Ciraudo e la pizza con borragine: a Baronissi... Diè Gustibus non est disputandum

Dopo tre mesi di ricerche, arriva il nuovo menù che è un viaggio nella tradizione del gusto

Annamaria Parlato 29/03/2023 0

Incredibile, che emozione trovare la borragine in una pizzeria e sulla pizza! Sì proprio lei, la pianta tanto apprezzata dalla Scuola Medica Salernitana, rimedio contro la malinconia e la tristezza. Il medico naturalista toscano Giovani Targioni (1764) la definì pianta alimurgica, termine che deriva da “alimurgia” (Alimenta urgentia = nutrimento in caso di necessità), utilizzato per la prima volta per specificare “il modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dé popoli”.

Nel “Livre des simples médecines” del XV-XVI secolo, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, si consigliava di mangiare borragine contro l'itterizia, ma cotta con della carne per poi berne il succo con altro succo di scarola. Ancora, a chi soffriva di malattie di cuore o umori melanconici, bisognava farla mangiare assieme a della carne o ad altro alimento cotto con grasso, o anche cruda. Insomma, dai manoscritti si evince che se abbinata alla carne aveva un maggior effetto terapeutico.

Il maestro pizzaiolo Diego Ciraudo nel XXI secolo cosa ha fatto? Ha ideato una pizza su impasto di crusca tostata con lonzardo di suino nero casertano, crostini di pane della casa, fior di latte di vacca Jersey, borragine spadellata e olio evo (la Pizza Reggia). Un genio, un nuovo dottore della “Scuola Medica della Valle dell’Irno”. Proprio in questo territorio, precisamente a Baronissi, e in piena pandemia da Covid, Diego nel 2021 inaugura il suo locale, il sogno di una vita dopo aver fatto sacrifici e rincorso un mestiere che si può dire è nato un po' per gioco, dato che le sue aspirazioni sarebbero state tutt’altre.

Così, dopo aver frequentato corsi specifici per diventare pizzaiolo, e aver partecipato a competizioni di settore (Trofeo Caputo), fiere (Sigep) e importanti eventi (Sanremo Village), sente trasporto e passione per l’arte bianca e non si lascia sfuggire le varie occasioni che si presentano sul suo cammino. Dopo Varsavia, Parigi, New York e Vienna, il battipagliese Diego, forte delle varie esperienze all’estero, rientra in Italia senza più ripartire. Getta l'ancora a Baronissi e, assieme a Domenica Pagnozzi, rende vivo e originale il suo progetto, sfornando pizze contemporanee dal cornicione abbastanza pronunciato, che affondano le radici nella tradizione partenopea ma che si arricchiscono dei migliori prodotti salernitani, fondendo qualità, estro e semplicità.

La colorata pizzeria è piccola ma accogliente, il menù contiene circa una quindicina di pizze selezionate, insalate, taglieri di salumi e formaggi territoriali di elevatissimo pregio, fritti classici e innovativi, calzoni, saltimbocca e pizza fritta con ripieno completo (cicoli, ricotta, pepe, salame, pomodoro e fiordilatte). Qui la gente viene per assaggiare le famose patatine fritte, irregolarmente tranciate a mano e servite in un sacchetto di carta con varie salsine artigianali in cui intingerle; le frittatine di pasta, a dir poco irresistibili; e ovviamente le pizze, soprattutto le special, il pezzo da novanta di Diego, quelle in cui mette anima e testa.

E i dolci? Ma sì, parliamone: il tiramisù è spettacolare e poi c’è "Diè Namite", un calzoncello fritto e zuccherato esternamente, ripieno di fiordilatte e crema al pistacchio o nocciola. Mio Dio, ma come si fa? Però non bisogna tralasciare un’altra circostanza importantissima: la selezione di birre artigianali, molte del territorio Valle dell’Irno, come le ultime arrivate dal birrificio "I Sanseverino" di Mercato San Severino, fra le quali Principessa Costanza e Troisio che si abbinano ottimamente con le pizze in carta.

Prima di lasciarci, ricordiamo che Diego ha dedicato due anni fa anche una pizza al famoso artista americano Jackson Pollock, uno dei massimi rappresentanti dell’action painting, farcita con insalatina mista, salmone marinato, fettine di mela annurca e dressing ai lamponi. Diego continua a stupirci, il cibo è arte e l’arte è cibo per la mente, non lo dimenticare mai.

