A Baronissi il gradito ritorno dei gelati di Angelo Napoli

Segni particolari: passione, ricerca, artigianalità, materia

Annamaria Parlato 28/02/2021 1

Nonostante nel 2020 ci sia stato un calo delle vendite di gelato artigianale italiano del 20%, secondo una stima di Coldiretti, dovuto alla mancanza di turisti stranieri a causa della pandemia, al contrario il servizio delivery ha funzionato in maniera ottimale, consentendo al settore di poter reggere alla crisi. Il fenomeno relativo all’apertura delle gelaterie è un trend in crescita in quanto gli italiani si confermano grandi consumatori del cremoso e fresco prodotto a base di latte, frutta e ingredienti a chilometro zero.

Accanto ai gusti classici sono sorti quelli cosiddetti della “casa” che incontrano le esigenze dei diversi target di consumatori che vanno dal crudista al vegano, dall’esterofilo al tradizionalista. Inoltre di grande attualità è il gelato gastronomico salato che incuriosisce gli appassionati, tanto da poter essere servito in un menù da ristorante o come antipasto e apericena.

A riprova del fatto che le gelaterie siano in forte espansione, l’apertura della gelateria di Angelo Napoli proprio qualche settimana fa a Baronissi è stata accolta con immensa gioia dal territorio Valle dell’Irno. Nella centralissima Piazza Municipio sorge la sua gelateria che è anche una piccola pasticceria di nicchia, dove le proposte sono mirate e calibrate a seconda delle stagioni e della reperibilità della materia prima.

La mission di Angelo, proprio come fa uno chef, un pizzaiolo o un pasticciere, è infatti ricercare continuamente ingredienti eccellenti, promuovere i prodotti del territorio, soprattutto quei frutti dimenticati ma non scomparsi. È un impegno ormai costante a dispetto di quello che si vede in giro, una lotta contro l’abolizione dei prodotti industriali e dei semilavorati che vanno a discapito della qualità, della freschezza e del gusto.

Angelo commenta: “Per me è una gioia osservare gli occhi dei clienti mentre assaporano il mio gelato. Attraverso quelle espressioni si percepisce tutta l’emozione di mangiare qualcosa di autentico, e questo mi rende orgoglioso del lavoro che svolgo quotidianamente”. Angelo ha cominciato all’età di quindici anni a lavorare nella gelateria “Matteo” a Lancusi (tra l’altro è anche suo zio) e vi è rimasto circa dieci anni. Poi a New York iniziò a produrre gelato e ad essere l’aiuto chef in una pasticceria.

Rientrato in Italia ha aperto la sua gelateria a Salerno che ha gestito per diversi anni in Piazza Portanova, catturando l’attenzione della critica e ricevendo importanti menzioni sulle più prestigiose guide (2 coni del Gambero Rosso) e riviste. Raccontando di sé ammette: “Tutto quello che non dico a parole si ascolta assaggiando il mio gelato. Seleziono personalmente materie prime solo di stagione e da Presidi Slow Food; studio nuovi abbinamenti di gusto per innovare la pasticceria fredda. La mia arte è nella passione quotidiana del fare: è facile incontrarmi al mercato della frutta tra il profumo dei limoni della Costiera, le Nocciole di Giffoni, le more, i lamponi, le fragole, i fichi, l’uva, le castagne, il basilico e lo zenzero. La maggior parte del tempo, da vent’anni, lo passo tra gli strumenti del mio mestiere”.

Nel locale di fresca data a Baronissi, Angelo ha puntato su semifreddi, pasticceria secca, cannoli di ricotta di pecora o bufala campana, gelati con prodotti locali di cui la mela annurca IGP come ultima novità e aperitivo biologico. “Non utilizzo polveri industriali, tutto è rigorosamente lavorato a mano, la nocciola è di Giffoni IGP ed il burro è sempre di altissimo livello così come la panna - aggiunge Angelo - perfino il cioccolato è il Domori di qualità superiore, tra i migliori al mondo. Sono sempre alla ricerca del particolare che fa la differenza e mi sposto tanto tra Montoro, Fisciano e Baronissi.

