Cucina giapponese o coreana? Da Kikko Ramen a Salerno le assaggi insieme
Il ristorante della famiglia Liu è un perfetto equilibrio fra le due tradizioni culinarie
Annamaria Parlato 02/02/2025 0
La cucina asiatica ha conquistato il cuore e il palato di molti italiani negli ultimi anni, Salerno non fa eccezione. Tra i locali più apprezzati della città spicca Kikko Ramen, un ristorante panasiatico inaugurato a maggio 2024 che fonde sapientemente le tradizioni cinesi, giapponesi, thai e coreane in un mix di sapori autentici e innovativi. La cucina giapponese si distingue per l'attenzione alla qualità degli ingredienti, rappresentando un equilibrio perfetto tra gusto e estetica. D'altra parte, la cucina coreana è conosciuta per i suoi sapori decisi, spesso piccanti, e per l'ampio uso di fermentazioni come il kimchi, una preparazione a base di cavolo fermentato e spezie.
Il ramen è uno dei piatti più rappresentativi della cucina giapponese, ma le sue origini sono strettamente legate alla Cina e a coloro che realizzavano tagliatelle tirate a mano. Introdotto in Giappone all'inizio del XX secolo, dopo la Seconda Guerra Mondiale ebbe larga diffusione in quanto il governo giapponese, investito da una forte crisi alimentare, incoraggiò il consumo di grano fornito dagli Stati Uniti, diventando un piatto a basso costo e accessibile a tutti. Il ramen ha subito numerose evoluzioni, diventando un'icona della cultura nipponica. Si tratta di una zuppa a base di brodo, noodles e vari condimenti, con infinite varianti regionali. Gli ingredienti principali del ramen includono: brodo, che può essere a base di carne (maiale o pollo), pesce o vegetale, spesso insaporito con salsa di soia, miso o sale; noodles preparati con farina di frumento dalla consistenza elastica e sapore delicato; condimenti come il chashu (maiale arrosto), le uova ajitama, il nori (alga), i germogli di bambù, i narutomaki e i cipollotti.
La preparazione del ramen è un'arte che richiede tempo e dedizione. Il brodo viene cotto a lungo per estrarre il massimo sapore dagli ingredienti, mentre i noodles vengono immersi al momento per garantire la giusta consistenza. Ogni elemento viene poi assemblato con cura, creando un piatto che è al tempo stesso comfort food e opera d'arte culinaria. Al palato, il ramen regala una sensazione di calore avvolgente e appagante, con la profondità del brodo che si unisce alla delicatezza dei noodles e alla varietà dei condimenti, per un'esperienza ricca di contrasti armoniosi.
Il kimchi è uno dei pilastri della cucina coreana e rappresenta non solo un alimento, ma anche una parte importante della cultura e della storia del paese. Le sue origini risalgono a oltre duemila anni fa, quando la fermentazione veniva utilizzata come metodo per conservare gli alimenti durante i rigidi inverni, tanto da diventare un'arte culinaria riconosciuta dall'UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell'umanità. È composto da verdure, di cui cavolo napa e ravanelli, spezie come polvere di peperoncino coreano (gochugaru), zenzero, aglio e cipollotti, infine altri elementi che possono includere salsa di pesce o gamberetti fermentati per arricchire il sapore.
Le verdure vengono salate e lasciate riposare per eliminare l'acqua in eccesso. Successivamente, vengono mescolate con una pasta speziata preparata con gochugaru, aglio e vari aromi. Il tutto fermenta per alcuni giorni o settimane, sviluppando il caratteristico sapore pungente e complesso che lo contraddistingue. Al palato, il kimchi esplode con un mix di acidità, piccantezza e un tocco umami, regalando una sensazione di freschezza e intensità che stimola i sensi e lascia un retrogusto persistente.
