Salerno, il "Vicolo della Neve" oggi: meno fascino ma tanto coraggio
Benvenuto, Ferrari e Laudato insieme per dare nuova linfa ad un monumento di storia gastronomica
Annamaria Parlato 15/10/2024 0
Salerno è una città ricca di storia e tradizioni; tra le sue eccellenze, la gastronomia occupa un posto di rilievo. La posizione della città lungo le principali rotte commerciali ha portato, nel corso dei secoli, a un arricchimento della cucina locale con influenze diverse. Salerno ha una lunga tradizione di scambi culturali, sin dai tempi dell'antica Scuola Medica Salernitana, e questo si riflette anche nell’uso di spezie e sapori che richiamano cucine più lontane e quelle dei territori confinanti.
In questo contesto, c'è un luogo che è riuscito a lasciare un segno indelebile nel panorama culinario della città: il ristorante "Vicolo della Neve". Situato nel cuore del centro storico, il Vicolo della Neve è molto più di un semplice ristorante. È una vera e propria istituzione, un luogo dove si incontrano passato e presente, dove la cucina diventa uno strumento per raccontare l’identità e l’anima di Salerno. In un’epoca in cui la ristorazione tendeva a essere puramente funzionale, il Vicolo della Neve ha dimostrato che il cibo poteva essere una forma d'arte, capace di raccontare una storia e di trasmettere emozioni profonde. Questo approccio ha avuto un impatto anche sulla cultura salernitana, contribuendo a far emergere una nuova consapevolezza del valore della gastronomia come espressione culturale.
Il ristorante o meglio la trattoria deve il suo nome all’antica strada in cui si trova, Vicolo della Neve, una delle vie più pittoresche e cariche di storia del centro antico di Salerno. La sua collocazione non è casuale: Salerno, sin dal Medioevo, è stata una città fiorente e dinamica, punto di incontro per mercanti, artisti, letterati e viaggiatori, che contribuivano alla vitalità della vita urbana. È in questo contesto che nasce il ristorante, in un vicolo che, già nei secoli passati, ospitava una delle antiche nevère, piccole strutture sotterranee adibite alla conservazione della neve proveniente dai Picentini o dalla Valle dell’Irno, che veniva poi usata per la refrigerazione dei cibi.
A pochi metri dal locale c’è stato anche il rinvenimento di una domus di epoca romana e le tracce romane sono visibili anche negli ambienti interni, lasciati a vista per ricordare quanta storia c’è stata in questi luoghi. Questa particolarità ha dato un tocco di autenticità e storicità al luogo, rendendolo sin da subito un punto di riferimento per chiunque volesse vivere un’esperienza gastronomica legata alle radici profonde della città.
Il Vicolo della Neve nasce alla fine dell’Ottocento come cantina e poi diventa forno, trasformandosi negli anni in una pizzeria. A partire dalla sua apertura, il Vicolo della Neve ha saputo evolversi rimanendo sempre fedele alla sua vocazione originaria: proporre una cucina che rispecchiasse l’essenza della tradizione salernitana. Inizialmente, il ristorante era conosciuto per la semplicità e la genuinità delle sue pietanze. Le ricette proposte derivavano direttamente dalla tradizione contadina e marinara della zona, con piatti che facevano largo uso degli ingredienti locali, come il pesce fresco del Golfo di Salerno, le verdure provenienti dalle fertili terre circostanti, i prodotti caseari delle vicine colline.
Tuttavia, nel corso degli anni, il ristorante ha saputo aggiornare la sua offerta, introducendo nuove interpretazioni e tecniche culinarie, senza mai perdere di vista il legame con il territorio. Questa capacità di innovare rimanendo fedeli alla tradizione ha permesso al Vicolo della Neve di mantenere sempre alta l’attenzione e l’interesse della sua clientela, che comprende sia i salernitani, affezionati alla cucina del luogo, sia i turisti, attirati dalla fama del ristorante e dalla sua autenticità. Dopo la chiusura avvenuta nel 2020, sotto la gestione di Matteo Bonavita, fortunatamente lo scorso maggio Fiorenzo Benvenuto, Marco Laudato e Gerardo Ferrari ne hanno garantito la riapertura e la continuità. Una luce di speranza sicuramente e anche tanto coraggio nell’attuazione del restyling con lo studio di architettura Apt5. In cucina anche l’esperienza e la perizia della Signora Maria, nonna di Gerardo, grande custode della cucina salernitana tradizionale.