I clienti apprezzano anche i miei dolci freschi come il babà, i profitterol al cioccolato con ganache artigianale, la sfogliata frolla, la brioche al burro che può essere farcita con il gelato e il pasticciotto crema e amarena. I miei gelati sono cremosi ma anche un minimo granulosi, proprio perché si lasciano assaporare e mangiare, così come nell’antichità quando questi ultimi erano molto diversi da quelli a cui siamo abituati oggi: erano più simili alle granite, che infatti sono ancora oggi una specialità siciliana, o ai sorbetti, termine che deriva proprio dall’arabo e che tradotto significa sciroppo. E’ bello durante la degustazione trovare un pezzettino di frutta fresca o secca, di cioccolato, è come un divertissement, un puzzle in cui ricostruire pezzi sparpagliati per donare uniformità alla composizione”.

Che sia liquirizia, sorba o corbezzolo, da oggi la gelateria Angelo Napoli può continuare a stupire i propri clienti sotto l’egida della ricerca, della professionalità e della bontà, attraverso una storia fatta di passione per quello che è sicuramente il dolce estivo più amato del mondo, per alcuni presenza indispensabile per affrontare i mesi più caldi o dolce coccola nei mesi più freddi dell’anno.

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Annamaria Parlato 30/08/2023

La salsa è qualcosa che si unisce a un cibo per migliorarne il sapore

Disse una volta uno scrittore inglese che la salsa è “qualcosa che si unisce a un cibo per migliorarne il sapore”. Questa affermazione, che risale al 1700, oggi, per la nostra cucina, può essere valida solo in parte. Molte salse, infatti, servono per accompagnare carni o pesci o altri cibi, di per sè già saporiti. Il nome salsa deriva dal latino, femminile di salsus, ovvero salato.

Un complemento importante per molti piatti della cucina nostrana e straniera, le salse possono essere calde e fredde e, volendo classificarle a grandi linee, potrebbero essere suddivise in: salse calde, derivate dalla béchamel; salse legate con uova e farina; salse a base di maionese o di tuorli d’uova sode; salse di pomodoro. La béchamel, che può essere considerata la “madre di tutte le salse bianche”, pare sia stata creata dal Marchese di Béchamel, Maître d’Hotel del re Luigi XIV di Francia.

Parecchi però non sanno che la salsa ha origini antichissime: già nell'Antico Egitto e nella Mesopotamia, le persone utilizzavano salse soprattutto per preservare i cibi. Il bisogno di arricchirli con il saporito “complemento”, tuttavia, risale al tempo dei Romani. A quell’epoca, e anche successivamente, le salse avevano lo scopo di mascherare il sapore non del tutto gradevole di certe pietanze che, tenute in dispensa per lungo tempo, arrivavano quasi al punto di putrefazione.

I Romani allora scoprirono una salsa chiamata “garum”, a base di erbe profumate, sale, pesci e carne, quasi in decomposizione, che venivano spremuti e filtrati. Il liquido ricavato, poi conservato in appositi recipienti, aveva un sapore molto violento, che serviva appunto a coprire quello, assai più sgradevole, dei cibi non più freschi. Successivamente, nel periodo della Repubblica veneta e dei suoi commerci con l’Oriente, si diffusero in tutta Europa le spezie: fu allora che cominciarono ad apparire sulle mense dei ricchi il pepe, la cannella, la senape e i chiodi di garofano, che servirono a profumare certe salse, usate per cancellare dalle vivande le tracce di stantìo.

Le salse più famose, ancora oggi sovrane della moderna gastronomia, nacquero ai tempi dei Medici, dei Gonzaga, degli Este, quando i cuochi delle casate principesche facevano a gara per inventare piatti prelibati per i loro signori. Dall’Italia le salse emigrarono all’estero, ma senza troppo successo. L’unico paese che fece loro buona accoglienza fu la Francia. Anzi, furono i cuochi francesi a elaborarle e perfezionarle, per ottenere quelle che oggi costituiscono i veri pilastri della gastronomia internazionale.

Si narrano molte leggende sulla nascita di alcune salse. Per esempio, pare che la maionese prenda il nome da Mahon, porto delle Baleari, dove, nel 1756, durante l’occupazione francese, un soldato fu scoperto a mangiare con grande appetito il rancio che tutti gli altri criticavano. Interrogato dal suo superiore, il soldato rispose che insaporiva il cibo con un uovo sbattuto con un po’ d’olio e aceto. Quando la notizia si seppe in giro, qualcuno provò la specialità del soldato e la trovò effettivamente così gustosa che la ricetta ottenne subito un grande successo e fu battezzata “mahonnaise”. In seguito trasformata in “mayonnaise”, fu italianizzata, dal francese, chiamandola maionese.