La fermentazione è una tecnica antica utilizzata per conservare gli alimenti e arricchirne il sapore. Questo processo naturale si basa sull'azione di microrganismi come batteri e lieviti, che trasformano gli zuccheri presenti negli alimenti in acidi, alcol e gas. Nella cucina asiatica, la fermentazione è alla base di molte preparazioni tradizionali, come il miso, il natto e le salse di soia. Questo processo non solo prolunga la conservabilità degli alimenti, ma ne amplifica anche il profilo nutrizionale e organolettico. Gli alimenti fermentati sono spesso ricchi di probiotici, che favoriscono la salute intestinale, e di sapori complessi che arricchiscono i piatti.
Kikko Ramen, situato nel cuore della città, in Via Ten. Col. Calò, e gestito dalla storica famiglia Liu (la prima a portare il sushi a Salerno), si presenta con un design moderno e accogliente, ispirato all'estetica minimalista giapponese, ma con dettagli che richiamano la vivacità coreana. Le pareti, decorate con immagini di pagode e rami di ciliegio, creano un'atmosfera unica, rendendo il locale altamente instagrammabile. Inoltre, un armadio pieno di kimoni è a disposizione dei clienti, che possono indossarli durante il pasto per vivere un'esperienza ancora più autentica e immersiva.
Il menù di Kikko Ramen è un perfetto equilibrio tra le due tradizioni culinarie. Per chi ama i sapori coreani, il menù offre anche i tteokbokki (gnocchi di riso in salsa piccante), il pajeon (frittelle di cipollotti) e il pollo fritto condito con il gochujang (una salsa fermentata salata, dolce e piccante preparata con peperoncino rosso, riso glutinoso, meju ossia fagioli di soia fermentati, malto d'orzo, il tutto in polvere, e sale). Non mancano influenze da altre tradizioni asiatiche come la thailandese e cinese. Ogni piatto del menù di Kikko Ramen sprigiona sensazioni uniche al palato. Al primo assaggio del ramen, che ogni mese viene proposto anche con ingredienti stagionali ma temporanei, il brodo avvolge il palato con la sua complessità, rivelando strati di sapori che si susseguono: dalle note umami del dashi alle sfumature salate della salsa di soia, fino ai toni dolci delle verdure. La temperatura del brodo, mantenuta costante grazie alle ciotole preriscaldate, contribuisce a esaltare ogni sfumatura di gusto. I tteokbokki offrono una combinazione irresistibile di morbidezza e piccantezza avvolgente, mentre il pajeon conquista con la sua croccantezza e i sapori delicati delle verdure.
Ogni piatto è curato nei minimi dettagli, dalla presentazione alla scelta degli ingredienti, spesso importati direttamente dall'Asia. Da provare anche i dessert, come la famosa cheesecake giapponese, il bao dolce, il matchamisù, i mochi gelato e i dorayaki da abbinare allo soju. Il personale è sempre disponibile a guidare i clienti nella scelta dei piatti, spiegando le origini e le caratteristiche di ogni preparazione. Sia che siate appassionati di cucina giapponese o cultura asiatica, Kikko Ramen è il luogo ideale per un viaggio gastronomico senza bisogno di lasciare Salerno. Grazie alla sua attenzione alla qualità e alla sua capacità di coniugare tradizioni culinarie diverse, il ristorante si conferma una tappa obbligata per chi vuole scoprire il meglio della cucina panasiatica. Itadakimasu!
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Annamaria Parlato 22/11/2024
Le novità al "Nobi" di Fisciano, De Martino nella piena maturità espressiva
Dopo due anni, si ritorna da Nobi per la seconda volta, soprattutto per scoprire le novità sia del comparto hospitality sia del fine dining. Il ristorante, ubicato in Contrada San Lorenzo a Fisciano, fortemente voluto dalla famiglia Di Leo per rendere omaggio alle eccellenze agricole prodotte nell’omonima azienda di Castel San Giorgio, fondata da Nobile Di Leo, è l’estensione della storica Masseria Nobile. Legumi, ortaggi vari (essenzialmente pomodori) caratterizzano la produzione in loco che poi viene trasformata a Castel San Giorgio, come il pomodoro San Marzano DOP, i datterini gialli Dolly e i marzanini. Alla guida di Nobi ci sono Ilaria Di Leo e Nicola Gregorio, mentre la cucina è affidata allo chef salernitano Michele De Martino.
