Apericena sul terrazzo dell'Embarcadero a Salerno, la cantina è un vanto
Una corposa selezione di vini, bollicine e liquori accompagna i piatti ispirati al territorio
Redazione Irno24 24/06/2025 0
Piatti del territorio, preparazioni tradizionali ma di qualità. Il ritorno alla cucina di mare che rappresenta Salerno. L'Embarcadero, da qualche tempo, esprime questo e molto altro, mettendo a disposizione una grande offerta anche agli amanti del bere: vini, bollicine, liquori. Il "guru" del comparto è Ivan Guzzo, uno dei soci del locale. E' lui a raccontare questo mondo così ricco e affascinante.
"Mio padre ha sempre lavorato nel settore dei vini e dei liquori. Da qui la mia passione, poi diventata lavoro. Prima un ingrosso, poi un'enoteca, successivamente un bar. Infine, l'approdo all'Embarcadero. Qui i vini li acquistiamo direttamente dalle cantine. Non c'è un modo ben preciso di allestire la selezione, provo qualcosa se si tratta di una novità particolare. I nomi importanti sono sempre presenti. Non forzo, però, la ricerca sulla "cantina micro", commercialmente non lo ritengo un discorso valido. Tuttavia, se c'è qualche piccola realtà nuova, a prezzo giusto, la prendo in considerazione.
In primis devo capire cosa desidera il cliente: mai calcare la mano, al massimo posso dare un consiglio. Il vino più buono, in fondo, è sempre quello che piace. Come nel comparto gastronomico, così nel 'bere' la ricerca conta tanto. Troppo facile proporre prodotti di qualità a prezzi altissimi; molto più difficile, invece, è farlo a prezzi giusti: ci vogliono attenzione e studio. In generale, i turisti puntano sul territorio: leggere 'Costa d'Amalfi' in etichetta già conta molto per loro. In termini di richiesta, si registra un calo dei vini estremamente aromatici, oggi si va molto più sul secco, sul semplice e non troppo strutturato.
Sul fronte bollicine, grande ritorno all'italianità, come Trento Doc e Franciacorta. A parte le aziende storiche, che non devono mancare, a me piace cambiare spesso. Ma, ribadisco, la regola fondamentale è sempre la stessa: il cliente va lasciato libero, vuole rilassarsi e non è interessato a spiegazioni particolari. Le definizioni specifiche, i tecnicismi, i "sentori" li riservo alle cene con gli addetti ai lavori. Con una gamma così ampia, oltre 200 etichette fra vini e spumanti, offriamo tante opzioni di abbinamento al menù. Sono più di 600 i liquori: 55 gin, 20 vodka, 15 tequila, oltre a whisky americani, scozzesi e irlandesi. Un parco che accontenta tutti. Questa, ad esempio, è la fase del gin, d'altronde anche le mode aiutano il commercio.
Il martedì, e ogni tanto anche il venerdì, stiamo proponendo un'apericena con musica in terrazza, solo su prenotazione. Un servizio in più alla clientela. Niente discoteca "spinta", una selezione soft curata da un dj, che accompagna i drink e i piatti semplici, curati dalla cucina: pinsa, acquasale, frittura di mare, insalata di polpo.
Adesso, a livello gestionale, stiamo raggiungendo un giusto equilibrio. E' pur vero che si fa fatica a trovare personale, per questo dobbiamo anche rinunciare a delle idee; noi stessi soci siamo in prima linea a lavorare - e fortunatamente lo sappiamo fare - per tamponare i vari buchi. Inoltre, l'amministrazione comunale non ci aiuta: siamo un po' isolati, il cantiere di fronte è fermo, urge manutenzione delle piante sul lungomare, serve qualche servizio di trasporto in più per far fronte alla presenza dei turisti. Con tanti sacrifici, però, andiamo avanti. E ci divertiamo anche sotto stress”.