In generale, l'origine delle salse è strettamente legata all'evoluzione della cucina, alla disponibilità di ingredienti e alle tradizioni culinarie di diverse culture. Le salse continuano a evolversi e ad impreziosire l’esperienza gastronomica. Specificatamente, sono utilizzate in cucina per diversi motivi, ognuno dei quali contribuisce a migliorare il gusto, la presentazione e la varietà delle pietanze e sono una delle principali fonti di sapore aggiunto ai piatti. Possono fornire profondità, complessità e contrasto al gusto dei cibi, rendendo le portate più gustose e interessanti, possono essere utilizzate per unire gli ingredienti di una ricetta, creando un legame armonioso tra i diversi componenti.

Ad esempio, una salsa può legare gli ingredienti di un'insalata o di un piatto di pasta. Alcune salse, come quelle cremose, possono contribuire a migliorare la consistenza delle pietanze, possono rendere più morbide le carni grigliate, far diventare più scioglievole una pasta o aggiungere una sensazione vellutata a un piatto. Inoltre, possono donare colore e vitalità. Una salsa colorata può fare la differenza visiva, rendendo il cibo più attraente e invitante.

Sicuramente rivestono un ruolo importante anche nella cucina italiana e sono spesso utilizzate per valorizzare i sapori, impinguare i cibi e aggiungere complessità alle preparazioni. La salsa al pomodoro è la base fondamentale per molte salse italiane e mediterranee. È preparata con pomodori, aglio, olio d'oliva e aromi come basilico o origano. Può essere utilizzata come sostegno per sughi più complessi o per condire la pasta in modo semplice.

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Annamaria Parlato 22/08/2021

Il pane col soffio è "o' Sciusciello di Pellezzano"

Pellezzano deriva da “fundus Pellitianus”, di proprietà del patrizio romano Pellitius o Pelitius con l’aggiunta del suffisso “anus” che indica appartenenza. Il territorio ha vissuto tutta la storia del meridione, dalla civiltà degli etruschi a quella greco-lucana (dall’inizio deil VI secolo a.C. alla metà del III secolo a.C. come dimostra il complesso archeologico di Fratte), dall’avvento dei Picentini alla dominazione romana, come testimoniano la villa romana di Sava e i vari rinvenimenti in tutta la Valle dell’Irno, dalle invasioni barbariche alle incursioni saracene, dalla dominazione longobarda a quella borbonica.

Col passare dei secoli, in questo territorio, situato nella media Valle dell’Irno, si erano formati Casali, ben distinti fra loro, di essi cinque incorporati nella Università di Salerno. I Casali ad occidente della Valle erano: S.Nicola, Coperchia, Pellezzano, Capriglia, Cologna, Nofilo e Casal Barone. Il Consiglio d’Intendenza della Provincia, con deliberazione in data 3 febbraio 1819, si pronunciò per il distacco dei Casali dall’Università di Salerno. Nel mese di dicembre del 1819, nacque, così, il Comune di Pellezzano.

Proprio a Pellezzano quest’anno l’Associazione “Sagra do’ Sciusciello” avrebbe organizzato la 34esima edizione del maestoso evento che raduna dal 1987 buongustai da tutta la Campania, se non ci fossero state le restrizioni dovute alla pandemia da Covid. Ancora un anno di silenzi a Pellezzano, dove proprio nella seconda metà del mese di agosto tanti curiosi sarebbero sopraggiunti per assaggiare questa prelibatezza locale, il sciusciello per l’appunto, con una lunga ed interessante storia alle spalle.

Era un tempo il principale piatto locale; oggi è un cibo tradizionale celebrato nelle feste estive ma che stava per scomparire se non fosse stato per gli abitanti e il Comune di Pellezzano che hanno ben pensato di recuperarlo e valorizzarlo. È un pane gustoso a base di farina integrale, sale, acqua e lievito di birra, impastato in modo semplice, riempito e cotto nel forno a legna. Sciusciello deriva il suo nome da "sciuscio", il suono sussurrante che fa il gas uscendo dai fori sulla superficie del pane sbuffato.

Il pane è vuoto dentro e ha una superficie irregolare. Il colore è bianco cenere con piccole macchie scure fatte durante la cottura. Il sciusciello classico si riempie di strutto e pepe, ma il ripieno può variare con formaggio, carne, pancetta, verdure, patate cioccolato e ciò che delizia i palati più esigenti. Ma di sciuscielli in provincia di Salerno ne esistono altri due e precisamente in Cilento e nel Vallo di Diano, ad Atena Lucana.

