Rossa e attraente: la fragola salernitana e le sue varietà

Carnosa, scarlatta e succosa, rappresenta un punto di forza dell'agricoltura campana

Fragola Camarosa

Annamaria Parlato 26/03/2023 0

La fragola è una pianta erbacea (Fragaria vesca) della famiglia delle Rosacee (Dicotiledoni). La si trova tanto spontanea nei boschi che coltivata; la sua pianticina, appressata al terreno, produce lunghi stoloni, per mezzo dei quali si moltiplica. Le foglie ternate, seghettate nella parte superiore, sono portate da un lungo picciolo: i fiori, bianchi, sono riuniti a tre o più su peduncoli eretti.

I frutti, le cosiddette fragole, carnosi e scarlatti, non sono veri frutti, ma solamente il ricettacolo fiorale ingrossato e succoso, su cui sono inseriti piccoli acheni, i veri frutti che volgarmente sono detti semi. Attualmente, sono moltissime le varietà coltivate; alcune a frutto piccolo, altre a frutto grosso. Le diverse varietà si distinguono fra di loro per il profumo, la succosità, la vigoria della pianta e la sua eventuale resistenza ai vari tipi di terreno.

Quasi essenzialmente coltivata a scopo ornamentale è invece la fragola d’India (Fragaria indica), che è robustissima e rapidamente forma un folto tappeto verde, cosparso di frutti di colore rosso vivo; in molte zone boscose questa è spontanea. Punto di forza dell’agricoltura campana, le varietà di fragole coltivate sono divise in tipologie “frigo conservate” e “fresche”, le prime per produzioni precoci per il tardo autunno, le seconde per le produzioni invernali e primaverili.

La fragolicoltura in provincia di Salerno è fondamentale per l’economia agricola del Meridione. Elevate percentuali nella produzione attestano il primato di questa zona nell’esportazione sui mercati nazionali ed esteri della fragola. Caratteristiche peculiari sono i frutti di dimensioni grosso-medie, che possono arrivare anche a pezzature di oltre 25-35 gr/frutto, il colore rosso vivo e lo straordinario sapore, che unitamente alla buona conservabilità ne fanno un punto di forza.

Tutte le varietà coltivate sono prodotte secondo rigidi disciplinari di produzione integrata, secondo normativa GLOBAL GAP, senza l’uso di ormoni artificiali o stimolanti della crescita. La fragola nel salernitano è stata introdotta più di 40 anni fa dall’azione meritoria dell’Istituto per il Commercio Estero (ICE), della Camera di Commercio, dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura e da privati illuminati. Dagli impianti dei primi anni ’60, che videro l’impiego delle cultivar diffuse nel Nord Italia con elevato fabbisogno in freddo invernale, differenziazione fiorale limitata e conseguente riduzione dello sviluppo e della produttività, si passò alle cultivar di origine californiana, appena introdotte e subito apprezzate per i primi buoni risultati conseguiti, essendo costituite in ambienti climaticamente simili a quelli campani.

La varietà Camarosa introdotta negli anni ‘90 e che, per alcuni anni, ha primeggiato in modo quasi assoluto, è stata affiancata ultimamente da Candonga e Ventana. Attualmente, la tipologia di pianta fresca, rispetto alla pianta frigo-conservata utilizzata per anni, ha notevolmente allargato l’arco temporale di raccolta, alienando il concetto di stagionalità della fragola, che viene così prodotta e raccolta 10 mesi all’anno.

La fragola possiede moltissime virtù salutari: ha un altissimo potere antiossidante e un ricco contenuto di vitamina C. È ricchissima di calcio, ferro e magnesio ed è consigliata a chi soffre di reumatismi e malattie da raffreddamento. Inoltre, è particolarmente indicata per combattere il colesterolo: l'acido salicilico in esse contenuto, oltre a risultare efficace contro la gotta, aiuta a mantenere sotto controllo la pressione e la fluidità del sangue.

