Salerno ospita la seconda tappa del campionato "Giovani Macellai" di Federcarni
A giudicare i 12 concorrenti anche il nostro direttore Annamaria Parlato
Redazione Irno24 26/05/2022 0
Avrà luogo domenica 29 maggio, a Salerno, la seconda tappa del campionato italiano “Giovani Macellai” di Federcarni, organizzato con Confcommercio Campania. A partire dalle 9, e fino alle 15.30, l’appuntamento è all’Istituto Alberghiero “R. Virtuoso” in via Pertini 1, per una sfida all’ultima lama. Dopo la prima tappa di Erba, lo scorso 3 aprile, sarà anche questa l’occasione giusta per i macellai under 35 del territorio di mettersi alla prova: non solo coltelli e manualità, ma anche abilità e fantasia nella realizzazione dei propri piatti per conquistare i giurati e iniziare il cammino verso la finalissima.
Dodici i concorrenti in gara. A scendere in campo sarà chiamata, dunque, una giuria d’élite composta da: i macellai esperti Giuseppe Longo, vicepresidente Federcarni provinciale, nonché titolare della macelleria “Bottega dal 1992”, e Bruno Muraro, conosciuto e apprezzato in ambito Federcarni nazionale; lo chef Giovanni De Martino, docente all'istituto alberghiero, nonché membro della Federazione Cuochi Campania;
la giornalista Annamaria Parlato, curatrice di rubriche dedicate all’enogastronomia, social blogger, food&beverage manager, storica di foodart e direttore di Irno24; il veterinario Simona Rocco, dottoressa Asl locale, specializzata in igiene alimentare; il presidente regionale Federcarni, Piero Pepe, in qualità di presidente di giuria, cui sarà affidata la votazione finale.
Non a caso, quest’anno, la federazione nazionale ha scelto la città di Salerno per la seconda edizione di un format rivolto alle giovani leve. Presente sul territorio da circa 20 anni, Federcarni Salerno, con il presidente Matteo Accurso, offre supporto a tutta la categoria di macellai della provincia.
“Durante questo lungo periodo - spiega Giuseppe Quaranta, consigliere Federcarni Salerno - abbiamo dovuto sostenere diverse problematiche, tra mucca pazza, smaltimento rifiuti SOA, adeguamenti sanitari HCCP e, infine, l’emergenza sanitaria, riuscendo a dare risposte concrete al marchio, nonostante la crisi; certi di un notevole riscontro, desideriamo ringraziare chi si è prodigato per il buon esito della gara, sollecitando più vicinanza alla categoria da parte delle istituzioni nel supportare le iniziative volte alla tutela, alla formazione e valorizzazione dei più antichi mestieri”.
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Annamaria Parlato 29/07/2025
Vintage di mare, il gusto anni 80-90 dell'Embarcadero di Salerno
C’è una nostalgia che profuma di basilico, di pomodoro e di provola filante. Una malinconia buona, che si serve calda, in monoporzione, con la crosticina dorata e il cuore morbido. È la parmigiana di alici, uno dei piatti cult degli anni ’80 e ’90 che oggi rivive, in una forma nuova ma fedele, nella cucina dello chef Antonio Perna, all’Embarcadero di Salerno.
"Il ricordo della parmigiana – racconta Antonio – è legato alle mie prime esperienze lavorative. Quando ho iniziato nei ristorantini e nelle trattorie di Salerno, la parmigiana di melanzane o l’alice imbottita con provola erano sempre presenti. Fino al 2010-2012 c’era ancora una forte influenza degli anni ’90, poi con la televisione, i programmi di cucina e gli chef moderni è cambiato tutto. Quel tipo di cucina è andato scomparendo. Oggi, per trovare una parmigiana di alici in un ristorante, devi girare parecchio".