La cucina proposta dallo chef Marco Laudato al Vicolo della Neve è una celebrazione della tradizione gastronomica di Salerno e della Campania. Uno dei punti di forza del ristorante è la capacità di valorizzare i piatti poveri della cucina salernitana, portando in tavola sapori semplici ma intensi, che raccontano una storia di genuinità e passione. Tra i piatti più iconici del ristorante, la pasta e fagioli (cui manca però la golosa crosticina che si creava ripassandola nel forno a legna), la milza, la parmigiana di melanzane, il peperone imbottito e il cinquetto (che costava cinque lire), cioè il calzone con uova strapazzate, formaggio e salame semistagionato, vere e proprie pietre miliari.
Preparati seguendo le ricette tramandate di generazione in generazione, questi piatti rappresentano al meglio la cucina salernitana, che si basa su ingredienti di qualità e sapori decisi ma ben equilibrati. Un altro fiore all'occhiello del ristorante è la tagliatella allardata (introdotta di recente), una ricetta tradizionale che risale a tempi antichissimi. Si tratta di un primo piatto condito con patate, lardo, basilico e tanto formaggio, ingredienti che racchiudono tutto il sapore e i profumi della cucina del centro storico. Questo piatto è un perfetto esempio di come la cucina del Vicolo della Neve riesca a combinare semplicità e complessità, proponendo pietanze che soddisfano tanto il palato quanto lo spirito.
Il pesce, naturalmente, occupa il suo spazio nel menù. La freschezza del pescato giornaliero è garantita dalla vicinanza del porto di Salerno, che ogni mattina fornisce il ristorante con le migliori prelibatezze del mare. Piatti come le alici indorate e fritte, il polpo di nassa alla luciana o all'insalata, il baccalà con patate arrecanate e la zuppa di cozze sono tra le specialità più richieste al ristorante. Ciascuna portata è un tributo alla cucina marinara salernitana, che affonda le sue radici in una tradizione secolare di pesca e cucina di pesce.
Il Vicolo della Neve non è solo un ristorante, ma anche un luogo di incontro e di scambio culturale. La sua posizione privilegiata, nel cuore del centro storico, lo ha reso un punto di riferimento per gli artisti, gli intellettuali e i personaggi di spicco della città. Nei decenni, il ristorante è diventato un luogo dove la cucina e la cultura si sono incontrati con eventi, cene letterarie e serate a tema che hanno contribuito a fare del Vicolo della Neve uno dei centri della vita sociale salernitana. In particolare, il legame con la tradizione musicale e teatrale della città è stato uno degli aspetti che hanno caratterizzato la storia del ristorante. Sicuramente, durante le calde serate estive, il ristorante in passato ha ospitato piccoli concerti di musica popolare o esibizioni teatrali, offrendo ai clienti un’esperienza unica, che è andata oltre il semplice piacere del cibo.
Nel corso degli anni, il Vicolo della Neve ha avuto un impatto significativo sulla scena gastronomica di Salerno. Il ristorante ha saputo valorizzare i prodotti del territorio, diventando un esempio da seguire per molti altri locali della città. Grazie alla sua attenzione alla qualità e alla freschezza degli ingredienti, il Vicolo della Neve ha contribuito a diffondere una cultura del cibo che mette al centro il rispetto per le tradizioni e per la materia prima. Questo ha portato a una vera e propria rinascita della cucina salernitana, che oggi può vantare una vasta gamma di ristoranti e trattorie che propongono piatti ispirati alla tradizione locale, ma con un tocco moderno e innovativo. In questo senso, il Vicolo della Neve ha fatto da apripista, dimostrando che la cucina tradizionale può essere un punto di partenza per creare qualcosa di nuovo e unico, senza mai perdere di vista le radici.
Il ristorante Vicolo della Neve rappresenta un tassello fondamentale nella storia gastronomica di Salerno. Con la sua cucina, che affonda le radici nella tradizione, ma che è sempre aperta all’innovazione, il ristorante ha saputo mantenere viva la memoria culinaria della città, proponendo piatti che raccontano la storia e l’identità di Salerno.
Tuttavia quella bellezza sui generis che lo ha sempre caratterizzato, quel fascino atavico si è perso dopo il restauro conservativo, e lo stesso dipinto di Clemente Tafuri (raffigurante sull’arcata della sala principale quattro personaggi e tra questi anche il pappagallo che, con il suo richiamo dinnanzi alla porta del locale, era un attrattore curioso per i passanti ai quali spiegava il menù del giorno, con una cantilena ripetuta a memoria) sembra scomparire tra le pareti color crema che anticamente erano stracolme di cimeli e quadretti raccolti nel corso del tempo.
