Tipico delle coste attorno Salerno, il corbezzolo esprime la mediterraneità

Un albero con una storia variegata che abbraccia cultura, gastronomia e leggende

Annamaria Parlato 30/09/2023 0

Il corbezzolo (Arbutus unedo), considerato da Giovanni Pascoli, che vi dedicò una poesia, una prefigurazione del tricolore, e osannato dal poeta latino Ovidio, è un arbusto tipicamente autunnale, detto anche ciliegio marino. Un sempreverde, tipico della macchia mediterranea, con foglie coriacee, ovali-oblunghe, appuntite e lucide in superficie.

Il corbezzolo è noto per la sua resistenza e la capacità di crescere in terreni poveri e aridi. Questa caratteristica lo ha reso un albero importante per la conservazione del suolo in alcune regioni costiere, dove la sua radice profonda può prevenire l'erosione del terreno. I fiori sono di color bianco-cereo, piccoli, con la corolla tuboloso-rigonfia a guisa di orciolo, riuniti in brevi grappoli terminali; hanno calice a cinque piccoli lobi e dieci stami.

I frutti consistono in bacche scarlatte o rosso-carminate, grosse quanto una ciliegia, rivestite esternamente di piccoli aculei come le infruttescenze dei platani, in modo da apparire zigrinati. Questi frutti sono pieni di polpa soda bianco-rosea o giallognola, di sapore acidulo. La corteccia e le foglie del corbezzolo, in passato, erano usate per la concia delle pelli. Spesso associato a simbolismo e leggende, in alcune culture mediterranee, l'albero è considerato un simbolo di buona fortuna e di amore eterno. Una leggenda irlandese racconta che il corbezzolo sia stato piantato dalla Dea della guarigione e dell'amore, Clídna, per proteggere gli uccelli e gli insetti durante l'inverno.

I frutti si possono conservare sotto spirito, sono ottimi per ricavarne marmellate e liquori; se fatti fermentare, si possono produrre bevande alcoliche. Pregiato è soprattutto il miele di corbezzolo. L’origine del nome dovrebbe derivare da Plinio il Vecchio, che sosteneva che il frutto fosse aspro e insipido e che non riusciva a mangiarne più di uno (unum = uno + edo = mangio). In greco invece il termine è κόμαρος, che si legge kòmaros, da cui derivano molti nomi geografici, tra cui il Monte Cònero nelle Marche, la cui vegetazione è ricca di piante di corbezzolo.

Il frutto del corbezzolo viene utilizzato anche per scopi terapeutici, che sono molteplici: è astringente, antidiarroico; è un antinfiammatorio delle vie biliari, del fegato, delle vie urinarie e dell’apparato circolatorio; è un antispasmodico dell’apparato digerente. In cosmesi il decotto di foglie di corbezzolo, è simile al tonico, rinfrescante, purificante e detergente. Nel linguaggio delle piante, i fiori bianchi del corbezzolo significano ospitalità e in Toscana si usa l’espressione “corbezzoli” per indicare meraviglia e stupore.

Se si preferisce utilizzare il corbezzolo in cucina, l’ideale è farne una confettura, un prodotto gourmet ottimo con pane e burro. In genere, i frutti non si trovano nei negozi o nei supermercati, quindi bisogna affidarsi a ricerche di fortuna nelle campagne. Per fare una confettura, dopo aver trovato un albero con i suoi frutti, bisogna lavare i corbezzoli e metterli in pentola, ricoprendoli di acqua fredda (la quantità della frutta dovrebbe oscillare intorno ai 500 gr).

Si portano poi a bollore per circa venti minuti e si schiacciano con una forchetta su un colino, per separare la polpa dai semi. Ricavata la polpa, si aggiungono lo zucchero di canna (circa 140 gr) ed il succo di mezzo limone. Bisogna a questo punto far bollire tutto a fiamma vivace. Dopo dieci minuti di cottura, la confettura sarà pronta da gustare, squisita se abbinata a dolci fatti in casa o a del fragrante pane casereccio: una merenda pomeridiana sana, originale e gustosa.

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Durante i secoli XVII e XVIII era in voga “l’albero della Cuccagna o palo di sapone”, un gioco che consisteva nell’arrampicarsi sino alla cima di un’asta insaponata, dove vi erano appesi: vini, salumi, formaggi, dolci, porchette, capretti, uova. Nella gastronomia i piatti in voga a partire dal XVIII secolo furono: lasagne alla napoletana, migliaccio, dolci fritti e sanguinaccio. La lasagna napoletana si distingue da quella emiliana per la presenza della ricotta al posto della besciamella nell’interno. Nel ripieno poi sono presenti le salsicce, il fiordilatte, le polpettine e, a piacere, uovo sodo o piselli.

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