Oltre ad essere un luogo di soggiorno, la masseria è in continua espansione, con progetti futuri che puntano a migliorare ulteriormente i servizi e gli spazi, mantenendo però sempre il legame con la tradizione e la natura che l’ha ispirata. La combinazione di ambienti eleganti, spazi all'aperto e cucina raffinata, ma accessibile, fa di questa masseria una destinazione perfetta per chi cerca un luogo dove il lusso incontra la semplicità, il comfort si fonde con l’arte, e ogni angolo racconta una storia di continua crescita e innovazione. Situata in una posizione strategica, lontano dal caos della città ma al tempo stesso facilmente accessibile, questa masseria è un vero angolo di paradiso, totalmente immersa nelle verdi colline della Valle dell’Irno, dominate da vaste distese di noccioleti.
All’esterno, la masseria è circondata da paesaggi naturali mozzafiato, con due piscine che invitano al relax. La zona della piscina è un punto di ritrovo ideale, non solo per nuotare ma anche per trascorrere momenti piacevoli con un aperitivo, un cocktail o un pranzo informale. Il punto ristoro esterno, grande novità del 2024, vicino alla piscina, è pensato per offrire una cucina più semplice e accessibile, ma non per questo meno gustosa. Qui, i piatti sono leggeri e ideali per una pausa durante una giornata di sole. Ingredienti freschi e locali si trasformano in insalate, panini ricercati, piatti veloci ma innovativi che permettono agli ospiti di gustare un’esperienza gastronomica senza la formalità di un ristorante tradizionale. Un menù che gioca sull’idea di semplicità, perfetto per accompagnare momenti di convivialità a bordo piscina.
“Spesso le persone associano Nobi agli eventi di banchettistica – spiega De Martino – e alla formula piscina+light lunch. Ma non si riduce a questo, noi siamo innanzitutto ristorante, voglio specificarlo. Poi, altra cosa importante, che voglio precisare, è che banchettistica e ristorazione sono due comparti completamente diversi. I miei colleghi abituati a lavorare per i grandi eventi hanno una forma mentis diversa da chi è abituato a fare cucina. Io invece cerco di fondere le due cose e quando allestisco un buffet porto la mia idea di piatti e ristorazione in un finger o in una portata da banchetto, metto la stessa intensità, lo stesso concetto”.
Altra novità il menù, che diventa ancora più intrigante, sfidando i confini della cucina territoriale, con un occhio di riguardo per coloro che sono affezionati ai sapori classici, quelli che evocano comfort, memoria e tradizione. Questo menù non rinuncia all'innovazione e alle tecniche contemporanee, le mescola con il rispetto per ciò che è familiare e rassicurante. Ogni piatto racconta una storia, quella di un incontro tra passato e presente, tra il conosciuto e il sorprendente, mantenendo sempre un legame profondo con la cucina tradizionale. La cucina di De Martino non è solo una rielaborazione intellettuale, ma un'esperienza ideata per emozionare e soddisfare ogni palato. Con una passione innata per la cucina, lo chef ha perfezionato l'arte di mescolare la tradizione gastronomica con un tocco di modernità, senza mai perdere di vista l'autenticità.
Michele è custode della tradizione, delle ricette del centro storico di Salerno, la sua amata città natale, che hanno segnato la cultura gastronomica della sua terra. Conosce a fondo i piatti storici, quelle preparazioni che raccontano il vissuto delle persone, dei luoghi e dei sapori che hanno attraversato generazioni. Ogni ingrediente che seleziona è scelto con cura e proviene dai fornitori locali, per garantire la freschezza e la qualità della materia prima. La sua cucina è un omaggio a ciò che è genuino e naturale, con piatti che esaltano il vero sapore degli alimenti, senza troppi fronzoli. Ma allo stesso tempo, sa che l’innovazione è essenziale per restare al passo con i tempi. Le sue preparazioni non sono mai banali: un ingrediente tradizionale viene presentato in modo sorprendente, una tecnica moderna viene usata per esaltare i sapori senza modificarli. È un maestro nel reinterpretare i classici, rendendoli freschi, dinamici e visivamente spettacolari, pur rimanendo fedele alla loro essenza.