Uno dei primi a riflettere sul concetto di fascino è Platone, che ne parla in relazione alla bellezza. Nel dialogo Simposio, Platone descrive il fascino che la bellezza esercita sull'anima. La bellezza sensibile è vista come una manifestazione terrena di una bellezza più alta, quella del mondo delle Idee. Il fascino della bellezza sensibile ha la capacità di elevare l'anima verso la contemplazione della bellezza assoluta, che è eterna e immutabile. In questo senso, il fascino è un'esperienza che parte dal mondo sensibile ma conduce verso la dimensione spirituale e intellettuale.
Forse quell’atmosfera di ritrovo un po' bohémien e intellettuale della Salerno che fu ora il Vicolo della Neve non la conserva, ma il progetto di riportarlo in vita è degno di lode, è stato un gesto eroico che senza dubbio comporta anche grosse responsabilità e richiama su di sé possibili critiche e continui confronti col passato. Oggi, in ogni caso, il Vicolo della Neve è un punto di riferimento per chiunque voglia vivere un’esperienza autentica, gustando i sapori di una volta in un contesto accogliente e altamente professionale.
E’ un monumento a Salerno, ai salernitani e alla salernità e come tale deve continuare a vivere e pulsare. La sua capacità di rimanere al passo con i tempi, pur conservando intatta la sua anima tradizionale, è ciò che lo rende un luogo unico e indimenticabile, un vero e proprio pilastro della gastronomia salernitana. “L'odore di menta t'invita, la tavola bianca, la stanza confusa dall'abbondanza. In quell'odore di forno per qualche sera la vita si scalda con le sue mani e quegli accordi lontani del tempo che fu”. (Alfonso Gatto)
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La cipolla (Allium Cepa, famiglia delle Amaryllidaceae) è originaria dell’Asia centrale ed occidentale ed era già nota agli Egiziani che la rappresentavano negli affreschi delle tombe dei faraoni per venerarla come una divinità. La Scuola Medica Salernitana la prescriveva come farmaco anti-calvizie, utile a combattere le malattie cardiovascolari e la riteneva uno stimolatore per il cervello.
Il suo sapore intensamente aromatico è dovuto alla presenza di solfuri di allile e solfocianati. Ha proprietà medicamentose (antianemiche e diuretiche) note sin dall’antichità e venne usata, specialmente come disinfettante, durante le pestilenze. Contiene vitamine C, H, PP e diversi sali minerali. La cipolla non è nient’altro che un bulbo carnoso che può essere consumato sia cotto che crudo. Tale bulbo è "globoso", appiattito e formato da tuniche spesse, tenere, concentriche a pasta bianca.
La cipolla si distingue in estiva e invernale; quella invernale è adatta anche ad esser conservata a lungo. La “Ramata” di Montoro è chiamata così per i riflessi luminosi color rame del suo involucro esterno. Nasce su terreni di origine vulcanica, ben drenati, con un clima mite e ventilato ed è coltivata in provincia di Avellino e Salerno, nei comuni situati in prossimità dei Monti Picentini e del comprensorio della Valle dell’Irno.
Ha una forma "globosa" e all’interno presenta fitte catafille di color viola che sfumano al bianco. Il suo profumo è piuttosto aromatico mentre il gusto è molto delicato e dolciastro e mantiene benissimo le lunghe cotture. La cipolla ramata di Montoro si semina in autunno su appositi semenzai detti "porconi", in inverno le piantine si trapiantano nei campi in file binate, in estate si raccolgono i bulbi per estirpazione che poi si essiccano in luoghi ben ventilati ed infine dopo lo stoccaggio si confezionano in trecce, usando le foglie secche delle cipolle stesse, e si mettono in commercio.
Questo prodotto ha ottenuto la denominazione "Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Campania" ed è riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Verso la fine degli anni '90 ci fu il rischio di abbandono di questa cultivar e così i piccoli produttori, detti "cipollari", istituirono una vera e propria campagna di difesa della Ramata, per salvaguardare i saperi da tramandare e dare maggiore linfa alla produzione.
Il Marchio Collettivo Geografico "Cipolla Ramata di Montoro" nasce nel 2010 per volontà del Comitato Promotore della Cipolla Ramata di Montoro con la precisa intenzione di tutelare la tipicità agroalimentare del prodotto, sinonimo di garanzia e qualità. Il Qr-code apposto sul prodotto identifica il produttore, il metodo che utilizza, chi lo ha selezionato e chi lo ha confezionato. Le aziende sostenitrici del Comitato dei Promotori della Cipolla Ramata di Montoro sono Lady Ramata, GB Agricola e Pio Del Prete.