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Annamaria Parlato 02/02/2025
Cucina giapponese o coreana? Da Kikko Ramen a Salerno le assaggi insieme
La cucina asiatica ha conquistato il cuore e il palato di molti italiani negli ultimi anni, Salerno non fa eccezione. Tra i locali più apprezzati della città spicca Kikko Ramen, un ristorante panasiatico inaugurato a maggio 2024 che fonde sapientemente le tradizioni cinesi, giapponesi, thai e coreane in un mix di sapori autentici e innovativi. La cucina giapponese si distingue per l'attenzione alla qualità degli ingredienti, rappresentando un equilibrio perfetto tra gusto e estetica. D'altra parte, la cucina coreana è conosciuta per i suoi sapori decisi, spesso piccanti, e per l'ampio uso di fermentazioni come il kimchi, una preparazione a base di cavolo fermentato e spezie.
Il ramen è uno dei piatti più rappresentativi della cucina giapponese, ma le sue origini sono strettamente legate alla Cina e a coloro che realizzavano tagliatelle tirate a mano. Introdotto in Giappone all'inizio del XX secolo, dopo la Seconda Guerra Mondiale ebbe larga diffusione in quanto il governo giapponese, investito da una forte crisi alimentare, incoraggiò il consumo di grano fornito dagli Stati Uniti, diventando un piatto a basso costo e accessibile a tutti. Il ramen ha subito numerose evoluzioni, diventando un'icona della cultura nipponica. Si tratta di una zuppa a base di brodo, noodles e vari condimenti, con infinite varianti regionali. Gli ingredienti principali del ramen includono: brodo, che può essere a base di carne (maiale o pollo), pesce o vegetale, spesso insaporito con salsa di soia, miso o sale; noodles preparati con farina di frumento dalla consistenza elastica e sapore delicato; condimenti come il chashu (maiale arrosto), le uova ajitama, il nori (alga), i germogli di bambù, i narutomaki e i cipollotti.
La preparazione del ramen è un'arte che richiede tempo e dedizione. Il brodo viene cotto a lungo per estrarre il massimo sapore dagli ingredienti, mentre i noodles vengono immersi al momento per garantire la giusta consistenza. Ogni elemento viene poi assemblato con cura, creando un piatto che è al tempo stesso comfort food e opera d'arte culinaria. Al palato, il ramen regala una sensazione di calore avvolgente e appagante, con la profondità del brodo che si unisce alla delicatezza dei noodles e alla varietà dei condimenti, per un'esperienza ricca di contrasti armoniosi.
Il kimchi è uno dei pilastri della cucina coreana e rappresenta non solo un alimento, ma anche una parte importante della cultura e della storia del paese. Le sue origini risalgono a oltre duemila anni fa, quando la fermentazione veniva utilizzata come metodo per conservare gli alimenti durante i rigidi inverni, tanto da diventare un'arte culinaria riconosciuta dall'UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell'umanità. È composto da verdure, di cui cavolo napa e ravanelli, spezie come polvere di peperoncino coreano (gochugaru), zenzero, aglio e cipollotti, infine altri elementi che possono includere salsa di pesce o gamberetti fermentati per arricchire il sapore.
Le verdure vengono salate e lasciate riposare per eliminare l'acqua in eccesso. Successivamente, vengono mescolate con una pasta speziata preparata con gochugaru, aglio e vari aromi. Il tutto fermenta per alcuni giorni o settimane, sviluppando il caratteristico sapore pungente e complesso che lo contraddistingue. Al palato, il kimchi esplode con un mix di acidità, piccantezza e un tocco umami, regalando una sensazione di freschezza e intensità che stimola i sensi e lascia un retrogusto persistente.
La fermentazione è una tecnica antica utilizzata per conservare gli alimenti e arricchirne il sapore. Questo processo naturale si basa sull'azione di microrganismi come batteri e lieviti, che trasformano gli zuccheri presenti negli alimenti in acidi, alcol e gas. Nella cucina asiatica, la fermentazione è alla base di molte preparazioni tradizionali, come il miso, il natto e le salse di soia. Questo processo non solo prolunga la conservabilità degli alimenti, ma ne amplifica anche il profilo nutrizionale e organolettico. Gli alimenti fermentati sono spesso ricchi di probiotici, che favoriscono la salute intestinale, e di sapori complessi che arricchiscono i piatti.