“Il mio obiettivo finale non è solo quello di preparare cibo - prosegue De Martino - ma di creare emozioni attraverso ogni piatto. Sono in grado di percepire le esigenze della clientela, adattando le mie creazioni alle preferenze individuali, senza mai compromettere la qualità. Per me, la cucina è un atto di cura, un modo per comunicare passione e dedizione attraverso ogni ingrediente, ogni tecnica, ogni presentazione. Ho deciso di mettere da parte la frenesia del mondo dello spettacolo gastronomico per dedicarmi esclusivamente al mio menù, al perfezionamento dei piatti e alla cura dei dettagli. Non sono interessato a seguire le tendenze: per me, la vera soddisfazione è sapere che il mio menù racconti una storia autentica e che i clienti apprezzino sinceramente ciò che mangiano”.
La sua è una scelta di vita consapevole, che riflette il valore di lavorare con passione e senza le distrazioni dell'industria del food, ma concentrandosi solo su quello che importa di più: il piacere di cucinare per gli altri e la gratificazione di offrire piatti che parlano da soli. Infatti, i piatti del menù invernale 24/25 parlano e come: spettacolare è il “To... Il Foies Gras” un filetto di tonno scottato, patate alla maggiorana, fondo bruno di vitello leggermente speziato e foies gras di oca. La ricchezza del foies gras, la freschezza del tonno, la morbidezza della patata e la profondità del fondo bruno uniscono terre e mare in un'armonia di sapori complessa. La maggiorana aggiunge una nota erbacea che bilancia la complessità del piatto, rendendolo equilibrato.
Incantevole il cestino dei pani, abbinato all’olio extravergine di Marco Rizzo, dai lievi sentori di vegetale fresco che aprono ad un amaro gentile, cui segue un piccante breve e delicato, che adesso è diventato più corposo rispetto al passato con pani al lievito madre, farine rimacinate a pietra di grani antichi, focacce ai pomodorini confit, cialdine croccanti di riso e curcuma e piccolo babà rustico caldo alla maniera di un casatiello napoletano. Imperdibili gli antipasti uovo cotto a 62 gradi con amatriciana di seppia, spuma di pecorino e tartufo e il velo di calamaro con cime di rapa e chips di patate affumicate su salsa di provola.
Piatto giocoso e sorprendente la candela spezzata ripiena di genovese su fonduta di pecorino, salsa di cipolle e cipolla croccante di Montoro. Il piatto si caratterizza per l’armonia tra la dolcezza intensa della cipolla, la profondità del ragù di manzo e la sapidità cremosa della fonduta di pecorino. I sentori principali sono quelli di caramello, provenienti dalla cottura lenta delle cipolle, e umami dalla carne della genovese, che si amalgamano con il gusto leggermente piccante del pecorino. La pasta, con il suo ripieno succulento, agisce come un contenitore perfetto per trattenere questi sapori complessi, mentre la salsa di cipolla dona freschezza e leggera acidità, bilanciando il piatto. Il risultato finale è un piatto che gioca con il contrasto tra dolcezza e sapidità, dove la cremosità della fonduta e la morbidezza della genovese creano una sensazione di calore e soddisfazione, arricchita dalla profondità della cipolla e dalla persistenza del pecorino.
E il dessert? Le percezioni gustative bisogna scoprirle direttamente accomodandosi al tavolo di Nobi, non è giusto anticipare tutto, anche se un aiutino può starci: nocciola, gianduia, frolla al cacao, cioccolato bianco. Insomma, una goduria senza fine, un dessert che sa sorprendere, regalando al palato un'esperienza sensoriale che oscilla tra il comfort e la raffinatezza. Grande attesa anche per la cantina, attualmente in fase di allestimento con ulteriori novità per l’anno prossimo.
