biga è un preimpasto ottenuto miscelando acqua, farina e lievito in proporzioni tali che esso risulti piuttosto asciutto (circa 450 g di acqua per 1 kg di farina e 10 g di lievito di birra fresco). Il risultato è quello di una pizza-nuvola, scioglievole e dal cornicione molto pronunciato. La cottura è stata testata più volte dal maestro Grimaldi sino a divenire uniforme e perfetta tanto da non rovinare o bruciare la pizza.

Francesca Barbato ha ammesso: "Anche se da un po' di tempo mio padre mi ha affidato la gestione del marketing aziendale, penso che si debba sempre credere nei giovani che cercano di crescere creando un futuro migliore; mettendo sempre al primo posto la passione! Solo con quest’ultima una persona può far valere il progetto che ha cercato di pianificare, facendolo diventare reale e produttivo; Lorenzo ha tutte le carte in regola per sposare le nostre idee in materia di agricoltura e sostenibilità attraverso la sua spettacolare pizza. Stiamo mttendo appunto un menù autunnale in cui inseriremo nuovi piatti con zucca e funghi porcini che arricchiranno anche le pizze".

Nicola Barbato ha continuato: "I giovani sono quelli che ci regalano sempre emozioni. Anche qui, nel nostro agriturismo come nei campi, c’è bisogno di innovazione e rinnovamento. Lorenzo Grimaldi è un giovane su cui io, mia moglie Luisa e i miei figli abbiamo creduto, perché loro sanno innovare e rinnovare apportando cosi valore aggiunto alla nostra realtà e al territorio".

Da standing ovation le pizze Ciaccarella (con wurstel artigianale di suino nero casertano alla senape, fior di latte di Agerola, sticky artigianali di patata rosina) e Hirpinia, un omaggio alla terra dei Barbato, con cipolla ramata di Montoro grigliata (confezionata dalla padrona di casa Luisa Tolino), salsiccia dell’azienda agricola Ferrara, blu di pecora Carmasciando e fior di latte di Agerola. Dove le parole finiscono, inizia la musica ma soprattutto il buon vino e il buon cibo.

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Redazione Irno24 12/10/2020

"La Bottega di Gragnano", tradizione e innovazione alla conquista di Salerno

I profumi della valle dei mulini, il vino, la pasta, l'industria tessile, la tradizione del panuozzo: sono queste sensazioni a guidare il nuovo concept della “Bottega di Gragnano”, fortunata intuizione dei fratelli Antonio e Taddeo Vanacore, che prova a rinnovarsi e lanciare la sfida di rappresentare a 360 gradi, attraverso un percorso sensoriale e gastronomico, una realtà tanto vicina a Napoli quanto differente nelle sue gustose peculiarità.

Negli anni, infatti, i due giovani gragnanesi hanno saputo farsi apprezzare prima a Baronissi e poi nella zona orientale della città con la particolarissima pizza del comune ai piedi dei Monti Lattari, regalando un’esperienza differente ed unica a tanti buongustai salernitani. Tuttavia Gragnano non è solo patria di una pizza unica nel suo genere, ma anche uno scrigno di gustose tradizioni che la città di Salerno ancora non conosce come adeguatamente dovrebbe.

E proprio la città d'Arechi rappresenterà il trampolino di lancio per una vera e propria sfida, un format enogastronomico moderno, smart ed intelligente ma al tempo stesso capace di restare saldamente ancorato alla tradizione, espressa da un know-how dell'arte bianca appreso con passione dai fratelli Vanacore sin dalla più tenera età. Lunedì 12 Ottobre, a partire dalle ore 20, nella nuova sede di Pastena (Via Trento 59/61), nel pieno rispetto delle normative di sicurezza anti Covid, ci sarà l'occasione per presentare la loro storia e al tempo stesso il nuovo progetto imprenditoriale.