Kikko Ramen, situato nel cuore della città, in Via Ten. Col. Calò, e gestito dalla storica famiglia Liu (la prima a portare il sushi a Salerno), si presenta con un design moderno e accogliente, ispirato all'estetica minimalista giapponese, ma con dettagli che richiamano la vivacità coreana. Le pareti, decorate con immagini di pagode e rami di ciliegio, creano un'atmosfera unica, rendendo il locale altamente instagrammabile. Inoltre, un armadio pieno di kimoni è a disposizione dei clienti, che possono indossarli durante il pasto per vivere un'esperienza ancora più autentica e immersiva.
Il menù di Kikko Ramen è un perfetto equilibrio tra le due tradizioni culinarie. Per chi ama i sapori coreani, il menù offre anche i tteokbokki (gnocchi di riso in salsa piccante), il pajeon (frittelle di cipollotti) e il pollo fritto condito con il gochujang (una salsa fermentata salata, dolce e piccante preparata con peperoncino rosso, riso glutinoso, meju ossia fagioli di soia fermentati, malto d'orzo, il tutto in polvere, e sale). Non mancano influenze da altre tradizioni asiatiche come la thailandese e cinese. Ogni piatto del menù di Kikko Ramen sprigiona sensazioni uniche al palato. Al primo assaggio del ramen, che ogni mese viene proposto anche con ingredienti stagionali ma temporanei, il brodo avvolge il palato con la sua complessità, rivelando strati di sapori che si susseguono: dalle note umami del dashi alle sfumature salate della salsa di soia, fino ai toni dolci delle verdure. La temperatura del brodo, mantenuta costante grazie alle ciotole preriscaldate, contribuisce a esaltare ogni sfumatura di gusto. I tteokbokki offrono una combinazione irresistibile di morbidezza e piccantezza avvolgente, mentre il pajeon conquista con la sua croccantezza e i sapori delicati delle verdure.
Ogni piatto è curato nei minimi dettagli, dalla presentazione alla scelta degli ingredienti, spesso importati direttamente dall'Asia. Da provare anche i dessert, come la famosa cheesecake giapponese, il bao dolce, il matchamisù, i mochi gelato e i dorayaki da abbinare allo soju. Il personale è sempre disponibile a guidare i clienti nella scelta dei piatti, spiegando le origini e le caratteristiche di ogni preparazione. Sia che siate appassionati di cucina giapponese o cultura asiatica, Kikko Ramen è il luogo ideale per un viaggio gastronomico senza bisogno di lasciare Salerno. Grazie alla sua attenzione alla qualità e alla sua capacità di coniugare tradizioni culinarie diverse, il ristorante si conferma una tappa obbligata per chi vuole scoprire il meglio della cucina panasiatica. Itadakimasu!
Annamaria Parlato 25/11/2023
Salerno, "Omaggio a Carminuccio" di Granammare è tradizione e innovazione
Se a San Matteo va il merito di aver salvato Salerno dall’incursione saracena del 1544, a Granammare quello di aver sfornato la pizza “Omaggio a Carminuccio”, dedicata alla città e ai salernitani. La pizzeria, inaugurata nell’agosto 2019, si difende benissimo e la triade Santoriello-Gerardi-Cortese ai forni è una squadra vincente che non si cambia.
Il gestore ed ideatore del format Granammare, Nicola Cardillo, quattro anni fa ha avuto la giusta intuizione, rivoluzionando completamente il concept classico di pizzeria cittadina con i cocktail abbinati alla pizza assieme a sfizi e fritti d’autore, in un ambiente sofisticato, elegante ma confortevole. La pizzeria infatti sorge dalle ceneri dell’ex mobilificio Mainardi, istituzione in città, nei pressi del Forte la Carnale, affacciandosi sul mare con la prospettiva privilegiata della Costiera Amalfitana a pochi chilometri di distanza.