Il vintage, qui, è memoria da assaporare, un tuffo nelle radici. Antonio la ripropone in chiave personale: una parmigiana monoporzione con mousse di provola e basilico al centro, una panatura di pangrattato e mandorle, poi fritta direttamente. Gli ingredienti restano quelli della tradizione: pomodoro, provola, basilico, parmigiano, sale e pepe. Il sapore? "Quello autentico della parmigiana di alici di una volta".
Altrettanto intimo è lo spaghetto macchiato vongole e lupini, primo piatto simbolo della cucina salernitana casalinga. "Questo è un piatto che mi porto dentro fin da bambino – dice Antonio – perché sia mio nonno che mia nonna lo cucinavano spesso. Ovviamente macchiato, con molti lupini, come vuole la tradizione del nostro territorio. A casa mia non si faceva lo spaghetto in bianco, quello è più napoletano. Il macchiato è di Salerno, radicato. Se penso che mia nonna era di Largo Dogana Regia e mio nonno di Canalone, per me questo piatto è un primo salernitano al cento per cento".
E poi c’è il mare, quello vero. La frittura di paranza e il pescato del giorno arrivano freschi, senza rivisitazioni, senza maschere. "Noi lo serviamo così com’è – dice lo chef – arriva direttamente dal nostro pescivendolo di fiducia. Pezzogne, orate, spigole, scorfani locali. Il cliente sceglie: al sale, all’acqua pazza, arrosto con le patate. Ma quello che va per la maggiore oggi, anche per stagione e disponibilità, è la nostra pezzogna locale".
A chiudere il cerchio, come in ogni pranzo della domenica anni ’90, c’è il dolce. Il richiamo a Capri non poteva mancare: la torta caprese, fondente, senza farina, dal cuore tenero di mandorle e cioccolato. Un dolce che si scioglieva al palato, spesso accompagnato da gelato artigianale, un distillato o da un semplice caffè servito fumante, all’italiana. All’Embarcadero, il tempo sembra fermarsi a quando Salerno sapeva ancora di cucina di famiglia, di estate in città, di piatti senza pretese ma pieni d’identità. E ad ogni morso si sente che quei sapori non sono mai davvero passati di moda.
Annamaria Parlato 21/08/2025
Fichi d'India, dal Messico al salernitano per trovare un habitat ideale
Introdotti in Europa dopo la scoperta dell’America e giunti in Italia nel XVII secolo grazie alla dominazione spagnola, i fichi d’India hanno trovato nel Sud e nella provincia di Salerno un habitat ideale, trasformandosi da pianta esotica a simbolo mediterraneo. Le prime coltivazioni si diffusero nelle Canarie e in Sicilia, sfruttando la loro capacità di resistere ad aridità e terreni scoscesi, da lì raggiunsero il resto del Mezzogiorno. Nel corso dei secoli furono utilizzati non solo come frutto ma anche come risorsa multifunzionale: nel XIX secolo le pale, private delle spine, venivano usate come foraggio, mentre il succo trovava impiego nella medicina popolare e oggi è base di cosmetici per le sue proprietà nutrienti e antiossidanti.
Nella provincia di Salerno il fico d’India è entrato a far parte del paesaggio: dai terrazzamenti delle zone costiere alle colline, le piante costellano campi e sentieri, a testimonianza di un radicamento secolare. Le varietà più comuni sono tre: il bianco o scetun, meno zuccherino e rinfrescante; il giallo o sulfarin, dolce e diffuso; e il rosso o sanguigna, aromatico e pregiato. Dal punto di vista nutrizionale, i fichi d’India rappresentano un concentrato di benessere: ricchi di vitamina C, potassio, magnesio e calcio, forniscono fibre che favoriscono la digestione e regolano il colesterolo, contengono polifenoli e betacarotene ad azione antiossidante e i semi custodiscono acidi grassi essenziali utili per la salute della pelle e del cuore.