Oggi si può di gran lunga dire che questa cipolla è famosissima e richiestissima da tutti gli chef, pizzaioli e talvolta pasticcieri. Presente in tanti eventi gastronomici e manifestazioni, si presta tantissimo ad abbinamenti salati e dolci, donando estro e creatività ai protagonisti e professionisti dei fornelli.
Nel libro del sociologo e senatore Andrea De Simone "La cipolla ramata di Montoro nelle ricette del cuore", edito nel 2019 da Gutenberg Edizioni, si parla del famoso ortaggio e di alcune ricette insolite per esaltarlo con enfasi a tavola. De Simone narra di una particolare parmigiana di cipolle ramate: "Una gustosa alternativa alla lasagna o alla classica parmigiana di melanzane, piatti tipici delle nostre tavole in festa che però risultano molto calorici. La Cipolla Ramata, toccasana per la salute, ben si presta ad essere mangiata stratificata come i piatti di cui sopra ma è molto più digeribile e ci fa sentire meno in colpa soprattutto se inevitabilmente si esagera nelle porzioni.
Grazie all’invitante profumo che rilascia ed al suo appeal di grande effetto scenografico, spesso viene servita in barattoli di vetro o in piatti di ceramica vietrese, è una vera tentazione. La ricetta proposta si è particolarmente diffusa negli ultimi anni grazie all’attività di valorizzazione della Ramata. Io la mangio accompagnata a fettine di pane con il finocchietto cotto a legna".
Ingredienti per 4 persone: 8 Cipolle Ramate, 2 spicchi di aglio, 200 gr di pomodorini, 100 gr di Parmigiano Reggiano grattuggiato, 200 gr di passata di pomodoro, 1 bicchiere di vino bianco, peperoncino, basilico, olio evo, sale e pepe.
Preparazione: Pulite ed affettate le cipolle e lasciatele in acqua fredda per almeno 10 minuti. Sistematele in una teglia e stufatele in forno, a temperatura non troppo alta, fino a renderle morbide. Preparate il sugo in una padella con olio, aglio in camicia, pomodori tagliati a metà, la passata e il peperoncino. Fate cuocere, salate e pepate.
Frullate il sugo nel mixer, fino a raggiungere una consistenza omogenea. Componete gli strati nella teglia da forno con il sugo, poi le cipolle, infine il parmigiano. Fate diversi strati. Sull’ultimo strato aggiungete un filo di olio. Fate cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa un’ora. Una volta sfornata, lasciate riposare prima di servire. Al piatto aggiungete una foglia di basilico fresco.
Ode alla cipolla (Pablo Neruda)
Cipolla / luminosa ampolla / petalo su petalo / s’è formata la tua bellezza / squame di cristallo t’hanno accresciuta / e nel segreto della terra buia / s’è arrotondato il tuo ventre di rugiada.
Sotto la terra / è avvenuto il miracolo / e quando è apparso / il tuo lento germoglio verde / e sono nate / le tue foglie come spade nell’orto / la terra ha accumulato i suoi beni / mostrando la tua nuda trasparenza / e come con Afrodite il mare remoto / copiò la magnolia / per formare i seni / la terra così ti ha fatto / cipolla / chiara come un pianeta / e destinata a splendere / costellazione fissa / rotonda rosa d’acqua / sulla mensa / della povera gente.
Generosa / sciogli / il tuo globo di freschezza / nella consumazione / bruciante della pentola / e la balza di cristallo / al calore acceso dell’olio / si trasforma in arricciata piuma d’oro.
Ricorderò anche come feconda / la tua influenza l’amore dell’insalata / e sembra che il cielo contribuisca / dandoti forma fine di grandine / a celebrare la tua luminosità tritata / sugli emisferi di un pomodoro / Ma alla portata delle mani del popolo / innaffiata con olio / spolverata / con un po’ di sale / ammazzi la fame / del bracciante nel duro cammino / Stella dei poveri / fata madrina / avvolta / in delicata / carta, esci dal suolo / eterna, intatta, pura / come semenza d’astro / e quando ti taglia / il coltello in cucina / sgorga l’unica lacrima / senza pena.
Ci hai fatto piangere senza affliggerci.
Tutto quel che esiste ho celebrato, cipolla / ma per me tu sei / più bella di un uccello / dalle piume accecanti / ai miei occhi sei / globo celeste, coppa di platino / danza immobile / di anemone innevato / e vive la fragranza della terra / nella tua natura cristallina.