Redazione Irno24 23/05/2024
Salerno, riapre lo storico ristorante "Il vicolo della neve"
Il 25 maggio riapre “Il Vicolo della Neve” per restituire alla città e ai salernitani una (nuova) storia: tra le “desinenze” della parola Salerno, scorrono le immagini di una tradizione che affonda le radici nella cultura gastronomica tra San Matteo e Alfonso Gatto. Tra i profumi di un’epoca lontana, l’anima del Vicolo rivive nuovamente.
“Volevamo dare nuova vita alla storia - evidenziano i soci che hanno rilevato e gestiranno il locale, Fiorenzo Benvenuto, Gerardo Ferrari e Marco Laudato - ma soprattutto volevamo restituire ai salernitani radici e viscere che passano attraverso una cultura gastronomica che ricorda la semplicità delle mani delle nonne e di chi Salerno l’ha vissuta con sguardo attento e infinita saggezza. Il Vicolo è di tutti, è il filo rosso tra la città e chi la ama incondizionatamente. Vogliamo intraprendere un vero e proprio viaggio nel passato”.
L’inaugurazione (dalle ore 19:00) sarà preceduta da un incontro stampa, alle ore 11:30, presso i locali del ristorante, alla presenza del sindaco di Napoli e di altri salernitani noti (fra cui il regista ed attore Yari Gugliucci, il musicista e cantante Ciro Caravano del gruppo Neri Per Caso), che racconteranno “Il Vicolo” tra gli ambienti restaurati che rivivono nuovamente.
Annamaria Parlato 22/06/2024
Salerno, Giagiù è la pizzeria simile ad un paesaggio affrescato
Da Via Velia al Lungomare Trieste, il trasferimento in quella che è stata la Sala Varese di Palazzo Natella è avvenuto lo scorso febbraio e con la stessa intensità di prenotazioni. La pizzeria Giagiù si riconferma un punto solido della città di Salerno, nel panorama delle pizzeria di qualità che portano avanti la filosofia del prodotto made in Sud e del servizio di sala impeccabile, quasi da ristorante di alta cucina.
Allegra, colorata, stilosa e con una grande cantina a vista (sì perché oggi la pizza si abbina ai vini e alle bollicine), Giagiù è la pizzeria gestita dal maestro pizzaiolo Ciro Pecoraro, assieme ai soci Giancarlo Manzo e Andrea Giannattasio. Questa pizzeria offre non solo un pasto, ma un'esperienza completa che unisce la gastronomia alla scoperta del territorio, delle sue tradizioni agricole, dei prodotti di ben otto regioni del Sud Italia e di alcune usanze antiche, che grazie alla pizza possono ritornare in auge.
Il nome richiama il tipico pomodorino giallo del Vesuvio, una varietà autoctona che si era persa poiché soppiantata dal pomodorino rosso del piennolo, il cui sapore è delicato e dolce, con una leggera acidità che conferisce freschezza. È meno acido rispetto ai pomodori rossi, il che lo rende ideale per chi cerca un sapore più amabile e meno intenso. Così si legge sulla parete centrale del locale, in un bel medaglione rosso e beige: “Un giorno un contadino del vesuviano, tra le classiche piante del piennolo rosso, trovò una pianta di pomodorino giallo e pensò di dare a questo insolito pomo d’oro il nome della sua nipotina Giulia. Da qui “giallo di Giulia” o più semplicemente Giagiù”.
Questo frutto dorato è il protagonista di alcune pizze presenti in carta, ma può diventare anche la base su cui adagiare fritti e altre prelibatezze. Giagiù potrebbe essere ribattezzata come "Ambasciata del Sud", una pizzeria che va oltre la semplice ristorazione, rappresentando un vero e proprio ambasciatore della cultura e della tradizione meridionale. La qualità eccellente degli ingredienti, l'attenzione ai dettagli e l'atmosfera unica rendono la permanenza qui un'esperienza da provare. Ideale per chi desidera immergersi nei sapori autentici del Meridione e scoprire le ricchezze gastronomiche del salernitano.