Il ciclo stagionale del fico d’India ne amplifica il fascino: i frutti maturano generalmente tra agosto e settembre, mentre grazie alla tecnica della scozzolatura – che consiste nel taglio dei primi fiori – la pianta produce i cosiddetti bastardoni, frutti più grandi e succosi che arrivano a maturazione tra ottobre e novembre, rendendo possibile gustarli fino all’inizio dell’inverno. Per prolungarne la disponibilità, soprattutto in passato nelle campagne cilentane e salernitane, si ricorreva all’essiccazione: i frutti maturi venivano sbucciati, tagliati a metà e disposti su graticci al sole, protetti da teli sottili e rigirati ogni giorno fino a quando non perdevano gran parte dell’umidità. Così, in pochi giorni, si ottenevano dolci concentrati di energia da conservare per l’inverno, talvolta aromatizzati con foglie di alloro o scorze di agrumi. Oggi questo processo può essere replicato anche con essiccatori domestici o con una lenta cottura al forno a bassa temperatura.
In cucina offrono una sorprendente versatilità: sono protagonisti di confetture, granite, gelati, crostate e liquori artigianali, ma trovano impieghi anche in preparazioni salate, come insalate con rucola e formaggi erborinati, piatti di selvaggina e carni bianche, oppure salse agrodolci per accompagnare tonno e sgombro. La loro pulizia richiede attenzione: le spine sottili e invisibili impongono l’uso di guanti spessi o la tecnica di forchetta e coltello per incidere la buccia senza contatto diretto, mentre l’ammollo in acqua è un rimedio pratico per ridurre il rischio di punture.
Negli ultimi anni, oltre alla tradizione gastronomica, il fico d’India si è imposto come risorsa strategica per la sostenibilità. I cladodi, ossia le pale, possono immagazzinare fino al 90% di acqua e garantire tra 5 e 6 tonnellate di biomassa secca per ettaro in condizioni di scarsità idrica, arrivando fino a 40 tonnellate e a 20 tonnellate di frutti per ettaro in ambienti più favorevoli. Le pale potate, considerate un tempo scarti, si rivelano oggi preziose per i loro composti: mucillagini, fibre e fenoli trovano applicazioni nell’industria alimentare e nutraceutica come addensanti, pectina, collodi e antiossidanti.
Dalla bioedilizia alla produzione di pellicole biodegradabili, fino all’impiego come coltura energetica, il fico d’India si propone come alleato della transizione ecologica. Così, da frutto esotico originario del Messico a compagno silenzioso dei paesaggi salernitani, il fico d’India continua a intrecciare storia e futuro: simbolo di resistenza e adattamento, fonte di nutrimento e salute, protagonista di tavole mediterranee e, oggi, risorsa innovativa per una nuova idea di sostenibilità.
Redazione Irno24 13/02/2024
Salerno, a scuola di giornalismo enogastronomico "Di bottega in bottega"
Il Liceo Scientifico "Severi" di Salerno, in collaborazione con l'Associazione "CTG Gruppo Picentia" di Salerno, guidata dalla Presidente Dott.ssa Mina Felici, propone un percorso di alternanza scuola-lavoro coordinato dalla Prof.ssa e tutor Rosa Noce, dal titolo "Di bottega in bottega CTG#". L'iniziativa, strutturata su 10 incontri per un totale di 30 ore extracurricolari, vuole rispondere alla crescente richiesta delle giovani generazioni di acquisire maggiori competenze nel settore enogastronomico: comunicazione, giornalismo e marketing aziendale.
Durante il percorso, al via il 16 febbraio, gli alunni saranno guidati dalla giornalista di settore e vicepresidente del CTG Gruppo Picentia Dott.ssa Annamaria Parlato, alla scoperta di storiche botteghe artigianali specializzate in enogastronomia, per poi cimentarsi nell'allestimento di un food blog scolastico, con annessa campagna social. Si comincia con la pasticceria Romolo e il panificio Tranchino, cui faranno seguito altre rinomate attività.