Le fragole hanno anche un alto contenuto di fosforo e sono utilizzate per le proprietà lassative, diuretiche e depurative. Sono anticancro, rinfrescanti, depurative e disintossicanti. Contengono xilitolo, una sostanza dolce che previene la formazione della placca dentale e uccide i germi responsabili di un alito cattivo. Da fine marzo a giugno è possibile consumare fragole di qualità con le loro innumerevoli varianti dolci-salate in cucina. E allora buona fragolata a tutti, che sia con panna, arancia o limone, è pur sempre una delizia, emblema del mite sole primaverile e delle scampagnate en plein air.

Potrebbero interessarti anche...

Redazione Irno24 02/12/2020

Re Panettone, il miglior "tradizionale" è quello della pasticceria solofrana Vignola

Primo posto e medaglia d’oro per la Pasticceria Vignola di Solofra all'evento di fine Novembre 2020 "Re Panettone Milano". Sono gli stessi titolari ad annunciarlo via social: "Quest’anno abbiamo vinto il primo premio per la categoria 'Pangiuso' (miglior panettone tradizionale) con il nostro 'classico milanese'.

Siamo molto onorati di aver ricevuto questo titolo, prova degli ingredienti del tutto naturali dei nostri prodotti, dell’artigianalità della nostra produzione e dell’amore per questo lavoro che, da sempre, ci spinge a migliorare".

Leggi tutto

Annamaria Parlato 29/07/2024

D'estate le abbuffate all'aperto, ma le sagre oggi hanno ancora un senso?

La tradizione delle sagre ha radici antiche e si è evoluta nel corso dei secoli, cambiando forme e significati, ma mantenendo sempre il suo carattere di celebrazione collettiva. Il termine "sagra" deriva dal latino "sacra", che significa "cose sacre" o "atti sacri". Questa locuzione latina si riferisce alle celebrazioni religiose e ai riti sacri che venivano svolti in onore delle divinità o in occasioni particolari di importanza religiosa.

Con la diffusione del Cristianesimo, il vocabolo "sacra" venne mantenuto per indicare le celebrazioni in onore dei santi e le festività religiose cristiane, spesso coincidenti con le antiche feste pagane, ma reinterpretate in chiave cristiana. Con il passaggio dal latino volgare alle lingue romanze, la parola "sacra" si è evoluta nelle diverse lingue e dialetti, mantenendo il significato di festa religiosa o celebrazione sacra. In italiano, "sacra" si è trasformato in "sagra".

Oggi, il termine "sagra" in italiano indica una festa popolare, solitamente di carattere locale, che può avere origine religiosa ma spesso è associata anche a celebrazioni di prodotti tipici, tradizioni locali, eventi storici o manifestazioni culturali. Le sagre sono caratterizzate da momenti di aggregazione sociale, con bancarelle, stand gastronomici, spettacoli e attività ricreative. Le prime forme di sagra risalgono alle celebrazioni agricole precristiane, in cui si rendeva omaggio alle divinità per ottenere buoni raccolti. Queste feste includevano riti di ringraziamento e propiziatori, spesso accompagnati da danze, canti e banchetti. Nell'antica Roma, le feriae erano giorni di festa dedicati agli dèi, mentre i ludi comprendevano giochi e spettacoli pubblici. Queste festività erano parte integrante della vita religiosa e sociale romana e contribuivano a consolidare il senso di comunità.

Con l'avvento del Cristianesimo, molte delle antiche festività pagane furono cristianizzate e dedicate ai santi patroni. Le sagre patronali divennero occasioni per celebrare i santi locali con messe, processioni e feste comunitarie. Il medioevo vide anche l'emergere di mercati e fiere che si tenevano in concomitanza con le festività religiose, creando un'importante occasione di scambio economico, oltre che sociale e culturale. Le sagre durante il Rinascimento iniziarono a includere spettacoli teatrali, tornei e altre forme di intrattenimento più elaborate, riflettendo l'espansione culturale e artistica dell'epoca. In epoca Barocca, le celebrazioni divennero ancora più articolate con fuochi d'artificio, musica orchestrale e banchetti sontuosi.