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Redazione Irno24 07/01/2023

Salerno, il 14 gennaio la presentazione della "Guida Bio 2023"

Oltre 2000 vini degustati e recensiti e 500 aziende nella nuova edizione della Guida Bio 2023 (Edizioni dell’Ippogrifo), a cura di Antonio Stanzione. Guida Bio 2023 è il primo e unico format nel panorama nazionale ad occuparsi solo ed esclusivamente di vini derivanti da agricoltura biologica certificata o in conversione, che per la sua quarta edizione si presenta anche in formato cartaceo. Il volume è già disponibile sulle maggiori piattaforme digitali e presto anche in libreria.

La presentazione nazionale è in programma il prossimo 14 gennaio a Salerno con un doppio evento: la premiazione di mattina a Palazzo Sant’Agostino, con l’assegnazione dell’ambita Foglia d’Oro 2023 (massimo riconoscimento della Guida Bio) e, di pomeriggio, il salone con le etichette più esclusive in assaggio nella straordinaria location della Stazione Marittima Zaha Hadid.

La Guida traccia un itinerario d’eccellenza che si snoda da Nord a Sud, attraverso tutte le regioni d’Italia, con aperture anche internazionali con l’inclusione dell’Istria. Un volume che viene così a configurarsi come una preziosa mappatura, che diventa strumento imprescindibile per orientarsi alla ricerca di prodotti di qualità, garantiti, al 100% biologici.

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Annamaria Parlato 30/01/2022

Na' tazzulella e' cafè acconcia a vocca a chi nun po' sapè

Il nome caffè ha origine dalla parola araba “qahwa” che indica qualsiasi bevanda di tipo vegetale, il caffè infatti era detto “il vino d’Arabia”. Il caffè fa parte delle bevande nervine e consta dei semi torrefatti e macinati della Coffea arabica, arbusto tropicale appartenente alla famiglia delle Rubiaceae. Quest’albero possiede foglie coriacee ovali-lanceolate, lucide sulla pagina superiore; i fiori sono bianchi e profumati e maturano piccole bacche rosse, ovali, contenenti due semi che corrispondono appunto ai chicchi di caffè.

Leggende e racconti conducono all’affascinante mondo delle origini del caffè. Tra queste, interessante quella che narra dell’utilizzo del caffè da parte dell’Angelo Gabriele per curare il profeta Maometto. Si narra anche, tra le innumerevoli favole, che dei monaci etiopi verso l’850 d.C. si accorsero delle bacche del caffè perché le loro capre le avevano mangiate. Raccolte le bacche, ne ricavarono un decotto che li teneva svegli durante le loro preghiere notturne.

Dall’Etiopia, il caffè si diffuse in Arabia con successo, fino a tutta l’area del vicino Oriente e del Mediterraneo e, con la bevanda, si adottarono anche tutti gli utensili necessari alla sua preparazione. Il successo di tale fenomeno è anche provato dai bassorilievi presenti in alcune tombe, fatti eseguire dalle famiglie di beduini, a dimostrazione dell’assimilazione negli usi quotidiani.

Nel XVI secolo il caffè giunse poi fino a Costantinopoli, dove fu aperta la prima bottega. In Europa il caffè fu conosciuto solo dopo parecchi anni, importato successivamente al cacao e al tè. A Vienna, verso il 1683, a seguito della fine dell’assedio turco, fu costruita la prima casa del caffè. Occorre però attendere gli anni posteriori al blocco continentale di Napoleone, per avere, con successo, la diffusione del caffè nell’ovest dell’Europa.

Il caffè contiene la caffeina, che ha azione stimolante del cuore ed è inoltre un attivo nervino e digestivo. A conferire il caratteristico aroma al caffè è il caffèolo, un olio essenziale. Sono molti i surrogati del caffè, ma quelli più diffusi, e non soltanto nei periodi di guerra, durante i quali il trasporto della predetta droga dai Paesi di produzione è stato spesso compromesso, sono le radici di cicoria, i semi di di alcune specie di Astragalo (leguminose), le cariossidi di orzo torrefatte e anche le ghiande di quercia abbrustolite e macinate.

Il caffè è un universo molto dinamico, tant’è che oggi si sposa in maniera creativa anche con altri settori, dalla pasticceria al vino sino a giungere alla ristorazione in senso ampio del termine. Ma prima di essere degustato in una bollente tazzina o in vetro, il chicco di caffè deve essere tostato. La tostatura, o torrefazione, è una fase molto importante del processo di produzione del caffè: il termine deriva dal latino torrefacere, “far seccare”. È nata molto tempo fa e si è evoluta nei secoli. Alla base c’è un procedimento che può sembrare banale, ossia la semplice cottura dei chicchi crudi.