Il personale è accogliente e preparato, sempre pronto a raccontare le storie dietro ogni piatto e a consigliare i migliori abbinamenti con vini regionali e birre artigianali. La passione per la cultura meridionale traspare in ogni gesto e parola. Ogni morso della pizza profumata, fragrante e dal cornicione ben evidente, è un viaggio tra i sapori autentici, la farina è macinata a pietra, garantendo un impasto leggero, scioglievole e digeribile grazie alla lunga lievitazione.
Pecoraro sottolinea: “Il mio impasto nasce da anni di sperimentazioni ed è il frutto di un blend di farine grezze, tempi di maturazione, alta idratazione e temperatura di cottura; procedure tutte meticolosamente studiate in ogni dettaglio. Il risultato è una pizza dal cornicione lievemente pronunciato, dall’anima soffice, è più simile ad un paesaggio affrescato, ad un racconto tramandato da secoli. Nelle mie pizze rivivono le miriadi di influenze culturali che hanno pervaso il Mediterraneo, dalla Magna Grecia al passato più recente. Se dovessi definire il mio lavoro con un sostantivo, non potrei che scegliere la parola cura”.
E infatti anche i nomi si scelgono con cura, stimolano la fantasia del commensale, esaltano i ricordi, evocano la storia appresa sui banchi di scuola come per Pitagora, Omaggio al Re, il ‘700 Napoletano, Apulia 1956. L’invito è quello di munirsi di forbici adagiate sul tavolo per tagliare la pizza, ma la fetta è talmente elastica che le mani sono più che sufficienti e parte l’assaggio di “Giagiù: Il Sogno”, ma anche la domanda spontanea: “Sto mangiando una pizza o sorseggiando un caffè espresso? Si perché la pizza, nata grazie alla suggestione di un sogno, viene farcita con pomodorino giallo Giagiù confit, pecorino siciliano DOP, fiordilatte di vacca Jersey, pancetta del Vallo di Diano, olio evo cilentano e in uscita polvere di caffè e aria dello stesso che a cucchiaiate viene disposta al centro della pizza direttamente da una Moka gigante napoletana.
Al primo morso, si percepisce la delicatezza dell’impasto e la dolcezza dei pomodorini gialli, a seguire la cremosità del fiordilatte che avvolge il palato. La pancetta croccante e il pecorino aggiungono profondità e intensità, mentre le note tostate e leggermente amare del caffè emergono come un intrigante contrasto, completando il quadro sensoriale con un finale aromatico e persistente. L'aria di caffè è una schiuma leggera che infonde un aroma delicato di caffè, aggiungendo una dimensione olfattiva unica alla pizza. Inoltre, alcuni di questi ingredienti, in purezza, arrivano su un rettangolo di pizza in miniatura, una mattonella, prima della pizza vera e propria, per far capire a chi degusta cosa troverà sul disco lievitato.
Si consiglia anche l’assaggio della frittatina di pasta alla Nerano e del Canapaccio croccante, un latticino dalla consistenza compatta ma cremosa, ottenuto dal latte di bufala con l’ausilio di tecniche innovative, con note affumicate ricavate da una serie di passaggi in tela di canapa che terminano col trattamento a freddo nei fumi bianchi della paglia delle terre cilentane. Il latticino viene panato e fritto e adagiato su crema di pomodorino giallo e guarnito con salsa agrodolce di pomodoro verde e note di zenzero, gocce di confettura di cipolla e malvasia. A questi piatti si può abbinare una birra artigianale sarda “Mutta Affumiada” del Birrificio di Cagliari, nata dal perfetto connubio tra il malto affumicato e le bacche di mirto essicate, che la rendono interessante e di facile ricevibilità. Le note del mirto, dal sentore erbaceo e leggermente balsamico, sono percepibili nella seconda fase della bevuta.
Prima di andar via, ma con la voglia di ritornare presto per vivere nuove esperienze tutte meridionali, imperdibile il “TiramiSud”, un tiramisù in barattolo rivisitato con cacao in polvere, crosta croccante al cioccolato di Modica, crema di ricotta di bufala e biscotto di Castellammare di Stabia bagnato nel caffè. “Quando vai da Giagiù piangi due volte: quando arrivi e quando te ne vai”, sicuramente senza rimpianti.