L’architetto Michele Citro ha curato il progetto di restyling del locale, sposando tradizione e sperimentazione. Restando coerente con il format gastronomico, ha dato vita a quello che ho definito “design gourmet”. Per l’architetto la proposta di pizza e fritti, affiancati da cocktail, si inoltrava in un mondo pressoché inesplorato, finendo per dare vita ad una relazione tutt’altro che convenzionale; ecco allora che anche i materiali, seguendo questo schema, hanno mixato antico e moderno.
Il design di Granammare è un'ode alla contemporaneità, un mix affascinante di elementi moderni, che si fondono armoniosamente per creare un'atmosfera accattivante. Ogni dettaglio è stato curato per offrire non solo un'esperienza culinaria straordinaria, ma anche un viaggio visivo attraverso l'estetica moderna e l'innovazione. L'ingresso della pizzeria accoglie i clienti in un ambiente aperto e luminoso. Grandi finestre permettono alla luce naturale di filtrare, creando un'atmosfera ariosa e invitante. Il cuore pulsante della pizzeria è rappresentato dal banco pizza a vista, dove i clienti possono osservare i maestri pizzaioli all'opera. La PizzaCourt lasciata aperta aggiunge un tocco di teatralità e trasparenza, permettendo ai clienti di essere parte integrante del processo di preparazione delle pizze.
Colori vivaci, tratti audaci e motivi geometrici aggiungono un tocco di energia e vitalità all'ambiente. Una gigantografia di pizza sulla parete della sala principale è accompagnata dalla scritta: “Due forni, l’impasto a lunga lievitazione, le materie prime d’eccellenza, la creatività ed è subito magia”. Non fa una piega, è proprio così, anche di sabato sera quando fuori c’è una fila interminabile di persone e tutto arriva nei piatti senza errori. Una gran bella soddisfazione per chi gestisce e per chi si accomoda ad un tavolo, scevro da preoccupazioni ma ricco di prelibatezze che faranno divertire il palato.
Giovanni Santoriello, Claudio Gerardi e Stefano Cortese hanno perfezionato sempre di più il loro impasto, anche senza glutine, mettendo a punto una pizza soffice, leggera e lievemente croccante sul bordo, proprio come vuole la scuola salernitana. La pizza “Omaggio a Carminuccio”, con pomodoro San Marzano DOP, origano, olio all’aglio e peperoncino (in uscita: scaglie di pecorino romano DOP, scaglie di Parmigiano e guanciale croccante, basilico) è intensa, golosa ma equilibrata, un connubio perfettamente riuscito tra tradizione e innovazione. Da provare anche la Granammare, la Ciacia, la Sapori del Vesuvio e Autunno Campano.
Non manca la pizza Vegana, con zucca lunga Napoletana stufata, gocce di crema di fagioli Cannellini, cipolla croccante, salsa al coriandolo, cannella. Consigliati il crocchè di patata viola, il timballo di pasta e patate e i padellini, che stanno spopolando da inizio anno, ossia spicchi da condivisione con impasto multicereale a doppia maturazione e cottura nel famoso contenitore metallico. Il risultato è strepitoso e i condimenti vengono aggiunti in uscita, perché assemblati al momento; come nella Pinzimonio d’Autunno con insalatina croccante di finocchio, carote e sedano, maionese veg al cappero di pantelleria, bacca di pepe rosa, profumo di aceto di mele, spruzzato al tavolo, e nella Cetaria con pop corn di crema al burro di bufala profumata al limone, filetti di alici di Cetara, caramello salato, umami in stile campano.