Quello cilentano deriverebbe dal latino “iuscellum”, che significa brodo. Infatti è una tradizionale zuppa calda, servita come piatto unico con uova, pane raffermo e cacioricotta che si prepara in primavera quando spuntano i pregiati asparagi di montagna. Ad Atena invece è un grande gnocco a base di pane raffermo, farina, uova e formaggio e una volta impastati, gli sciuscielli vengono cotti in un brodo di pomodoro e patate, insaporito con cipolla e basilico.

Il pane rappresenta tutt’oggi per l’uomo il riscatto dalla fame ma anche la capacità di evolversi. Lo si ritrova come elemento portante di tutta quella ritualistica relativa al ciclo della vita e ai cicli stagionali. Ovunque la sua produzione, preparazione e consumo sono accompagnati da gesti, preghiere, formule e riti di propiziazione e ringraziamento. Allo stesso tempo, questo alimento riveste una grande importanza nel consumo comunitario del pasto, nella necessità di dividerlo e di offrirlo agli altri.

Il sciusciello infatti nasceva come alimento povero nelle campagne, si cuoceva su pietre roventi e si farciva con quello che si aveva a disposizione, diventando un momento di festa e aggregazione. Potrebbe derivare da alcune tipologie di pani mediorientali come la pita greca o il Khobez arabo che è possibile trovare con forme, spessori e nomi diversi. In Egitto ad esempio prende il nome di aish, e il suo impasto viene aromatizzato con i semi di cumino. Utilizzato per insaporire verdure, pesce o carne, la particolarità di questo pane è il suo impasto morbido e profumato, che durante la cottura in forno si gonfia a palloncino, creando al suo interno un vuoto tutto da farcire come nel sciusciello.

Il pane è uno degli alimenti più ricchi di significati, di funzioni e di valenze culturali. Se ci si spinge al di là dell’idea che sia un semplice cibo che si ottiene mescolando acqua e farina, lasciato più o meno a lievitare, e poi cotto al forno si scoprirà subito che il pane porta con sé memorie,valori simbolici, tradizioni che vanno oltre al semplice sfamare il corpo: il pane sfama anche lo spirito. E’ questa la sua peculiarità: essere al tempo stesso cibo e segno.

Conoscere il pane implica quindi imparare quali sono le sostanze di cui è fatto, le tecniche e i saperi necessari alla sua produzione e al suo consumo e, infine, le reti di relazioni sociali e i significati culturali che caratterizzano le tante forme che assume. La storia di questo alimento narra di tecniche di panificazione già presenti nel Neolitico, dove i cereali più usati, l’orzo e il miglio, davano vita ai pani più antichi, quelli azzimi, non lievitati. Il sciusciello ha una forte valenza antropologica e culturale e come tale va custodito e tutelato affinché non si perda la sua sacralità.

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Redazione Irno24 22/11/2023

Salerno, alla stazione marittima l'evento "Panettone d'Artista"

A Salerno, dal 7 al 9 dicembre, arriva l'evento enogastronomico più atteso della stagione natalizia: "Panettone d'Artista", organizzato dall'Associazione Erre Erre eventi. I due soci fondatori, Roberto Jannelli e Rosario Augusto, con la loro ventennale esperienza, hanno ideato un evento che riunisce per la prima volta al Sud oltre 30 maestri dei lievitati natalizi, in tre giorni di gusto nella Stazione Marittima di Salerno.

Il percorso interno sarà un tripudio di luci, colori e appuntamenti imperdibili, tra cui diversi talk che vedranno giornalisti e maestri pasticceri a confronto. Non mancheranno le masterclass dedicate al vino dolce, arricchendo l'esperienza con la conoscenza di abbinamenti eccellenti.

Panettoni d’Artista abbraccia la sostenibilità, impegnandosi in pratiche eco-friendly, dalla riduzione dei consumi energetici alla gestione responsabile dei rifiuti. Panettone d'Artista si impegna anche a regalare un sorriso a chi affronta il Natale in difficoltà. Grazie al supporto della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana e del Banco Alimentare Campania, saranno realizzate iniziative di solidarietà. Le aziende espositrici avranno l'opportunità di donare panettoni alla Caritas Salerno, contribuendo a rendere il Natale più gioioso per chi ne ha più bisogno.

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Franca

Gelati e dolci da provare e da gustare quelli di Angelo Napoli e se ci vai una volta ci ritorni con piacere 02/03/2021
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