Il periodo post-unitario in Italia vide una rinascita dell'interesse per le tradizioni locali e le sagre divennero un modo per preservare e celebrare la cultura regionale. Nel XX secolo, con l'avvento del turismo di massa, molte sagre si sono trasformate in eventi turistici, attirando visitatori da altre regioni e persino dall'estero. Le sagre moderne, attualmente, possono essere dedicate a una vasta gamma di temi, dai prodotti alimentari locali (come la sagra del tartufo, della castagna, del vino) alle tradizioni artigianali, sportive e culturali. Nonostante la commercializzazione, molte sagre continuano a essere organizzate da comunità locali, mantenendo un forte senso di appartenenza e identità. Alcune sagre sono diventate di grande richiamo, con programmi che includono concerti, spettacoli, mostre e competizioni.

Le sagre contribuiscono a preservare e valorizzare le tradizioni, i costumi e le pratiche locali, mantenendo viva l'identità culturale di una comunità; offrono l'opportunità alle nuove generazioni di conoscere e apprezzare le tradizioni del passato, creando un legame col presente; attraggono turisti, incentivando l'economia locale attraverso la vendita di prodotti tipici, l'artigianato e l'ospitalità; mettono in luce le eccellenze gastronomiche e artigianali del territorio, favorendo il consumo e la valorizzazione delle risorse locali; propongono occasioni di incontro e socializzazione, rafforzando i legami comunitari e creando un senso di appartenenza. Inoltre, la partecipazione all'organizzazione e allo svolgimento delle sagre coinvolge numerosi volontari, favorendo il lavoro di squadra e l'impegno civico.

Durante le sagre, i cibi variano ampiamente a seconda della regione, della stagione e del tema della sagra stessa. Tuttavia, in generale, i cibi delle sagre italiane riflettono le tradizioni culinarie locali e le tipicità del territorio. Esse sono l’occasione per scoprire e gustare i prodotti tipici locali, spesso preparati secondo ricette tramandate di generazione in generazione. Sebbene le sagre siano tradizionalmente legate alla celebrazione del cibo regionale e tradizionale, in alcuni casi può capitare che il cibo servito non rispecchi completamente queste aspettative.

Alcune sagre si orientano verso la sostenibilità, promuovendo il consumo di prodotti a km 0 e pratiche rispettose dell'ambiente. Tuttavia, per mantenere la loro rilevanza, è importante che si adattino ai tempi moderni, bilanciando tradizione e innovazione, autenticità e sostenibilità, in quanto il rischio di omologazione e concorrenza con altre forme di intrattenimento può ridurre l'unicità e l'attrattiva delle sagre. Si richiede anche una migliore gestione dei rifiuti, in quanto l'impatto ambientale di questi eventi può rappresentare un problema, imponendo attenzione e soluzioni a basso tasso inquinante.

Leggi tutto

Annamaria Parlato 26/04/2022

Salerno si arricchisce di un nuovo vino rosato dell'azienda agricola Amina

Molto spesso i vini rosati non sono nemmeno considerati vini, per qualche strano e certamente ingiusto pregiudizio, non si riconosce loro la dignità di vino. Negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di quasi estinzione, almeno in Italia, si sta assistendo alla rivalutazione dei vini rosati, sia come vini fermi che come spumanti. Dal 2014 ad oggi, nelle enoteche la richiesta è aumentata dal 10 al 20%. I gusti fortunatamente cambiano, tipologie di vini che in passato erano molto meno apprezzati hanno acquistato importanza.