Non una semplice cena di degustazione riservata alla stampa specializzata, ma una vera e propria esperienza fatta di storytelling attraverso le emozioni ed i sapori che hanno contribuito alla nascita del nuovo brand. A cominciare dal pezzo forte di casa Vanacore, la pizza, preceduta dai fritti sui quali si concentra anche un meticoloso e continuo lavoro di studio e ricerca. Le nuove proposte della carta autunnale saranno accompagnate dai vini di Gragnano di Salvatore Martusciello e dal beverage della ditta Perrella.

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Annamaria Parlato 30/07/2020

Fresca come l’estate, salutare e depurativa: è la percoca "Giallona" di Siano

Questo è il periodo di massima maturazione della percoca “Giallona” di Siano, tra la fine di luglio e le prime settimane di agosto. Un matrimonio perfetto con il Piedirosso per rinfrescare e togliere la sete nelle calde giornate estive, soprattutto quando nei campi il lavoro era estenuante. Ogni famiglia sianese attende il momento della raccolta delle percoche, l’oro giallo del bel comune dell’Irno, che lentamente rischiano l’estinzione ma che dal secolo scorso hanno avuto un’enorme importanza per l’economia agricola locale.

Infatti, una sagra che ogni anno si tiene ad agosto, incentrata sulla braciola di capra, altro piatto tipico, serve proprio a preservare le tradizioni di questo frutto e a tutelarlo. La Campania ha ottenuto il riconoscimento ministeriale PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale, ma le percoche vengono coltivate anche in molte altre regioni italiane, in modo particolare in Calabria, Puglia, Basilicata e Emilia Romagna. Esistono diverse varietà tra cui la percoca di Turi (provincia di Bari), la Romagnola e per le campane la Terzarola, la Puteolana e quella col Pizzo.

La Giallona presenta una buccia gialla e sovracolore rosa, una forma rotonda, media pezzatura, polpa di colore giallo intenso, compatta e croccante e dall’ottimo sapore. A differenza della pesca tradizionale, la polpa è molto aderente al seme, quando la si taglia è difficile staccarla. Ricca di sali minerali e vitamine, povera di calorie, è rinfrescante e dissetante, ha proprietà depurative e diuretiche.

La percoca ha tantissimi impieghi in cucina: è perfetta sciroppata e nella preparazione di gelati, sorbetti, budini, torte, crostate, confetture e talvolta anche in accostamenti più gourmet con i piatti salati e di mare. Si suggerisce la ricetta della crostata alle Percoca Giallona di Siano che accontenta i gusti di tutti, un simpatico dessert territoriale che rende piacevole gli incontri conviviali estivi.

Ingredienti per 4-6 persone: 400 gr farina, 200 gr zucchero, 220 gr burro, 4 tuorli, scorza grattugiata di 1 limone, sale qb, 1 vasetto di confettura di percoche, 1 barattolo di percoche sciroppate da 400 grammi.

Preparazione: Disporre la farina a fontana sulla spianatoia; unire lo zucchero, il burro fuso, i tuorli, la scorza di limone e un pizzico di sale. Impastare gli ingredienti, lavorandoli energicamente per 10 minuti; formare un panetto di pasta e lasciar riposare con un panno per circa 30 minuti.

Trascorso il tempo stabilito, stendere la frolla sulla spianatoia infarinata, in uno strato alto 1 cm. Ritagliare un disco largo a sufficienza per ricoprire il fondo e le pareti di una teglia a cerniera; con gli avanzi preparare delle striscioline sottili come grissini.

Imburrare e infarinare leggermente la teglia e stendervi il disco, ripiegandone i bordi per formare intorno alla crostata un cordoncino da pizzicare con le dita. Versare sulla pasta la confettura e livellare la superficie con il dorso di un cucchiaio.

Scolare le percoche sciroppate dal loro liquido di conserva e affondarle nella confettura, con la parte bombata verso l’alto; con le striscioline di pasta formare un reticolato sulle percoche. Cuocere in forno caldo a 200 gradi per 40 minuti. Estrarre la teglia dal forno, sganciare la cerniera, lasciar scivolare il dolce su una gratella o su un piatto da portata e farlo raffreddare.

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