Per chi avrà ancora spazio non dovrà perdere il dessert della casa, con ampia scelta di gusti tra caprese, tiramisù, crème brûlée, cheese cake, tanto per citarne alcuni. La lista dei vini è ampia, buona la selezione di birre artigianali e distillati. Il personale è cortese e vigile alle esigenze dei clienti, mentre la signora Doriana Grimaldi, moglie di Nicola Cardillo, è un’attenta padrona di casa, disponibile e solare. Granammare offre un'esperienza culinaria che vale la pena provare; con la sua combinazione di atmosfera ospitale, servizio impeccabile e cibo straordinario, si erge come un gioiello che fonde trasparenze marine con l’oro del grano maturo nel panorama gastronomico locale.
Annamaria Parlato 28/05/2022
La versatilità del sambuco, il territorio salernitano ne è ricco in primavera
Il sambuco è una pianta largamente diffusa e molto versatile. Cresce praticamente ovunque: nelle siepi come nei terreni aridi, nei boschi come tra le macerie di un rudere abbandonato. La sua ampia utilizzazione ha fatto nascere varie credenze; un tempo nessuno avrebbe mai tagliato una pianta di sambuco, ritenendo che portasse male, mentre in ogni giardini ne veniva coltivata una, essendo una sicura protezione contro le streghe. Era per tradizione immune dai fulmini e si dice che con il suo legno sia stata preparata la croce di Gesù.
È una pianta comune in tutto il mediterraneo, già nota nell’antichità per gli usi medicinali, tra i quali la preparazione dell’Akté, descritto dal filosofo e naturalista greco Teofrasto. I Romani usarono le sue bacche come alimento e Apicio ne trasmise le ricette. Il sambuco è una pianta che preferisce terreni umidi e soleggiati. Cresce molto velocemente e si riproduce spontaneamente dal seme, fiorendo dopo tre anni; un altro sistema di propagazione è quello di servirsi di talee legnose, piantandole in autunno.
Il sambuco non è una pianta particolarmente decorativa; ne esiste tuttavia una varietà ornamentale dai fiori gialli e profumatissimi, chiamata “Aurea”. Se sfregate, le foglie del sambuco emanano un intenso aroma. Il periodo di raccolta dei fiori è in primavera e in estate, da aprile sino ad agosto; dovrebbero essere raccolti la vigilia del giorno di San Giovanni e lasciati all’aperto tutta la notte, perché il santo possa passare a benedirli. I frutti da metà estate a inizio autunno, il resto in qualunque periodo tranne le foglie, che si raccolgono da inizio a metà estate.
In cucina con i fiori si preparano thè e tisane; li si può anche aggiungere a budini, marmellate, gelatine, frittelle e torte di frutta. In cosmesi, invece, l’acqua di fiori di sambuco serve per ammorbidire la pelle, la schiarisce, elimina le lentiggini e la decongestiona. In medicina, radice, fusto, foglie, fiori, corteccia e bacche hanno proprietà emetiche; con il sambuco si curano la sciatica, i reumatismi e la cistite; con il thè, preparato aggiungendo fiori e menta piperita, si combattono raffreddori, tosse e catarro. Contro le nevralgie e le emicranie è efficacissima la conserva fatte con le bacche.
Ottime da fare in casa sono le frittelle di fiori di sambuco che possono essere consumate sia salate che dolci, in apertura o chiusura di un pranzo. Per prepararle occorrono 100 gr di farina di tipo 0, lievito di birra in cubetto, acqua, olio di arachidi, latte intero 70 ml, 15-20 fiori.
In una ciotola, inserire la farina setacciata. In un bicchiere, versare l’acqua tiepida, poi sciogliervi dentro il lievito di birra e infine aggiungere il latte, mescolando bene. Unire il composto liquido alla farina e girare delicatamente con una frusta, sino a quando non si saranno sciolti eventuali grumi. Poi, coprire la ciotola con un panno e lasciar riposare per 30 minuti a temperatura ambiente.
Immergere i fiori di sambuco nel composto ed eliminare la pastella in eccesso con le mani. Friggere per qualche minuto in abbondante olio di arachidi bollente. Cuocere su ambedue i lati. Una volta dorate, scolare le frittelle su un piatto rivestito di carta assorbente. Salare o zuccherare a piacere, e servire come antipasto o come dessert, in base alle preferenze.