Il rosato non è né un vino cosiddetto “femminile”, perché amato da un pubblico di donne, né un vino estivo, anche se fa gola come un bianco nella bella stagione e addirittura può anche invecchiare. La voglia di sperimentare cose nuove in primis e poi il voler variegare l’offerta, arricchendola con un vino dal colore cerasuolo e che si abbina bene con dei piatti a base di pesce, hanno indotto il Dott. Orazio Genovese a produrre una nuova etichetta: il Salernum Rosato. Dirigente in pensione, salernitano doc, studioso appassionato delle origini sua città e autore di una pubblicazione intitolata “Dalla Capua Rhegium al Corridoio Helsinki-Valletta, passando per la Salerno-Reggio Calabria”, Genovese nell’azienda vitivinicola Amina a Sòrdina di Ogliara è riuscito dopo quattro anni dall’uscita del suo primo vino, il Salernum Rosso nel 2018, a metterne in commercio un secondo.

Quando gli Etruschi arrivarono a due passi dall’attuale Salerno, esisteva una città greca “Irna”, corrispondente a Fratte, sul fiume Lirnum. La necropoli di Irna ha riportato alla luce testimonianze che facevano pensare a questo posto come ad centro ricco, industriale e commerciale, con un proprio sbocco al mare, nei pressi di un borgo marinaro chiamato Irnum, a destra della foce del fiume Irno. Si è poi capito che questo centro marittimo “Irnum” fosse a sua volta lo sbocco a mare della località Amina, che si trovava proprio là dove ora sorge Salerno. La città, quindi, risulterebbe dall’unione di “Salum” ed “Irnum”, inteso “Salum” come “rada” ed “Irnum” come porto di Irna, allo sbocco del fiume Lirnum. Si sarebbe avuto così: Salum-Irnum, Saluirnum, Salirnum e Salernum.

Gli Aminei, prima dei Poseidoni, erano gli abitanti di Amina, che oggi gli archeologi identificano in Pontecagnano o in uno specifico territorio, con molta probabilità quello picentino. Questa zona fu il limite meridionale dell’espansione etrusca e in un’iscrizione sempre nella stessa lingua, conservata al Museo Archeologico di Pontecagnano “Gli Etruschi di frontiera”, si legge la parola Amina. Gli Aminei si rifugiarono tra le colline salernitane e furono anch’essi viticoltori della cosiddetta vite aminea. Questa affascinante storia ha indotto lo studioso Genovese ad amare ancora di più il suo territorio e ad indagarne le remote origini. Chiamare i suoi vini con l’appellativo Salernum fa capire quanto sia sta forte la volontà di Genovese di ancorarli alle bellezze, ai miti e ai fasti di una terra che gli archeologi non finiranno mai di riportare del tutto alla luce, data la vastità delle vicende storiche che si sono succedute nel corso dei secoli.

Guardi – ha dichiarato Genovese – un po' di tempo fa, durante l’esplorazione archeologica preliminare del nuovo tracciato della SP 25 Fuorni-Giffoni Valle Piana, nel tratto interessato dal progetto del termovalorizzatore di Salerno in località Cupa di Siglia, è stato rinvenuto uno scarabeo avente funzione di sigillo, risalente al terzo quarto dell’VIII secolo a.C. Sull’oggetto è incisa una scena di danza in cui i partecipanti si abbeverano, presumibilmente di vino, attraverso una cannuccia inserita direttamente in anfora. Il territorio delle zone collinari di Salerno è ancora ricco di testimonianze che possono ricondurci a ricostruire le abitudini degli abitanti che fondarono la città. La viticoltura è una di queste”.

L’ultimo nato, il rosato annata 2021, è un IGP Colli di Salerno concepito dalla combinazione di Aglianico e Cabernet Sauvignon. E’ affinato in acciaio, si abbina ai piatti a base di pesce e crostacei, carni bianche e formaggi freschi. Ha una forte personalità data dal Cabernet e robusta struttura, tant’è che raggiunge i 13,5% gradi alcolici. Ha eleganti sfumature aranciate e tonalità che vanno dal rosa salmone al corallo. Al naso è floreale e al palato fresco, armonioso, elegante, dalla forte impronta mediterranea con componenti aromatiche di frutta rossa che lo avvicinano molto anche ad appetizers e aperitivi estivi a bordo piscina. Il Salernum Rosato è un vino intriso di storia che sa di mare e da amare al primo sorso.

Leggi tutto

Lascia un commento

Cerca...