È impossibile risalire con certezza alla nascita della tostatura: sono diverse, infatti, le leggende e le storie che si raccontano, ma pare che la casualità abbia giocato un ruolo fondamentale. Secondo alcuni, l’origine di questo metodo è da collocare dopo l’assedio di Vienna (1529) da parte dei Turchi, guidati da Solimano il Magnifico. I soldati utilizzavano dei sacchi pieni di chicchi di caffè per ripararsi e, quando gli invasori appiccarono il fuoco alla città, il caffè si abbrustolì. Una leggenda araba, ancora più antica, afferma che alcuni chicchi di caffè siano finiti per errore sulla brace di un fuoco da campo e abbiano attirato l’attenzione di tutti i presenti con il loro profumo avvolgente.

La tostatura del caffè era inizialmente effettuata con degli utensili in metallo o porcellana; per rimestare la piccola quantità di chicchi si usava un cucchiaio. In Egitto, più precisamente a Il Cairo, nel 1650 fece la sua comparsa il tostacaffè: cilindrico e in metallo, aveva una manovella collegata che permetteva di girare la pala posta al suo interno, per mescolare i chicchi. Si diffuse pian piano nel resto del mondo, subendo modifiche nei vari Paesi e diventando sempre più moderno. Tuttavia, gli abbrustolitori rimasero comuni anche nel Novecento: in Italia, per esempio, il tostino era composto da una padella con un coperchio, una manovella e uno sportello per introdurre i chicchi di caffè e veniva utilizzato anche nel secondo dopoguerra.

Ma il processo di torrefazione si spostò presto nelle fabbriche: le macchine tostatrici sparirono dai bar e lo stesso accadde per i modelli che venivano utilizzati in casa. I principali sistemi di tostatura sono due, a conduzione e a convezione, più un terzo ibrido. Solo nel salernitano si contano circa una sessantina di torrefazioni e nella città di Salerno una decina. Tanto per citarne alcune: Caffè Motta, Caffè Grieco, Caffè Vittoria, Cesare Trucillo, Caffè Cutelli, Castorino Caffè, Kikko Caffè, Guatemala Coffee, Caffè Santa Cruz, Moka Gold.

Ognuna di queste aziende ha alle spalle un’affascinante storia di famiglia che si tramanda di generazione in generazione, alcune sono anche Accademie del Caffè dove poter apprendere l’arte del brewing, diventare qualificati assaggiatori di caffè o addirittura baristi e spesso vengono lanciate sul mercato preziose linee di specialty coffee, o meglio caffè verdi della specie Arabica coltivati in speciali condizioni climatiche e ambientali, con particolari profili di gusto e aroma e quindi ben selezionati e lavorati per rispettarne le caratteristiche uniche.

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Redazione Irno24 01/12/2020

Baronissi, due "forchette" per il ristorante "Pensando a te"

Qualche tempo fa, precisamente a fine Ottobre, ci siamo occupati del ristorante di Baronissi "Pensando a te", con a capo lo chef Petrone, in occasione dei dieci anni di attività. E' di qualche giorno fa la notizia del conseguimento della due "forchette", speciali "unità di misura" con cui la Guida del Gambero Rosso "quantifica" la cucina d'eccellenza. Due i piatti forti che hanno senz'altro fatto la differenza: "Lasagnetta alla Genovese croccante" e "Pensando alla Ramata".

"In un momento storico difficile - scrive lo chef Antonio Petrone sui social - voglio dedicare questo risultato gastronomico ai tanti amici clienti che ci danno fiducia, spronandoci a fare sempre meglio, alle tante persone che stanno attraversando un momento delicato e soffrono in silenzio.

Grazie a Imma e Lucia, che da 10 anni difendono con me questo bellissimo progetto, mi sopportano e supportano in tutto. Grazie a Claudia, ormai parte integrante del progetto, e a tutto lo staff che lavora dietro le quinte con tanta dedizione.

Grazie sopratutto ad Emanuele, una persona speciale diventata la mia anima gemella in cucina; appassionato, volenteroso senza eguali, in questi mesi è stato più di una spalla forte su cui contare ed insieme abbiamo realizzato un lavoro di squadra impressionante per traghettare la nave oltre la tempesta".

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